sabato 27 febbraio 2016

BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ESECUZIONE DI PORZUS CON NOTIZIE SU RAGAZZI RUSSI MILITANTI NELLE FORMAZIONI G.A.P. E STORIE IGNOTE DI ALTRI RAGAZZI RUSSI, UNA DELLE QUALI TRISTEMENTE TRAGICA.


COMUNICATO

Agli archivi storici della resistenza iugoslava di Slovenia, Bosnia, Belgrado, agli archivi storici di Mosca, Novocerkassk, Rostow
ed a coloro, anticonformisti, che  si interessano a vicende storiche.


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Sono coscienziosamente sereno di aver  collocato nella giusta luce, al punto di vista storico e  quindi oggettivo, la figura di Giacca ( Toffanin Mario). C’era bisogno su basi certe di evidenziare all’opinione pubblica, tenuta all’oscuro ed annebbiata da frasi di comodo  tipiche di certi attachè di provincia, le motivazioni dell’esecuzione,
Con un colpo di spada Giacca recise in forza della  legge di guerra e della macchia, inesorabile e crudele e senza alternative (la resistenza non faceva e non poteva fare prigionieri) una situazione giudicata e riscontrata attendista, non allineata ai principi della lotta resistenziale.
Prendo occasione per riferire sulla presenza di  ragazzi russi nelle due formazioni partigiane operative G.A.P.. Erano giunti in Italia assieme a molti altri, nel 1943, col rientro a scaglioni dal  fronte russo delle forze superstiti italiane  dell’ARMIR. Si trattava di ragazzi sbandati, in parte orfani presi amorevolmente sotto protezione, nelle retrovie, dagli alpini e bersaglieri e, giunti in Italia, affidati in genere a delle Istituzioni benefiche. Taluni di essi, saputo nel 1944 delle sopraggiunte forze cosacche nel Friuli ed in Carnia, vollero aggregarvisi ed altri trovarono invece il modo di raggiungere le formazioni partigiane. I nomi di due di essi, accolti ed inquadrati nei G.A.P. sotto il comando di Giacca, come membri effettivi,  erano MALENKJ e LISISCHI. Me ne parlò lo stesso Giacca ed anche Jaiza Dario suo subalterno, secondo il quale “erano ragazzi svegli “diciamo di città, non di qualche paese sperduto nelle steppe”. Sempre secondo Jaiza facevano parte dei G.A.P. di “Bela Gioia” (Siacco-Faedis) formazione  sottoposta ugualmente al comandato di Giacca, che guidava personalmente altra formazione, denominata “Giotto”. Si trattava  delle due formazioni che  agirono congiuntamente nella spedizione punitiva su  Porzus  dove, Malenkj e Lisischi, assistettero  alle rapide decisioni di morte sentenziate da Giacca e quindi all’esecuzione dei tre osovani : Bolla, Enea e Wanda (Elda Turchetti) oltre al diciannovenne Giovanni Comin colpito da  una raffica, come precisato in altro mio post, mentre tentava di scappare. La formazione G.A.P “Giotto”  fu sciolta a fine marzo 1945 per assumere diverse funzioni sul terreno. I due ragazzi russi rimasero nella formazione di “Bela Gioia” anche dopo la liberazione, sostanzialmente fino al 24 giugno 1945, data dello scioglimento  e disarmo delle organizzazioni partigiane. Del loro destino si  occupò la Croce Rossa Internazionale in collaborazione con una delle Commissioni sovietiche giunte in Italia per il  rimpatrio di cittadini o prigionieri russi presenti, per cause e  circostanze di guerra, sul territorio. Da quanto risulta Malenchi e Lisischi furono fatti rientrare nell’URSS via Vienna. La Croce Rossa che la Commissione sovietica raccolsero preventivamente dagli stessi delle deposizioni  sul come erano giunti  in Italia e sull’ attivita, svolta dai medesimi a fini resistenziali nelle formazioni partigiane  su cui entrambi detenevano un attestato e fu con tale titolo d’onore che rientrarono nell’Unione Sovietica. Il rientro in Patria fu imposto anche ad altri ragazzi russi,  taluni dei quali cercarono tuttavia di sottrarvisi e vi riuscirono.Vi sarebbero diverse storie da raccontare,  non sempre felici, custodite nel mio citato dossier che porta il titolo di “ STORIE SCONOSCIUTE DI RAGAZZI RUSSI, UCRAINI, COSACCHI, ASIATICI ORFANI, SBANDATI, ABBANDONATI  IN CIRCOSTANZE DI GUERRA, CAPITATI IN ITALIA”. Proprio di recente nel riaprire questo carteggio ho vissuto la sensazione di disseppellire dei segreti sepolti, riscoprendo vicende umane sofferte …Di una di dette storie ritengo meriti  riferire qui alcuni  passi essenziali a cui mi accingo. Si trattava di una ventina di ragazzi russi accolti da un Istituto  di beneficenza veneziano di cui, per motivi di discrezione tralascio il nome, parte dei quali figli di funzionari sovietici che avevano svolto funzioni a Roma e si erano resi latitanti, ricercati dalla Polizia, mentre altri, sempre russi, erano stati accolti nel  segno della carità cristiana, ma la loro provenienza restava un capitolo oscuro. Per precauzione i loro nomi non vennero annotati sul registro d’obbligo e tuttavia, in linea riservata,  mi riuscì  di ottenerli in parte, tratti da lettere fortunatamente conservate e da testimonianze anche se qui ritengo necessario, sempre per motivi di discrezione, non renderli noti. Secondo testimonianze erano dei ragazzi, su cui la realtà dell’occidente esercitava un vero coinvolgimento, seppure la considerassero un aspetto deviante poiché subivano un richiamo a quello che era stato il fondamento della formazione ideale comunista, non facilmente sopprimibile. L’URSS era per loro la terra della verità e dell’uguaglianza . Eravamo nel 1944. Sette ragazzi fra quelli accolti nell’Istituto veneziano decisero di organizzare la loro fuga e ,all’alba di un giorno, scomparvero allo scopo di raggiungere qualche formazione partigiana. Furono avvistati a Vicenza, poi sull’altopiano di Asiago dove si imbatterono in una pattuglia tedesca che li condusse al comando. Avendo constatato che si trattava di russi  ed avendo trovato loro addosso delle bombe e una pistola, furono considerati partigiani e vennero fucilati. Questa e una delle storie ma ve ne sono di altre,  da me raccolte nei lunghi anni che trascorsi in quel di Venezia.
Questo mio post è quindi solo una breve ricognizione di fatti ed eventi di cui mi è caro evidenziare il senso umano, il lontano lamento di combattenti, uomini, donne, ragazzi travolti dalla storia " gente senza storia" dimenticata nel profondo silenzio del tempo.

