sabato 27 ottobre 2018

RESOCONTO DI UNA LUNGA SOFFERTA ATTIVITA' DI STUDIO ED INDAGINE STORICA

RESOCONTO  DI UNA LUNGA SOFFERTA ATTIVITA' DI STUDIO ED INDAGINE STORICA

Rispondo all' interrogativo postomi via E. mail e telefonicamente da alcuni lettori , austriaci, slovacchi, serbi e italiani  sul destino della mia documentazione d'archivio, avendo io dichiarato, con post del.l'.11 ottobre corr.. che, la stessa, sarà messa al sicuro all' estero per cui  in  Italia non dovrà restare nulla. Sono stato   motivato in tal senso dal fatto che, data la mia età ( ho 92 anni), occorra decidere a chi lasciare il compito di custodire tale patrimonio documentale. Trattasi non solo di documenti cosacchi ma ben oltre, riguardanti  tedeschi, serbi, croati missioni alleate e mlto altro
..L'elenco è lungo e comprende preziosi elementi quali, tanto per citarne qualcuno, il Piano ZAMOSC di germanizzazione di gruppi etnici in Polonia  firmato dal SS. Gruppenfuehrer Globocnik e di cui parlai nel mio libro " Lo Sterminio Mancato" e, in riferimento alla prima guerra mondiale, il diario  del generale  August Ubanski von Ostrmiecs, capo dei Servizi segreti austroungarici (donatomi personalmente dalla figlia Aidi Heini). Mi tormenta il fatto che la detta documentazione, dal punto di vista dell'interesse storico scientifico possa finire in mani insicure e  venga accantonata nell' ombra o succeda dell' altro. Di recente  sono rimasto profondamente sdegnato  da un fatto  irritante e provocatorio . Quale prova di permissività inaudite si è verificato da parte di taluno,  con  sfrontatezza mista a crassa insipienza, l'utilizzo di  una consistente quantità di documentazioni coreografiche storiche  facenti parte del mio archivio, utilizzate dal tale  in una fascicolazione fotografica, documenti  da me diffusi  nei  miei libri pubblicati a partire dal 1965 e varie successive riedizioni e ristampe, coperte da Copyright, con  diritti regolarmente acquisiti e solidamente consolidati. Ovviamente il taluno dovrà rispondere in sede legale appropriata ma il mio sdegno rimane !
Ciò premesso, in merito alla mia vasta documentazioni storica,  una decisione non è stata presa,  ma sono orientato per l' estero, stanti le proposte formulatemi da Mosca e Wasinghton. Dirigenti russi di un primario museo-archivio di  Mosca   mi hanno già fatto visita due volte a tale scopo come da articolo  pubblicato  su due intere pagine dal Gazzettino il.10 agosto 2014 dal titolo. "Cosacchi. La Russia recupera la memoria."...All' uscita  del mio ultimo libro "Cosacchi contro Partigiani"-Mursia 2016, dei russi incaricati  da Mosca si sono recati in Carnia ed hanno fotografato la casa dove io ebbi i natali ed attinto informazioni biografiche nei miei riguardi,  quale premessa collegata alla mia paternità della documentazione d'archivio, stante l'esplicito interesse ad acquisire tale patrimonio documentale . In riferimento ai cosacchi sta di fatto che, avendo vissuto di persona  tale  evento occupazionale, fui  per primo ad avvertire che il fatto, al dilà di retrive considerazioni ambientali,  assumeva incisivo interesse storico pur   riconoscendo, in ogni caso che  tale occupazione  con  fini di presidio, ebbe a comportare disagi e sacrifici  alle popolazioni indigene ( inevitabili e spiacevoli incidenti iniziali, concorso al foraggiamento  di  migliaia di  cavalli,  disagiate situazioni  di coabitazione ed altro) . Con una splendida recensione del mio libro "L' Armata cosacca in Italia 1944-1945", pubblicata dal quotidiano il Piccolo in data  13.11.1990 , il notissimo scrittore italiano  Carlo Sgorlon, ebbe a rilevare  che il mio lavoro costituiva e costituisce la fonte storica presente e futura per chiunque intenda occuparsi delle vicende storiche verificatesi nel Friuli nel 1943-1945, precisando che egli stesso aveva trovato il libro di grande utilità per la stesura del suo romanzo "L'Armata dei fiumi perduti", pubblicato dalla Mondadori.
