PIER ARRIGO CARNIER·VENERDÌ 25 AGOSTO 2017
Fatti : 1)- Massacro
dei cosacchi arresisi ad Avasinis. 2) Attacco partigiano alle forze tedesche
sulla nazionale Udine-Tarvisio-3)Rappresaglia tedesca su Avasinis.
(Resta ferma la mia
riserva, già annunciata in precedente intervento sul caso , di eventuale
valutazione legale su ipotesi di illecita intenzione lesiva di immagine, a mio
danno, posta in essere per scopi ed interessi di parte.)
* * *
Dedico questa
trattazione alla memoria delle 51 vittime civili di Avasinis, stroncate il 2
maggio 1945 dalla rappresaglia condotta da forze Waffen SS. di due unità
tedesche a me ben note con la presenza di un contingente dell’ Einheit spagnola
ex Blaue Division, azione che, com’è noto per atti delittuosi di violenza
sconfinò nel crimine.(Nota n.1)
Estendo questa
stessa dedica al ricordo del gruppo prigionieri calmucchi, vittime ingiuste a
guerra ormai cessata, citati a pag. nr. 227 del mio volume “L’Armata Cosacca in
Italia 1944-1945” .
Cavalieri del vento e delle steppe, caduti in mano partigiana nel corso della
ritirata cosacca in Carnia nei primi giorni di maggio 1945, furono assassinati
in un’abetaia sotto la malga “Riumal” alle falde del monte “Piz di mede” ed i
loro corpi abbandonati senza sepoltura.
* * *
In realtà mi chiedo
se valga pena che io perda del tempo a stroncare dei punti di vista personali,
in pratica delle illazioni, di una taluna persona, così qualificata, che rivela
una formazione scolastica carente di cognizioni storico scientifiche sulle
argomentazioni da me trattate. Nel concludere il suo intervento diffuso via
Internet la taluna persona che, in ogni caso, ritengo sia intervenuta sul mio
settore storiografico oggetto di studio, spinta da qualche sinistra consorteria
politica, e quindi non affatto per motivazioni di principio culturale, asserisce
di riscontrare “” nell’ultimo lavoro del Carnier, “COSACCHI CONTRO PARTIGIANI”,
includendo nel giudizio anche a precedenti opere “” gli stessi limiti, gli
stessi argomenti ..””
* * *
Si sbaglia la taluna
persona e in quanto al termine offensivo limiti, mentre assicuro i
lettori che, il volume, è stato realizzato sulla base del principio storico
fondante “ causali ed effetti” senza perdere d’occhio il panorama generale di
valutazioni più ampie e, dalla stessa lettura, i medesimi potranno rendersene
conto. Ho notato che la taluna cerca di travisare il significato, oppure
ignorarlo, di alcune mie precisazioni o parti del volume dal contenuto storico
essenziale convalidato da prove, che svuotano naturalmente la resistenza
portata avanti per decenni da pubblicazioni agiografiche trionfalistiche, la
cui stesura fu realizzata su uno schema prefissato secondo il metodo sovietico,
gradito alla politica imperante, evitando quindi di far
conoscere,soprattutto alle nuove generazioni, l’intrinseca realtà resistenziale
.
Il volume COSACCHI CONTRO PARTIGIANI spezza questa falsità, apre gli occhi all’opinione pubblica, dimostra con prove che, nel FRIULI OCCIDENALE , la resistenza, fragile nella sua costituzione, fu travolta dai grandi rastrellamenti tedeschi di fine estate autunno 1944, come accadde ugualmente in CARNIA ed altrove, spiega che i dati tecnici sulle formazioni partigiane divulgati dalla storiografia ufficiale partigiana, creati a tavolino, sono inattendibili e vanno ridimensionati ; spiega inoltre che, per i tedeschi sostanzialmente i partigiani non erano un vero problema. Lo asserisce infatti, nelle sue memorie, lo stesso maresciallo britannico Sir. Harold Alexander con la frase riportata a pag. 15 del volume : “ Per quanto io non creda che, i partigiani, nonostante il loro valore personale, siano stati un vero problema per i tedeschi, bisogna ammettere che essi diedero il loro contributo alla causa degli alleati “”. I tedeschi infatti a fine estate autunno 1944, con un ‘operazione di rastrellamento magistrale liquidarono la resistenza nel nord Italia.
* * *
Sulla base di prove
testimoniali, il libro evidenzia la blanda strategia del direttivo dell’
organizzazione partigiana anticomunista Osoppo della quale fece parte il membro
Lino (don Aldo Moretti), che sottolineava il principio contenuto nella
stessa di “ essere più umani “, che i fatti e le testimoniane decisamente
smentirono ( vedi nota in calce nr. 2) ; condanna,
inoltre, delle false calunniose notizie diffuse ad arte, da un ex partigiano
osovano, sui quotidiani L’ Arena di Verona e Il Giornale di Vicenza, per
gettare discredito ed infangare l’operato dei Cosacchi. Merita aggiungere ,
sempre riguardo l’Osoppo che di recente, il quotidiano TRENTINO LIBERO on line,
in data 21 giugno 2017, ha
diffuso a mia firma un documento agghiacciante quale prova ineccepibile che, in
data 20 marzo 1945, il Questore di Udine mediante lettera riservata personale
scriveva all’Eccellenza il Prefetto, in riferimento all’attività partigiana : “Nota
fonte confidenziale informa che da parte della brigata “Osoppo” è stato chiesto
altro bombardamento terroristico su Udine”.