27 febbraio 2016

PIER ARRIGO CARNIER

mercoledì 24 febbraio 2016

AD INTEGRAZIONE DEL POST “ CAUCASICI A PAULARO E VALLE D’INCAROIO 1944-1945




Scrive Cristian Gardelli :  “Grazie per le informazioni molto utili per la mia voglia di conoscenza …”



Dato l’interesse, oltre a quanto riferito, ritengo di aggiungere dell’altro.

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Un certo numero di caucasici del presidio di Paularo, a fine aprile inizi maggio 1945, si  era rifiutato di seguire l’ordine della ritirata in Austria ed erano rimasti sul luogo esponendosi però alla minaccia, secondo voci, di mortali rappresaglie partigiane. In loro aiuto, con una scorta di  cavalieri sud-osseti, giunse nell’alta valle d’Incaroio la principessa georgiana Mariam Kergselize, che io conobbi personalmente come ebbi a precisare in alcuni miei scritti giornalistici. Si trattava di donna di grande fascino e dal sontuoso portamento regale che deteneva il massimo potere sulle forze georgiane e godeva di grande prestigio sui caucasici, in particolare sui sud-osseti. Arrestata dai partigiani della formazione Monte Croce e tradotta al comando in via Marconi di Paularo la principessa dichiarò “” di essere sorta in difesa dei caucasici dispersi e prigionieri, onde evitare prevedibili ed ingiuste vendette partigiane …”” Riuscì praticamente a risolvere la situazione in senso positivo. Raggiunse poi Forni Avoltri dove trattò la resa delle forze georgiane, colà concentrate, con un’unità d’avanguardia britannica comandata dal generale Goffrej Musson, giunta da Lorenzago.
Il grande accampamento dei caucasici in  Carinzia, in cui si raccolsero le forze in ritirata provenienti dalla Carnia, si trovava poco più a sud di Oberdrauburg, tra Groefelhof, Irschen e Dellach, mentre i cosacchi si erano insediati circa trenta chilometri più a nord, accampandosi prevalentemente lungo la sponda sinistra della Drava, nell’Oberlienz ed a sud di Lienz. Conosco varie storie raccontatemi da caucasici ed anche da cosacchi, delle loro fughe sui monti e nel profondo dei boschi della Carinzia, onde sfuggire alla consegna ai sovietici. Tengo degli appunti e, soprattutto, immagini registrate nella memoria dei detti superstiti e delle loro narrazioni e, credetemi, poiché conosco bene le montagne dell’Austria mi sembra di avere vissuto personalmente l’affanno e la costante paura di quei fuggiaschi affamati, accaldati dal sole dei mesi estivi, vaganti per sentieri e boschi umidi di cui risento l’odore di muschio bagnato. Si cibavano di radici e di carne di pecora, rapinata da qualche parte. Diversi morirono per infezioni provocate dalla pessima alimentazione e di stenti, altri furono ripresi dalle pattuglie britanniche in accanita ricerca sotto guida sovietica, bramanti di restituire all’ URSS dei traditori, che moralmente traditori non erano, poi destinati a morte certa nei lager penali della Siberia.
Nel grande accampamento dei caucasici c’era anche Maria Plazzotta, italiana, valligiana di Ravascletto (Carnia) andata sposa al caucasici Mustafà, finita in Siberia e della quale non si seppe più nulla, da me ricordata sulla base di ricerche, nel mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945” – Mursia, Milano 1990, a pagg. 91,229, 230. Le forze caucasiche combattevano per la libertà e l’indipendenza del Nord Caucaso. Era questo il loro impegno ideale ricordato con un’epigrafe su lastra bronzea posta, a degna memoria, su un rilievo lapideo a sud di Oberdrauburg nella zona di Irschen.

