sabato 29 febbraio 2020




BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ESECUZIONE DI PORZUS CON NOTIZIE SU RAGAZZI RUSSI MILITANTI NELLE FORMAZIONI G.A.P. E STORIE IGNOTE ..
PIER ARRIGO CARNIER·SABATO 29 FEBBRAIO 2020·


E’ riemerso, nel mio sito BLOGGER , rilevante interesse su alcuni miei scritti d’ archivio, fra i quali un mio posto risalente al 27 febbraio 2016, riferito alla figura di Giacca (Toffanin Mario) , capo di formazioni partigiane GAP, comandato ad eseguire l’ eliminazione di PORZUS, che ritengo di riproporre.

COMUNICATO

Agli archivi storici della resistenza iugoslava di Slovenia, Bosnia, Belgrado, agli archivi storici di Mosca, Novocerkassk, Rostow ed a coloro, anticonformisti, che si interessano a vicende storiche.

* * *

Sono coscienziosamente sereno di aver collocato nella giusta luce, al punto di vista storico e quindi oggettivo, la figura di Giacca ( Toffanin Mario). C’era bisogno su basi certe di evidenziare all’opinione pubblica, tenuta all’ oscuro ed annebbiata da frasi di comodo tipiche di certi attachè di provincia, le motivazioni dell’esecuzione,
Con un colpo di spada Giacca recise, in forza della legge di guerra e della macchia, inesorabile e crudele e senza alternative (la resistenza non faceva e non poteva fare prigionieri) una situazione giudicata e riscontrata attendista, non allineata ai principi della lotta resistenziale.
Prendo occasione per riferire sulla presenza di ragazzi russi nelle due formazioni partigiane operative G.A.P.. Erano giunti in Italia assieme a molti altri, nel 1943, col rientro a scaglioni dal fronte russo delle forze superstiti italiane dell’ARMIR. Si trattava di ragazzi sbandati, in parte orfani presi amorevolmente sotto protezione, nelle retrovie, dagli alpini e bersaglieri e, giunti in Italia, affidati in genere a delle Istituzioni benefiche. Taluni di essi, saputo nel 1944 delle sopraggiunte forze cosacche nel Friuli ed in Carnia, vollero aggregarvisi ed altri trovarono invece il modo di raggiungere le formazioni partigiane. I nomi di due di essi, accolti ed inquadrati nei G.A.P. sotto il comando di Giacca, come membri effettivi, erano MALENKJ e LISISCHI. Me ne parlò lo stesso Giacca ed anche Jaiza Dario suo subalterno, secondo il quale “erano ragazzi svegli “diciamo di città, non di qualche paese sperduto nelle steppe”. Sempre secondo Jaiza facevano parte dei G.A.P. di “Bela Gioia” (Siacco-Faedis) formazione sottoposta ugualmente al comandato di Giacca, che guidava personalmente altra formazione, denominata “Giotto”. Si trattava delle due formazioni che agirono congiuntamente nella spedizione punitiva su Porzus dove, Malenkj e Lisischi, assistettero alle rapide decisioni di morte sentenziate da Giacca e quindi all’esecuzione dei tre osovani : Bolla, Enea e Wanda (Elda Turchetti) oltre al diciannovenne Giovanni Comin colpito da una raffica, come precisato in altro mio post, mentre tentava di scappare. La formazione G.A.P “Giotto” fu sciolta a fine marzo 1945 per assumere diverse funzioni sul terreno. I due ragazzi russi rimasero nella formazione di “Bela Gioia” anche dopo la liberazione, sostanzialmente fino al 24 giugno 1945, data dello scioglimento e disarmo delle organizzazioni partigiane. Del loro destino si occupò la Croce Rossa Internazionale in collaborazione con una delle Commissioni sovietiche giunte in Italia per il rimpatrio di cittadini o prigionieri russi presenti, per cause e circostanze di guerra, sul territorio. Da quanto risulta Malenchi e Lisischi furono fatti rientrare nell’URSS via Vienna. La Croce Rossa che la Commissione sovietica raccolsero preventivamente dagli stessi delle deposizioni sul come erano giunti in Italia e sull’ attivita, svolta dai medesimi a fini resistenziali nelle formazioni partigiane su cui entrambi detenevano un attestato e fu con tale titolo d’onore che rientrarono nell’Unione Sovietica. Il rientro in Patria fu imposto anche ad altri ragazzi russi, taluni dei quali cercarono tuttavia di sottrarvisi e vi riuscirono.Vi sarebbero diverse storie da raccontare, non sempre felici, custodite nel mio citato dossier che porta il titolo di “ STORIE SCONOSCIUTE DI RAGAZZI RUSSI, UCRAINI, COSACCHI, ASIATICI ORFANI, SBANDATI, ABBANDONATI IN CIRCOSTANZE DI GUERRA, CAPITATI IN ITALIA”. Proprio di recente nel riaprire questo carteggio ho vissuto la sensazione di disseppellire dei segreti sepolti, riscoprendo vicende umane sofferte …Di una di dette storie ritengo meriti riferire qui alcuni passi essenziali a cui mi accingo. Si trattava di una ventina di ragazzi russi accolti da un Istituto di beneficenza veneziano di cui, per motivi di discrezione tralascio il nome, parte dei quali figli di funzionari sovietici che avevano svolto funzioni a Roma e si erano resi latitanti, ricercati dalla Polizia, mentre altri, sempre russi, erano stati accolti nel segno della carità cristiana, ma la loro provenienza restava un capitolo oscuro. Per precauzione i loro nomi non vennero annotati sul registro d’obbligo e tuttavia, in linea riservata, mi riuscì di ottenerli in parte, tratti da lettere fortunatamente conservate e da testimonianze anche se qui ritengo necessario, sempre per motivi di discrezione, non renderli noti. Secondo testimonianze erano dei ragazzi, su cui la realtà dell’occidente esercitava un vero coinvolgimento, seppure la considerassero un aspetto deviante poiché subivano un richiamo a quello che era stato il fondamento della formazione ideale comunista, non facilmente sopprimibile. L’URSS era per loro la terra della verità e dell’uguaglianza . Eravamo nel 1944. Sette ragazzi fra quelli accolti nell’Istituto veneziano decisero di organizzare la loro fuga e ,all’alba di un giorno, scomparvero allo scopo di raggiungere qualche formazione partigiana. Furono avvistati a Vicenza, poi sull’altopiano di Asiago dove si imbatterono in una pattuglia tedesca che li condusse al comando. Avendo constatato che si trattava di russi ed avendo trovato loro addosso delle bombe e una pistola, furono considerati partigiani e vennero fucilati. Questa e una delle storie ma ve ne sono di altre, da me raccolte nei lunghi anni che trascorsi in quel di Venezia.
Questo mio post è quindi solo una breve ricognizione di fatti ed eventi di cui mi è caro evidenziare il senso umano, il lontano lamento di combattenti, uomini, donne, ragazzi travolti dalla storia " gente senza storia" dimenticata nel profondo silenzio del tempo.