Tutto questo
naturalmente sconvolge la nostra taluna persona che vorrebbe continuare a
credere che, i partigiani rappresentarono, a fine guerra, il simbolo di
rinascita dell’Italia. Ma così non è !
A questo punto quale
testimone del tempo vale a pena che io ripeta una considerazione già espressa
nel mio post del 31 luglio u.s. che ritengo di estrema importanza, pubblicato
sotto la data del 2 agosto dal titolo “ VOLUME COSACCHI CONTRO PARTIGIANI“- “
Vengo ad esporre delle ineccepibili prove contro la messa in atto di
riprovevoli considerazioni per tentare di scalfire la verità sulle effettive
realtà resistenziali rivelate nel mio libro”. In seguito alla dura sconfitta
tedesca di Stalingrado che segnò l’inizio del declino dell’Armata tedesca sul
fronte orientale, nell’ autunno 1944, quando ormai la resistenza era stata
travolta e pochi nuclei di partigiani sopravvivevano in posizioni isolate,
l’opinione pubblica in generale, proprio in riferimento a quel periodo
autunnale, si augurava fervidamente che la Germania di cui eravamo alleati, riuscisse in
qualche modo a bloccare la poderosa avanzata sovietica verso occidente e in
questo senso vi fu un accorato intervento positivo dai vari Stati dell’Europa
occidentale dove migliaia e migliaia i volontari, per rafforzare l’esercito
tedesco, si arruolarono nelle Waffen SS. Come già precisato la resistenza era
stata travolta, ma dalla stessa, nell’ opinione pubblica non era emerso
alcun indizio in cui intravedere qualche convincente segnale che ispirasse
fiducia per il futuro dell’Italia.
In relazione a
quanto vado pubblicando, via Internet, mi giungono delle lettere di
approvazione, una delle quali ritengo, qui di seguito, di pubblicare in quanto
utile a dimostrare che la gente comune sta aprendo gli occhi.
Salve,
da Ampezzano quale
sono ho letto i suoi scritti riguardo la resistenza in Carnia e finalmente ho
trovato riscontro a quelli che fino a prima erano solo racconti dei miei
genitori, come ben sa e scrive qui nessuno vedeva di buon occhio i partigiani
ed io mi sono sempre chiesto perché in pubblica sede nessuno ha mai
controbattuto gli elogi ed gli onori fatti ai partigiani nelle pompose
commemorazioni, forse da buoni carnici si lascia passare il passato e si guarda
avanti? Forse ha fatto comodo tacere viste le amministrazioni compiacenti ?
L.P.
* * *
Il volume “COSACCHI
CONTRO PARTIGIANI”, in ogni caso dal punto di vista storico, riconosce che la
forza predominante della resistenza, in Italia, guidata da Palmiro Togliatti
era rossa, comunista filo stalinista, diciamo progressista ed a conferma della
linea progressista richiamo all’ attenzione, quale riferimento, il diario
storico della Divisione Garibaldi-Carnia, di cui posseggo una rara copia
originale stampata nel 1945, la cui premessa parla di “” movimento
rivoluzionario che non ha precedenti nella storia del nostro popolo”” e
precisa che “” queste pagine sono rosse di sangue, frutto di sacrifici che
l’umana parola non può dire”. Quindi le finalità della resistenza vanno
cercate nei fatti e negli intenti che provano la fedeltà agli obbiettivi ideali
intesi a creare le condizioni per un futuro di equità e giustizia sociale.
Indubbiamente la
resistenza comportò vittime, deportazioni, sacrifici, adattamenti ad aspre e
dure sopravvivenze delle forze operative. Trattandosi di movimento
insurrezionale si registrarono ovviamente eccessi e sconfinamenti. Tanto per
citare un esempio nella sezione penale del Tribunale di Tolmezzo, riguardo
l’attività partigiana, a fine guerra risultavano rubricate oltre trecento
denunce per omicidi, violenze, furti ed altri reati.
Col mio post del 31
luglio u.s., pubblicato in data 2 agosto, ho già contestato l’ errata falsa
interpretazione di comodo, della taluna persona secondo cui, Globocnik con
l’appoggio di Rainer, avrebbe dato luogo al trapianto stabile di Cosacchi e
Caucasici spostandoli dall’ ultimo insediamento di Zdunska Wola in Polonia all’
Adriatisches Küstenland. Si trattò, invece, di uno spostamento di carattere
transitorio, motivato dall’ avanzata sovietica di cui Rainer dette conferma,
come documentalmente precisato a pag. 142 del mio volume COSACCHI CONTRO
PARTIGIANI, asserendo trattarsi “ non di un insediamento, ma solo di un accantonamento
temporaneo”.
* * *
Le valutazioni
sbrigative espresse dalla taluna animata da aggressività verbale, tendono alla
sottovalutazione, dovuta ad impreparazione di cognizioni di giudizio su vicende
storiche, delle decisioni positive prese dal dott. Rainer durante l’occupazione
e a fine guerra prima della ritirata riguardo la città ed il porto di Trieste.