24 febbraio 2016


PIER ARRIGO CARNIER

CAUCASICI A PAULARO E VALLE D'INCAROIO (Carnia) - 1944-1945

RICHIESTA DI NOTIZIE STORICHE DA CRISTIAN GARDELLI del 23.02.2016. Buona sera, scusi il disturbo sono di Paularo e volevo sapere da lei che è uno studioso dei cosacchi, in che periodo arrivarono a Paularo quanto si fermarono e da dove venivano principalmente. Grazie Cristian.
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Trattandosi di storia rispondo pubblicamente a  quanto richiesto su base documentale del mio archivio, noto a competenti archivi-museo di Mosca, della Slovacchia ed  di Washington.
Nell’ agosto-settembre 1944 l’Alto Comando SS. e Polizia di Trieste, in seguito  alla necessità di dare un insediamento alle troppe cosacco-caucasiche in previsione di una loro necessaria evacuazione dalla Polonia motivata dalla pressante avanzata sovietica, era propenso  a far confluire  delle forze collaborazioniste cosacche ed altre,col seguito di profughi, nella valle d’ Incaroio, trattandosi di valle chiusa e quindi controllabile, come ebbe a confermarmi personalmente  il maggiore Oskar Müller, delegato dal ministro tedesco Alfred Rosenberg per i paesi orientali occupati al controllo organizzativo dei cosacchi. Fu poi deciso, stante la segnalata presenza di bande partigiane, di destinare la massa dei cosacchi nell’ intera Carnia meridionale ed occidentale, nonché nel Friuli, riservando  ai caucasici il nord della Carnia con assegnazione di reparti ad  altre zone sparse, in parte nella pedemontana. di cui tralascio il dettaglio.
Nella valle d’Incaroio e quindi a Paularo non i Cosacchi bensì i Caucasici, quali forze della Freiwilligen Brigade Nord Kaukasus col seguito di profughi civili, sulla base di un dettagliato lungo rapporto rilasciatomi privatamente da Sbrizzai Gino (1975), ex membro del C.L.N. locale e poi sindaco, si  insediarono il giorno 11 ottobre 1944. Le prime colonne con carriaggi giunsero alle ore 9 del mattino, scortate per sicurezza da reparti SS.
Si trattava, come risultò dalla mia vasta indagine, condotta presso Enti caucasici musulmani all’ estero e sulla base di documenti della Sichereits Polizei tedesca, di caucasici prevalentemente di etnia caracese provenienti dalle alte montagne el Nord Caucaso ed al riguardo posseggo una preziosa eccezionale unica documentazione anche fotografica la cui esistenza è nota ai citati importanti archivi-musei stranieri. Si segnalava comunque anche la presenza osseti, sud-osseti e ceceni tutti di  religione musulmana.
I caucasici avevano il loro comando a Paluzza tenuto dal generale Ghirei Klitsch Sultan, ultimo sovrano dell’Orda d’Oro, cioè del  Chanato di Crimea.
Le forze caucasiche con relativi profughi lasciarono prevalentemente la valle d’ Incaroio in ritirata per l’Austria a fine aprile 1945 anzi nei primi giorni di maggio 1945 ( Nota n.1). Superato il Ploeckenpass i caucasici si accamparono  a sud di Oberdrauburg, ad Irschen e dintorni.
La storia dell’Armata cosacca e della Freiwilligen Brigade Nord Kaukasus è raccontata nel mio volume l’Armata Cosacca in Italia 1944-1945, diffuso nel 1965 del grande editore svizzero  De Vecchi - Milano e successivamente dal 1990 ,in varie edizioni,  dal cessionario  noto editore nazionale Gruppo Editroriale Mursia-Milano. Il volume ha destato vivo interesse nella Direzione RAI-TV di Roma che ha realizzato, su miei documenti e sulla mia testimonianza assieme a qualche altra, il film documentario COSSACKIA della durata di due ore. La vicenda dei  caucasici a Paularo è riferita in un mio vasto articolo su due pagine diffuso, il 1 agosto 2010, da Il Gazzettino di cui sono tutt’ora collaboratore culturale e ritengo che l’Amministrazione comunale abbia copia.
Mi permetto di aggiungere che, proprio riguardo l’insediamento caucasico a Paularo, vi sarebbero molti dettagli di rilevante interesse in parte riferiti nel citato mio articolo e in  molti altri miei scritti diffusi sulla stampa che sempre hanno suscitato interesse e dato luogo alla richiesta di mie  conferenze in varie centri d’Italia, perfino ad Orgosolo in Sardegna.
24 febbraio 2015

PIER ARRIGO CARNIER, delegato ufficiale, per la storia, del 15° Corpo di cavalleria cosacca che combattè, nel 1943-1945, nei Balcani.


Nota n.1
Una parte dei caucasici, in ogni caso, aveva rifiutato la ritirata ed al riguardo ci sarebbe una storia da raccontare accennata nel citato mio articolo del 1.08.2010.




domenica 21 febbraio 2016

TORNO BREVEMENTE SU PORZÛS

Da un accurato esame di un voluminoso carteggio in mio possesso cedutomi  in parte da membri  della formazione GAP comandata da Giacca (Mario Toffanin), tra cui Jaiza Dario  raccomandatomi fiduciariamente dal medesimo per credibilità, credo che riprenderò fra qualche tempo quantomeno forse in un non lontano futuro, diciamo al momento opportuno con la dovuta ponderazione, l’argomento Porzûs onde  evidenziare ed illustrare ulteriormente la causale storica insovvertibile del la decisione che portò all’esecuzione. Ho anche elementi per riferire sulla posizione della Turchetti segnalata come spia da Radio Londra e sui due giovani russi  facenti parte della formazione GAP e sul  successivo loro destino,   presenti a fianco di Giacca nei momenti drammatici da brivido carichi di tensione in cui fu comandata ed avvenne l’esecuzione immediata di Bolla, Enea e della Turchetti Elda (Wanda) nonché del giovane diciannovenne osovano Giovanni Comin, ucciso per primo mentre tentava di scappare, il tutto credo sempre più necessario e per riportare il fatto fuori dal falso degli accomodamenti politici  modellato a  tal punto da  offrire ai celebranti l’opportunità di pronunciare, dinanzi a un pubblico attonito che ignora l’effettiva verità dei fatti, con compiutezza angelica  frasi speciose ed elegiache, mentre la storiografia resistenziale ha estremo bisogno di esporre la cruda realtà. Interessanti dei particolari ancora non noti 
dei quali fui informato da Giacca. Porzûs  non è luogo di celebrazione di  martirologio ma di sibillina verità storica, luogo di resa di conto mortale fra intolleranze di comportamenti ideologici  e finzioni, dove la spada recise una situazione di attendismo mentre sulla linea del fronte tedeschi, italiani, cosacchi morivano a centinaia bagnando col loro sangue in nome della difesa d'Italia la linea di confine, contro le forze slave di Josip Broz Tito. Trattasi di  argomento  di grande interesse  se riportato seriamente, con competenza, al clima che va oltre le labili motivazioni ambientali,  antesignano di un grande cambiamento con profondi interessi sociali che si preannunciava con l’ espansione sovietica e coi suoi infiltrati in occidente…

