TITOLO
UNA
CARA LONTANA MEMORIA PARTIGIANA DI MIRKO
E KATIA: SERA DEL 7 OTTOBRE 1944.
COMUNICATO
Ai
cari amici di buon senso, in particolare della Slovenia e Bosnia ed italiani delle zone più disparate.
Straordinaria imprevedibile attenzione continuano a sollevare i miei post “ Interventi critici relativi a vicende partigiane”del 2013 e ”Mirko e
Katia- Monopoli (Bari)” quest’ultimo
del 20 ottobre 2014, che hanno ricollocato i fatti nella loro realtà storico
fattuale devastata da falsità e pressappochismi. A tal
proposito avevo valutato, attraverso consulenza giuridico legale di
diritto internazionale, se vi potesse
essere stata lesione morale a carico della figura del comandante partigiano
MIRKO (Arko Mirko), di cui sono
tuttora “Procuratore irrevocabile post mortem”, nominato a suo tempo nella
Federativa Iugoslava. In linea di massima prevale l’idea che presumibili
aspetti incriminanti sono parto di
dilettantismo ambientale dovuti a
carenti labili cognizioni di
giudizio storico e di diritto, anche se la presunzione di reato permane
MIRKO, rigido stalinista per eccellenza nel quadro del progetto staliniano che includeva il nord Italia, anche se poi tale progetto non ebbe luogo il che non toglie la sua rilevanza, fu comandante regolare di un battaglione partigiano, il Friuli, della brigata poi divisione Garibaldi-Carnia, forza uomini 80/90, sui aiutanti Remo Milanese lo sloveno Diego. Il battaglione Friuli non era una banda ed ebbe una sua storia. Ebbi un diretto incontro con Mirko e Katia, assieme a mio fratello Alcide in quanto facemmo parte di un gruppo di compaesani guidati dall’ industriale L. De Antoni, membro importante del Comitato di Liberazione val Gorto, al cui fianco io collaboravo, la sera del 7 ottobre 1944 nella sede del comando della divisione Garibaldi Carnia, a località Patossera all’imbocco della val Pesarina, alta Carnia, alcuni chilometri a sud ovest del mostro paese, ormai in fase di disarmo, essendo nell’aria l’arrivo dei cosacchi preceduti dai tedeschi. Ci incamminammo a piedi. Pioveva ininterrottamente da giorni , le strade deserte invase da pozzanghere, buio pesto stante il coprifuoco. Nello stabile dell’incontro, Mirko e Katia stavano assieme a diversi componenti del battaglione e, nella stanza, regnava un’afa carica dell’afrore delle uniformi partigiane. Parlò per tutti l’industriale L. De Antoni, esponendo l'urgente ragione dell'incontro, chiedendo motivatamente di soprassedere al brillamento di una mina in fase di piazzamento a monte del mio paese, che, se fatta esplodere, avrebbe provocato l’interruzione della strada tra Comeglians, Rigolato, Forni ed il Cadore, ma soprattutto avrebbe decisamente danneggiato l’accesso del traffico a uno stabilimento industriale di vitale importanza per l’economia della zona. Attendemmo col fiato sospeso la decisione di Mirko che, dopo aver scambiato due parole con Katia e alcuni attimi di riflessione, si dichiarò favorevole ed ovviamente dette ordine ad uno dei suoi uomini di provvedere alle misure del caso. Gli fummo tutti immensamente grati. Alcuni compaesani piansero per la commozione. Rientrammo al nostro paese sotto la pioggia, a piedi naturalmente. Nella notte si sentiva solo il sordo rumore del nostri passi poichè nessuno pronunciò una sola parola.
MIRKO, rigido stalinista per eccellenza nel quadro del progetto staliniano che includeva il nord Italia, anche se poi tale progetto non ebbe luogo il che non toglie la sua rilevanza, fu comandante regolare di un battaglione partigiano, il Friuli, della brigata poi divisione Garibaldi-Carnia, forza uomini 80/90, sui aiutanti Remo Milanese lo sloveno Diego. Il battaglione Friuli non era una banda ed ebbe una sua storia. Ebbi un diretto incontro con Mirko e Katia, assieme a mio fratello Alcide in quanto facemmo parte di un gruppo di compaesani guidati dall’ industriale L. De Antoni, membro importante del Comitato di Liberazione val Gorto, al cui fianco io collaboravo, la sera del 7 ottobre 1944 nella sede del comando della divisione Garibaldi Carnia, a località Patossera all’imbocco della val Pesarina, alta Carnia, alcuni chilometri a sud ovest del mostro paese, ormai in fase di disarmo, essendo nell’aria l’arrivo dei cosacchi preceduti dai tedeschi. Ci incamminammo a piedi. Pioveva ininterrottamente da giorni , le strade deserte invase da pozzanghere, buio pesto stante il coprifuoco. Nello stabile dell’incontro, Mirko e Katia stavano assieme a diversi componenti del battaglione e, nella stanza, regnava un’afa carica dell’afrore delle uniformi partigiane. Parlò per tutti l’industriale L. De Antoni, esponendo l'urgente ragione dell'incontro, chiedendo motivatamente di soprassedere al brillamento di una mina in fase di piazzamento a monte del mio paese, che, se fatta esplodere, avrebbe provocato l’interruzione della strada tra Comeglians, Rigolato, Forni ed il Cadore, ma soprattutto avrebbe decisamente danneggiato l’accesso del traffico a uno stabilimento industriale di vitale importanza per l’economia della zona. Attendemmo col fiato sospeso la decisione di Mirko che, dopo aver scambiato due parole con Katia e alcuni attimi di riflessione, si dichiarò favorevole ed ovviamente dette ordine ad uno dei suoi uomini di provvedere alle misure del caso. Gli fummo tutti immensamente grati. Alcuni compaesani piansero per la commozione. Rientrammo al nostro paese sotto la pioggia, a piedi naturalmente. Nella notte si sentiva solo il sordo rumore del nostri passi poichè nessuno pronunciò una sola parola.
