giovedì 30 giugno 2016

PROFILO DEL PROTODIACONO RUSSO-ORTODOSSO GEORG dott. KOBRO. E DELL' ALTRO.



Due parole meritano dette riguardo il protodiacono russo-prtodosso Georg dott. Kobro e dell’altro. Il sottoscritto (Pier Arrigo Carnier) lo conosceva fin dagli anni settanta (1970), allora lui studente universitario arrivava alla commemorazione di "Peggetz" assieme ai componenti del coro cosacco di Monaco che, con splendidi canti gregoriani onoravano la cerimonia alla quale, assieme a mia moglie Wanda ero sempre presente unitamente al generale cosacco Gregori Glaskow che, provenendo da New York, passava prima ad incontrarmi nella mia residenza di Porcia (Italia). Glaskow aveva fatto parte dell'Aministrazione centrale degli eserciti cosacchi insediata nel 1944 a Berlino e presieduta da Krassnoff. Al tempo dei nostri rapporti era presidente della Suprema associazione cosacca d’America e presidente dell’ Internazionale anticomunista. Sui nostri rapporti conservo un vasto fascicolo. Veniva a " Peggetz" anche una splendida signora cosacca, se ben ricordo docente che faceva parte del coro di Monaco e che mai voleva convincersi che io fossi italiano. Secondo lei il mio volto evidenziava caratteri della tipicità slava. Sempre presente alle commemorazioni di Lienz, fra le personalità, l’ex Bürgermeister della città al tempi di regime, Emil Winkler, persona integerrima ed eravamo amici. Fu Winkler a farmi conoscere e presentarmi a Franz Hofer, ex Gauleiter del Tirolo col quale nel dopoguerra ebbi effettivi incontri e fu lui a confidarmi segreti particolari sui tesori nascosti del III° Reich, su cui anche pubblicai una certa parte di notizie. Franz Hofer, sopravvisse, avversato da una serie di processi nel dopoguerra. Lui, mentre crollava il III° Reich, avrebbe voluto creare il Grande Tirolo e me ne parlò. Credetemi allorchè mi ripassano per la mente certi ricordi, compresi quelli dei miei rapporti con Hofer, mi sento grande ed onorato. Egli, Hofer, morì nel 1974, stroncato da infarto nel momento in cui lo raggiunse la notizia della sentenza di assoluzione relativa a un processo a suo carico tenuto a Garmisch. Ricordo molte cose, molti momenti di quei tempi, che sono ancora nella mia memoria come il profumo vivo della resina di pino che si espande nei boschi quando l'aria è pulita, dopo i temporali...

                                                       PIER ARRIGO CARNIER:

giovedì 23 giugno 2016

UN CHIARIMENTO SARA’ RAGGIUNTO, SOTTO IL PROFILO STORICO, SU DELLE PARTICOLARITA’ DI RILIEVO.



COMUNICATO

Agli Archivi storiografici dell'Austria e Slovenia,  alle Associazioni cosacche delle comunità ZAPOROGHI (Zaporoz’e) del basso Dnieper, di ROSTOV (Rostovna-Donu) e KRASNODAR (Kuban), nonché alle Associazioni delle comunità cosacche presenti in Germania, Francia, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada, ed a quelle caucasiche del Nord Caucaso e Monaco di Baviera.

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Tornando all’ argomento Cosacchi che riveste interesse internazionale ormai comunque storicamente da me analizzato in profondità sotto il profilo storico, reso pubblico e recepito, assieme alla questione partigiana, dai principali Centri di cultura russi, statunitensi ed altri, esistono tuttavia delle particolarità che meritano di essere consolidate mediante una divulgazione editoriale che ormai ritengo, da parte mia, dopo un lungo lavoro, volga verso la conclusione e di cui tuttavia, finché non sarà concretamente  imminente  la pubblicazione , parlo al condizionale. Si tratterebbe:

a)-dell’operazione rappresaglie tedesche sulla malghe carniche al confine orientale, frontiste della valle del Gail, argomento da me trattato giornalisticamente  e via Internet con vari post, il cui iter è stato agevolmente utilizzato da parte di taluno, senza citarmi (esempio: relazione preparata per me dalla figlia di una nota “farinaria” di Paularo “M. d. T.” letteralmente fatta propria dal taluno) con l’inclusione di deduzioni non rispondenti alla realtà dei fatti. Vi si aggiunge, secondo voci casualmente per- venutemi, la diffusione di notizie, da parte di taluno altro, improvvisato pennaiolo, completamente da censurare.