21 febbraio 2016


PIER  ARRIGO CARNIER






L'autore Pier Arrigo Carnier con l'ex comandante dei GAP, Giacca (Toffanin Mario) all'esterno della sua abitazione a Scofije in Slovenia.

martedì 16 febbraio 2016

20 NOVEMBRE 1944. QUELLA RIUNIONE DECISIVA NELL’ALTA VALLE DI PANI DOVE IL COMMISSARIO “ANDREA “ (MARIO LIZZERO) IMPOSE LA CONTINUAZIONE DELLA RESISTENZA.


COMUNICATO

Spesso nel corso di indagini riferite alla stagione della Resistenza carnica,  mi resi conto che, nella prevalente organizzazione  Garibaldi, sia per decisioni sostanziali che per azioni rilevanti, emersero degli idealisti comunisti taluni anche stalinisti, così chiamati stante l’orientamento ideale parte dei quali, condannati al confino e liberati con la caduta del  regime fascista nel luglio1943, avevano  subito  aderito alla  lotta resistenziale. Parlo dal punto di vista storico ed a tale scopo ritengo utile una breve nota.

                           MEMORIA EVOCATIVA


Mi riferisco all’ autunno 1944, uno dei più   tenebrosi periodi  della lotta partigiana in Carnia travolta e prostrata dai grandi rastrellamenti tedeschi, per ricordare che,  gli esponenti  responsabili delle formazioni,  furono specificatamente convocati ad un raduno straordinario nell’ alta valle di Pani, sulle montagne. “ Occorreva una decisione definitiva in risposta a un dispaccio ch’ era giunto in Carnia, da parte alleata, verso il dieci di ottobre. Ad Ampezzo, nell’ imminenza dell’irruzione dei cosacchi, i membri del Comitato di Liberazione Nazionale e i comandanti militari erano stati convocati d’urgenza dalla Missione alleata che preannunciava un’ importante comunicazione diffusa dal maresciallo  Alexander dell’8° armata. L’ufficiale alleato, maggiore Schmidt, nella sala del municipio di Ampezzo, dinanzi al gruppo dei convenuti, aveva comunicato che il maresciallo Alexander consigliava lo scioglimento delle formazioni poiché, in Carnia, la partita era persa: le divisioni cosacche avanza vano occupando le vallate e il movimento partigiano sarebbe stato liquidato”.
“I membri della brigata “Osoppo”, appoggiavano incondizionatamente il pensiero di Alexander, adducendo le enormi difficoltà di  carattere logistico che si sarebbero verificate nell’ inverno mantenendo le formazioni in attività”.“A ciò si oppose validamente il commissario generale Andrea (Mario Lizzero) della brigata Garibaldi : tacciò gli alleati di opportunismo e precisò che la lotta sarebbe stata condotta ugualmente sui monti, pur con prevedibili difficoltà. Le parole di Andrea ebbero il loro peso positivo. Furono decisive, e stabilirono il nuovo corso della resistenza”. (pagina nr.63 de “L’Armata Cosacca In Italia…”
Il raduno straordinario ebbe realmente luogo nell’ alta valle di Pani. “Vi parteciparono per  la brigata Garibaldi, Andrea, Marco, Barbe Toni, Ninci, Tredici, Gracco, Augusto, Barba Livio, Nembo, Furore e per l’Osoppo, Verdi, Max e Da Monte”. Era il 20 novembre 1944: una giornata d’autunno inoltrato. Grandi stormi di uccelli migratori volavano in fretta di proda in proda, lungo le boscaglie di fondovalle ammantate di uno strato di scuro fogliame su cui calava lo scialle della neve. Ruppe il silenzio Andrea, commissario generale delle brigate comuniste del gruppo Garibaldi, il quale riaffermò la necessità di condurre nell’ inverno, contro il parere alleato, la resistenza sui monti. Proposta che già viveva negli animi, accolta all’ unanimità dai convenuti, i quali esplosero le loro invettive contro il maresciallo Alexander. Fu stabilito di condurre la resistenza ad oltranza. Avrebbero resistito nell’ impresa invernale i forti, i volontari, cioè i cosiddetti “duri”. Eventuali gregari, ritenuti inadatti, sarebbero sostai rinviati alle loro case e sarebbe stato reciso nei loro confronti qualsiasi rapporto onde evitare la delazione e l’individuazione da parte del nemico dei segreti rifugi della resistenza”.(Pag. nr.64 de “L’Armata Cosacca In Italia…”)

16 febbraio 2016

 PIER ARRIGO  CARNIER




lunedì 15 febbraio 2016

CONCLUSIONE SU PORZUS

COMUNICATO

Ai Centri di documentazione archivistica e storiografica della Carinzia con particolare riferimento a Klagenfurt, ai centri di documentazione storiografica e della Resistenza iugoslava di  Capodistria, Lubiana, Saraievo, Belgrado, agli interessati al caso Porzûs.