Per quanto concerne le ragioni della mancata applicazione delle norme relative
alla “Soluzione finale del problema ebraico” pienamente condivise da Rainer, le
stesse dipesero però da decisioni prese da altri responsabili ampiamente
evidenziate ne Lo Sterminio Mancato e confermate al sottoscritto da una
lettera del dott. Adalbert Rückerl, dirigente del Pubblico ministero
della Centrale di giustizia nazionale tedesca di Ludvisburg (Gemania), col
quale ebbi rapporti, pubblicata a pagg. 365-366 de Lo Sterminio Mancato. La
mia personale amicizia con Lerch, Hradetzky, Suchomel nel dopoguerra, il primo
ex capo di Stato maggiore dell’Alto comando SS. e Polizia di Trieste, l’ altro
responsabile del Servizio informazioni del Kommando Waffen SS. “ADRIA”, il
terzo profondo conoscitore della vicenda Risiera ed altri che in questa sede
tralascio di citare, infine la mia profonda cara e fervida amicizia fino al
decesso con Ada Pflüger tedesca della Slesia, vedova Rainer e con due degli
otto figli, ing. Friedrich e la cara Aidelore, contribuirono ad una
approfondita chiarificazione e conoscenza, direi forse unica, di talune vicende
concernenti , in paricolare l’Adriatisches Küstenland.
* * *
Passando a Dionisio
Bonanni, il medesimo fu comandante partigiano del battaglione garibaldino
“Giornate Nere”. Era fratello di Katia (Gisella Bonanni) compagna di Mirko
(Arko Mirko) della quale, oltre alle memorie del padre Giuseppe Sante che la
riguardano, conservo suoi appunti diaristici. Ebbi diversi incontri col
Dionisio, ogniqualvolta tornava a Raveo dalla Francia per brevi periodi finchè
decise di non farvi più ritorno e mantenne la parola. Aveva preso parte
all’attacco per la resa della Guarnigione di gendarmeria tedesca di Sappada
dove cadde Aso….. Di Mirko, a sua volta comandante del battaglione garibaldino
Friuli, assassinato assieme a Katia alla vigilia della liberazione, sono
tuttora procuratore irrevocabile “Post Mortem” nominato a suo tempo nella
Federativa Iugoslava. Dietro i nomi citati, tutti ferventi comunisti filo
stalinisti, c’è un retroscena di vicende scottanti ed altro, solo in parte
rivelate attraverso le mie pubblicazioni . Si tratta di argomenti per cui a suo
tempo venne appositamente da Londra ad incontrarmi a Porcia di Pordenone, il
biografo di Winston Churcill, Richard Lamb, che fu mio ospite e che poi mi
ricordò in un suo libro diffuso anche in Italia.
* * *
Volume “Lo Sterminio
Mancato” . La taluna persona asserisce a un certo punto: “”Nella
presentazione pubblicitaria del citato mio volume , si dice che” queste pagine
sono frutto di anni di lavoro e di ricerche condotte in Italia, in Austria, in
Germania, in Iugoslavia e fin oltre oceano”. “ In realtà il lettore
non stenta ad avvedersi che il Carnier ha fatto uso di una copiosa
documentazione di prima mano da cui ha ricavato notizie interessanti ed anche
del tutto nuove, talvolta riportate fino agli ultimi dettagli.”” Questo
della documentazione di prima mano mi sta bene perchè trattasi di verità, ma
l’affermazione che “”queste pagine sono frutto di anni di lavoro e di
ricerche…fin oltre oceano” è altrettanto veritiera in quanto la ricerca per
stabilire contatti oltreoceano e rintracciare tedeschi, austriaci, croati
espatriati a fine guerra per porsi al sicuro, dai quali avevo interesse ad
ottenere informazioni utili alla storia, fu spesso complicata, non facile e
dispendiosa. La mia trattazione pubblicistica ed editoriale, ovviamente a fine
storico, era e rimane nota in Brasile, Canadà, Argentina tant’è che il sindaco
di Bariloque in Patagonia, al momento dell’arresto di Priebke su cui scrissi
dei rilevanti articoli sulla stampa, si rivolse a me per avere utili
informazioni e documenti sul processo delle Fosse Ardeatine ed altro, in cui
Priebke risultava coinvolto utili allo scopo di verificare la decisione di
approvare o negare la sua estradizione.
Di fatto a livello
di giudizio storico, il volume LO STERMINIO MANCATO venne assunto da vari
centri di cultura ed università d’ Europa fra le quali quella di Oxford, dove
lo storico e docente prof. Gerald Fleming, che conosceva la mia attività di
studioso ritenne, come ricordai in altre occasioni, di farlo conoscere e quindi
depositarlo presso la
Suprema Corte di Giustizia di Israele il che dette luogo ad
un seguito positivo con l’invio ad incontrarmi in Italia, a Porcia di
Pordenone, di una commissione formata dal giudice dott. Michael Horowitz, due
agenti del Mossad (Servizi Segreti), dei traduttori cui si aggiunse la presenza,
com’ebbi a riferire in altre circostanze, del capo della DIGOS di Trieste dott.
Abbate.
* * *
Ed ora, vengo a
correggere l’errore o interpretazione di comodo della taluna di
considerare il massacro del centinaio di cosacchi, quale vendetta dell’eccidio
dei 51 civili di Avasinis, vittime della rappresaglia tedesca del 2 maggio
1945, definizione che, il sottoscritto nelle sue pubblicazioni, la stessa
considera da me ignorato od omesso.
Passiamo quindi alla
verifica dei fatti.