27 febbraio 2016

PIER ARRIGO CARNIER

giovedì 27 febbraio 2020


CARNIER PIER ARRIGO

CONSIDERAZIONI SUL DISTACCO DI TITO DA STALIN NEL 1948.
PIER ARRIGO CARNIER·GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO 2020·

Interessante excursus storico. Da qualche tempo attraverso lo studio e le considerazioni ho rilevato che la posizione di JOSIP BROZ TITO va collocata sul piano storico, in una diversa luce rispetto alle generiche considerazioni che si fanno in Italia. La vicenda delle Foibe sofferta dagli italiani, dovuta a causali e roventi tensioni di circostanza che, per la sensibilità italiana, ha creato un blocco statico negativo sulla figura di Tito e della Federativa iugoslava, ferma restando la memoria di tale grave ferita, merita però di essere rivista con un' apertura alla conoscenza di rilevanti vicende. Occorre fondamentalmente conoscere le fasi della Resistenza iugoslava che, pur nella diversità etnica iugoslava, fu realmente sentita e giunse alla conferma dell' unità, contrastata inizialmente dagli alleati anglo americani tendenti a favorire gli interessi di Stalin, contrario a riconoscere le aspirazioni di indipendenza e unità iugoslava. Tito, in un' importante seduta di esponenti partigiani a Jaice in Bosnja, disconoscendo il governo di Re Pietro Karageorgevic in esilio a Londra, proclamò d' autorità l' esistenza dei poteri della Resistenza in nome del popolo iugoslavo. Occorre prendere conoscenza degli scritti autorevoli di KOLAKOVIC, riguardo vicende incisive della Resistenza iugoslava dalle quali esce rafforzata l' immagine di Tito. Importanti sono poi le motivazioni che dettero luogo, nel 1948, al distacco di Tito da Stalin e, in questo senso sono essenziali le testimonianze di WLADIMIR DEDIJER, protagonista della Resistenza e biografo di JOSIP BROZ TITO. In quanto alla linea politica del comunismo di autogestione con apertura negli uLtimi tempi al mercato comune europeo, alla crescita ed ai settori in difficoltà della Federativa, risultano rilevanti le affermazioni del ministro EDVARD KARDELJ di cui Video-intervista You Tube con tale titolo nel mio diario. Nel 1956, al verificarsi dell' intervento armato punitivo di Stalin sulla Cecoslovacchia Tito, che aveva stretto un patto di amicizia con la stessa, accusò e condannò apertamente l' URSS e quindi Stalin accusandolo di voler sopprimere l' indipendenza della Cecoslovacchia . Dall'' assieme delle vicende enunciate la figura di Tito esce in una luce da cui emerge l' impegno per una chiara difesa delle dignità nazionali sia della Cecoslovacchia che dell’ Ungheria e Polonia ed ovviamente quella della Iugoslavia. Questa autorevole presa di posizione di Tito conferisce alla sua personalità positiva considerazione ed apertura ad un clima difforme della dogmatica comunista. Le motivazioni fondate dell’ insurrezione partigiana costituiscono motivo portante che formano il quadro nel quale, l' argomento foibe, viene a collocarsi.Al dilà di questo, ferma restando la pagina di crimini e violenze, non giustificabili, dei partigiani slavi sugli italiani nell' Istria e Dalmazia, emerge e si evidenzia che gli italiani ebbero le proprie responsabilità avendo agito, a fianco dei tedeschi nell' occupazione della Iugoslavia, per ragioni di opportunita non giustificate da motivazione sostenibile. Il nostro esercito inoltre (generale Roatta) non fu esente da crimini nella fase occupazionale. Vi sono prove che i militari italiani, sia pure a quanto pare in un clima di ritorsione ma pur sempre quali occupatori, tagliarono comunque le teste a partigiani slavi. In conclusione è molto importante, sulla base di fonti storiche serie, prendere atto del rischioso sforzo di Tito nell' affrontare il distacco da Stalin, cioè la separazione dall' influenza dominante sovietica il che costituì per l' Italia e non solo, misura di sicurezza, stante il noto progetto del dittatore sovietico di estendere l’ avanzata in occidente ivi compreso il nord Italia orientale ( documentazione testo dello storico russo Zaslavsky Viktor) e fu il mancato appoggio dei Balcani che distolse Stalin da tale obbiettivo. Non vorrei essere tedioso ma ribadisco sotto il profilo storico tre fatti incisivi che avvalorano Tito :l’ importanza della motivata resistenza iugoslava, il distacco di Tito da Stalin e la sua presa di posizione contro l’ intervento dell’ URSS in Cecoslovacchia in difesa dei principi di indipendenza. Tito creò poi l’ organismo degli Stati non allineati con sede per le riunioni a Belgrado, quale coalizione equilibratrice di forze tra le potenze dominanti ( definite plutocratiche, con termine usuale del fascismo) e gli stati minori ed in difesa degli interessi di questi ultimi.