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Molta attenzione da varie fonti, anche straniere, hanno suscitato i miei recenti post su Porzûs, diffusi a titolo di informazione storica sui siti  Facebook e Blogger stante l’annuale ricorrenza  del 7 febbraio, data dell’esecuzione. L’argomento merita pertanto un  sintetico assunto conclusivo.
Smobilitata in risposta alle disposizioni del generale britannico Alexander (...tornate alle vostre case...), all’approssimarsi dell’autunno ed inverno (1944-1945), l’organizzazione Osoppo si scioglieva lasciando sparuti nuclei, tra i quali quello insediatosi a Porzûs, angolo remoto, prossimo al confine sloveno a nord est di Faedis nel Friuli orientale, nucleo che qui trascinava poi la sua esistenza fino alla  fine della  guerra (aprile 1945) senza sparare un solo colpo, a notevole distanza dalla  linea  da Fiume - Gorizia- Tolmino – Kranisca Gora dove le incombenti forze slave di Tito tentavano lo sfondamento per occupare Trieste ed allargare i confini della nascente Federativa Iugoslava, costantemente respinte dalle Unità tedesche con l’appoggio dei Cosacchi e di unità e  reparti della Repubblica Sociale Italiana al prezzo di centinaia  e centinaia di morti. Mille morti furono riesumati solo nel cimitero di Opicina, dopo la fine della guerra,  per essere traslati in gran parte nel cimitero militare tedesco di Costernano sul Garda e in parte altrove,  in prevalenza caduti sull’anzidetta linea del fronte. Si tratta di morti che nessuno ricorda. Trincerato nell’oasi di Porzûs  il nucleo dei circa venti osovani, sotto la guida di “Bolla” ed “Enea”, isolato dalla sopramenzionata linea di difesa del confine d’Italia  considerata  un problema tedesco-fascista con la  pretesa di simboleggiare in quella propaggine, in posizione di attendismo, una significativa presenza di italianità nell’ attesa  di eventi che si sarebbero dovuti avverare. Ma quali eventi ? In pratica il nucleo osovano, stando a confidenze e voci a suo tempo raccolte, era in attesa dell’ora X, e cioè di quanto sarebbe accaduto o poteva accadere con la presumibile ritirata tedesca e l’arrivo degli alleati che ormai, respingendo lentamente la tenace resistenza tedesca lungo  penisola, avevano raggiunto e si erano posizionati con le loro divisioni corazzate sulla  linea del  Po.  La posizione osovana di Porzus, vale la pena ripeterlo, fu quindi di attendismo da manuale tenuto in piedi da una specie di convivenza diplomatica coi tedeschi in obbedienza alla proposta dello Standartenführer Freiherr von Alvensleben della Platzkommandantur di Udine (comando piazza), vedi pag. 181 de “Lo Sterminio …” che  “…le formazioni dell’Osoppo troncassero qualsiasi intesa e rapporto con le formazioni partigiane slovene confinanti e ciò non solamente per quanto concerneva eventuali azioni in comune “, e dei contatti con la Xa MAS, sospettati, accertati  e segnalati, sia nel primo caso come nel secondo, al Comando superiore interalleato del Sud dai membri delle missioni alleate  accreditate presso la Garibaldi, la stessa Osoppo e il IX Corpus sloveno.
La spedizione di Giacca su Porzûs, motivata dall’accusa di collusione col nemico in violazione dei comuni principi che regolavano le formazioni partigiane in  circostanze di guerra, provocò inevitabilmente, come riferito nel post del 2 febbraio  corr.e in vari altri miei scritti, l’eliminazione del nucleo secondo una regola comune. Nelle lotta rivoluzionaria sovietica l’eliminazione per sospetti o prove di tradimento era azione frequente ed in tal senso gli stessi bianchi, filozaristi controrivoluzionari risultarono inflessibili, in particolare i generali Wrangel, Kornilow, soprattutto Shkuro del quale è rimasta memoria delle costanti esecuzioni mediante fucilazione anche di prigionieri. Gli stessi reparti tedeschi antiguerriglia, contrassegnati dal distintivo” Zur besondere Verwendung” (Per speciale impiego) qualora in zona di operazione ed in fase di azione nel corso della seconda guerra, avessero avuto a che fare con cittadini concretamente sospetti, in forza di normative , escludendo ogni procedura processuale,  passavano senza scrupoli alla fucilazione.
10 febbraio 2016

PIER ARRIGO CARNIER


martedì 2 febbraio 2016

PORZÛS. MORTE PER DIRETTISSIMA ED ESECUZIONE IMMEDIATA: 7 febbraio 1945


COMUNICATO

Ai Centri di documentazione archivistica e storiografica della Carinzia con particolare riferimento a Klagenfurt, ai centri di documentazione storiografica e della Resistenza iugoslava di Capodistria, Lubiana, Saraievo, Belgrado, agli interessati  al caso PORZÛS reso sulla base delle contrapposte testimonianze dei veri protagonisti e liberato da  ogni falso alone politico ed agiografico che per lunghi decenni ha oscurato la verità.