b)-dell’azione di attacco dei partigiani al presidio cosacco di Ovaro 
con l’obbiettivo di ottenerne la resa, già intimata e fermamente rifiutata, assieme  a quella di 35.000 cosacchi in ritirata, che stazionavano a sud del villaggio, in attesa di eventi stanti le trattative in essere. Importanti gli eventi accaduti dopo la battaglia, nella notte fra il 2 e 3 maggio. Si trattò di una grande notte tragica dove alcune case ardevano in fiamme con le strade disseminate di caduti cosacchi e di morti civili innocenti,  passati per le armi  per rappresaglia, in base a testimonianze resemi successivamente da cosacchi. Notte comun-que di alto contenuto storico che io vissi e, forse unico, avvertii.  Rilevanti le dichiarazioni fattemi, nel dopoguerra, dal colonnello A.M. Golubow che incontrai in Germania, il quale, su comando, intervenne con delle forze di cavalleria su Ovaro dove travolse l’attacco partigiano e ne disperse gli attaccanti. Mi disse, fra l’altro, di avere dato l’ordine di fucilare senza pietà quei quattro georgiani presenti di rincalzo al servizio dei partigiani nell’ attacco al presidio da lui giudicati ” veri traditori”. Su Ovaro, mi è stato riferito, sono state dette da taluno con divulgazione locale che non fa storia, delle autentiche asfittiche storielle. Rilevanti, invece, altre vicende verificatesi lungo il tragitto della ritirata verso l’Austria, dopo Ovaro, frutto dell’interminabile mia laboriosa indagine, condotta nel tempo presso cosacchi rintracciati all’ estero.

c)-della rappresaglia tedesca su Avasinis, ampliando quanto già da me pubblicato testualmente e giornalisticamente, su notizie derivanti miei rapporti personali, nel dopoguerra, con esponenti delle Waffen SS. stazionati sul territorio e nelle vicinanze di Avasinis, nel periodo fine aprile inizi di maggio 1945 in cui ebbe luogo l’apprestamento e l’azione punitiva sul villaggio, il 2 maggio 1945. Ritengo rilevante richiamare a tal proposito il mio post, diffuso sui miei siti Facebook e Blogger, del 3 settembre 2013, dal titolo “Morte ad Avasinis” che evidenzia elementi e il metodo fondamen- tale dell’esecuzione della rappresaglia a me dichiarati da esponenti Karstjäger e contenuti in un mio fondamentale articolo diffuso al Gazzettino di Venezia, edizioni di Udine-Pordenone ed altre, in due puntate, sotto le date 14 e 21 novembre 2005. Nel mio post del 2 novembre 2013 richiamo anche la rappresaglia cosacca su Ovaro, verificatasi come quella di Avasinis il 2 maggio 1945 ed accenno al proposito di riprendere l’argomento della rappresaglia sulle malghe del confine orientale della Carnia, del luglio 1944, riguardo la quale sussiste la mia supermotivata critica del filmato “Carnia 1944. Il sangue degli innocenti”.  

d)-dei massacri del dopo fine guerra, in clima di cessate ostilità, di cosacchi e comunque collaborazionisti russi nel trevigiano, zona ovest di Follina, e valli del Natisone in questo caso per  mano slava, donne e bambini compresi, con grave responsabilità dei  partigiani italiani che, a una parte degli arresi, avevano formulato garanzie di protezione lasciandoseli poi strappare da partigiani slavi….

e)-della linea politica partigiana comunista-filostalinista e di  infiltrati sovietici, nel territorio del Friuli-Carnia e dintorni, delineando i profili di protagonisti di auautentica fedeltà ideale alla causa. Vi si aggiungono i segreti  dell’ elimina- zione, nel tardo autunno 1944, del  capo partigiano Olmo (Casali Enore). Trattasi di storia, aspra nelle vicende,  dettata da ideali e preannunciante quell’ alba rossa concepita e realmente programmata  da Stalin il dittatore del Kremlino,  che non era una favola,  intesa ad imporre, con l’espansione sovietica verso occidente,  nord Italia compreso,  un eventuale mutamento di confini con profonde riforme sociali a fini di equità e giustizia.

