sabato 23 novembre 2019

RIESUMAZIONE DI UNA MEMORIA IMPORTANTISSIMA PUBBLICATA NEL 2016 EVIDENZIANTE UNA VERITA' INCONTESTABILE : UNA LUCE SUL MALEODORANTE FANGO DI CERTI SCRITTI DI TALUNI PENNAIOLI CARNICI.......





 COMUNICATO  BREVE
                                    
 Alle Associazioni culturali dell’ Austria e Slovenia, alle Associazioni cosacche delle comunità ZAPOROGHI (Zaporoz’e) del basso Dnieper, di ROSTOV (Rostovna-Donu) e KRASNODAR (Kuban), nonché alle Associazioni delle comunità cosacche presenti in Germania, Francia, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada, ed a quelle caucasiche del Nord Caucaso e Monaco di Baviera.


 IL  PARTIGIANO   " F I S C H I E T T O "


                                                *          *          *


Ad integrazione della risposta da me data il 4 luglio corr. al sig, Giacomo Oberto , a seguito di alcuni messaggi positivi pervenutimi anche telefonicamente, ritengo di aggiungere  seguente nota.
La riesumazione, così chiamiamola, del ricordo del partigiano “Fischietto” e quanto dal medesimo confidatomi,  in anni lontani, nel ripercorrere la sua rovente vicenda partigiana con vari riferimenti, quali ad esempio l’eliminazione di Olmo, alcune particolarità sull’ attacco osovano al presidio cosacco di  Ovaro ed altro,  ha ulteriormente riacceso in me la persuasione  anzi direi l’impegno di consolidare e rendere pubblici,  quanto prima possibile, pur sussistendo purtroppo altri impegni che devo  concludere e che io solo  posso condurre, fatti  ed eventi decisamente incisivi della storia partigiana in Carnia, con particolare riferimento alla corrente rossa e, prescindendo da giudizi di merito,  evidenziando elementi  ritenuti di ferma fedeltà filostalinistaIl punto chiave sta nel fatto che quantomeno gli elementi guida responsabili della corrente rossa non erano attendisti come altri antiprogressisti scesi in campo tardivamente. Essi, della corrente rossa, davano una mano agli alleati britannici e statunitensi, ma loro obbiettivo era di favorire gli ideali di Stalin e della nascente Federativa iugoslava di Josip Broz Tito.

07 luglio 2016

         PIER ARRIGO CARNIER








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Ad integrazione della risposta da me data il 4 luglio corr. al sig, Giacomo Oberto , a seguito di alcuni messaggi positivi pervenutimi anche telefonicamente, ritengo di aggiungere  seguente nota.
La riesumazione, così chiamiamola, del ricordo del partigiano “Fischietto” e quanto dal medesimo confidatomi,  in anni lontani, nel ripercorrere la sua rovente vicenda partigiana con vari riferimenti, quali ad esempio l’eliminazione di Olmo, alcune particolarità sull’ attacco osovano al presidio cosacco di  Ovaro ed altro,  ha ulteriormente riacceso in me la persuasione  anzi direi l’impegno di consolidare e rendere pubblici,  quanto prima possibile, pur sussistendo purtroppo altri impegni che devo  concludere e che io solo  posso condurre, fatti  ed eventi decisamente incisivi della storia partigiana in Carnia, con particolare riferimento alla corrente rossa e, prescindendo da giudizi di merito,  evidenziando elementi  ritenuti di ferma fedeltà filostalinistaIl punto chiave sta nel fatto che quantomeno gli elementi guida responsabili della corrente rossa non erano attendisti come altri antiprogressisti scesi in campo tardivamente. Essi, della corrente rossa, davano una mano agli alleati britannici e statunitensi, ma loro obbiettivo era di favorire gli ideali di Stalin e della nascente Federativa iugoslava di Josip Broz Tito.