Riferisce la stessa :
<…. efferata fu
la reazione di alcuni partigiani e civili all’eccidio di Avasinis, dove truppe
tedesche e collaborazioniste avevano trucidato il 2 maggio 52 civili e ne
avevano lasciati feriti altri 15. (v. pp. 211-224 del Carnier “Lo Sterminio
Mancato”>
<Ed ecco il 2
maggio l’eccidio. I superstiti, già precedentemente così duramente provati,(
dalla rappresaglia tedesca) potevano essere uomini calmi e misurati? Lo
potevano dopo esser stati buttati all’ultimo, assurdo e crudele estremo di
disperato dolore?>
Interviene in appoggio una seconda persona, dalle iniziali P.S. la quale asserisce:
<Ricordo che
ancora nel 1995 avevo citato ampi stralci del commento di mons. Moretti a
chiusura del libro “Novocerkassk e dintorni”, dopo aver elencato vari passaggi
dove Carnier, nei confronti della occupazione co- sacca e del movimento della
Resistenza nella Val del Lago, faceva delle affermazioni non documentate. Una
ulteriore riprova si ha nell’ultimo libro, quando parla delle uccisioni dei
cosacchi di Avasinis senza citare che in precedenza c’era stato l’eccidio
nazifascista del 2 maggio, causa prima della “vendetta” ai danni dei
cosacchi…>
Il P.S. vorrebbe
dimostrare sostegno della taluna che, il sottoscritto, abbia deliberatamente
evitato di affermare che, prima del massacro dei cosacchi vi era stata la
rappresaglia tedesca del 2 maggio per cui il massacro sarebbe una conseguente
giustificata vendetta. Si tratta assolutamente di falsa afferma- zione nei miei
riguardi intesa a fornire una versione che viene ad assumere veste
giustificativa attenuante del criminale massacro, mentre la situazione fattuale
evidenzia elementi e circostanze da cui si rileva una diversa realtà che sarà
dimostrata nello sviluppo di questa trattazione chiarificatrice.
Sorprende il
comportamento dei due associati, la taluna persona ed il P.S. i quali,
facendosi scudo con frasi pronunciate da mons. Moretti, “Lino” quale partigiano
osovano, cercano di intaccare con squallide banali trovate la mia correttezza
sul piano storiografico di riconosciuto prestigio a livello nazionale ed oltre,
io che in anni lontani, con impegno e sacrifici, ho aperto le strade della
conoscenza storica riguardo l’Adriatisches Küstenland riferita agli eventi del
periodo 1943-1945.
* * *
Premetto che verso
la fine del 1977, dopo mie vaste indagini nella zona di Avasinis, Alesso e
dintorni, cioè al termine della mia ricognizione dei fatti ivi accaduti nel
periodo 1943-1945, saputo che la testimonianza attendibile su tali vicende era
contenuta in un diario lasciato da don Francesco Zossi di cui era depositario
don Terenzio di Gianantonio parroco di Cazzaso (Tolmezzo) mi presentai dal
medesimo e chiesi in prestito il diario. Egli che già mi conosceva di nome
quale autore mi accolse con grande benevolenza e mi consegnò il documento che
utilizzai ovviamente nelle parti che ritenni rilevanti , nel mio volume “Lo
Sterminio…” ed anche poi ne “L’Armata Cosacca…”. Il diario venne poi da me
restituito facendo prima delle copie.
Per confutare
versioni non veritiere parto pertanto dalle affermazioni del diario riferite
nei miei testi diffusi in Italia e da altri elementi probatori ritenuti tali
dal punto di vista storico.
FINE APRILE 1945. RIPRESA DELL’ATTIVITA’ PARTIGIANA ED IMMINENTE ATTESA, AD AVASINIS, DI UN’AZIONE DI RAPPRESAGLIA TEDESCA. Pagg.n.211-212 de “Lo Sterminio Mancato” –Mursia – 1982.
“”Fin dal 25 aprile, ad Avasinis nella Pedemontana, la signora Augusta Venturini Kozlova, un’italiana che parlava il russo (era nata in Siberia da un’emigrante italiana), portavoce dei partigiani, aveva intimato la resa ai cosacchi. Dopo tale intimazione di resa – estesa alla vicina frazione di Oncedis – i cosacchi evacuarono in parte la zona anche in conseguenza di uno spezzonamento alleato su Alesso, verificatosi il giorno 26, che aveva causato 68 vittime tra gli stessi cosacchi “”.
…………………………-
omissis-…………………………………………….
“”Da lato
partigiano, tramite la
Venturini Kozlova , nel corso delle trattative di resa di
Avasinis, era stata assicurata ai cosacchi l’incolumità. Quarantacinque
cosacchi del Don, distaccati ad Oncedis ed arresisi ai partigiani della brigata
“Garibaldi”, dopo essere stati disarmati furono concentrati assieme a quelli di
Avasinis ed altri arresisi ad Interneppo e Trasaghis nel Dopolavoro di Avasinis
sotto vigilanza partigiana.””
…………………….... –
omissis -…………………………………………………..
“”Alcuni tecnici
dell’organizzazione Henzian, pare complessivamente meno di una decina e che
operavano a Interneppo¸ furono prelevati dai partigiani che asportarono da quel
cantiere vario materiale tra cui alcune radio trasmittenti. Simultaneamente i
partigiani prelevarono anche il Bauführer , che risiedeva a Trasaghis. Detto
gruppo di tecnici fu condotto sotto scorta in una località sopra Avasinis.