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In previsione della ricorrenza del 7 febbraio, data in cui occorse l’azione di Giacca (Toffanin Mario) su Porzûs,  ho ritenuto, anche per richiesta di molti, di  riassumere nel seguente scritto le risultanze che, sotto il profilo storico, ritengo attendibili sul caso, frutto della mia attività d’indagine e dei colloqui con i veri protagonisti delle parti in causa che si identificano con Ernst Lerch ex capo si Stato maggiore dell’Alto Comando SS. e Polizia di Trieste e precedentemente aiutante del SS. Gruppenführer  Odilo Globocnik a Lublino in Polonia, dr. Franz Hradetzky, ufficiale Waffen SS. Leiter del Kommando Adria a Trieste, base del Servizio informazioni Waffen SS., Mario Toffanin “Giacca” comandante di formazioni GAP (Gruppo di Azione Partigiana) che mi fece anche conoscere alcuni altri gappisti suoi subalterni (Nota n.1).

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Ritengo di premettere che, sulla vicenda Porzûs è stata svolta, nel giro di oltre cinquant’ anni, una tale azione di propaganda con prevalente finalità anticomunista da annebbiare la sostanza della verità mettendo in discussione il fatto nel suo assunto storico, laddove la storia è chiamata a giudicare le causali e gli effetti. Nella località isolata di Porzus, posta nella zona delle malghe “Topli Uork”, il nucleo partigiano osovano, dichiaramene anticomunista, si trovava in posizione a rischio. Aveva attorno e di fronte, ad est, forze d’ ispirazione marxista che agivano su direttive internazionaliste e contavano sul patrocinio titino e sovietico. Era il momento della grande minaccia comunista dall’ est con le sue infiltrazioni in occidente. In diversi, a proposito di Porzûs, mi hanno telefonato ed anche scritto manifestando interesse, cioè il desiderio di  sapere, al dilà di quanto sono riusciti a percepire dai miei scritti, qual’era l’effettiva causa e colpa certa a carico degli osovani per la loro eliminazione. Si tratta di  argomento che merita una trattazione accurata su basi certe perciò non posso evitare di richiamare alcuni fondamentali elementi riferiti, circa trentacinque anni fa, nel mio volume “Lo sterminio Mancato” lavoro che, non perché è opera mia, è considerato da docenti esperti internazionali una pietra miliare riguardo diverse vicende. Sta scritto in detto volume, a pag. 181 che, la Platzkommandantur di Udine (comando piazza) tenuto dallo Standartenführer Freiherr von Alvensleben riguardo l’Osoppo, <aveva annodato le fila>, attestazione significativa rilasciata da un esponente dell’Alto Comando SS. e Polizia di Trieste, quale prova che,  tra tedeschi ed osovani, esisteva un intreccio giudicato ovviamente, da parte dell’ organizzazione partigiana comunista, collusione col nemico. Le problematiche tedesche in essere nel 1944 e a fine guerra, nel territorio dell’ Adriatisches Küstenland e territori limitrofi, erano diverse. Gli slavi avevano in atto degli obbiettivi, primo fra i quali, ad Ovest, l’occupazione di  Trieste ed alcune are del Friuli orientale considerate di antica etnia slava, come infatti lo erano, ed al riguardo tentarono vari sfondamenti; premevano inoltre con infiltrazioni nel sud Carinzia,  con pretese rivendicazioni territoriali fino al Grossglockner. Da loro lato i tedeschi sospettavano, inoltre che, le  forze partigiane comuniste della Carnia fossero collegate coi partigiani slavi ed agissero nella zona orientale confinante con la valle austriaca del Gail, oltre ad attuare rapine di bestiame, con analoghi  intenti di infiltrazione in Carinzia per cui, nel luglio 1944, condussero un vasto rastrellamento attuando. a scopo intimidatorio, una dura rappresaglia  con  strage di valligiani a malga Pramosio ed altre vittime lungo la valle del Bùt.