07 luglio 2016

         PIER ARRIGO CARNIER





mercoledì 20 novembre 2019









lunedì 18 novembre 2019


FRAMMENTI DI RICORDI SULLA RITIRATA COSACCA : 2 maggio 1945


PIER ARRIGO CARNIER·DOMENICA 6 GENNAIO 2019·8 MINUTI29 letture
Cari amici e lettori, in relazione alle vicende rivangate nelle recenti trasmissioni televisive con spezzoni di mie dichiarazioni su cui già ho riferito, mi sono tornati in mente dei fatti inerenti alla ritirata cosacca del maggio 1945, che qui di seguito voglio rievocare anche in risposta  a richieste di lettori interessati all' argomento Ovaro, da me trattato nel volume "L'Armata Cosacca in Italia 1944-1945" la cui riedizione, su contratto già firmato con nuova copertina e qualche integrazione, è programmata  dal  mio editore (MURSIA-Milano),  per un prossimo nuovo lancio.
O V A R O
Presto nel mattino del 2 maggio 1945 nella mia valle tutti sentirono un' esplosione che fece vibrare i vetri delle finestre. Si trattava del brillamento di una carica di dinamite, fatta esplodere su iniziativa dei partigiani dell' Osoppo, che provocò nel villaggo di Chialina,  posto ad alcuni chilometri a sud del mio paese, il crollo di  una caserma dove stavano  alloggiati dei cosacchi,  taluni con le proprie famiglie e quindi con donne e bambini. Ovviamente la gran parte decedette sotto il crollo salvo una ventina di feriti. Poco dopo, potevano essere le sette del mattino, ed io assieme ai miei  ero appena alzato, avvertimmo all' esterno uno scalpiccio di  cavalli e sentimmo bussare alla porta. Aprimmo. Sull' uscio comparvero diversi cosacchi, di cui  due ufficiali, mentre un cosacco di fianco alla casa badava  ai cavalli. Entrarono  in casa ed uno dei due ufficiali  chiese in tedesco a mio padre che parlava tedesco  se, nel villaggio, ci fossero dei partigiani, quanti e di quale brigata :- "Non ve ne sono . Vi sono solo i georgiani, circa un migliaio, e sono in fondo al villaggio , passati a fianco dell' organizzazione partigiana Osoppo", rispose mio padre. L' ufficiale chiese poi  se la strada, che proseguiva per l' alta valle, fosse interrotta e in quanto tempo si sarebbe potuta raggiungere l' Austria,  al  che mio padre dette tutte le necessarie informazioni. Avevo allora 19 anni. La guerra era appena finita e regnava un' aria di tensione . Pioveva forte.  Quei cosacchi, sfidando la vigilanza partigiana,  provenivano dal presidio di Ovaro. Avevano le uniformi bagnate e bagnati erano pure i cavalli accostati alla casa, che dava sulla strada  ed era la prima casa del paese venendo da sud.
Usciti di casa con un rapido saluto e rimontati a cavallo, quei cosacchi con folle galoppo si diressero  verso Ovaro. Cadeva ancora una pioggia' insistente  ed io, uscito sulla strada, li seguii con lo sguardo fino ad una curva, dove scomparvero avvolti in un pulviscolo nebbioso provocato dal furioso scalpiccio dei cavalli nelle pozzanghere.Poco dopo, in quel mattino, un compaesano delle famiglie di industriali del mio paese che, verso fine guerra avevano creato una coalizione con l'organizzazione partigiana Osoppo, sostenendo  l'opportunità di attaccare il presidio cosacco di Ovaro per  ottenere la resa e, di conseguenza, bloccare la ritirata di oltre trentacinquemila cosacchi in sosta lungo la bassa val Gorto a sud di Ovaro, bussò a casa mia e disse di esporre la bandiera perchè la  guerra era finita. Mio padre ed io ci affrettammo precisare che un drappello di cosacchi a cavallo, giunto in avanscoperta da Ovaro, era appena ripartito dopo avere ottenuto informazioni rassicuranti sulla via della ritirata. Il compaesano sorrise sarcasticamente ed aggiunse testualmente che ""... ai cosacchi di Ovaro, fra poco, ci pensiamo noi (partigiani assieme ai georgiani), ...""