 Oggi, ad oltre mezzo secolo dalla prima edizione de " L' Armata cosacca...." Milano- De Vecchi 1965 e Mursia-Milano 1990, come già detto,  con  diverse  successive riedizioni e ristampe, sarà prossimamente rilanciato dall' editore Mursia come da contratto stipulato il 26 giugno 2017. L'intenzione di scrivere sui cosacchi , stante il palese mio successo su piano  nazionale ed oltre,  pare  sia diventata contagiosa. Risulta infatti  che un'editoria minore, da qualche tempo,  ha dato luogo a delle pubblicazioni sull' argomento, strutturate sul tipo tesi. Senza esprimere  delle valutazioni, voci mi sono però giunte che, da qualche parte,  risulterebbero pubblicati dei dialoghi dell' atamano generale Piotr Nikolaevic Krassnoff con un civile,  in rifermento al breve periodo trascorso dal medesimo in Carnia, a Villa di Verzegnis, dialoghi  che mai, da testimonianze  di persone del suo entourage nella vita quotidiana  od a lui personalmente vicine, sono risultati avvenuti e  ritenuti impossibili sulla base di  affermazioni fattemi da un alto ufficiale cosacco per iscritto.
Nel mio libro "Cosacchi Contro Partigiani"- Mursia 2016, nel capitolo dedicato all'atamano generale Krassnoff, la sua posizione è definita nei dettagli, dal momento della  sua esautorazione dai poteri di comando sull' Armata avvenuta ad Artegna e da me rivelata, ai suoi rituali spostamenti col "Convoj" preceduto da 24 cosacchi del mar Nero a cavallo e da altri 24 al seguito della carrozza. Non si tratta, da parte mia, di precisazioni dettate da spirito di contestazione o censura, ma dalla certezza dei fatti  nell' interesse della verità storica..
Prima di concludere sento il bisogno di affermare che ho sempre operato con stimoli di rispetto dei fondamentali principi storici (causali ed effettti) che prescindono da tendenze di parte. Coi miei scritti pubblicati  ho difeso il comandante partigiano sloveno comunista stalinista "Mirko" (Arko Mirko) assieme alla compagna Katia (Gisella Bonanni), assassinati dai partigiani sulle montagne della Carnia  e sono stato  io ad avvertire i genitori del medesimo in Slovenia  e gli esponenti partigiani iugoslavi  di tale assassinio  e non i partigiani italiani chiusi in un opportuno vergognoso silenzio. Nella veste di procuratore irrevocabile, nominato dai congiunti nella Federativa iugoslavai, posseggo su Mirko ed Katia un prezioso dossier di  documenti ed immagini (con note diaristiche di Katia..) materiale probatorio che, allorchè pubblicato,  smentirà le sciocchezze dette da qualche pennaiolo..  Ho riferito  poi sulla causale motivata  che portò il comandante GAP, "Giacca" Toffanin Mario, all'esecuzione del nucleo della  ventina di osovani di  Porzus. Sul caso "Giacca" ho già pubblicato grandi articoli e tutti hanno fatto silenzio, e scriverò ancora. Ho anche  riconsciuto, sotto il profilo storico,  la coerenza ideale comunista ed il merito del noto commissario partigiano Andrea (Mario Lizzero) che, alle soglie dell' inverno nel novembre  1944, in una storica riunione nell' alta valle di Pani in Carnia, nelle ore più cupe  e tragiche della resistenza travolta dal rastrellamenti tedeschi, seppe spronare ed imporre alle residue forze partigiane della Carnia, la continuazione della lotta. Aggiungo infine di essere stato al centro di rapporti internazionali sul piano di vicende giuridiche rilevanti, ho salvato l'ucraino Ivan Demjaniuk ( Nota), accusato falsamente di essere il boia di Trablinka, dalla condanna a morte e delineato sul piano storico la figura di Erich Rajakowitsch, uomo di Hitler, avvocato colto in materia di diritto e politica, in relazione alla remissione di querela da lui spiccata contro la Mondadori la cui rivista Epoca lo aveva definito "belva di Eichamann", come infatti avvenne sulla base di mie relazioni pubblicate sulla stampa su delega dell' avvocato  triestino Fabio Lonciari, difensore di Rajakowitsch.