Corre voce che l’azione armata per il prelievo degli anzidetti tecnici della
Henzian fosse stata in raltà una finzione, poiché gli stessi in funzione di
precedenti trattative, sarebbero stati d’accordo In ogni caso però
l’atteggiamento del Bauführer che probabilmente fiutando un destino alquanto
incerto, ritenne opportuno di abbandonare con la fuga i partigiani, prova, in
erto certo senso, il contrario. Il Bauführer raggiunse, infatti, il comando
tedesco di Osoppo e fors’anche di Gemona e dette l’allarme.””
“”Segnalazioni sulla
situazione partigiana che andava sviluppandosi nell’intero territorio
pedemontano, con particolare riferimento ad Avasinis, vennero recepite da tutti
i comandi Nord (Tolmezzo-Arta-Moggio…). Il compito di intervenire spettava
ancora alle forze dislocate in zona “”.
“”Secondo le
asserzioni dell’ex comandante partigiano “Fontana” (Giovanni Venturini) dei
GAP, negli ultimi giormi di aprile e il 1° maggio di ora in ora era attesa ad
Avasinis un’azione di rappresaglia tedesca. Parte degli abitanti, avvertendo il
pericolo, avevano abbandonato il paese e si erano diretti sulle montagne
sovrastanti.””
MASSACRO DEI COSACCHI DETTATO DALLE CIRCOSTANZE ED ALL’ IPOTIZZABILE FERMO PROPOSITO DI UCCIDERLI, STABILITO FIN DALLA RESA.
-La resa dei cosacchi ai partigiani era avvenuta il 25 aprile 1945. Gli stessi, disarmati, alloggiati provvisoriamente nel Dopolavoro di Avasinis furono portati poi sulle montagne sovrastanti e concentrati a località Gadoria sotto il monte Cuar. Si tratta di una zona ampia e boscosa con delle anfrattuosità e con relativa malga (Gadoria).
-L’intesa sulla
quale si giunse alla resa consisteva nell ‘ impegno che ai cosacchi era
garantita l’incolumità e la loro consegna agli americani.
-Annota don Cozzi
nel suo diario : “”Pag.214 de Lo Sterminio Mancato“” Il comandante del
presidio cosacco mi vuole. Ha bisogno di trattare la resa del presidio. Faccio
allora chiamare il podestà, Rodaro Augusto “Rossit”, e si conviene che essi si
mettano a disposizione dei partigiani alla sola condizione che venga loro
salvata la vita. Si parla coi partigiani che accettano ed un giorno partono
verso la montagna lasciando libero il paese. Al quale, nella loro permanenza (
i cosacchi) non avevano mai fatto male. Si è saputo dopo che i patti non furono
osservati e che molti di essi furono proditoriamente passati per le armi. Pacta
sunt servanda, una volta fatti . La strada nazionale è una congestione ed
ingorgo continuato di tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’infelice idea
di compiere un ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla stessa
Nazionale all’ altezza dell’imbocco della nostra strada”.
I cosacchi in realtà
furono tutti massacrati e i loro corpi abbandonai senza sepoltura, secondo il
metodo partigiano cinicamente privo di principi di etica civile. La
decisione dell’eliminazione fu motivata dal clima di insicurezza e di attesa di
una rappresaglia conseguente alle azioni di ripresa dell’attività partigiana(
pagg. nr. 211,212 de Lo Sterminio Mancato) ed anche dalla mancanza di viveri di
sostegno, come da conferma da parte dell’ ex comandante partigiano “Fontana” di
seguito riportata nella parte finale, e non quindi quale vendetta o ritorsione
per la rappresaglia del 2 maggio che, Don Cozzi, nella sua lapidaria
espressione sopra riportata non cita, e nemmeno accenna a motivo di vendetta,
ma passa subito all’azione partigiana contro i tedeschi in ritirata sulla
strada Nazionale, che darà luogo alla conseguente rappresaglia. Da quanto
emerge dalla stesura dei fatti nella testimonianza don Cozzi si evidenzia che
nel filo mentale della successione dei fatti nella memoria del medesimo,
l’attacco partigiano sulla Nazionale consegue immediato all’ aver saputo del
massacro dei cosacchi. Stando ai comportamenti partigiani, assume consistenza
la supposizione che l’intento del massacro già sussistesse, come fermo proposito,
al momento della resa.