La menzionata coalizione di notabili industriali con l' 0rganizzazione partigiana Osoppo anticomunista assunse  addirittura direi  sovranità decisoria, argomento che però andrebbe spiegato nel suo retroscena e nei dettagli, a me ben noti, ma nel loro assieme ancora mai rivelati motivando  le causali, essendo stato a fianco, quale dipendente aggregato, di uno degli esponenti di maggior prestigio, membro del Comitato di Liberazione Nazionale " Val Gorto".
Forze partigiane dell' Osoppo, al comando di Alessandro Foi, con l'appoggio di qualche decina di georgiani che si erano spostati in comune di Forni Avoltri a nord del mio paese, e qualche elemento della Garibaldi che aderì per singola decisione, attaccarono nella tarda mattinata del 2 maggio il presidio di Ovaro che si difese tenacemente finchè, nel primo pomeriggio, intervennero dei rinforzi costituiti dalla Scuola allievi ufficiali di cosacchi di Villa Santina, dotata di un pezzo di artiglieria, e da consistenti forze del I° Reggimento a cavallo del colonnello A.M. Golubow  (che io personalmente potei conoscere in Austria nel dopoguerra e dal quale ottenni preziose precisazioni) che si trovava in ritirata  a sud di Ovaro. Applicando la tattica dell' accerchiamento i cosacchi del I° Reggimento sorpresero i partigiani alle spalle che caddero colpiti da raffiche,  mentre dei georgiani, sorpresi alla periferia del villaggio, furono fucilati  quali  traditori.
L' attacco ad Ovaro che doveva suggellare trionfalmente l’ operato dell' Osoppo anticomunista  assieme  alla coalizione dei notabili industriali ch’ ebbe una sua sovranità,  onde accogliere l’ imminente ingresso degli alleati americani  in arrivo con un titolo d’ onore probatorio della propria arrischiata collaborazione ( in pratica, scusate se mi permetto di osservare, da fascisti alleati dei tedeschi ci si gettava in braccio all’ avversario vincitore), si concluse nel fallimento con conseguente rappresaglia cosacca sulla popolazione civile che comportò 28 vittime e degli incendi di fabbricati. In un’ultima riunione segreta dei membri del C.L.N. e capi partigiani la sera del 1° maggio, in una casa isolata alla periferia nord di Chialina, era stato deciso di rimanere in posizione di trattativa coi cosacchi, ma a modificare le opinioni di alcuni membri del C.L.N.  giunsero alla riunione dei nuovi elementi, borghesi, col fazzoletto verde al collo quale attestazione di fiancheggiamento all’ “Osoppo” (si  trattava di alcuni imprenditori dell’ industria del legno e qualche altro) i quali col capo partigiano Paolo dell “Osoppo” riuscirono a far prevalere l’opinione di attacco del presidio. A pag. nr. 170 del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”- con nota in calce nr. 15 è incontestabilmente affermato:- L’ opinione dei nuovi elementi ( imprenditori dell’ industria del legno e qualche altro), che rafforzavano il C.L.N. ebbe prevalenza e l’ attacco fu progettato per l’ alba. L’ idea dell attacco era quindi il volere di una terza forza, di natura borghese, che costituiva una corrente a sè stante appoggiata dalla brigata “Osoppo”.
Per farla breve i cosacchi che, secondo il paesano che passò a casa mia invitando ad esporre la bandiera, sarebbero stati sistemati, travolsero invece l' aggressione partigiana, di cui comunque va rispettato il sacrificio delle vittime, talune di giovani promettenti  che tuttavia mai avevano sparato un colpo, trascinati ad affrontare un’ azione nell’ illusione di conquistarsi la fama di eroi.... L’ azione, in ogni caso, risultò  condotta con  svagatezza come ebbe a raccontare, nelle sue memorie, l’insegnante Pittini e,  del  comandante osovano  Alessandro  Foi emigrato nell'immediato dopoguerra oltreoceano, non si seppe più nulla.
A tarda notte tra il 2 e 3 maggio i cosacchi del presidio di Ovaro, caricati parte dei morti su carrette che poi furono sepolti lungo la strada oltre il Ploeckenpass, col seguito dei trentacinquemila che sostavano a sud lungo la valle, transitarono nel il mio paese per poi seguire la val Calda verso Paluzza e quindi superare il Ploeckepass. Delle  particolarità ancora non pubblicate, frutto di un meticoloso direi appassionato lavoro di ricognizione, riconosciutomi  da molte fonti e con onestà d'animo dallo scrittore Carlo Sgorlon, stanno nel mio cassetto.