27 febbraio 2020 CARNIER PIER ARRIGO

sabato 22 febbraio 2020



CARNIER IER ARRIGO

COMUNICATO
PIER ARRIGO CARNIER·DOMENICA 16 FEBBRAIO 2020·

Mi rivolgo ai lettori che seguono le mie vicende, motivatamente ai discendenti del ramo Antonio Zanella Ors di Pani e sorella Margherita Zanella in Gridel con cui ebbi, com' è noto, profonda familiare amicizia, in particolare ad Antonietta Teon, Emanuele Gridel ed altre cortesi persone, credo donne di Amaro, nonchè agli amici Elettra Paresi. Edith Da Col, Valeria Romanin, Maurizio Sini, David Zigon del Do, Roberto Valentinuzzi, Mery Mussolutto e molti altri di cui ho l'indicazione numerica ma non i nomi .Mi riferisco al mio post del 14 febbraio corr, diffuso sotto il titolo PROCLAMA PER I LETTORI DEI MIEI SITI FACEBOOK E BLOGGER, titolo permissibile quando si ritiene di rivolgersi ad un pubblico diversificato, per informare di avere modificato con dei ritocchi e qualche aggiunta il testo che, pertanto , ove si ritenga di rileggerlo, lo ripropongo qui di seguito.