Il massacro ha
lasciato un segno di vergogna incancellabile nella condotta partigiana
coinvolgente l’inspiegabile indifferenza delle preposte Autorità del tempo,
considerato che i corpi delle vittime vennero abbandonati insepolti e tali
rimasero per quattro anni. La gravità della situazione comportava, al dilà
delle immediate urgenti misure garanti la situazione sanitaria ambientale e
l’inumazione dei pietosi resti, l’apertura di un’ istruttoria giudiziaria onde
accertare, in sede penale, l’ipotesi di sussistenti reati che, da quanto mi
risulta, sussistevano, ma il tutto si trascinò disinvoltamente senza dar luogo
a procedimenti penali, in osservanza a ritenuta superiore decisione, su cui non
ritengo almeno in questa sede di esprimere valutazioni, in adeguamento alla
linea politica confacente alle circostanze della complessa difficile situazione
politico-sociale di d’Italia di quel primo dopoguerra. Solamente nel
1949 la competente preposta Autorità, come da lettera seguente, disponeva
l'avvio del ricupero delle salme per la loro inumazione:
PRETURA DI GEMONA DEL FRIULI -nr. 125 - Oggetto : Recupero salme. Al Comando Stazione CC.- OSOPPO e p.c. al Sindaco di TRASAGHIS : dovendo, per superiore richiesta, procedere agli accertamenti tendenti all’ identifica- zione e ricognizione delle salme ancora insepolte in Cianal Pecolaz etc., prego procedere ad accertamenti diretti all’ identificazione dei siti dove dette salme giacciono insepolte e farne curare il trasporto al cimitero di Trasaghis, infor-mando , tempestivamente questo ufficio. IL PRETORE
Nel rispetto dell’obbiettività dei principi che regolano la storia mi sembra tuttavia di non escludere che la brutale azione del massacro, che crimine rimane, in ogni caso non fu esente da un certo spirito di ritorsione, ovviamente ingiusto, motivato della considerazione che i cosacchi, forze di presidio collaborazioniste della Germania alleata dell’ Italia (Repubblica Sociale di Salò), pur essendosi stabilito con le popolazioni locali un lodevole rapporto di convivenza e, in molti casi, di coabitazione, nella definizione del gergo comune ambientale erano considerati degli occupatori, tant’ è che a pagg. 223-224 , sempre de Lo Sterminio Mancato, scrissi quanto segue :“ Pagarono in qualche modo, per effetto del destino, quei cosacchi, anche se individualmente innocenti, quali strumenti di un’occupazione sulle cui cause complesse essi non avevano certo parte diretta, ma solamente indiretta e che, tuttavia, fu motivo di sofferenza morale e di disagio per le popolazioni”.
Nel villaggio di
Alesso nel Friuli, all’ equipe della RAI-TV nazionale di Roma, io presente, in
occasione alle riprese del film documentario “COSSACKJA”, realizzato sul filone
storico del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945” , il cittadino Eugenio
Cucchiaro, nel 1994 a
93 anni essendo nato nel 1901 disse (””pag.n. 91 del volume Cosacchi contro
Partigiani) che sui cosacchi non c’era granchè da rilevare in senso
critico, aggiungendo che, durante l’occupazione del paese non avevano ucciso
nessuno...Altra dichiarazione risultante nel film, verificabile nella pagina
sopracitata, espressa da più cittadini all’ equipe della RAI-TV :”” Noi avevamo
paura dei tedeschi e dei partigiani, ma non dei cosacchi”.
RAPPRESAGLIA DEI TEDESCHI SU AVASINIS E RITORSIONE SUGLI STESSI DEI PARTIGIANI E CITTADINI.
La dolorosa rappresaglia provocata da un attacco partigiano alle forze tedesche in ritirata sulla vicina strada nazionale Udine-Tarvisio con delle vittime, dette luogo nel villaggio di Avasinis a 51 vittime civili e a dei feriti. La stessa è ricostruita nei dettagli, taluni esecrabili, ne “Lo Sterminio Mancato”, da pag.
Dal dossier di
testimonianze rilasciatemi, nel corso del 1977, da Venturini Giovanni “Fontana”, ex comandante partigiano dei GAP, nella sua dimora a località “Novadet” sul
crinale della montagna ad ovest di Avasinis, traggo l’affermazione che segue: -
Alla rappresaglia tedesca del 2 maggio, le cui vittime civili furono 51, fece
seguito col concorso dei civili, un’ immediata ritorsione partigiana. Vennero
uccisi con metodi bestiali 21 prigionieri tedeschi, ma il numero è certamente
molto più elevato.
* * *
L’EX COMANDANTE DEI
GAP “FONTANA” (GIOVANNI VENTURI NI)
Ebbi diversi incontri e colloqui col l’ex comandante “Fontana”( G. Venturini) nella sua già menzionata abitazione a località “Novadet” sulla montagna ad ovest di Avasinis. Confesso che mi piaceva quel luogo perchè, in qualche modo, ricordava le mie montagne. In uno degli incontri, tornando sul luogo a fine ottobre mentre piovigginava, rammento che si sentiva nell’aria odore di fieno bagnato e questo mi piaceva proprio perché mi rammentava le giornate di pioggia, il silenzio profondo e l’atmosfera soffusa delle mie montagne. Trovavo che il Venturini era persona seria, corretta nel conversare e disponibile. Al tempo degli incontri, nel 1977, essendo nato nel 1919 egli aveva quindi 58 anni, per cui all’epoca partigiana era venticinquenne.
Già nel primo
incontro gli sottoposi il dilemma che, nonostante l’assieme delle mie
conoscenze ed analisi di vicende partigiane non mi riusciva di capire con
chiarezza quale fosse l’ideale guida dell’iniziativa partigiana in quanto non
emerse mai un atto simbolo dove fosse chiaro l’impegno di una lotta per la Patria e
la libertà. Gli stessi arruolamenti risultavano prevalentemente motivati da
secondi scopi . In prevalenza, da quanto ebbe a risultarmi, si trattava di
elementi che avevano una formazione ideale proletaria per cui consideravano la
lotta come mezzo per raggiungere una situazione di potere politico garante
giustizia ed equità sociale. Il Venturini convenne che avevo ragione.