E’ ovvio che le forze slave di Tito tenevano banco. La propaganda tedesca del Servizio informazioni Waffen SS. Kommando Adria di Trieste, tramite una ricetrasmittente installata sull’ altura di  Opicina, non mancò  di suscitare sospetti, anche con false notizie, sull’ esistenza da parte tedesca di intese tedesche o presunte tali con gli osovani, il che fu avvertito dai  GAP comandati da Giacca e, supponibilmente, dal vertice del P.C. udinese. Di tali espedienti  provocatori, in cui i tedeschi erano abili  (Nota n.2) me ne parlò chiaramente, all’inizio degli anni sessanta, in alcuni incontri  a Villach, l’ ex capo del Kommando Waffen SS. Adria a Trieste, Franz Hradetsky  col quale tenni pure corrispondenza,  risparmiato nel grande processo di Lubiana allo Staff tedesco del Litorale, del luglio 1947, alla condanna capitale, ma condannato a 16 anni di di lavori forzati , poi ridotti a nove  trascorsi nella fortezza di Mitroviska (Kosovo) nella Federativa Iugoslava.
Seppi dal medesimo, e negli incontri era sempre al mio fianco l’amico Lerch ex capo di Stato maggiore dell’Alto comando SS. e di Polizia di Trieste e in precedenza, come accennato introduttivamente, aiutante di Globocnik aLublino in Polonia, anche in base a documento scritto che,  nella prospettiva di vittoria dell’Asse, motivo dominante di tutte le programmazioni, i tedeschi,oltre ad annettere il Friuli e la Carnia, già considerati Stato cuscinetto, al III° Reich, intendevano dare una diversa configurazione alla Slovenia concordata dal Supremo commissario Rainer con generale sloveno Leon Rupnik. 
Seppi inoltre, in base alle proposte di von Alvensleben che riflettevano le direttive di Globocnik e la linea politica di Rainer che, onde prevenire supponibili rivendicazioni di confini che gli osovani avrebbero potuto sollevare a fine guerra, gli stressi avrebbero dovuto uscire di scena abbandonando la zona del cividalese nel Friuli orientale e quella del Goriziano, come precisato pag.181 del già citato mio volume, per cui i tedeschi, che erano riusciti ad adescare e stabilire un’ intesa con l’Osoppo, se ne volevano infine disfare.
Nel clima degli gli eventi sopramenzionati maturò introspettivamente, da parte dell’organizzazione partigiana comunista Gap, operante sul terreno, la decisione punitiva di Porzûs, con l’accusa di collusione col nemico in violazione dei comuni principi resistenziali e della cui responsabilità Giacca volle interamente accollarsi, sgravando in certo senso il P.C. udinese i cui segretari, Ostelio Modesti e Alfio Tambossi furono però arrestati, processati e condannati.
Spesso mi sono chiesto che peso potesse avere avuto l’Osoppo, dopo la smobilitazione dell’autunno su disposizioni del generale britannico Alexander, ormai ridotta a pochi nuclei residui che sopravvivevano in stato di attendismo, uno dei quali a Porzûs. Scrissi a suo tempo, a proposito dell’Osoppo a pag. 182 de “Lo Sterminio...”: “" trattarsi di espressione armata indottrinata di un paternalismo patriottico gradito alla notabilità ambientale e a quel tipo di friulanità che si riconosceva legittima erede di un dominio patriarcale privo di rinnovamenti”.
Da un insieme di valutazioni da me tratte nei colloqui  con Giacca, in vari incontri in Slovenia, ebbi la convinzione che, in ogni e qualsiasi caso, egli fu il dominus dell’ operazione Porzûs. Giacca veniva dal mondo proletario operaio, era cresciuto mangiando il duro pane da padrone e la sua formazione ideale era grezza, ma rovente e, all’occorrenza, spietata. Agiva con una carica che proveniva dall’ideale di partito spronata dall’ odio di classe. Credeva  nell’alba rossa che  doveva sorgere ad est e coltivava il sogno, più volte confessatomi, di entrare a far parte dell’Armata Rossa sovietica.
In quel 7 febbraio, gelido giorno grigio, piovviginoso e di nebbie, a località Porzûs topograficamente situata, come già accennato, nella zona delle malghe “Topli Uork” ai margini della vicina Slovenia, Giacca  pose fine al nucleo osovano,
Nel 1994 grandi articoli furono da me pubblicati su Porzûs  nei quotidiani L’Arena di Verona  e Giornale di Vicenza di cui ero corrispondente, sulla base delle dichiarazioni di Giacca, ed il caso fu poi da me riproposto con aggiornamenti e pubblicato, nel giugno 1997, sul Gazzettino di Venezia a cui tutt’ ora collaboro. Tali scritti, oltre a quanto pubblicato nel volume “Lo Sterminio Mancato” aprirono ulteriormente gli occhi all’ opinione pubblica sulla verità e, degli stessi, riporto qui di seguito alcuni stralci relativi alle mie interviste a Giacca. Domanda. Che cosa ricorda di quel lontano giorno, 7 febbraio 1945 ? “ Era una giornata fredda con nevischio e pioggia. Raggiunta malga Porzûs, appena entrammo. Un  giovane russo che aveva aderito alla mia formazione  Gap e che mi stava alle spalle. Gridò :”Eccola Turchetti Elda”. Si trattava di un’ italiana spia dei tedeschi, segnalata ripetutamente attraverso messaggi da Radio Londra. Quella constatazione, che provava la protezione dell’”Osoppo”, mi provocò (Nota n.3) al punto che decisi istantaneamente la condanna a morte per direttissima ed ordinai l’esecuzione immediata della Turchetti e dei responsabili “Bolla” e  Valente “Enea”. Venne ucciso anche un giovane che tentava di scappare. Altri 14, gregari, vennero giustiziati nei giorni successivi nel  bosco Romagno e dintorni ".
Domanda. Non le pare che poi la seconda eliminazione, quella dei quattordici gregari tra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini, avvenuta dopo giorni, denoti il coinvolgimento non solamente della sua personale decisione ? “ La seconda eliminazione – non mi interessa se fra gli stessi c’era il fratello di tizio…venne presa effettivamente sentendo il parere di tutti, dei Gap, di Modesti del P.C. etc.etc. Fu quindi deciso di giustiziarli. Ne fu salvato uno solamente in quanto per lui si rese garante uno dei nostri Gap, che lo conosceva.
Domanda. Come si guastarono i rapporti delle formazioni comuniste con quelle dell’”Osoppo” ? : “ Eravamo informati che l’”Osoppo” orientale trattava col nemico e con la Xa Mas. Personalmente so di collegamenti di  “Bolla” con un elemento della Gestapo. Seppimo che ormai da tempo questa formazione, pagata dal capitalismo e costituita da fascisti, massoni, benestanti in cerca di benemerenze, e che avevano scelto l’attendismo, stava lavorando contro di noi. La notizia di rapporti ed intese con i tedeschi sono note e le conosce anche lei che possiede un carteggio di fonte tedesca”.
Ed ecco alcuni indizi ed affermazioni probatorie sull’ esistenza di una collaborazione dell’Osoppo col nemico, risultanti da messaggi delle missioni alleate accreditate presso i partigiani. La missione inglese CRAYON, presso il IX° Corpus sloveno segnalava ai propri superiori, nel gennaio 1945, contatti dell’Osoppo con i comandi tedeschi e, addirittura, si parlava di un accordo. La missione inglese NICHOLSON, affiancata al comando dell’Osoppo, segnalava pure contatti con la Xa MAS. A sua volta il maggiore Roworth, pure accreditato con una missione presso i partigiani, autorizzato dal Comando delle forze alleate Sud a trattare con Valerio Borghese, comandante della Xa MAS, comprovava, attraverso i suoi messaggi, che trattative erano state instaurate ed erano andate avanti. Ed ecco alcuni brani: “ 27 gennaio 1945, sono in contatto col principe Borghese della Xa MAS, il quale appare disposto a volgersi contro i tedeschi…” –  “ 6 febbraio 1945, Borghese promette chiaramente all’ Osoppo di fornire armi agli  ex partigiani….” – “ 10 febbraio 1945,  la Xa MAS ha già proposto di unirsi all’Osoppo in funzione anti slovena ed ha approntato una linea fortificata di resistenza contro eventuali attacchi sloveni. E’ molto disciplinata”.
Hradetsky, responsabile della propaganda e del servizio informazioni era stato l’artefice, assieme a un sacerdote sloveno, della creazione della “BELA GARDA” in Slovenia, guardia armata di espressione clericale ed ovviamente anticomunista, subordinata al comando tedesco. Egli intendeva raggiungere identico obbiettivo con le formazioni partigiane bianche del Litorale, il che rientrava perfettamente nella linea politica del Supremo commissario.“ Rainer era, infatti,  dell’idea che ogni colloquio politico, che si proponeva una soluzione, sarebbe potuto essere utile se avesse contribuito ad indebolire il gruppo sloveno comunista”, frase di Hradetzky riportata nel mio volume “Lo Sterminio...”.
Nessuna meraviglia per le tresche accennate, motivate da uno scopo di fondo che interessava o poteva interessare i tedeschi, la Xa MAS e i partigiani bianchi. Ma non si poteva assolutamente pretendere che, dall’ altra parte, i rossi accettassero passiva- mente le notizie che arrivavano ai loro orecchi, ovvero gli indizi persistenti di cui le stesse missioni alleate, accreditate presso i rispettivi comandi partigiani, erano a conoscenza e li segnalavano ai loro superiori. Al IX°Corpus sloveno i vari contatti, proposte e propensioni erano chiaramente note. Sospetti che le formazioni partigiane bianche fossero disponibili ad intese coi tedeschi e che queste fossero anzi state raggiunte, o con la Xa MAS, vennero rafforzati dal fatto che, dall’ autunno 1944, le formazioni bianche che agivano ad oriente, avevano quasi totalmente cessato ogni attività anti tedesca assumendo uno stato di attendismo. Si era anche dissolto il legame, attraversi un comando unificato, tra partigiani bianchi e la Val Natisone, formazione partigiana comunista subordinata alle forze slovene comuniste. L’anticomunismo sbandierato dai partigiani bianchi e la sospetta ed accertata disponibilità degli stessi verso i tedeschi e la Xa MAS furono gli elementi che fecero scattare l’azione su Porzus.
Chiudo qui questo mia trattazione  ricognitiva su Porzûs ritenendo che l’esposizione degli elementi prodotti, con relative connessioni, possa ritenersi storicamente esaustiva.

