COMUNICATO
Ancora una volta, come vengo a spiegare nello scritto che segue, mi si è presentata la necessità di un intervento sulle vicende della Resistenza carnica 1944-1945, che in parte concerne la mia stessa posizione di storico e giornalista e in altra parte verte sulla concreta realtà delle vicende partigiane che ho esposto linearmente nei punti essenziali.
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Mi è stata segnalato da un amico della Carnia uno scritto su Facebook di Matelda Maura Puppini e Marco Puppini dal titolo “ SU QUEL DISSACRARE
Si osserva poi nel prosieguo dello scritto con
riferimento al volume “L’Armata Cosacca in Italia…” che lo scrivente "" cita
spesso fonti cosacche o carinziane, non credo proprio favorevoli ai partigiani,
oltre al discutibilissimo Dionisio Bonanni, quest’ultimo citato in altro mio
volume “Lo Sterminio Mancato” "" sempre della Mursia " scrivendo
da pubblicista, non certo da storico ". Ci tengo a precisare che Dionisio
Bonanni “Rosso” comandante partigiano del battaglione “Giornate Nere” della Garibaldi, fratello di
Katia assassinata dai partigiani assieme a Mirko (Arko Mirko), non è definibile
con l’aggettivo discutibilissimo che gli è stato affibbiato, evidentemente non
essendo al corrente, gli autori dello
scritto, di varie vicende che , invece, io conosco, ma soprattutto non tollero
che i due volumi menzionati “L’Armata Cosacca
in Italia” e “ Lo Sterminio Mancato”, fondamentalmente storici, costati anni di
lavoro, il secondo soprattutto, vengano qualificati “ scrivendo da pubblicista, non certo da storico”. Fra l’altro “ Lo Sterminio Mancato” depositato
negli anni ottanta presso la Suprema corte di Giustizia d’Israele, dal noto storico britannico e
docente universitario ad Oxfort, Gerald Fleming, quale prova a discarico dell’ucraino Ivan Demjaniuk
accusato, su false indicazioni, di essere il boia di Treblinka, fu documento che risultò determinante, unitamente alla mia
testimonianza resa in giudizio, a prosciogliere l’imputato dalla condanna a
morte già pronunciata. Credo che tutto questo basti in assoluto a
confermare la validità storica dei due volumi.
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Leggendo il menzionato
scritto di Laura e Marco Puppini lo trovo incentrato in una disamina critica sulla
pubblicazione locale dal titolo “ FATTI e MISFATTI ” stampata
nell’immediato dopo seconda guerra, autore Antonio Toppan, anziano insegnante che fu maestro elementare di mia
madre. Rammento che il medesimo venne a portarci in casa tale pubblicazione, appena stampata, ed al riguardo ne parlammo. Eravamo nel clima
di ripresa dell’immediato dopoguerra e sinceramente, per opinione generale,
soprattutto dopo i fatti partigiani veramente deludenti e gravemente irresponsabili
di Ovaro del 2 maggio 1945, l’immagine partigiana era decisamente crollata,
sprofondata nel discredito.
In ogni caso oggettivamente,
a tutt’oggi, il giudizio della popolazione carnica, perlomeno in generale nei
superstiti della mia generazione è lontano da una memorizzazione entusiasta e non
tanto per effetto generato da certe pubblicazioni
più o meno recenti, che battono piste già aperte sollevando curiosità più che
interesse sostanziale, ma soprattutto
per convinzioni assunte e radicate al tempo dei fatti e quindi tramandate. Al riguardo mi permetto
di riportare, qui di seguito, parte di una lettera inviatami recentemente, via Internet, da un
giovane carnico, il quale ha avvertito, sorprendentemente, la necessità di
esternare il giudizio negativo dei suoi genitori sui partigiani e denunciare
quella mentalità sommersa della popolazione carnica su verità nascoste,
riguardo le quali per una serie di ragioni si tace :
Egregio signore Pier Arrigo
Carnier,
“” Salve, seguo il suo blog…<
omissis>…“” … da Ampezzano quale sono ho letto i suoi scritti riguardo la
resistenza in Carnia e finalmente ho trovato riscontro a quelli che fino a
prima erano solo racconti dei miei genitori, come lei ben sa e scrive qui nessuno
vedeva di buon occhio i partigiani e io mi sono sempre chiesto perchè in
pubblica sede nessuno ha mai controbattuto gli elogi e gli onori fatti ai
partigiani nelle pompose commemorazioni, forse da buoni carnici si lascia passare il passato e si
guarda avanti ? Forse ha fatto comodo tacere viste le amministrazioni
compiacenti ?.. “” <omissis>…
25.08.2015
L.P…
Per
discrezione ho indicato solo le iniziali del mittente.