f)-del SS. tenente ALFRED DÖRNENBURG, che svolse attività di repressio-ne antipartigiana nel territorio pordenonese destra Tagliamento allora pro- vincia di Udine, nel cui processo indetto a Padova in anni recenti, ma che non ebbe luogo per l’improvviso quantomeno dichiarato decesso dell’imputato, ero citato dalla difesa a comparire come teste storico a conoscenza dei fatti. 
L' accusa, curiosità che fà sorridere, aveva citato tra i testi, contro l'imputato, anche un certo che si era sempre spacciato per  "fasista" ( non fascista che è cosa diversa) venuto dal sud ed arrivato in Regione Friuli Venezia Giulia carico di sicumera, ma ormai passato a miglior vita.
Ritengo che questi elaborati andranno  a costituire un unico testo.
 22 giugno 2016          
                                 PIER ARRIGO CARNIER


giovedì 16 giugno 2016

CELEBRAZIONE DELLA TRAGEDIA COSACCA DELLA DRAVA IN DATA 28 MAGGIO 2016




1° giugno 2016. Pier Arrigo Carnier nell'area del monumento dedicato al generale Helmut  von Pannwitz, a località Tristach (Lienz). mentre parla al pubblico convenuto alla cerimonia, in prevalenza di russi e cosacchi, con alla  destra l'arcidiacono dott. Georg Kobro che traduce al braccio in russo.




                            Pier Arrigo Carnier assieme a Svetlana  Egorova, cittadina cosacca
                            di Rostov, particolarmente interessata e cultrice di vicende storiche
                            cosacche.






                               Pier Arrigo Carnier. dinnanzi al monumento dedicato al generale
                               Helmut von Pannwitz con l'indimenticabile cara Erika Pätzold, cittadina
                               di Lienz, delegata dalla " Schwarze Kreuze" austriaca alla
                               cura del cimitero cosacco di " Peggetz".
   

COMUNICATO

Alle associazioni cosacche delle comunità  ZAPOROGHI (Zaporoz’e) del basso Dnieper, di ROSTOV (Rostovna-Donu) e  KRASNODAR (Kuban), nonché alle associazioni delle comunità cosacche presenti in Germania, Francia, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada, ed a quelle caucasiche del Nord Caucaso e  Monaco di Baviera.


