COMUNICATO AD AMICI E SIMPATIZZANTI
COMMEMORAZIONE ANNUALE DELLA TRAGEDIA COSACCA DELLA DRAVA E DELLA FORZATA DEPORTAZIONE DEI COSACCHI IN SIBERIA
Sabato 31 maggio ha avuto luogo la commemorazione della
tragedia cosacca della Drava e della forzata deportazione dei cosacchi in
Siberia verificatesi nel lontano 1945.
Dopo la messa da requiem , celebrata nel cimitero di “Peggetz”alla periferia
sud di Lienz nell’Östtirol, dal noto arcivescovo russo ortodosso di Ginevra,
dott. Michael Donskoff assistito
dal Protodiacono dott. Georg Kobro, i convenuti si sono spostati a Tristach, nell’area dove sorge
il monumento dedicato al generale tedesco Helmut von Pannwitz, onde onorare la di lui memoria essendo stato
il medesimo, quale comandante del 15° Corpo di cavalleria cosacca nei Balcani,
giustiziato a Mosca mediante
impiccagione nel 1947, assieme ad altri, generali cosacchi, su sentenza della Suprema Corte Sovietica,
con l’imputazione “..
di aver condotto, durante la grande guerra patriottica e per conto
dell’esplorazione tedesca, la lotta armata contro l’Unione Sovietica con reparti da loro formati”. Un pregevole coro ha reso onore alla
cerimonia di Tristach dando luogo a momenti
di toccante suggestione.
Per chi non lo sapesse le forze cosacche, caucasiche, russe
confluite in ritirata nell’alta Drava in prevalenza dall’Italia e poi
consegnate ai sovietici erano circa centomila cui si aggiunsero altre decine di migliaia provenienti dalla
Iugoslavia ed accampatesi nel sud Carinzia, ugualmente consegnate. E’ utile
ricordare che i cosacchi, i caucasici ed altre forze collaborazioniste della
Germania, allora nostra alleata, particolare da non dimenticare, giunsero in Italia con compiti
di presidio e di sicurezza del territorio minacciato da bande partigiane. Le
stesse assunsero, inoltre, il compito di difesa tant’è a centinaia morirono lungo la linea che correva da Fiume a Trieste,
Gorizia, Tolmino, Kraniska Gora, impegnate a sopporto di unità tedesche assieme a contingenti della
Repubblica Sociale Italiana, che pure pagarono un alto prezzo di vite umane,
nel respingere i tentativi
degli slavi di Tito di
occupare Trieste e parte del Friuli orientale. Su tutto questo, nelle scuole ed
ovviamente nelle università, si tace. Va detto, inoltre che i partigiani dai fazzoletti
verdi, che sbandierarono a lungo nel dopoguerra il merito di essere stati i
difensori del confine orientale d’Italia, furono
in senso pratico inerti e i
pochi nuclei residuati
nell’autunno 1944 dopo lo scioglimento dell’organizzazione Osoppo, vissero rifugiati
in qualche angolo della Carnia in attesa della fine della guerra di cui si percepivano dei sintomi ed una parte
a Porzus, quest’ultima eliminata nel febbraio 1945, con un’azione esecutiva, per motivate causali, condotta
da un gruppo comunista GAP guidato da Giacca ( Toffanin Mario), come riferito in altro mio precedente scritto. Da un giudizio oggettivo l’occupazione cosacca, genericamente così
definita, dette luogo inizialmente ad inevitabili spiacevoli incidenti ed in
seguito vi furono alcune ovvie reazioni ad
attentati partigiani. Da
risultanze ricognitive nel tempo emerge comunque che, le popolazioni, che
avevano convissuto ed anche dovuto coabitare con le forze di presidio ed i
profughi del seguito, non serbano odio verso i cosacchi. Tale constatazione trova oggettiva conferma nel film dal titolo “COSSACKJA” della durata di
due ore, girato nel 1984 da
un’equipe di specialisti dalla RAI-TV nazionale, direzione di Roma, con
l’appoggio di mie documentazioni d’archivio. Le testimonianze di cittadini, ivi
risultanti, affermano infatti che la
popolazione aveva paura dei tedeschi e dei partigiani ma non dei cosacchi.
4 giugno 2014
PIER
ARRIGO CARNIER
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