PROCLAMA PER I LETTORI DEI MIEI SITI FACEBOOK E BLOGGER

Torno ancora sull' argomento ORS DI PANI poichè, come già precisato in recenti post, ho rilevato che, l' annuncio dell' imminente pubblicazione del libro, a fine dello scorso agosto 2019, dal titolo, L' ORS di PANI. Storie e racconti della Carnia, ebbe a suscitare allarme in certa consorteria della circoscrizione territoriale dei comuni confinanti o aventi pertinenza con la meravigliosa valle di Pani. Svegliata da un lungo letargo è risultato che, una certa compagine, si dette da fare con urgenza, con la fretta di chi teme di perdere il treno, per mettere insieme un qualcosa a riconoscimento etico e storico dello Zanella Ors di Pani, del quale localmente s' era perduta memoria e con palese indifferenza nulla o quasi nulla era stato fatto per evitare l' eliminazione della tomba, nel cimitero di Raveo, dove riposavano le spoglie del medesimo assieme a quelle di Maria, la figlia. A tal proposito, non appena venni a suo tempo informato sull' intento dell' eliminazione della tomba, presi posizione con degli interventi sulla stampa uno dei quali sul GAZZETTINO: un' intera pagina, domenica 4 maggio 2008, dal titolo STORIA DELL' ORS DI PANI. NON TOCCATE LA TOMBA DEL PATRIARCA. Con tale intervento prendevo posizione anche a difesa della tomba di Katia (Gisella Bonanni) partigiana per cui riporto, qui di seguito, uno stralcio dell' articolo : <....Credo che l' amministrazione comunale possa adeguare le esigenze di probabili modifiche cimiteriali cautelando, in primo luogo, le ragioni storiche e morali e rispettando, quindi, l' integrità della tomba degli Zanella. Ciò valga ugualmente per la tomba di Katia (Gisella Bonanni) situata nel medesimo cimitero : era audace partigiana, donna indubbiamente bella e volitiva, unita Mirko nell' ideale di giustizia sociale. Fu uccisa assieme a lui, alle soglie della fine della guerra, per ridurre al silenzio le loro accuse >.
Appare logico dedurre che, obbiettivo essenziale della compagine cui ho alluso, era di fare qualcosa per rimediare al lungo letargo e precedere l' uscita del mio libro di imminente divulgazione, resa nota dall' editrice di Milano o , in ogni caso, entrare parallelamente sulla scia di lancio del medesimo. In qualsiasi modo i componenti volevano diventare ciò che non erano o in ogni caso offuscare, a livello locale, l' operazione di lancio del volume di cui l'autore, il sottoscritto, è carnico e non siciliano, stretto amico dello Zanella e guarda caso, diretto testimone del suo assassinio e di Maria, la figlia nella notte del 5 marzo 1955. Merita ricordare che già nel 1957, uscì editorialmente una mia prima pubblicazione dal titolo VENTO DI CARNIA, in cui fra l'altro, conscio del mito dello Zanella Ors di Pani, ne delineavo i caratteri ed in seguito, in sessantanni di attività giornalistica, pubblicavo periodicamente sulla stampa vasti articoli in memoria della sua figura leggendaria e di recente, quale assunto etico e storico, pubblicavo il menzionato libro. Ritengo valga ricordare che, nel 1956, al processo d' Assise in Udine, che condannò l' autore del duplice assassinio, Romano Lorenzini, nel dibattito emerse il fatto che io, ivi presente quale citato primo testimone, stavo scrivendo un libro sullo Zanella e relativa tragedia di Pani. Addirittura, prima dell' inizio del processo, il giudice dott. Franz, volle ascoltarmi nel suo studio ed accuratamente sentire con interesse il mio giudizio sulla vicenda Zanella......
Ma tutto questo, cari signori, per la menzionata compagine, è zero. I componenti della stessa si mossero in maniera subdola per non dire mafiosa, come se io non esistessi. I loro propositi, in ogni caso, non giunsero a segno. Non riuscirono infatti a precedermi il che, fosse anche accaduto, non avrebbe avuto peso alcuno a fronte del mio lavoro di strutturazione organica, L'ORS di PANI. Storie e racconti della Carnia, concepito su base narrativa a fondo storico.
In qualche modo, dopo la mia edizione giunta nelle librerie il 1° settembre 2019, la compagine diffuse un qualcosa localmente, sottobanco senza paternità, fuori dall’ iter e dalle regole di diffusione e senza accenno alcuno all’ insegna apparsa sul già citato volantino e cioè MUSEO DEL TERRITORIO “SEGNI DEL TEMPO” - COLZA DI ENEMONZO quale organismo di fatto promotore dell ‘ iniziativa sui cui contenuti tralascio di entrare nel merito.
Per uno come me, che ha vissuto sofferte esperienze e che vede il nemico da lontano, è balzato evidente che, la spinta a tale messinscena, non poteva che essere di matrice politica, messa in piedi nella cerchia locale, ma su pressioni di fonti esterne più alte. Si tratta quindi di azione politica, mascherata da copertura paesana, contro il sottoscritto e quindi contro un carnico per il che dei carnici si sono prestati.
E' comunque evidente che l' obbiettivo era di precedermi per riparare alla sonnolenza del passato, ma non solo.
Sono al corrente, da gran tempo, di essere temuto e l' atteggiamento riferito ne ha dato prova. Sono temuto per il successo storico letterario delle mie pubblicazioni passate e presenti, ivi inclusa la recente, e cioè L'ORS di PANI, su piano nazionale. Si tratta di pubblicazioni concernenti vicende storiche, fatti gravi e crimini resistenziali ufficialmente taciuti, ma che la storia non può ignorare, per cui nel rivelarli io ho agito in nome di fondati principi della storia. Mi è palese, non posso nasconderlo, l' esistenza di un larvato diffuso impegno di parte, finalizzato possibilmente ad osteggiarmi, ignorami, passarmi vicino e, pur conoscendomi, fingere di non conoscermi. Un insieme di atteggiamenti  finalizzati, senza successo, a crearmi vuoto e cioè isolamento, contestato però ufficialmente , da fatti di estrema rilevanza positiva, uno dei quali ad esempio che, riconoscendo la mia valida posizione di storico, la Suprema Corte di Giustizia di Israele ha ritenuto di inviare ad incontrarmi per rilevanti ragioni, nella mia residenza di Porcia di Pordenone, una commissione guidata dal giudice prof. Horowitz. E molto altro potrei citare.
I citati atteggiamenti osteggianti, ritengo, vengono dalla sinistra che, da tempo è riuscita abilmente, per i suoi fini politici, ad acquisire il potere di gestione della cultura su piano nazionale, dalle università alle scuole inferiori con influenza egemonica su gran numero di centri di cultura.
Va dato atto obbiettivamente che, la sinistra, ha compreso l' importanza del gestire la cultura, argomento in cui la destra ha fallito. Praticamente non esiste in Italia una destra che si sia presa cura del settore culturale inteso, in ogni caso, come base di formazione. La destra italiana è flaccida, incurante di ogni sostegno ai possibili e meritevoli propulsori culturali e agli autori impegnati sulla via oggettiva di tale attività, argomento di rilevantissima importanza. L' andamento dell’ attuale situazione culturale italiana è comunque pessimo in quanto sottoposto a dominio politico. Mi fermo qui, ma ho ritenuto di informare i lettori su quanto esposto.