26 ottobre 2018                                                        CARNIER PIER ARRIGO


Nota 


Come già precisai in altre circostanze, per il proscioglimento del Demjaniuk, già condannato a morte in prima istanza in base alla falsa accusa, la Suprema Corte di Giustizia di Israele, previe intese con me tramite l'Ambasciata d'Italia di Tel Aviv (ambasciatore Talon) inviò ad incontrarmi, nella mia residenza in Porcia di Pordenone, onde raccogliere mie deposizioni e documenti, una missione guidata dal giudice dott. Michael Horowitz accompagnato da due membri del Mossad (Servizi segreti) ed altri componenti cui si aggiunse il capo del DIGOS di Trieste, dott Abbate. Alla Suprema Corte di Israele era stato trasmesso, da parte dell’ illustre storico britannico prof. Gerald Fleming docente all' Università di Oxford, col quale ero in rapporto, copia del mio volume “Lo Sterminio Mancato”-Mursia 1982 , pure segnalato da altre fonti autorevoli per i contenuti inerenti alla Soluzione del problema ebraico ( Endlosung der Judenfrage). Qualche tempo prima era venuta ad incontrarmi , sempre a Porcia di Pordenone, onde conoscere le mie deduzioni sul caso Demjanjuk e delle particolarità sulla Soluzione finale, la scrittrice britannica di origine ungherese Gitta Sereni, israelita, nota autrice del libro “In Quelle Tenebre” pubblicato dalla Adelphi, che pure tratta vicende della soluzione finale.

Al termine del lungo dialogo col giudice l’Horowitz e dott. Abbate che si protrasse per un’intera giornata, rilasciai all’ Horowitz delle dichiarazioni e documenti probatori che poi fui convocato a confermare dinanzi al Magistrato.



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domenica 21 ottobre 2018

SPIGOLATURE DI LONTANE MEMORIE


COMUNICATO  

Ai centri archivistici e di cultura della Slovacchia e di Mosca, ed a coloro che si interessano a vicende storiche rendo noto quanto vengo ad esporre riguardo i miei rapporti con Svetlana Stalina figlia di Stalin,   con dei  risvolti affiorati nella memoria  riferiti alla città slovacca di Bratislava al tempo del potere staliniano ed alla mia amicizia con Branco dott.  Jelic capo del Governo croato in esilio e dell’ Organizzazione croata clandestina “Ustascia”.

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Uno dei  miei vecchi amici slovacchi, (Franz) con cui discussi a suo tempo le vicende di mons. Josef Tiso, presidente della Slovacchia con mandato dal 26.10.39 al 4.o4.1945,  mi ha telefonato compiacendosi in riferimento ai miei rapporti con Svetlana Stalina a cui ebbi ad accennare nel mio diario con post risalente al 25 aprile 2016 . Con  Wanda mia moglie, fui più volte  a Bratislava, in anni dal clima staliniano, città che comunque ci piaceva. Non posso dimenticare  i ristoranti di regime, dove ti servivano portate favolose alla base di carne. Rammento anche "L’alusca con brinza” (speciale preparato di ricotta) servita su guantiera brillante. Non dimentico  l'accesso, nella sala, dei plenipotenziari locali per  le loro colazioni, e pranzi con relative consorti  e segretarie, donne lussuosamente eleganti onorate di rispetto, dal  puntiglioso, carezzevole ed indimenticabile sussiego e bastava osservare  il modo con cui si mettevano a sedere con compiacenza rituale verso sè stesse... Stalin, fu il grande creatore di questa classe dominante. Nè dimentico la presenza, dovunque, di agenti di polizia. Non stò a spiegare il perché, ma ci capitò  una volta che, la polizia, ci accompagnasse fino all’ uscio della nostra camera all’”Hotel Carlton” ed ebbi sinceramente paura poichè tenevo nella borsa dei documenti che sarebbero potuti risultare compromettenti…..La città è attraversata dal Danubio che scorre lento, possente e silenzioso ed a quel tempo la polizia sparava ed uccideva tranquillamente quegli slovacchi che tentavano di espatriare cercando, a nuoto, di superare il confine e raggiungere la vicinissima Austria. Voci sussurrate circolavano sull'esistenza di locali per favolosi incontri a luci rosse, ma la stampa slovacca non ne parlava. Fra l'altro potemmo renderci conto che esistevano nella città residenze e ville importanti abbandonate da ricchi proprietari fuggiti in occidente in seguito all'espansione sovietica ed alla presa di potere del comunismo. Mi resta caro, in ogni caso,  il ricordo di questa città  dove, io e mia moglie, vivemmo circostanze felici sebbene vi fosse un clima di regime, non privo di paure, ma  in certo senso evocativo sotto il profilo storico,  del passato mondo asburgico austriaco. Ne parlai di questa mia sensazione al dirigente di sala del "Carlton" uno slovacco dai baffi spioventi che mi ricordava i "cecchini" austriaci della grande guerra al quale fece piacere che io avvertissi questa percezione. Di mons. Tiso, uomo di Hitler, ho chiara memoria della sua presidenza,   poi condannato a morte con l’avvento comunista dell’espansione sovietica. Mi è ben chiara anche la figura, come ricordo, del noto Hlinka, presidente del partito popolare slovacco e della sua  interessante visione politica. 
Vengo quindi  a Svetlana Stalina, cioè Svetlana Allelujeva Dzugasvili.  I miei rapporti con la stessa erano incentrati a poter conoscere alcune vicende dello stalinismo  ed avere in particolare   conferma od indizi sull'esistenza di un figlio naturale di Stalin, Ghiorghi Varasasvili, giunto in Italia in seguito a vicende di guerra e caduto da partigiano, contro i tedeschi,  nel Veneto con lo pseudonimo di Monti (capitano Monti), riguardo il quale tengo fermo un libro che mi è costato lunghe e difficili ricerche. A mettermi in contatto con Svetlana fu un ex ministro della Croazia indipendente, riparato come molti altri, alla fine della seconda guerra, in America che io conobbi in Austria ad una delle riunioni  dell’ Organizzzazione  “Ustascia”  a cui prendevo  parte, presentatomi dal mio amico, dottor Branco Jelic, capo del Governo croato in esilio  e  capo  della citata segreta organizzazione “Ustascia” (Nota).  Svetlana, allora espatriata in America, negò la possibilità dell'esistenza di un tale  figlio naturale e, a dire il vero, ebbi l'impressione che fosse  nel suo interesse prendere tale posizione onde difendere la memoria del padre, Stalin. Sussistono tuttavia, in mio possesso, forti indizi per sostenere che realmente si trattasse  di un figlio naturale del dittatore sovietico. Pescindendo da ciò l'elaborazione del caso mi ha portato a conoscere un assieme di particolari di rilevante interesse, riferiti alla famiglia Stalin e soprattutto  ai figli Vassili e Jakov,  quest'ultimo perito nel lager tedesco di Sachsenausen dov’era prigioniero, ucciso da una guardia mentre tentava di fuggire. Stante la trattazione del caso Gheorghi Varasasvili  partigiano, il volume contiene   rilevanti dettagli chiarificatori su  oscure vicende partigiane verificatesi nel Veneto, che ritengo meritevoli di essere conosciute.
20 ottobre 2018                                                            CARNIER PIER ARRIGO