Parlavamo di vicende
anche atroci con la disinvoltura e la calma della verifica dei fatti già
consumati. Feci ovviamente degli appunti sulle varie vicende, uccisioni di
civili, di prigionieri tedeschi e cosacchi sepolti in vari luoghi nei dintorni
e sulle montagne di Avasinis, fatti su cui, successivamente, mi riuscì di
mettere le mani su documenti di un’ indagine rituale della Pretura competente
sulla circoscrizione del territorio. Trattasi nel complesso di un oscuro
argomento, ignorato e sepolto dalla storiografia partigiana ufficiale. Nel mio
volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945” a pag. n.. N.226, riferendo
sul cimitero cosacco di Braulins, vi sono al riguardo alcune indicazioni. Il
Venturini non condivideva molto, in generale, l’azione partigiana. Secondo lui
molti sono i fatti crudeli. Due professoresse, prelevate a Cornino, vennero
giustiziate ad ovest di Avasinis nei boschi. Con loro c’era la figlia di una
delle due le cui grida di strazio e di spavento vennero udite fino ad Avasinis.
Chiese, a quanto pare, di essere uccisa anche lei e venne infatti uccisa. Egli
ricordava inoltre che in carcere partigiano a Flagogna ?? era rinchiusa una
ragazza tedesca che pure venne uccisa. Proviene da questa
storia di delitti sepolti un simbolico grido di dolore non estinto che
l’ignavia delle genti ama ignorare e soffocare nella propria coscienza,
seguendo la vile consuetudine che suggerisce di tacere e non tramandare…
Oggi stesso quando
mi chiedono di parlare di storia o tengo conferenze, se accenno vagamente a
certi fatti, vedo che gli astanti ammutoliscono e girano gli sguardi da altra
parte. Siamo un popolo, non tutti certamente, che ama sfuggire la conoscenza
delle crude verità per sottrarsi al giudizio che insorge nella coscienza e
preferisce rifugiarsi nella bambagia...
I fatti che il
Venturini mi espose, rimossero nella mia mente varie vicende delittuose
verificatesi anche in Carnia, di cui tengo memorie scritte, rimaste nel
silenzio tra cui l’assassinio i due donne georgiane, credo prelevate ad Arta ed
uccise bestialmente nei dintorni di Terzo in val But, per rapinarle dei
gioielli.
IL MASSACRO DEI COSACCHI NON FU VENDETTA PER
L’allarme provocato dal Baufhürer e l’abbandono del paese di molta gente rifugiatasi sulle montagne ebbe luogo nei giorni di fine aprile e cioè prima del 2 maggio data dell’intervento tedesco che attuò la rappresaglia su Avasinis motivata da un attacco partigiano alle forze tedesche in ritirata sulla nazionale Udine-Tarvisio sul tratto dopo Ospedaletto. “ Fontana” ipotizzava che, stante l’allarme provocato dal Bauführer, i partigiani che custodivano il centinaio di prigionieri cosacchi, spogli di viveri di scorta per il loro mantenimento, avrebbero deciso di eliminarli nel timore di veder sopraggiungere i tedeschi (ed il timore era dato dall’ idea che quella massa di cosacchi sfuggisse di mano il che evidenzia che l’autentica intenzione era di ucciderli) e, secondo “Fontana” si trattò di decisione autonoma presa dei tre che li avevano in custodia, dei quali posseggo i nomi, due dell’Osoppo ed uno della Garibaldi.
”Fontana” come
comandante partigiano nel dopo rappresaglia, si vide impegnato nell’arresto di
tedeschi in ritirata e rastrellamento di sbandati. Dagli effettivi indizi e
causali, peraltro descritte nelle esposizioni che precedono, il massacro dei
cosacchi non fu dettato da vendetta, trovata postuma quale attenuante a favore
della resistenza, mentre i fatti provano il contrario, tant’è che la
testimonianza di don Zossi nell’esposizione diaristica dell’intera vicenda in
un unico conseguente filo narrativo, dopo aver riferito i
particolari della resa dei cosacchi su proposta partigiana con garanzia di
incolumità, con la sua presenza e quella dell’interprete Vnturini Kozlowa e che
i cosacchi furono portati in montagna, asserisce: “ Si è saputo dopo che i
patti non furono osservati e che molti furono passati per
le armi…”, ma non parla della rappresaglia del 2 maggio il che significa
che non si era ancora verificata tant’è che, senza interrompere
il filo del discorso, passa immediatamente a riferire sulla causale della
rappresaglia:“La strada nazionale è una congestione ed ingorgo continuato di
tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’ infelice idea di compiere un
ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla
stessa Nazionale all’ altezza dell’imbocco della nostra strada”.
Sta in piedi il
concetto, espresso anche dal comandante “Fontana” che la decisione del massacro
fu presa nelle circostanze di tensione dettate dalla paura di un’ imminente
azione tedesca, ivi considerato che, l’intento di ottenere
la resa di quei cosacchi, cui si prestarono generosamente in buona fede
la Venturini
Kozlova ed il parroco don Zossi, celava
i già accennato proposito già scontato di ucciderli. Questo
il sunto delle causali, sul piano storico, per cui nei miei
scritti, a proposito del massacro dei cosacchi, io non parlai
di vendetta motivata dalla rappresaglia tedesca del 2 maggio.
Il massacro del
circa centinaio di esseri umani, tra cui un consistente numero di donne e bambini,
resta quindi un grave crimine partigiano.
Cade pertanto la banale insinuazione espressa a mio carico da P.S. che qui
riporto tra parentesi (Una ulteriore riprova si ha nell’ultimo libro, quando
parla delle uccisioni dei cosacchi di Avasinis senza citare che in precedenza
c’era stato l’eccidio nazifascista del 2 maggio, causa prima della “vendetta”
ai danni dei cosacchi) a supporto delle inconsistenti
considerazioni espresse dalla taluna persona dovute a totale assenza di
preparazione classica ai fini del giudizio storico, radicalmente respinte e
stoccate dalle fondate ineccepibili causali e motivazioni probatorie
da me esposte.