16  febbraio  2020                                                  CARNIER  PIER ARRIGO








  • Il comunicato che preannuncia il proclama integrato da motivate aggiunte, sta riscuotendo positivo forte consenso. Messaggi di approvazione mi sono giunti anche da Forni di Sopra e perfino da carnici emigrati in Brasile. Si è reso evidente al pubblico dei miei non pochi lettori che, la compagine dei luoghi da me citati, per riparare al proprio disinteresse riguardo la figura dello Zanella Ors di Pani, svegliatasi di recente dopo un lungo letargo sfoderando la promessa di porre una lapide in memoria, dando prova lampante del tentativo di voler scavalcare ed ignorare il sottoscritto, autore ampiamente riconosciuto dell' edificazione storico letteraria dell' immagine epica dello Zanella... Una cara amica di Forni Avoltri, che segue con attenzione quanto vado pubblicando, mi suggerì che, al caso della degradante consorteria, si presta a pennello un vecchio detto ; < ...non ti curar di loro ma guarda e passa !!! >
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      • Fausta Micoli Spettabile Signor Pier Arrigo Carnier vengo solamente a precisarLe che, come coautrice del volumetto da lei citato, il lavoro è opera di un'Associazione "Segni del Tempo" di Enemonzo chiaramente apolitica il cui scopo è di raccogliere e salvaguardare tutte quelle testimonianze materiali che illustrano la vita il lavoro e i sacrifici della popolazione locale .( Qualora venisse in Carnia saremmo onorati di ospitarla nel nostro piccolo Museo) L'idea del libro risale ad un anno fa dopo aver riscontrato la curiosità che il personaggio Zanella suscita ancora anche nelle nuove generazioni. Per far questo mi sono letta tutte le sue opere al riguardo ritenendoLa il più veritiero e preparato testimone della vita dell'Ors,opere che ho apprezzato molto. Il nostro intento a carattere locale era solo di raccogliere fondi per il nostro Museo, mai di oscurare o di scavalcare un autore come Lei. Se l' Amministrazione Comunale di Raveo non L'ha invitata alla locale presentazione mi dispiace molto, ma noi dell' associazione non abbiamo colpa. Le ripeto il nostro libro non ha nessuna pretesa di gareggiare con le Sue opere alle quali riconosciamo l'alto valore letterario e ci scusiamo di averLe dato l'impressione di volerLa
        • Fausta Micoli In qualche modo oscurare: lungi da noi un tale pensiero! AugurandoLe ogni bene e ancora tanti successi letterari la saluto cordialmente
        Rispondi a Pier Arrigo Carnier...





      • Fausta Micoli P.S. Non è nostra l' idea di restaurare la pietra tombale dei Zanella, non rientra nei nostri scopi: un simile intervento ritengo riguardi il Comune di Raveo non l'associazione che rappresento che ha sede a Enemonzo



      Pier Arrigo Carnier <pierarrigo.carnier@gmail.com>22 febbraio 2020 11:58
      A: Alessandro Carnier <alex.carnier@gmail.com>

      Alla gentile FAUSTA MICOLI, fattasi avanti, in nome di un' Associazione,   con dei  messsggi a titolo di intervento sul mio post diffuso.,il 16 febbraio,su  Facebook   dall titolo  COMUNICATO - PROCLAMA PER I LETTORI DEI MIEI SITI FACEBOOK E BLOGGER, per cui mi accingo a rispondere e mettere in chiaro i fatti.
      Verso fine agosto, del decorso anno 2019, ho telefonato tre volte col Municipio di Enemonzo per annunciare a chi di competenza, che risultava assente, l' imminente uscita del mio libro. Mi assicurarono che avrebbero lasciato una nota per sarei stato richiamato. Non vi fu alcuna chiamata. Informai, per correttezza, anche il parroco che, giurisdizionalmente, esercita la sua funzione ecclesiale su Raveo, Enemonzo, Socchieve, comuni territorialmente confinanti o con pertinenza sulla valle di Pani dove è incentrata la vicenda dell' Ors, da me trattata. Il parroco mi assicurò che avrebbe preso buona nota. Ma tutto cadde nel nulla.
      Dalla valle di Pani, verso fine agosto 2019, mentre la notizia dell' edizione del mio libro era già stata diffusa ed ivi nota, mi informarono di aver rilevato un affannarsi da parte di elementi di Raveo ed Enemonzo finalizzato a realizzare una pubblicazione in memoria dello Zanella e mi inviarono anche un volantino con l' intestazione Museo del territorio "Segni del Tempo" - Enemonzo, nel quale si annunciava essere in stampa una pubblicazione dal titolo, Antonio ( Toni) Zanella "Ors di Pani, con l' aggiunta che si sarebbe resa disponibile prossimamente. Era settembre ed il mio libro era già nelle librerie.
      Mi resi conto che, le mie telefonate informative sul lancio del libro da parte dell' Editore milanese MURSIA, anzicchè produrre un augurabile gradito accoglimento della notizia con una successiva presa di contatti con me per concordare un' auspicabile presentazione nel territorio legato alle vicende del protagonista, Ors di Pani, produsse invece del silenzio dietro a cui stava il proposito reso noto dal menzionato volantino, di creare un qualcosa in memoria dello Zanella, quale tardivo risveglio.
      Balza evidente ed è innegabile la volontà locale di entrare, in qualche modo in parallelo sul lancio del mio libro e in certo modo fingere che, il medesimo, non esista.
      Nel novembre la pubblicazione accennata nel volantino, stampata a Roncade di Treviso dalle Grafiche DIPRO, dal titolo Antonio (Toni) Zanella "Ors di Pani, risultò disponibile non nelle librerie, ma collocata in sordina in determinati luoghi pubblici di Raveo ed Enemonzo .... La stessa, da quanto risulterebbe, sarebbe priva di paternità d' autore .
      Questi sono i fatti ed è inutile girarvi attorno. Quindi L' ORS di PANI. Storie e racconti della Carnia, libro di cui sono autore e testimone del duplice assassinio ivi narrato, e sono colui che giornalisticamente ed editorialmente, via via nel tempo, ha edificato la figura storico-patriarcale dello Zanella, volutamente si fatto in modo, per converso, di ignorarlo !!!
       Si tratta di atteggiamento, assunto nei miei confronti, gravemente indelicato e biasimevole, in ogni caso  ininfluente,  travolto  dal crescente scontato  successo che il  volume  L'ORS di PANI. Storia e  racconti della Carnia , ha ottenuto e continua ad ottenere in  Carnia,  analogamente nel Friuli, Veneto ed altrove  su piano nazionale.
      La ringrazio per l' apprezzamento del libro, sotto il profilo letterario e porgo saluti.

