venerdì 11 dicembre 2015

ANCORA SULLE DONNE DELLA CARNIA

                                              
                                        COMUNICATO 

Da un mio articolo pubblicato dal Gazzettino di Venezia, di cui sono tuttora collaboratore culturale, nella pagina “Frontiere” dal titolo MALGHE DELLA CARNIA – Storia di un’umanita perduta “, pubblicato il 22 gennaio 2007. stralcio una parte dedicata alle donne “farinarie” che qui di seguito riporto.                                              
                      ECCO CHI ERANO LE “FARINARIE

Si trattava di donne che assolvevano al faticoso compito dei trasporti a spalla, mediante la gerla, dei fabbisogni alimentari e delle necessarie masserizie, dal fondovalle alle malghe. Le stesse conoscevano ovviamente mulattiere, sentieri  e scorciatoie.
L’attività era regolata da un ordinamento gerarchico ed al vertice della gerarchia, che comprendeva “Anziane farinarie” ed “Apprendiste farinarie”, c’era la “Madre farinaria” (Mari farinaria), la quale stipulava dei contratti con i rispettivi  conduttori delle malghe in cui venivano elencati i diritti ed i doveri e cioè : inizio e termine stagionale del rapporto di lavoro; modalità del compenso, sia in denaro che in prodotti caseari della malga; elenco delle località dove recapitare le merci e le masserizie; provvedere al reclutamento delle persone per il trasporto, eccetera; garantire la sostituzione con altre persone in caso di forzata assenza; segnalare periodicamente al conduttore della malga lo stato dei sentieri e delle mulattiere. Praticamente la “Madre farinaria” stipulava dei singoli contratti di appalto, con i conduttori delle malghe, per cui gestiva l’intera operazione e compensava le subalterne.
Ovviamente nel viaggio di ritorno a valle, non appena la malga aveva concretamente avviato la produzione casearia, le “farinarie” si accollavano un carico di prodotti destinati alle rivendite od altrove, su indicazioni del conduttore.
Queste donne lasciavano i paesi prima dell’alba, al buio, per affrontare i duri sentieri della montagna. Indossavano abbigliamenti severi: un fazzoletto scuro di flanella in testa, abito e giubbetto con lunga gonna di rigatino e calze pure scure, una maglia di lana da togliere con il caldo, munite naturalmente del tipico ombrello dei montanari  in caso di pioggia.
Brevi versi di grande effetto incisivo nell’idioma carnico, che qui di seguito riporto (Nota n.1 ) esprimono dei significati toccanti che i veri carnici comprendono, perfettamente appropriati a ricordare la fatica delle “farinarie”:
                        
                                          Tròis das mès monts
                                           strafònz di sudôr
                                           clevas,
                                           ciampèis e transièras,
                                           balinâs in tal scur
                                           e in tal lusôr  

(Sentieri delle mie montagne,/ grondanti di sudore,/ erte mulattiere,/campigli e tratturi,/ calpestati nell’oscurità/ e nella luce.)
Una storia, come già detto quasi sconosciuta,  quella delle “farinarie”, il cui impiego non era esteso a tutte le valli della  Carnia ma da gran tempo era invece in uso nelle valli orientali: valle del But e relative convalli.
Nel corso della prima guerra mondiale (1915-1918), durante la quale venne forzatamente sospesa la monticazione del  bestiame, l’attività di dette donne ebbe   continuazione. Furono infatti utilizzate a scopo militare  nel trasporto, sempre mediante la gerla, di munizioni da portare con grande rischio in  prima linea, nonché di tavolame e lamiere per la costruzione di ricoveri, reticolati ed altro. Divennero quindi le gloriose portatrici carniche, donne soprattutto di Timau, doverosamente ricordate nella storiografia della grande guerra ed alle poche sopra vissute, circa una decina d’anni fa, venne conferita dal Presidente della Repubblica la massima onorificenza militare.

                                               *        *        *

Ritengo di segnalare  in base ai ai dati statistici di Blogger, un rilevante interesse   in Italia, ma pure in  Russia ed Ucraina,  sui due post  riferiti alla donna carnica del 6 e 9 dicembre corr.con citazione, nel secondo, delle affermazioni di Tolstoj sulle cosacche del  Grebegn.

11 dicembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER


Nota n.1

Versi riportati nella parte introduttiva della pubblicazione di Nazario Screm dal titolo “Le malghe antiche della valle d’Incaroio”,, stampato circa dieci anni fa in Carnia, con accenni all’argomento delle “farinarie”e un vecchio elenco delle stesse, donne della valle d’Incaroio.

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