COMUNICATO
Da un mio articolo pubblicato
dal Gazzettino di Venezia, di cui sono tuttora collaboratore culturale, nella
pagina “Frontiere” dal titolo “ MALGHE
DELLA CARNIA – Storia di un’umanita perduta “, pubblicato il 22 gennaio
2007. stralcio una parte dedicata alle donne “farinarie” che qui di seguito riporto.
ECCO CHI ERANO LE “FARINARIE”
Si trattava di donne che assolvevano
al faticoso compito dei trasporti a spalla, mediante la gerla, dei fabbisogni
alimentari e delle necessarie masserizie, dal fondovalle alle malghe. Le stesse
conoscevano ovviamente mulattiere, sentieri
e scorciatoie.
L’attività era regolata da un
ordinamento gerarchico ed al vertice della gerarchia, che comprendeva “Anziane
farinarie” ed “Apprendiste farinarie”, c’era la “Madre farinaria” (Mari
farinaria), la quale stipulava dei contratti con i rispettivi conduttori delle malghe in cui venivano
elencati i diritti ed i doveri e cioè : inizio e termine stagionale del
rapporto di lavoro; modalità del compenso, sia in denaro che in prodotti
caseari della malga; elenco delle località dove recapitare le merci e le
masserizie; provvedere al reclutamento delle persone per il trasporto,
eccetera; garantire la sostituzione con altre persone in caso di forzata
assenza; segnalare periodicamente al conduttore della malga lo stato dei
sentieri e delle mulattiere. Praticamente la “Madre farinaria” stipulava dei
singoli contratti di appalto, con i conduttori delle malghe, per cui gestiva
l’intera operazione e compensava le subalterne.
Ovviamente nel viaggio di
ritorno a valle, non appena la malga aveva concretamente avviato la produzione
casearia, le “farinarie” si accollavano
un carico di prodotti destinati alle rivendite od altrove, su indicazioni del
conduttore.
Queste donne lasciavano i
paesi prima dell’alba, al buio, per affrontare i duri sentieri della montagna.
Indossavano abbigliamenti severi: un fazzoletto scuro di flanella in testa,
abito e giubbetto con lunga gonna di rigatino e calze pure scure, una maglia di
lana da togliere con il caldo, munite naturalmente del tipico ombrello dei
montanari in caso di pioggia.
Brevi versi di grande effetto incisivo nell’idioma carnico, che qui di seguito riporto (Nota n.1 ) esprimono dei significati toccanti che i veri
carnici comprendono, perfettamente appropriati a ricordare la fatica delle
“farinarie”:
Tròis das
mès monts
strafònz di sudôr
clevas,
ciampèis e transièras,
balinâs in tal scur
e in
tal lusôr
(Sentieri delle mie
montagne,/ grondanti di sudore,/ erte mulattiere,/campigli e tratturi,/
calpestati nell’oscurità/ e nella luce.)
Una storia, come già detto
quasi sconosciuta, quella delle
“farinarie”, il cui impiego non era esteso a tutte le valli della Carnia ma da gran tempo era invece in uso
nelle valli orientali: valle del But e relative convalli.
Nel corso della prima guerra
mondiale (1915-1918), durante la quale venne forzatamente sospesa la
monticazione del bestiame, l’attività di
dette donne ebbe continuazione. Furono
infatti utilizzate a scopo militare nel
trasporto, sempre mediante la gerla, di munizioni da portare con grande rischio
in prima linea, nonché di tavolame e
lamiere per la costruzione di ricoveri, reticolati ed altro. Divennero quindi
le gloriose portatrici carniche, donne soprattutto di Timau, doverosamente
ricordate nella storiografia della grande guerra ed alle poche sopra vissute,
circa una decina d’anni fa, venne conferita dal Presidente della Repubblica la
massima onorificenza militare.
* * *
Ritengo di segnalare in base ai ai dati statistici di Blogger, un
rilevante interesse in Italia, ma pure
in Russia ed Ucraina, sui due post
riferiti alla donna carnica del 6 e 9 dicembre corr.con citazione, nel
secondo, delle affermazioni di Tolstoj sulle cosacche del Grebegn.
11 dicembre 2015
PIER ARRIGO CARNIER
Nota n.1
Versi riportati nella parte
introduttiva della pubblicazione di Nazario Screm dal titolo “Le malghe antiche
della valle d’Incaroio”,, stampato circa dieci anni fa in Carnia, con accenni all’argomento
delle “farinarie”e un vecchio elenco delle stesse, donne della valle
d’Incaroio.