      Porcia  di Pordenone, 22 febbraio  2020

                                                                                                  CARNIER PIER ARRIGO     

      mercoledì 12 febbraio 2020



      Per suggerimento di alcuni miei lettori ripubblico il post che segue dal titolo MIRACOLO A CAVAZZO CARNICO, già diffuso sui miei siti FACEBOOK E BLOGGER il 14 giugno 2014. Si tratta di argomento inedito che già allora sollevò notevole interesse. ---------------------------------------------------------------------------

      sabato 14 giugno 2014

      MIRACOLO A CAVAZZO CARNICO COMUNICATO AD AMICI, SIMPATIZZANTI ED A QUANTI SI INTERESSANO DI VICENDE STORICHE

       Cari amici, vi sono fatti che finiscono sepolti ma poi nel tempo, per una legge catartica, inevitabilmente riaffiorano ed eccone uno di cui recentissimamente ho avuto notizia e voglio quindi raccontarlo. Lo raccomando in particolare agli amici e ai molti simpatizzanti della Confederazione Russa e ringrazio tutti per l’attenzione. MIRACOLO A CAVAZZO CARNICO Di recente, essendo venuto a rincontrarmi il dottor Piga Petrenko Sergey delegato rappresentante del “Movimento per il riconoscimento dello spazio culturale dei cosacchi come patrimonio immateriale dell’umanità” presso l’UNESCO, argomento di indiscusso grande interesse storico e fascino culturale, stanti i suoi contatti sparsi nel mondo, ha ritenuto di segnalarmi una vicenda verificatasi nel corso della seconda guerra mondiale in Carnia, e cioè una strage di cosacchi per mano partigiana che stava per essere eseguita e che fu miracolosamente sventata. Si tratta di notizia riferita al dott. Piga Petrenko da Gordey Denisenko, cosacco del Kuban espatriato dalla Russia in Iugoslavia nel 1918 e giunto a Tolmezzo nel febbraio 1945 col padre e la matrigna polacca a disposizione degli sviluppi dell’Armata cosacca ivi concentrata e dei profughi al seguito, in risposta all’invito dell’atamano generale del Kuban, Wiaceslaw Naumenko, il quale aveva fissato la propria sede di comando a Cavazzo Carnico. Va precisato che, in relazione all’insediamento dell’Armata cosacca a scopo di presidio si era verificata, verso la fine del 1944, una migrazione in Carnia di esuli cosacchi già acquartierati in Iugoslavia, in Francia e in altri Stati, finalizzata a riunire disponibili cittadini cosacchi, esiliati in seguito all’esodo provocato dalla rivoluzione, con l’obbiettivo di un ritorno degli stessi nelle terre d’origine, stante l’auspicabile vittoria tedesca, nonostante la batosta subita a Stalingrado e la retrocessione del fronte orientale. Tuttavia molto si sperava ancora nelle armi segrete tedesche e non era un’illusione…Erano tempi che io ho vissuto, di difficoltà, di attesa e di ardenti speranze. Scrivo volentieri sull’argomento perché io stesso, nel dopoguerra, come precisai in altre circostanze, ebbi rapporti e conobbi l’atamano generale Naumenko, il quale proveniente dagli U.S.A., mi volle al suo fianco durante una ricognizione in Austria sui luoghi che furono teatro della famigerata e forzata consegna dei cosacchi ai sovietici, essendo io depositario di testimonianze poichè, non molto dopo l’accaduto, assieme a mia moglie Wanda, avevo raggiunto quei luoghi rendendomi conto dei fatti. In una borgata alla periferia est di Lienz, nell’Östtirol, stavano alloggiati molti superstiti cosacchi che furono con me generosi di informazioni ed a porle per iscritto, onde conferire alle stesse valore testimoniale, fu l’allora Bürgermeister (Sindaco) di Lienz il quale, su mia istanza, presso l’Amtgemeinde raccolse tali deposizioni che appaiono riprodotte, nella parte documenti, del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”. Il cosacco Gordey Denisenko, oggi ultraottantenne, vive negli U.S.A.. Come introduttivamente accennato, assieme al padre ed alla matrigna polacca egli giunse a Tolmezzo nel febbraio 1945 provenendo dall'Austria, dove il padre prestava servizio. Avendo il Denisenko, dal 1940 al 1944, fatto parte della Scuola allievi ufficiali “Granduca Costantin Costantinovich” di Belaja Zerkov, scuola militare di alto livello militare ed educativo, accolta in Iugoslavia con la caduta dell’Impero zarista col pieno consenso e sostegno del re Alessandro Karageorgevich ( 1= nota), il medesimo cercò di entrare nella Scuola degli Junker, allievi ufficiali cosacchi acquartierata in Carnia a Villa Santina e sottoposta alla direzione del generale