Ho ricevuto, in passato, altre
lettere dal contento incisivamente negativo, una delle quali inviatami da una valligiana
originaria della val d’Aupa ma residente
altrove, di cui riporto le iniziali (M.P.V.) e cito della stessa uno stralcio:
“”“” I nostri cari partigiani, ed io continuo a sostenere che si trattava di
volgari ladri che agivano sotto una bandiera che era solo di comodo per le loro
scorribande, non si sono limitati a rubare nei villaggi ma si sono appropriati
anche di formaggi ed altri generi alimentari in malga ed è il caso di mio nonno
che gestiva con discreto successo una
malga posizionata verso malga Lanza.””
E più oltre, nella medesima
lettera, la valligiana conclude : “” I
pochi vecchi che sono ancora rimasti e che, con cognizione di causa possono
parlare, se interrogati esprimono tutti un’identica frase e cioè :- Grazie ai
tedeschi non è successo il peggio, se non ci fossero stati loro i partigiani ci
avrebbero distrutto””.
Ed a proposito delle rapine
di bestiame, da parte dei partigiani della Garibaldi ed Osoppo nelle malghe
austriache della valle del Gail il
cronista Natalino Sollero da Paularo scriveva sul MessaggeroVeneto in data 21
luglio 1994: “” I fatti sono ancora bene impressi tra gli anziani di Paularo che ricordano i partigiani
scendere a valle come barbari: capelli lungi sul torso nudo, fazzoletto rosso
al collo, forme di formaggio infilzate sui fucili, cavalcavano e trascinavano
numerosi cavalli e armenti””
Vi furono quindi dei comportamenti
partigiani che lasciarono un segno negativo nella popolazione carnica perciò
sussiste la consapevolezza di una verità
contrapposta alla versione ufficiale
infiorata di significati eloquenti , orchestrata in ossequio al potere,
tipica dell’ambiguità italiana che tende ad eludere le proprie responsabilità.
I tedeschi hanno perduto la guerra ed hanno accettato la dura sconfitta, ma non
sono saliti, come gli italiani, sul carro dei vincitori, ieri nemici oggi amici.
Occorre in ogni modo dare
all’argomento un profilo storico. La lotta partigiana, in Carnia come
probabilmente altrove, ebbe uno sviluppo difficile. Si trattò di una lotta che
non poteva essere esente da complicazioni, risentimenti, deviazioni e rivalità,
ma esprimeva i segnali di una volontà riformatrice radicata prevalentemente su
basi comuniste. Nella premessa del diario storico della divisione Garibaldi-Carnia, come in altre circostanze ho ritenuto di ricordare, è chiaramente
precisato trattarsi di “ un movimento rivoluzionario che non ha precedenti
nella storia della popolazione carnica”. La lotta, finalizzata al principio di
giustizia ed equità, era pertanto ispirata al modello del comunismo sovietico
ed a quel tempo poco si conosceva dell’effettiva realtà sovietica, ma l’idea era
un punto attraente.
L’ex partigiano garibaldino R.
Guiducci, che fu nel battaglione Friuli comandato da Mirko, allora studente ed
in seguito laureatosi ingegnere ma specializzatosi poi in sociologia e divenuto
famoso sociologo italiano, ci tenne a sottolineare in una
relazione informativa inviatami, che partigiani della Garibaldi portavano sul
berretto come insegna, del resto nota, la stella rossa comunista e, solamente a fine estate 1944 per disposizione
impartita dal leader Palmiro Togliatti, detta insegna fu modificata, inserendo la stella a sul fondo
tricolore della bandiera italiana e questo avvenne in relazione al
riconoscimento del C.L.N.come organismo centrale della lotta clandestina .