E’ doveroso aggiungere che,  il nucleo di notabili industriali, uno dei quali membro importante del C.L.N. al cui fianco, come già riferito,  ebbi ad operare per cui conosco come testimone l’intero sviluppo degli eventi, giunti in macchina ad Ovaro nel primo pomeriggio del 2 maggio in quanto avvertiti che la situazione  precipitava e quando ormai stava verificandosi l’ intervento dei rinforzi, furono arrestati dai cosacchi del presidio comandato dal colonnello G.P. Nasikow, cioè non da quelli sopraggiunti a rinforzo, ed allineati per la fucilazione due volte, miracolosamente poi sospesa.  Trattenuti come ostaggi nella notte seguirono la lenta angosciosa ritirata, per poi essere lasciati liberi lungo la val Calda prima del villaggio di Ravascletto.Uno di loro, persona che ricordo motivatamente con rispetto per la correttezza morale,  direttore di banca nel mio paese, rag. De Antoni Migliorati,  associatosi  al gruppo dei notabili ritenendo doveroso il rendersi utile nelle circostanze del momento, incontratolo nel dopoguerra a Vicenza mi dichiarò che, dopo il primo  intento di fucilazione da parte cosacca, tolse di tasca un bloch notes e, con brevi parole, vi annotò freneticamente le proprie volontà testamentarie...
Nella notte menzionata, mentre nevicava, la ritirata attraversò il mio paese reso disabitato dalla paura e solo pochissimi abitanti si mantennero nelle case. La massa transitò, formata da nere colonne staccate l'una dall'altra, mute perchè nessuno parlava e si sentiva solo il cigolare delle ruote delle carrette e qualche nitrito dei cavalli. La scena era biblica, grandiosa, immagine della sofferta epopea cosacca, che cercava la libertà  (...Si suchen die freiheit..!.=  Essi cercavano la libertà !) La cosacca T.N. Danilewitsch, convivente del colonnello A.I. Medynsky, dirigente della Scuola allievi ufficiali cosacca, da me rintracciata nel dopoguerra in Inghilterra, mi precisò  che, fra le forze in ritirata provenienti dalla linea di fronte del Po, c’ erano due battaglioni di donne cosacche di cui mi descrisse l'uniforme dalle mostrine rosso arancione con le lance incrociate. La cosacca S. Helene Kevorkova, laureata in medicina, conosciuta in Austria nel dopoguerra, mi riferì  sulla ritirata delle particolarità interessanti, esternando le sue sensazioni umane vissute con partecipazione ardente  in quei giorni di fine guerra  gravidi di emozioni,  di attese e di speranze. Rammento le sue frasi allorchè, in uno degli  incontri in Austria, a Doelsach nell' Osttirol, mi riferì, come infatti ebbi a raccontare  nel mio ultimo recente libro "Cosacchi contro Partigiani" a pagg. 132-133, la gioia che provò nella ritirata, in territorio austriaco, dopo aver vissuto le bufere, passando le notti rannicchiata sulle carrette, vedendo nella valle Drava il sorgere del sole sui monti Tauri innevati.
 Non posso rinunciare, riguardo la Kevorkova,  superando la rigidità storiografica i cui principi non ammettono divagazioni sentimentali e romantiche, a ricordarla come donna  dotata di  personalità piacente  nel cui volto affiorava una velata impronta d’ impercettibile austerità dovuta  alle sofferte vicende della guerra. Credo che, dopo il crollo del comunismo all’ est, anni 1989-1990, possa avere fatto ritorno in Russia, ma non nascondo che provo  nostalgia  ricordando   i piacevoli colloqui, evocativi di consumate lontane tragedie ed altre vicende, nel clima distensivo dell’ Osttirol in Austria, terra dai sentieri ordinati, ed in estate profumata di bosco, di fieno e  garofano selvatico.
6  gennaio 2019                                       CARNIER PIER ARRIGO