Mikail Solamakin, ma a causa dell’età. non venne accolto. Traggo dette notizie da una lettera passatami dal dott. Piga Petrenko il quale, a scopo integrativo, avendo intrattenuto col Denisenko rapporti epistolari, mi dette altre informazioni quali, ad esempio, che la matrigna polacca, medico di professione, prestò la propria opera nell’Ospedale da campo cosacco allestito a Cavazzo Carnico. Emerge poi, da tali basi informative che, a fine guerra, mentre la massa dei cosacchi col seguito dei profughi civili si trovava in ritirata verso l’Austria ed aveva già superato il Plôckenpass, l’Ospedale da campo era rimasto a Cavazzo Carnico coi relativi degenti, personale medico ed assistenti. Per probabili difficoltà di trasferimento, si presume fosse prevalsa la decisione di attendere l’imminente arrivo degli alleati essendosi sparsa la voce che gli stessi, dopo aver raggiunto Venezia, procedevano celermente in direzione nord per bloccare l’avanzata degli slavi che avevano già occupato la città di Trieste ed il 2 maggio, come iopersonalmente ricordo, si seppe che le avanguardie alleate avevano raggiunto il capoluogo di Osoppo. Ed ora, sulla base delle menzionate significative annotazioni, vengo al punto essenziale . Dopo la ritirata delle unità cosacche, essendo l’Ospedale da campo rimasto privo di protezione, dei partigiani si aggiravano intorno con l’ esplicita minaccia di fare strage dei degenti e di tutto il personale, supponibilmente aizzati da vendetta contro i tedeschi i quali, in seguito a provocazione partigiana, il 2 maggio 1945 avevano attuato una dura rappresaglia sulla popolazione civile del villaggio di Avasinis, azione con la quale comunque i cosacchi non avevano nulla a che vedere. In quegli stessi giorni elementi partigiani dell’Osoppo e della Garibaldi associati, probabilmente gli stessi decisi all' accennata strage, avevano già massacrato sulle montagne circostanti circa un centinaio di prigionieri cosacchi tra cui diverse donne e dei bambini, uno dei quali in fasce ed i cui cadaveri, dopo un fallito tentativo di bruciarli, erano stati abbandonati insepolti. Le vittime della strage erano i cosacchi del presidio di Avasinis, paese non distante da Cavazzo Carnico, arresisi sulla falsa promessa di essere consegnati ai liberatori americani e non quindi ai sovietici, formulata tramite il parroco del luogo, don Francesco Zossi che, naturalmente, aveva accettato l‘incarico in fiducia coadiuvato dall’interprete Augusta Venturini Kozlova che si era ugualmente prestata in buona fede. Si tratta di vicenda già da me riferita nelle mie pubblicazioni editoriali e giornalistiche. L'azione di strage dell’Ospedale da campo fu però miracolosamente sventata essendo giunti provvidenzialmente ad occupare la zona gli avamposti del 2° Corpo d’armata del famoso generale polacco Wladislaw Anders inquadrato nell’8a Armata britannica. Al comando avamposto polacco la matrigna del Denisenko, sentita su richiesta con urgenza, espose l’incombente pericolo della minaccia partigiana per cui furono prese le necessarie misure di sicurezza e vigilanza. L’Ospedale da campo fu quindi immediatamente trasferito 80 chilometri a sud, nella città di Pordenone dove il grosso dell’unità polacca si era acquartierato e dove i degenti, il personale medico e di assistenza vennero accolti nell’Ospedale civile cittadino. Pordenone, città del Noncello, capoluogo della destra Tagliamento, facente parte allora della vasta provincia di Udine, era un centro tranquillo dalla parlata veneta con importanti attività industriali. Nel clima disteso del primo dopoguerra i polacchi fecero una lunga sosta nella città sistemati nelle caserme allora vuote in seguito alla resa dell’esercito italiano e conseguente scioglimento del medesimo con la perdita della guerra ed il cosacco Denisenko vi rimase fin o al 1947. (1 nota )= Si riteneva, con la caduta dell’impero zarista che la presa del potere sovietico non avesse durata per cui era importante per re Alessandro Karagiorgevich mantenere in vita un’istituzione che garantisse la formazione dei quadri dell’esercito russo stante il consolidato legame storico con la Grande Russia, considerata la longa mano sulla Serbia e poi sulla nuova Iugoslavia. La Scuola fu costretta a sloggiare da Belaja Zerkov nel corso del 1944, due settimane prima dell’entrata delle truppe sovietiche. Fu trasferita in Germania, precisamente nella Slesia, nella città di Eger. 