Onde delineare i fatti
essenziali della Resistenza carnica va
precisato ce la stessa registrò l’apertura
ad un collegamento con le forze partigiane slovene di Josip Broz Tito (Nota
n.1)), poi .nel momento critico preannunciante l’inizio dei grandi rastrellamenti
tedeschi, che preludeva al travolgimento della lotta, come infatti avvenne, vi
fu una richiesta ai sovietici, avanzata
dal vertice della Garibaldi, per un intervento di forze in Carnia mediante un ponte
aereo. La richiesta rimase ovviamente inascoltata, non rientrando nell’ ambito
delle necessità strategiche delle forze sovietiche allora fortemente impegnate
sulla Vistola.
Non vi fu infine una parte della
Carnia definita “Zona libera” ed il filmato “ Carnia 1944. Un’estate di
libertà” fa davvero pietosamente sorridere.
Tutto ciò premesso non va però
dimenticato che, in ogni caso, la
Resistenza carnica al dilà della zona d’ombra lasciata dai
comportamenti nella memoria popolare, sopportò sacrifici, difficoltà di
vettovagliamento, visse delusioni, ebbe vittime, subì deportazioni nei lager
d’oltralpe per cui, seppure nel coacervo di intrighi, taluni inestricabili, vi
furono figure di resistenti che pagarono con la vita la fedeltà ideale al
principio di una radicale giustizia sociale intesa apportatrice di profonde
riforme.
Era questo il prevalente auspicato futuro dei resistenti, ma le potenze vincenti, gli Stati Uniti soprattutto,
imposero all’Italia, nazione vinta, la costituzione di un governo democratico, con la minaccia di
cessare gli aiuti per la ricostruzione nel caso fosse prevalsa la sinistra. Cadde
pertanto decisamente la promessa del leader Togliatti che l’Italia avrebbe
avuto, in ogni caso, un governo progressista, deludendo l’aspettativa in cui la
maggioranza dei resistenti aveva creduto.
Chiudo
qui questo mio intervento riportando, come nota, lo stralcio dello scritto che
mi riguarda.(Nota n.2)
31 dicembre 2015
PIER ARRIGO CARNIER
Nota n.1
Memoriale a cura di Tranquillo
de Caneva "Ape", ex comandante della Brigata Garibaldi-Carnia e Carlo Bellina "Augusto", ex
comandante della Brigata Garibaldi val But. Agosto 1951
Nota n.2
…………………………………..- omissis-............................................................
Quindi, nella narrazione sulla
storia della resistenza carnica, si inseriva il pubblicista Pier Arrigo
Carnier, che divulgava, già nel 1957, una sua breve memoria sui cosacchi in
Carnia; che prima di editare “L’ Armata cosacca in Italia”, faceva controllare
il suo scritto, non si sa perché, dal Padre degli Armeni dell’isola di San
Lazzaro, il quale, in relazione alla vicenda cosacca, parlava di similitudine
con lo sterminio degli armeni, quasi fossero la stessa cosa; che afferma di
aver preso parte «dalla fine della seconda guerra mondiale» a «tutti i raduni
cosacchi dei superstiti dello “Stan” di Pjotr Krassnov,ed in particolare, in
Austria, alla commemorazione della tragedia sulla Drava» (Pier Arrigo Carnier,
L’armata cosacca in Italia, 1944-1945, riedizione Mursia 1990, p. 5); che cita,
spesso, fonti cosacche o carinziane, non credo proprio favorevoli ai
partigiani, oltre il discutibilissimo Dionisio Bonanni, (Pier Arrigo Carnier,
Fonti documentaristiche e testimoniali, in Pier Arrigo Carnier, Lo sterminio
mancato, Mursia ed., 2000, pp.9-10) ed altri, senza riferire se vi sia stata
registrazione, e scrivendo da pubblicista, non certo da storico .....................................................-omissis-.........................................................
a.
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