domenica 10 novembre 2019


BONANNI DIONISIO “Denis” “ROSSO”, fratello di KATIA, comandante del battaglione “GIORNATE NERE (Garibaldi)

PIER ARRIGO CARNIER·VENERDÌ 8 NOVEMBRE 2019·2 MINUTI7 letture

COMUNICATO

Le vecchie carte parlano…
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Mi è capitato, in questi giorni,  di riprendere nelle mani  un carteggio rilasciatomi a suo tempo da Bonanni Dionisio “Denis”, fratello di “Katia” nota partigiana compagna di “Mirko”. Ebbi quel carteggio dal Bonanni, col quale ovviamente dialogai, ex comandante del battaglione “Giornate Nere” della Garibaldi, nome di battaglia “Rosso”, emigrato nel dopoguerra in Francia, in occasione a delle licenze  che trascorreva presso  genitori in Carnia, a Raveo. Seppi da altre fonti che in Francia era stimato e lavorava alle dipendenze di una personalità importante. Ai genitori Sante Bonanni e Giuseppina Zanier feci visita più volte a Raveo, paese silenzioso che sembrava riposare nella quiete del passato e  precede l’alta valle di Pani dove io vissi la tragedia dell’ ” Ors” (cav. Antonio Zanella), assassinato con la figlia in una  solitaria notte di neve: 5 marzo 1955. Entrambi, i genitori, erano dei ferventi antifascisti, ma alla domanda del perché lo fossero non mi dettero  motivate spiegazioni: era  convinzione che si era in loro formata  in Francia, dov’ erano vissuti degli  anni coi figli, per poi rientrare in Italia. Katia (Gisella) e Dionisio  avevano, in ogni caso, lo slancio vigoroso del nazionalismo patrio francese, capace di reagire alle ingiustizie sociali, come tutt’ ora ne  dà prova eloquente la popolazione francese. Di Dionisio, un suo amico partigiano (Castellani) mi disse che era un ottimo tiratore: lo vide in azione durante l’attacco a Sappada che, nell’agosto 1944, portò alla resa  di quel presidio di gendarmeria tedesca. Arrestato successivamente dai tedeschi Dionisio, sotto dure minacce, ebbe dei momenti fragili e fu costretto a dare certe informazioni. Nelle sue carte, che ovviamente avevo  lette, ho scorso di nuovo date importanti  su vicende partigiane specie riguardo il burrascoso periodo autunnale 1944 post rastrellamenti tedeschi, mentre col suo battaglione, dalla pedemontana occidentale,  si spostava verso la Carnia, con sosta a Poffabro ed altre località, tenendo contatti coi capi “Andrea”, “Ninci”, “Nestore”…. Anche lui, come “Fischietto” mi parlò di  vicende rimaste nell’ ombra ivi compreso il caso Olmo, così come anche altri me ne parlarono, ormai  passati a miglior vita. Rivedendo vecchie carte, a volte sgualcite si sente che, dalle stesse, traspare l’essenza di vicende vissute e  sofferte. Le vecchie carte parlano…
15 luglio 2016
PIER ARRIGO CARNIER