      14 giugno 2014                                                         PIER ARRIGO CARNIER

      lunedì 10 febbraio 2020

      CARNIER PIER ARRIGO


      SEMPRE NUTRITO INTERESSE SUL MIO LIBRO  L'ORS  DI  PANI.Storie e racconti della Carnia.


      Presumevo, ma non in modo tale che,  dai lettori,  mi pervenissero domande riferite a circostanze e  protagonisti  del volume che, in qualche modo,  per interposte persone, hanno scoperto il mio numero di telefono e la mia E.Mail. Ho così rilevato che la trattazione letteraria del volume ed il profilo dei fatti sono la chiave del suscitato  interesse, del resto confermato  dalle vendite. Punto focale scontato è risultata  la figura dello ZANELLA, ORS DI  PANI trattata, non in modo espositivo ma nella  vitalità e spiritualità del realismo storico e potere patriarcale che lui visse in un' aureola di  di riconosciuta sensibilità umana. In certo modo, nella sua alta valle, pur con fatiche, nevi e tormente d’ inverno e sempre con un occhio vigile,  egli regnava.
      Motivanti interesse nei lettori  sono risultate e risultano  pure le altre parti che formano la struttura organica del libro, con raffinati giudizi su   ODONE E LA PADRONA  la  cui narrazione, a livello e profondità di indagine, gestisce un aspetto etico immateriale estremamente delicato.
      Tornando all' Ors di Pani molto l' interesse suscitato  dall' intreccio  con  le  vicende del comandante partigiano MIRKO (Arko Mirko)  e di KATIA  (Bonanni Gisella), amante e compagna di lotta,  ai quali, sganciatisi su destituzione di Mirko dal comando della Garibaldi  nel cupo periodo autunno 1944-primavera 1945, egli concesse generosa assistenza ed ebbe preziose confidenziali dichiarazioni. Si tratta di particolarità che,  fortunatamente, io  conobbi e preziosamente  custodisco.
      Come  precisai nel volume l' intera storia di Mirko e Katia uscirà  in una monografia in fase di elaborazione, ma quando non lo so dire. Sento che è lavoro atteso  stante l' eccezionale documentazione di cui dispongo, comprese carte e notizie,  avute  in parte, dal fratello di Katia,  Bonanni Dionisio, diminutivo Denis, comandante del battaglione della Garibaldi "Giornate Nere"  nome di battaglia "Rosso", testimone di  vicende oscure. Prese anche parte all' azione di attacco con conseguente resa della guarnigione di gendarmeria tedesca di Sappada dove cadde il comandante "Aso" vicenda su cui, negli incontri, mi rivelò particolarità delicate... Luciano Castellani partigiano di Colza, membro del battaglione Friuli comandato da Mirko mi dichiarò che,  Denis,  era  ottimo tiratore, un pistolero come Mirko. Il Castellani, per lunghi  anni  nel dopoguerra, ad evitare presumibili conseguenze della lotta partigiana, si pose al riparo nella Federativa Jugoslava di Tito.
      Nel dopoguerra, col suo bagaglio di ricordi, Denis emigrò in Francia dove trovò occupazione e stima presso una nota personalità. Ci si vedeva in occasione al suo rientro a Raveo per un periodo  di  ferie e si parlava  di questo e di quello. Ebbi da lui anche notizie sulla formazione ideale politica di Katia, ispirata da personalità politiche francesi di sinistra. Da altra fonte, anche  gente  di Raveo ormai passata a miglior vita, ebbi notizia di particolarità  su Katia, donna affascinante dal piglio impositivo. La vidi di persona una sola volta assieme a Mirko, il  7 ottobre 1944,  a località Patossera  posta all’ imbocco della  val Pesarina,  presso il comando della Garibaldi in via di disarmo, poichè i cosacchi stavano avanzando sulla Carnia... Pioveva, nell’ aria vibrava la paura, ma Katia e Mirko non li posso dimenticare. .... Nel  tardo  autunno 1944 Mirko e Katia con gli ultimi fedeli del  battaglione ridotto nella consistenza,  scesero dalla valle di  Pani sul villaggio di  Raveo occupato dai cosacchi, dando vita a un attacco che li costrinse a sloggiare anche se poi fecero ritorno,  fatto che già descrissi ne L'Armata Cosacca..... Katia assieme a  due, tre  partigiani,   appostata sopra il paese,  svolse compito di copertura col mitra spianato e,  mentre l'attacco infuriava, lanciava  grida non contro i cosacchi, che  riporterò nel menzionato libro in elaborazione.....
      Parlando di  certe storie con Denis mi venivano i brividi. Nel dopoguerra lui era  sempre guardingo perchè  era  tempo di odi e di vendette. Nei primi anni  possibilmente nessuno, che aveva fatto il partigiano, amava vantarsene....Tacere era meglio. L' ultima volta  che ci si vide, a Raveo,   seppi che, di notte, gli tagliarono le gomme della macchina, una Citroen, per cui giurò che non avrebbe più fatto ritorno in Italia e così accadde.  Al dilà della questione delle gomme,  confesso che Denis io lo capivo ma per capire bisogna aver vissuto quel tempo.




      10 febbraio    2020                                            CARNIER  PIER ARRIGO