27 settembre 2015
PIER ARRIGO CARNIER
Merita qui ribadire quanto già scritti il 29.10.2014:
MIRKO-KATIA – MONOPOLI (Bari)
Ricevo telefonate dalla Carnia ed anche dalla Slovenia, soprattutto da giovani in parte universitari in cui si registra un risveglio di interesse per la storia avendo gli stessi saputo, da fonti informative, della mia nomina a suo tempo, nella Federativa Iugoslava, a procuratore irrevocabile da parte dei congiunti di Mirko (Arko Mirko), noto comandante partigiano nelle vicende resistenziali della Carnia, onde accertare le ragioni del suo assassinio assieme alla sua compagna di lotta, Katia (Gisella Bonanni) all’alba della liberazione. Mi si chiedono notizie perché, in taluni miei scritti, resi anche noto di essere stato amico e confidente dell’Ors di Pani ( cav. Antonio Zanella), il patriarca pastore della Carnia da cui Mirko e Katia, nell’inverno 1944-1945, ebbero effettiva assistenza ed al quale fecero importanti confidenze di cui il medesimo mi rese partecipe. Posseggo su entrambi importanti documenti per cui, stante la mia vasta ricognizione informativa in anni lontani, vengo innanzitutto a precisare che entrambi, Mirko e Katia, furono e restano per la storia irriducibili comunisti filo stalinisti legati allora al disegno sovietico di espansione nell’Europa occidentale, nord Italia compreso. Sulla fedeltà ideale di Mirko oltre alle dichiarazioni dei genitori di Katia, del fratello della stessa, Dionisio ex capo partigiano del battaglione “Giornate Nere”, dispongo di una relazione stesa da un suo subalterno, Roberto Guiducci, in seguito laureatosi in ingegneria ma dedicatosi con passione travolgente alla sociologia e come tale resosi famoso in Italia (1=Nota). Secondo il medesimo la fedeltà filostalinista di Mirko era assoluta, per certi versi addirittura crudele. Come già scrissi in vari miei articoli del passato, Mirko e Katia erano legati e tenevano contatti con l’infiltrato sovietico Cernikow che li raggiunse un’ultima volta, d’ inverno, nel secondo rifugio dove nessun altro mise piede all’infuori del padre di Katia, posto su un crinale a località “Pala dai Zocs” (il primo rifugio, costruito con assi di larice, stava dirimpetto alla zona dell’Ors sulle falde del monte Veltri.). Cernikow, previo accordi con una delle missioni britanniche “Rankin”B”, paracadutate nell’ultimo periodo di guerra nel Veneto ed anche altrove nel nord Italia per controllare l’attività resistenziale, data la precaria salute di Mirko, convenne col medesimo ed ovviamente con Katia che, a una data stabilita entrambi si portassero a valle in zona pianeggiante, dove un Westland Lysander MK. britannico, li avrebbe prelevati con destinazione al Sud nella base britannica di Monopoli (Bari) da dove poi sarebbero stati trasferiti nell’Unione sovietica affinchè Mirko potesse beneficiare delle cure necessarie stante il suo stato di emottisi. Purtroppo non molto prima della data stabilita due sicari (T. e B.) inviati da mandanti di cui conosco perfettamente i nomi, provvidero alla loro eliminazione sulla quale, oltre a quanto da me pubblicato, c’è dell’altro da dire. Giovanni Zanier montanaro della valle di Pani e pastore di malghe, dal suo casolare “"Stali Grant” posto sul versante che fronteggia i casolari dell’Ors, mi dichiarò di aver udito, a una certa data, distintamente le raffiche di mitra che uccisero Mirko e Katia e ,qualche tempo dopo, di aver notato un apparecchio, evidentemente il Westland Lysander, fare dei giri insistenti sopra la valle e poi andare via, evidentemente perché i due, essendo stati assassinati, mancarono all’appuntamento… .
Porcia (Pordenone), 28 ottobre 2014
PIER ARRIGO CARNIER
(1=Nota). Su Guiducci, nato nel 1923 , scrisse il CORRIERE DELLA SERA il giorno della sua morte a Milano, il 10 aprile 1998:“… Riformista ma radicale non da chiacchiericcio ha sempre indicato un varco nel muro dell’immutabilità, della staticità sociale con i suoi cumuli di ingiustizie…dopo la disillusione dello stalinismo, del socialismo realizzato, disse .”Finirà anche quell’impero. Mille, centomila, milioni di Sacharov lo faranno finire”.
Scrisse ancora il CORRIERE DELLA SERA : “…fu un uomo di grande dignità intellettuale".