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Ha avuto luogo il 28 maggio u..s. la ricorrente celebrazione annuale della tragedia cosacca della Drava, verificatasi nel giugno 1945,  con cerimonia mattutina ad ore 10  a Tristach, dinanzi al monumento in memoria del generale Helmut von Pannwitz e alle ore 11 con messa da requiem nella cappella di recente realizzazione in stile russo-ortodosso nel cimitero cosacco di “Peggetz” alla periferia sud-est di Lienz, nell’Östtirol.  
Massiccia la presenza di partecipanti, legati in parte da ragioni di parentela alle vittime della tragedia, ma nella stragrande maggioranza cittadini giunti dalla Federazione Russa, da vari paesi d’Europa, d’America e dal Canada, a confermare il riconoscimento della celebrazione nel suo assunto storico. Ammirevole il comportamento dell’Amministrazione della città di Lienz, stante ovviamente il consolidato avallo dalla superiore autorità del Land Östtirol e del Governo austriaco con la riconosciuta ufficialità all’ evento assunto dalla storia senza false reticenze. L’Amministrazione ha infatti dotato la città di segnaletica e di tabelle in bronzo con relative scritte ed altro poste sui luoghi legati alla presenza dell’Armata cosacca. Autorità ortodosse celebranti, il giorno 28, furono il vescovo Mark dr. Arndt, capo della chiesa russo-ortodossa in Germania con autorità sulle parrocchie di Salisburgo e Lienz, assieme ai preti russi Eugenio Skopincev e Viktor Meschko e all’ arcidiacono dott. Georg Kobro. La cerimonia è stata  ripetuta, con gli stessi orari mercoledì 1° giugno, celebranti il prete padre Viktor Meschko assieme all’arcidiacono dott. Geork Kobro.  Ho preso parte anch’ io a questo secondo appuntamento assieme ad  amici, interessati alle vicende storiche, venuti dall’Italia quali  Giovanni Bastianutti da Udine, Francesco Cussini da Cividale  e  Renzo Mantovani da Ostiglia (Modena). Dinanzi al monumento dedicato al generale von Pannwitz, terminato il rito liturgico, avendomi  l’arcidiacono Kobro offerto la facoltà di parlare, ho rievocato l’iter  della vicenda cosacca alla quale anche l’Italia è storicamente legata avendo i Cosacchi, nel lontano 1944-1945, svolto un ruolo essenziale di presidio nell’Adriatisches Küstenland nel territorio assegnato del Friuli, Carnia  e parte del Goriziano ribattezzato dagli stessi “ COSSACKJA” con  la precisazione che, in ogni caso, forze cosacche assieme ad unità tedesche ed a contingenti della Repubblica Sociale di Salò attestate lungo la linea del fronte da Fiume, a Gorizia, Tolmino, Kraniska Gora, respinsero in difesa dell’Italia al prezzo di centinaia e centinaia di morti, i ripetuti tentativi delle forze partigiane slave di Tito finalizzati ad occupare Trieste e parte del Friuli orientale. Si tratta di un aspetto rilevante che , certi storici  , passano accuratamente sotto silenzio in certo senso perché non conoscono bene la storia.  Ovviamente non tralasciai la doverosa precisazione che l’occupazione costò sacrifici sopportati dalle popolazioni della Carnia, del Friuli in particolare nelle zone pedemontane ed altre, nel concorrere con le risorse foraggiere, a proprio discapito, al mantenimento delle migliaia di cavalli dell’Armata e seguito della massa di civili, onere ed altri sacrifici che furono affrontati e sopportati in genere con dignitosa consapevolezza, in considerazione delle circostanze di guerra.
In quanto alla tragedia precisai che, le vittime della forzata consegna ai sovietici provo- cate negli accampamenti, da parte britannica sulla base di attendibili testimonianze, si calcolano in 700, inumate in fosse comuni nel venerato cimitero di “ Peggetz”. Alle stesse si aggiunsero altre 800, dovute in parte  ad  annegamento nella Drava in seguito al crollo del ponte  sul quale,  dei cosacchi in massa stavano transitando nel tentativo di fuga verso i boschi e le montagne, in seguito all’ordine britannico dell’immediato rimpatrio nell’Unione Sovietica. Tuttavia  la maggioranza delle vittime fu dovuta a suicidio collettivo per  annegamento volontario nel fiume allora in piena, provocato dal panico  causato dall’ordine di consegna menzionato. Si tratta di scena biblica, toccante la cui ricostruzione scenica stava molto a cuore al grande regista internazionale Fred Zinneman che,  nel corso degli anni settanta, venne ad incontrarmi nella  mia residenza in Italia, con la proposta che io fossi il suo consulente, che ovviamente accettai, nella realizzazione di  un filmato sulla vicenda cosacca, tutto incentrato sul meccanismo della consegna che calpestò dei  principi inviolabili, ferendo brutalmente la  leggendaria antica dignità dei cavalieri della steppa. Lavorammo insieme tracciando l’iter del filmato. Gli  proposi di dare un certo spazio introduttivo alla vicenda partigiana italiana, che mi sembrava inevitabile, avendo la stessa motivato   la dislocazione dei Cosacchi nell’Adriatisches Küstenland, ma Zinnemann  decisamente non ne volle   sapere… Mi resi conto che era un grande regista e, lasciatemelo dire, allorchè vidi il suo film “Sette giorni un’estate”,  girato sulle montagne svizzere, non potei trattenermi dal piangere per l’alto contenuto di umanità dettato da una delle scene...”