1944 - I FILOSTALINISTI, LA
GARIBALDI ED UNA SIGNIFICATIVA TESTIMONIANZA
COMUNICATO
AD AMICI E SIMPATIZZANTI A SEGUITO AL MIO SPOT
“L’ONDATA ROSSA FILOSTALINISTA” DEL 19 GIUGNO 2014 ED IN
RISPOSTA AL COMMENTO DI ALESSANDRO CARNIER .
I
filostalinisti facevano sul serio,
legati all’ideale del grande disegno sovietico quale promessa di profonde
riforme ed equità sociale. Mirko, Katia
e satelliti furono elementi di quel progetto chiaramente condiviso dal Partito comunista italiano, (vedi Victor Zaslavsky) che avrebbe segnato, per una parte dell’Europa occidentale, nord Italia
compreso, l’inizio di un nuovo ciclo storico ritenuto portatore di radicali
rinnovamenti. Tale idea propositiva legata al disegno della potenza sovietica,
assunse veste rilevante, stroncata poi, prima del suo concreto evolversi, alla
fine della guerra ma in realtà
abbandonata definitivamente da Stalin solo nel 1948, in seguito alla rottura dei rapporti con
Josip Broz Tito, come riferito in altro mio spot dal titolo ANCORA PARTICOLARI
SULLA VICENDA DI MIRKO E KATIA STANTE IL CRESCENTE INTERESSE, del 28.05.2014.
A
fine estate 1944 la
Garibaldi, in adeguamento a disposizioni di ammorbidimento
della lotta diffuse da Togliatti dopo la
svolta di Salerno, aveva perduto in
realtà la sua iniziale carica aggressiva. I filostalinisti mantennero, invece, la loro rigida posizione ma si trattava di cellule sparse fatta eccezione per la formazione di Mirko qualificata battaglione, una forza di diverse decine di uomini, da quanto io ricordo circa meno di un centinaio, dove il filostalinismo era regola ideale inderogabile. Il fine dominante non era infatti la libertà d’Italia ma un divenire favoloso di cui si
aspettava l’evento ispirato alla
Russia sovietica e si abbozzavano progetti anche sul destino della piccola Carnia.
Riferendomi
sempre alla Carnia, come già scrissi in
altre circostanze, l’iniziativa partigiana era vista con distacco dalle
popolazioni. Trascrivo quindi, a tale
proposito, una testimonianza lasciata dal reverendo don Pietro Felice, allora
titolare della parrocchia di Forni di Sotto, paese che fu incendiato dai
tedeschi per rappresaglia in conseguenza
ad un attentato partigiano, in applicazione alle norme punitive diffuse con proclami
e manifesti dal Feldmaresciallo Kesselring affissi nelle sedi comunali e sulle
piazze, del cui contenuto i partigiani erano perfettamente consapevoli.
Don
Pietro Felice annota sul diario parrocchiale circostanze e fatti sull’attività
partigiana di cui riporto degli appunti relativi al momento dei grandi
rastrellamenti tedeschi, di fine estate autunno 1944,e delle precisazioni sui metodi e comportamenti partigiani verso la
popolazione :“”…4 ottobre. ritorno a Udine via Tolmezzo ma trovo bloccata la via per Villa Santina per cui
non mi è possibile proseguire. Si dice che i Tedeschi stiano
rastrellando tutta la zona (prealpina)
di Cavazzo Carnico, invasa dai Partigiani messi in fuga lungo tutto il
fronte di Attimis, Faedis, Tarcento, Gemona… dall’assalto di un’intera
Divisione tedesca, reduce dal fronte ( linea Gotica). Ed è infatti così.
Stuzzicati e molestati continuamente dai partigiani che avevano il loro Comando
supremo (?) ad Attimis, Faedis…i Tedeschi, destinati a riposo dal fronte,
vollero dare una lezione esemplare a questi partigiani che spadroneggiavano
dietro le spalle …Accerchiarono le posizioni “partigiane”, ove maggiore
sembrava essere il loro concentramento e in pochi giorni le polverizzarono, senza
incontrare alcuna seria opposizione. “Valorosamente” come sempre” i partigiani si
diedero alla fuga (!) cercando un più
valido scampo nelle nostre alte montagne della Carnia ): per vivere, rubarono
non solo quanto era il magro prodotto dei nostri monti, ma si misero in agguato
sulle strade di accesso al Friuli, per depredare le povere donne o comitive
questuanti…, reduci con un po’ di farina e formaggio, dopo giorni e giorni di cammino, verso casa. Fra questa…gente
c’ero anch’io il 3-4 ottobre…con le
provviste che dovetti nascondere in una casa di Caneva di Tolmezzo. Solo
qualche giorno dopo (8 ottobre) potei far prelevare la farina e il resto e
rientrare sicuro Forni di Sotto. Grazie
all’arrivo di truppe tedesche, che scendevano dal Canal di Gorto e di San
Pietro, i partigiani si ritirarono dai posti di blocco e ci fu per noi “via
libera”. (1=nota)
Fra
le centinaia e centinaia o migliaia di carnici, molte le donne che meritano un
vero elogio nella storia ed anche dei ragazzi che, andata e ritorno prevalentemente a piedi attraverso il
passo di monte Rest, affrontarono l’esodo nel Friuli e nel Veneto alla ricerca di risorse
alimentari per sopravvivere, c’erano i miei genitori. Gli stessi, partendo dalla media
valle di Gorto, dopo aver raggiunto a piedi San Donà di Piave nel Veneto,
dormendo la notte nelle stalle, nella
fase di rientro ripassarono il Rest
coperto di neve accelerando il passo in quanto circolavano voci che migliaia di
Cosacchi stessero occupando la Carnia.
Rientrarono di notte, visibilmente provati, il
paese era buio senza luci. Sul portone d’ingresso della mia casa ufficiali
italiani della Repubblica Sociale, che vi avevano soggiornato, quali forze
affiancate ai tedeschi nella vasta operazione punitiva contro i partigiani, era
rimasto incollato un manifesto, affisso dagli stessi, con la scritta in tedesco “ EINTRITT VERBOTEN !” (Proibito l’accesso)
quale avvertimento ai Cosacchi che avevano già occupato il paese.
(1=nota) - Estratto da originale ricevuto grazie alla cortesia di don Aldo
Lenarduzzi titolare
della Parrocchia di Forni di Sotto.
2
luglio 2014
PIER
ARRIGO CARNIER