Nota
Ebbi una  lunga amicizia con Branco Jelic che fu stretto collaboratore di Ante Pavelic, Poglavnich della Croazia indipendente (1941-1945) per cui conosco molte particolarità ignorate di interesse storico. Ho pubblicato in ogni caso,  in passato,  grandi articoli al riguardo sulla stampa. Rammento  che uno degli incontri  con Jelic assieme a mia moglie WANDA, verso la fine del 1969 prima del suo decesso all’ ospedale di Berlino, causato dagli  strascichi di un attentato da parte dell’UBDA la polizia segreta di Tito, avvenne a Loibach nel sud Carinzia, ad  un ‘importante riunione di fuoriusciti croati e membri dell’ organizzazione “Ustascja” . Fece seguito il pranzo dei convenuti in un  Hotel del luogo e,  prima del’ inizio, dopo aver fatto il segno della croce, venne intonato l’inno nazionale della Croazia libera  “Lijepa Nasa Domovina” (Bella la nostra Patria). Convengo che la sete di indipendenza espressa e vibrante nel meraviglioso  inno toccò la mia sensibilità, nonostante considerassi e continuo a considerare di fondamentale importanza l’ unità iugoslava purtroppo  venuta a sfasciarsi dopo la morte di Josip Broz Tito quale risultato di un  abile invisibile gioco mafioso di poteri che, dietro le quinte, regola gli eventi.
Pavelic e Jelic concertarono assieme l’ attentato che portò all’ assassinio di re Alessandro Karageorgevic, avvento a Marsiglia nel 1934 . L'incarico  venne affidato e portato a compimento da un  macedone, Vlado Cernozemski,  che esplose contro il re dei colpi di pistola. Ne fu coinvolto, colpito a morte, anche il ministro francese Barthou.  Con Jelic ebbi a rivangare l'argomento nei dettagli ed egli mi disse che l'uccisione del Re  era da considerarsi condizione indispensabile per spianare la strada all’ indipendenza della Croazia.