. La messa in campo della lavorazione del film sui Cosacchi, quando già io avevo procurato l’intervento delle comparse concesse dall’esercito della Danimarca, che avrebbero assunto la veste della cavalleria cosacca, venne sospesa dalla FOX francese, cui spettava la produzione, motivata dalla presunzione che il film , nel suo contenuto, metteva inevitabilmente in cattiva luce gli alleati vincitori, li disarcionava dalla loro posizione  di emblematici  tutori di democrazia  …In stretto contatto con Zinnemann potei seguire  con trepidazione delle   consultazioni ad alto livello, ma la decisione presa dalla FOX rimase tale  ed egli ne fu profondamente  deluso e sconfortato. Posseggo di lui una splendida foto che ogni tanto guardo sempre commuovendomi, inviatami dopo il suo decesso da una signora inglese delegata a gestire le sue memorie. Zinnemann era cittadino britannico, in precedenza tedesco ma di origine ebrea.
Mi pare giusto ricordare che, sui luoghi della tragedia a Lienz e lungo la Drava, feci ritorno sempre nel corso degli anni settanta, assieme all’atamano generale del Kuban, Wiaceslaw Naumenko che, giunto dagli Stati Uniti mi volle a suo fianco perchè gli riferissi come testimone, quanto io sapevo sulla consegna, avendolo appreso dai superstiti, circa oltre 300 alloggiati nelle baracche di lager “Peggetz” alla periferia sud-est di Lienz, vicenda nella quale avevo avuto l’appoggio del Bürgermeister di Lienz il quale, come precisai in altre circostanze, convocò dei cosacchi superstiti nell’Amtgemeinde a rilasciare dichiarazioni nel mio interesse. Ovviamente Naumenko prese atto anche di  quanto potevo riferire sui luoghi da me  visti e percorsi di persona, lungo le rive del fiume, dove parte gli annegati, successivamente al tragico evento furono sbrigativamente sepolti, dalla pietà da gente austriaca, all’interno di boschi di ontani, piantando sopra la fossa una croce puramente indicativa fatta con rami d’albero. Erano stati  tempi, quelli della mia ricognizione in. cui la gente austriaca preferiva  non parlare molto di quanto aveva visto.
Nell’alta meravigliosa valle Drava, profumata in estate di fiori d’acquilegia e garofano selvatico,  immersa in quel  silenzio dell’ordine austriaco, il marchio dell’ infame  azione della consegna forzata ai sovietici, che  materialmente ebbe poi  luogo a Judenburg nella Stiria, dove avveniva il passaggio di consegne dai britannici ai sovietici dei prigionieri cosacchi che scendevano scortati dalle tradotte ferroviarie e da colonne di autocarri, ha  assunto  una connotazione storica indelebile che via via verrà tramandata ai posteri .
A proposito di vittime cosacche  mi parve giusto ricordare  quanto ebbe a verificarsi anche in Italia a fine guerra, dopo le cessate ostilità, mediante vari massacri dei prigionieri ivi comprese donne e bambini, in Carnia, nel Friuli, nel Veneto ed in particolare  nelle le valli del Natisone dove centinaia di cosacchi si arresero in parte all’Osoppo con promesse di protezione ed altre centinaia si arresero alla formazione slovena Beneska Ceta, per poi finire  gli uni e gli altri oltre la linea di confine, su territorio sloveno, trucidati ed inumati in fosse.
Non potevo infine tralasciare di riferire, nella mia esposizione, al pubblico che mi ascoltava ( il protodiacono dott. Kobro traduceva in russo) la storia più volte ribadita in altre circostanze del milione di lire donato durante la ritirata al parroco di Timau, come lui ebbe ad annotare sul diario parrocchiale, da un comandante germanico che poi, sulla base di mie accurate lunghe indagini e grazie alle mie amicizie austriache, risultò essere l’SS. Gruppenfuehrer OTTO GUSTAW WÃCHTER, cattolicissimo,  ex governatore di Cracovia e poi amministratore militare in Italia a Gardone Riviera, personalità gradita al Vaticano con cui il medesimo ebbe chiare intese, delle quali sono a conoscenza, nell'interesse dei cattolici della Rutenia e Galizia riguardo il loro futuro nel caso di vittoria tedesca. Ritirandosi da Trieste, dove venne a trovarsi negli ultimi momenti,  l'SS. Gruppenfuehrer Wächter, sostando a Timau, ritenne di compiere quell'offerta. Trattasi di donazione, della quale egli fu artefice che, stando agli alti principi della Chiesa, assume carattere sovrannazionale ed universale. Fu , infatti, un  atto dettato dalla coscienza in un momento tragico, legato alle vicende storiche della Carnia del secondo conflitto mondiale, che rimane ad imperitura memoria ed avvolge di fascino suggestivo la chiesa di CRISTO RE. Questa è la realtà storica per cui i cosacchi con tale donazione non hanno alcunchè da vedere, com'ebbe perentoriamente a dichiararmi don Ludovico Morassi, per cui l'esistenza della Chiesa è legata al nome dell'alto ufficiale tedesco.
17 giugno 2016
                                                  PIER ARRIGO CARNIER