02 febbraio  2016

PIER ARRIGO  CARNIER




Nota n. 1
Uno fra i  gappisti   fattimi conoscere da Giacca, dai quali appresi molti particolari  sulla spedizione punitiva su Porzus,  era Jaiza Dario che abitava a Pozzuolo del Friuli. Ebbi con lui diversi incontri e vi fu anche della corrispondenza. Conservava molti appunti, volantini ed altro materiale interessante  che mi consegnò, utile a confermare la tesi di  attendismo dell’ Osoppo  e la collusione della stessa con tedeschi e fascisti. Era minorenne allorchè entrò a far  parte della formazione GAP di Giacca. Fu citato, nel dopoguerra, a comparire nei vari processi celebrati su Porzûs  sui quali infine, a seguito di amnistie, mancò una conclusione.

Nota n.2
Basti pensare al dossier di false lettere  incriminanti diversi ufficiali sovietici, fatto recapitare da Reinhard  Heidrich, capo del Sichedreitsdiens (SD) a Stalin, tramite il presidente della Cecoslovacchia Benes che si prestò al gioco, documentazione con cui il dittatore del Kremlino dette avvio al processo di epurazione nell’esercito con migliaia di condanne mediante fucilazione.

Nota n.3
Giacca, lì per lì, nel rispondere alla mia domanda su ciò che ricordava su quel 7 febbraio  riguardo la Elda Turchetti , disse con spontaneità, tralasciando sottostanti precisazioni di cui parlammo in seguito,  che “  si trattava di un’italiana spia dei tedeschi, segnalata ripetutamente attraverso messaggi da Radio Londra “, ed aggiunse “Quella constatazione, che provava la protezione dell’Osoppo, mi provocò….””. Si tratta di precisazione che merita  alcune spiegazioni che in seguito mi furono date da Giacca anche se si trattava di una situazione che già mi era nota.  In realtà egli conosceva la Turchetti  poichè la stessa, segnalata da Radio Londra, si era precipitata da lui molto preoccupata e disposta a chiarire la sua posizione. Giacca però rinunciò  all’esame del caso in seno alla formazione Gap da lui comandata  e consigliò la Turchetti a presentarsi ad altra formazione partigiana, fosse garibaldina od osovana,  per cui la stessa raggiunse Porzus ed espose la sua situazione agli osovani. A quanto pare,  in considerazione  che la Turchetti   si era messa spontaneamente  a disposizione e dopo un esame del suo operato in base alle sue confessioni, su decisione di Bolla si sarebbe soprasseduto ad ogni condanna e la stessa  sarebbe stata ammessa a far parte delle file osovane. Sulla Turchetti io disponevo e dispongo di elementi  mai resi noti  sulla sua attività presso  la Sicherheit  Polizei tedesca.