Grazie ai numerosi lettorI per l'interesse al contenuto di questo mio post riferito al fratello di Katia, Dionisio, comandante partigiano, nome di battaglia "Rosso" di cui conservo un' interessante foto nell' abbigliamento partigiano, mai pubblicata, carica di quel pathos tipico della Garibaldi. Dionisio, in fiducia, si aprì con me a preziose oscure confidenze evocative di quell' insovvertibile senso di trionfo, perlomeno iniziale, della lotta armata, quel poter decidere senza preamboli questioni di vita e di morte .... Mi riferì molti particolari su Mirko, che andrò a pubblicare nella monografia che ho in progetto di concludere. Era emigrato in Francia e, come già scrissi seppi da fonte certa che si trovava al servizio di un' importante persona ed era, mi si disse, molto stimato. Ci incontravamo quando, per un soggiorno presso i genitori, tornava brevemente a Raveo. Il suo passato da comandante partigiano che io, conoscendo bene la situazione capivo, aveva lasciato traccia di qualche rancore per cui lo costringeva a stare in guardia, e così era per altri ex partigiani. In un' ultima sua venuta in paese una mattina trovò la macchina a terra con le gomme sgonfiate, perforate con un arma da taglio. Da allora non fece più ritorno in paese, a Raveo. Coi genitori Bonanni Sante Giuseppe e Zanier Giuseppina, che avevano vissuto l' esperianza dell' emigrazione , ebbi veramente vari incontri e lunghe conversazioni.

venerdì 8 novembre 2019


CARNIER  PIER ARRIGO


PAOLA GIACOMINI, ELEGANTE CAVALLERIZZA MIA AMICA, REDUCE DA UN RECENTE IMPORTANTE VIAGGIO ESPLORATIVO IN MONGOLIA, CON RIENTRO ATTRAVERSO LA RUSSIA DOVE HA CONTATTATO I COSACCHI, I MIEI COSACCHI.....- OTTOBRE 201

In primo piano  Paola, sotto il Don fiume sacro dei Cosacchi.........

giovedì 7 novembre 2019


LE BELLE DONNE DI  PREONE




Foto di Preone, credo di Alida Carlevaris, mia cara amica su Facebook che comunque di recente me ne ha mandate altre su Preone, che tengo di riserva.

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Preone, uno dei villaggi e capoluogo della  val Tagliamento in Carnia. Era noto negli anni 1945-1955 perchè, per opinione diffusa, vantava di avere le donne  più belle o tra le  più belle della Carnia. Le conobbi anch'io, donne veramente stupende. Ma ne parlava spesso il caro amico Lino Conte quando eravamo studenti. Lino decedette purtroppo in età giovane dopo essere stato apprezzato sindaco
di Preone. Le trovavi quelle donne, nelle balere della valle ed erano capaci di intessere amori travolgenti .Vi  è un accenno nel mio recente volume L''ORS di PANI. Storie e racconti della Carnia.
Quando  di recente, rovistando vecchie carte mi è  capitata tra le mani  la foto di cui sopra,ho provato un' emozione, ricordando sensazioni per le quali non vi sono parole: quelle  intime confidenze nel vortice dei balli, fra i singhiozzi della fisarmonica in quelle sale  di paese dai vecchi pavimenti in legno scricchiolanti, mentre  fuori era scesa la notte.Quei ricordi delle donne di Preone sono motivo per aggiungere qualche ulteriore particolare. I balli si tenevano normalmente in autunno ed io con altri due paesani, partendo dal  medio alto Gorto, non avendo in quegli anni la macchina, raggiungevamo Preone servendoci, a pagamento, dell’unico tassista del nostro paese che però, sebbene non sempre, non era disposto ad attendere le ore tarde, quasi fino al mattino, per il rientro.  Quindi il ritorno, di non pochi chilometri, lo affrontavamo talvolta a piedi. Muti, in quanto stanchi, camminavamo in silenzio, ciascuno chiuso nei propri pensieri, in certo senso avvertendo l’amarezza che si prova a festa finita, ma l’incontro con le donne di Preone in quelle sale di paese, che non sempre erano le stesse, era per me intimamente prezioso. Camminando rammento che mi si rimuoveva addosso il profumo, di cui quelle donne si aspergevano, frammisto, per sensazione alle narici, alla gradevole sudorazione di donna che le stesse emanavano, motivato dalla fatica nell’ accanimento del ballo e dall’ afa della sala, e quell’ odore di donna fortemente seducente vorrei dire era consolante ed anzi non trovo i termini giusti per definirlo. Riavvertivo, inoltre, gli attimi delicati, direi sublimi in cui, durante il ballo dopo i momenti di sosta, mi riproponevo a taluna di quelle donne, giovani o sposate, queste ultime pur sempre molto fascinose ed anzi, a dire il vero, erano quelle a cui prediligevo propormi per un nuovo giro che loro acconsentivano e mi auguravo che la notte non finisse mai.
               .