venerdì 19 ottobre 2018

I CAUCASICI A PAULARO E VALLE D' INCAROSIO (Carnia) 1944-1945

RICHIESTA DI NOTIZIE STORICHE DI CRISTIAN GARDELLI del 23.02.2016. Buona sera, scusi il disturbo sono di Paularo e volevo sapere da lei che è uno studioso dei cosacchi , in che periodo arrivarono a Paularo quanto si fermarono e da dove venivano principalmente. Grazie Cristian.­­­
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Trattandosi di storia rispondo pubblicamente a quanto richiesto su base documentale del mio archivio, noto a competenti archivi-museo di Mosca, della Slovacchia ed di Washington.
Nell’agosto-settembre 1944 l’Alto Comando SS. e Polizia di Trieste, in seguito alla necessità di dare un insediamento alle troppe cosacco-caucasiche in previsione di una loro necessaria evacuazione dalla Polonia motivata dalla pressante avanzata sovietica, era propenso a far confluire delle forze collaborazioniste cosacche ed altre,col seguito di profughi, nella valle d’Incaroio, trattandosi di valle chiusa e quindi controllabile, come ebbe a confermarmi personalmente il maggiore Oskar Müller, delegato dal ministro tedesco Alfred Rosenberg per i paesi orientali occupati al controllo organizzativo dei cosacchi. Fu poi deciso, stante la segnalata presenza di bande partigiane, di destinare la massa dei cosacchi nell’intera Carnia meridionale ed occidentale, nonché nel Friuli, riservando ai caucasici il nord della Carnia con assegnazione di reparti ad altre zone sparse,in parte nella pedemontana. di cui tralascio il dettaglio.
Nella valle d’Incaroio e quindi a Paularo non i Cosacchi bensì i Caucasici, quali forze della Freiwilligen Brigade Nord Kaukasus col seguito di profughi civili, sulla base di un dettagliato lungo rapporto rilascatomi privatamente da Sbrizzai Gino (1975), ex membro del C.L.N. locale e poi sindaco, si insediarono il giorno 11 ottobre 1944. Le prime colonne con carriaggi giunsero alle ore 9 del mattino, scortate per sicurezza da reparti SS.
Si trattava, come risultò dalla mia vasta indagine, condotta presso Enti caucasici musulmani all’estero e sulla base di documenti della Sichereits Polizei tedesca, di caucasici prevalentemente di etnia caracese provenienti dalle alte montagne del Nord Caucaso ed al riguardo posseggo una preziosa eccezionale unica documentazione anche fotografica la cui esistenza è nota ai citati importanti archivi-musei stranieri. Si segnalava comunque anche la presenza osseti, sud-osseti e ceceni tutti di religione musulmana.
I caucasici avevano il loro comando a Paluzza tenuto dal generale Ghirei Klitsch Sultan, ultimo sovrano dell’Orda d’Oro, cioè del Chanato di Crimea.
Le forze caucasiche con relativi profughi lasciarono prevalentemente la valle d’Incaroio in ritirata per l’Austria a fine aprile 1945 anzi nei primi giorni di maggio 1945 ( Nota n.1). Superato il Ploeckenpass i caucasici si accamparono a sud di Oberdrauburg, ad Irschen e dintorni.
La storia dell’Armata cosacca e della Freiwilligen Brigade Nord Kaukasus è raccontata nel mio volume l’Armata Cosacca in Italia 1944-1945, diffuso nel 1965 del grande editore svizzero De Vecchi- Milano e nuovamente dal 1990 ,in varie edizioni, successivamente dal cessionario noto editore nazionale Gruppo Editoriale Mursia-Milano. Il volume ha destato vivo interesse nella Direzione RAI-TV di Roma che ha realizzato, su miei documenti e sulla mia testimonianza assieme a qualche altra, il film documentario COSSACKIA della durata di due ore. La vicenda dei caucasici a Paularo è riferita in un mio vasto articolo su due pagine diffuso, il 1 agosto 2010, da Il Gazzettino di cui sono tutt’ora collaboratore culturale e ritengo che l’Amministrazione comunale abbia copia.
Mi permetto di aggiungere che, proprio riguardo l’insediamento caucasico a Paularo, vi sarebbero molti dettagli di rilevante interesse in parte riferiti nel citato mio articolo e in molti altri miei scritti diffusi sulla stampa che sempre hanno suscitato interesse e dato luogo alla richiesta di mie conferenze in varie centri d’Italia, perfino ad Orgosolo in Sardegna.
24 febbraio 2015
PIER ARRIGO CARNIER, delegato ufficiale, per la storia, del 15° Corpo di cavalleria cosacca che combattè, nel 1943-1945, nei Balcani.
Nota n.1
Una parte dei caucasici, in ogni caso, aveva rifiutato la ritirata ed al riguardo vi sarebbe una storia da raccontare accennata nel citato mio articolo del 1.08.2010.