* * *
Scusatemi, cari
lettori se, a chiusura di questa disputa non da me provocata , esulando dalla
tematica storica, mi prendo la licenza di ricordare un fatto accadutomi alla
fine di un incontro nella dimora del Venturini sulla montagna. Avevamo
riparlato proprio in quell’ incontro del massacro dei cosacchi e riveduto dei
dettagli relativi all’esecuzione di oltre dieci tedeschi da lui comandata alle
foci del torrente Leale, riferita nel mio volume Lo Sterminio Mancato a
pagg.221,222 . Quando ci salutammo ed io me ne andai s’era fatto tardi per cui
dal pianerottolo del primo piano, essendo buio mentre mi accingevo a scendere su
una scala (la casa era in ristrutturazione in seguito al terremoto del 1976)
persi l’equilibrio e precipitai di alcuni metri, cadendo miracolosamente vicino
al’ armatura di base di un pilastro di cemento in ricostruzione irto di ferri
appuntiti e mi fratturai una caviglia. “Venturini”ne fu addolorato, ma non mi
rimaneva altro, con la caviglia gonfia e la gamba dolorante, che riprendere la
via del rientro. Mi fermai al centro di Avasinis nel bar al “Buon Arrivo”, per
bere qualcosa e darmi coraggio. L’oste si offerse ad ospitarmi per la notte con
l’appoggio accorato dei pochi ospiti presenti a quell’ora che si alzarono in
piedi, perché nella condizione in cui mi trovavo era pericoloso proseguire alla
guida della macchina. Decisi invece rischiosamente di andare e mi riuscì di
rientrare a Porcia. Dico queste cose per far capire che dietro al serio impegno
dell’interesse storico e dell’ indagine vi fu di tutto.
17 agosto 2017 PIER ARRIGO
CARNIER
Nota nr.1
Il 3 maggio in
mattinata, i contingenti delle due unità Waffen SS. unitamente a quello
dell’Heineit spagnola aggregata, esecutori della rappresaglia, lasciarono
Avasinis compatti dirigendosi a Nord.(Mi preme informare che gli elementi
dell’Heineit spagnola, sulla base di attendibili informazioni confidenzialii,
non avrebbero preso parte ad uccisioni il cui compito era preventivamente
assegnato, per cui la loro presenza va ritenuta unicamente formale). Superata
Tolmezzo i contingenti Waffen SS. puntarono su Paularo, dove fecero sosta per
poi proseguire verso malga Stua Ramaz e quindi superare il confine immettendosi
nell’Austria. I membri dell’ Heineit spagnola dopo aver puntato sulla Val
Canale, riunitisi ad altri presero altra direzione, da me riferita in un ampio
resoconto di due puntate, pubblicato a suo tempo da Il Gazzettino di Venezia.
Nota nr.2
A smentire il
concetto della linea di condotta programmatica dell’Osoppo di “essere più
umani”, dichiarata da Don Moretti, vengo a riferire degli stralci testimoniali
del diario di don. Leone Mulloni, parroco di Faedis al tempo dei fatti :
“” Don Redento
Bello, Cappellano della “Osoppo” , dice che “Vanni” (della Garibaldi) aveva il
plotone facile. Ma l’ “Osoppo” non era da meno. Lo confermano alcuni verbali
firmati da “Gondola” (il partigiano Rinaldo Clocchiatti del battaglione Val
Torre della prima brigata Osoppo Friuli). In data 10 settembre 1944 “Gondola”
verbalizzava la fucilazione, avvenuta tre giorni prima, di tre repubblichini
catturati il 5 settembre a Povoletto: Narciso Lelli, Sante Marchet e Francesco
Zanutto. Nella mattinata dell’11 viene eseguita la sentenza capitale nei
confronti del brigadiere dei carabinieri Francesco Tirelli, catturato con gli
altri tre, ma considerato reo di diserzione. Anche un minorenne, il sedicenne
Ado Celan, viene passato per le armi l’8 settembre perché aveva sparato contro
i partigiani nel corso dello scontro di Povoletto: il giovane era un
repubblichino, iscritto come altri minorenni, al Partito fascista
repubblicano”. Emerge infine addirittura che : “ Anche “Bolla” (uno dei comandanti
ucciso a Porzus il 7 febbraio 1945 nella ben nota azione comandata da Giacca
“Toffanin Mario”) dispone con una lettera l’avvio di un repubblichino ai
reparti sloveni che, notoriamente, fucilavano i fascisti senza tanti
complimenti”.
“ Sempre a proposito
dell’ Osoppo, giunta da oltre il Tagliamento e dalla Carnia ad occupare con
forze consistenti la zona di la zona da Clap al Bernadia col compito
importantissimo di “ molestare la ferrovia Pontebbana, arteria principale che,
assieme a quella del Brennero, alimenta tutto il fronte tedesco dell’Appennino,
compito vasto che don Mulloni asserisce non seppero assolvere che in minima
parte, per più motivi tra i quali: 1)- mancanza di menti direttive e
disciplina; 2) discordie politiche fra osoppani e garibaldini;3)- insufficienza
di mezzi “_____________________________________________________
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