7 novembre 2019                           CARNIER PIER ARRIGO   



















mercoledì 6 novembre 2019






PORZUS
PIER ARRIGO CARNIER·GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE 2019·


Cari lettori, incoraggiato da valenti studiosi stranieri, faccio invito a leggere queste mie precisazioni,  rese pubbliche via Internet già il 2 febbraio 2016 poichè  le stesse collocano il caso PORZUS nella giusta luce e  realtà storica, liberandolo dal  gravame di false invenzioni.
 COMUNICATO   DEL  2  FEBBRAIO 2016
Ai Centri di documentazione archivistica e storiografica della Carinzia con particolare riferimento a Klagenfurt, ai centri di documentazione storiografica e della Resistenza iugoslava di Capodistria, Lubiana, Saraievo, Belgrado, agli interessati  al caso PORZÛS reso sulla base delle contrapposte testimonianze dei veri protagonisti e liberato da  ogni falso alone politico ed agiografico che per lunghi decenni ha oscurato la verità.
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In previsione della ricorrenza del 7 febbraio, data in cui occorse l’azione di Giacca (Toffanin Mario) su Porzûs,  ho ritenuto, anche per richiesta di molti, di  riassumere nel seguente scritto le risultanze che, sotto il profilo storico, ritengo attendibili sul caso, frutto della mia attività d’indagine e dei colloqui con i veri protagonisti delle parti in causa che si identificano con Ernst Lerch ex capo si Stato maggiore dell’Alto Comando SS. e Polizia di Trieste e precedentemente aiutante del SS. Gruppenführer  Odilo Globocnik a Lublino in Polonia, dr. Franz Hradetzky, ufficiale Waffen SS. Leiter del Kommando Adria a Trieste, base del Servizio informazioni Waffen SS., Mario Toffanin “Giacca” comandante di formazioni GAP (Gruppo di Azione Partigiana) che mi fece anche conoscere alcuni altri gappisti suoi subalterni (Nota n.1).
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Ritengo di premettere che, sulla vicenda Porzûs è stata svolta, nel giro di oltre cinquant’ anni, una tale azione di propaganda con prevalente finalità anticomunista da annebbiare la sostanza della verità mettendo in discussione il fatto nel suo assunto storico, laddove la storia è chiamata a giudicare le causali e gli effetti. Nella località isolata di Porzus, posta nella zona delle malghe “Topli Uork”, il nucleo partigiano osovano, dichiaratamente anticomunista, si trovava in posizione a rischio. Aveva attorno e di fronte, ad est, forze d’ ispirazione marxista che agivano su direttive internazionaliste e contavano sul patrocinio titino e sovietico. Era il momento della grande minaccia comunista dall’ est con le sue infiltrazioni in occidente. In diversi, a proposito di Porzûs, mi hanno telefonato ed anche scritto manifestando interesse, cioè il desiderio di  sapere, al dilà di quanto sono riusciti a percepire dai miei scritti, qual’era l’effettiva causa e colpa certa a carico degli osovani per la loro eliminazione. Si tratta di  argomento che merita una trattazione accurata su basi certe perciò non posso evitare di richiamare alcuni fondamentali elementi riferiti, circa trentacinque anni fa, nel mio volume “Lo sterminio Mancato” lavoro che, non perché è opera mia, è considerato da docenti esperti internazionali una pietra miliare riguardo diverse vicende. Sta scritto in detto volume, a pag. 181 che, la Platzkommandantur di Udine (comando piazza) tenuta dallo Standartenführer Freiherr von Alvensleben riguardo l’Osoppo, <aveva annodato le fila>, attestazione significativa rilasciata da un esponente dell’Alto Comando SS. e Polizia di Trieste, quale prova che,  tra tedeschi ed osovani, esisteva un intreccio giudicato ovviamente, da parte dell’ organizzazione partigiana comunista, collusione col nemico. Le problematiche tedesche in essere nel 1944 e a fine guerra, nel territorio dell’ Adriatisches Küstenland e territori limitrofi, erano diverse. Gli slavi avevano in atto degli obbiettivi, primo fra i quali, ad Ovest, l’occupazione di  Trieste ed alcune are del Friuli orientale considerate di antica etnia slava, come infatti lo erano, ed al riguardo tentarono vari sfondamenti; premevano inoltre con infiltrazioni nel sud Carinzia,  con pretese rivendicazioni territoriali fino al Grossglockner. Da loro lato i tedeschi sospettavano inoltre che, le  forze partigiane comuniste della Carnia fossero collegate coi partigiani slavi ed agissero nella zona orientale confinante con la valle austriaca del Gail, oltre ad attuare rapine di bestiame, con analoghi  intenti di infiltrazione in Carinzia. Pertanto, nel luglio 1944, condussero un vasto rastrellamento attuando. a scopo intimidatorio, una dura rappresaglia  con  strage di valligiani a malga Pramosio ed altre vittime lungo la valle del Bùt.
E’ ovvio che le forze slave di Tito tenevano banco. La propaganda tedesca del Servizio informazioni Waffen SS. Kommando Adria di Trieste, tramite una ricetrasmittente installata sull’ altura di  Opicina, non mancò  di suscitare sospetti, anche con false notizie, sull’ esistenza da parte tedesca di intese tedesche o presunte tali con gli osovani, il che fu avvertito dai  GAP comandati da Giacca e, supponibilmente, dal vertice del P.C. udinese. Di tali espedienti  provocatori, in cui i tedeschi erano abili  (Nota n.2) me ne parlò chiaramente, all’inizio degli anni sessanta, in alcuni incontri  a Villach, l’ ex capo del Kommando Waffen SS. Adria a Trieste, Franz Hradetsky  col quale tenni pure corrispondenza,  risparmiato nel grande processo di Lubiana allo Staff tedesco del Litorale, del luglio 1947, alla condanna capitale, ma condannato a 16 anni di di lavori forzati , poi ridotti a nove  trascorsi nella fortezza di Mitroviska (Kosovo) nella Federativa Iugoslava.
Seppi dal medesimo, e negli incontri era sempre al mio fianco l’amico Lerch ex capo di Stato maggiore dell’Alto comando SS. e di Polizia di Trieste e in precedenza, come accennato introduttivamente, aiutante di Globocnik a Lublino in Polonia, anche in base a documento scritto che,  nella prospettiva di vittoria dell’Asse, motivo dominante di tutte le programmazioni, i tedeschi,oltre ad annettere il Friuli e la Carnia, già considerati Stato cuscinetto, al III° Reich, intendevano dare una diversa configurazione alla Slovenia concordata dal Supremo commissario Rainer con generale sloveno Leon Rupnik.
Seppi inoltre, in base alle proposte di von Alvensleben che riflettevano le direttive di Globocnik e la linea politica di Rainer che, onde prevenire supponibili rivendicazioni di confini che gli osovani avrebbero potuto sollevare a fine guerra, gli stressi avrebbero dovuto uscire di scena abbandonando la zona del cividalese nel Friuli orientale e quella del Goriziano, come precisato pag.181 del già citato mio volume, per cui i tedeschi, che erano riusciti ad adescare e stabilire un’ intesa con l’Osoppo, se ne volevano infine disfare.
Nel clima degli eventi sopramenzionati maturò introspettivamente, da parte dell’organizzazione partigiana comunista Gap, operante sul terreno, la decisione punitiva su
 Porzûs, con l’accusa di collusione col nemico in violazione dei comuni principi resistenziali e della cui responsabilità Giacca volle interamente accollarsi, sgravando in certo senso il P.C. udinese i cui segretari, Ostelio Modesti e Alfio Tambossi furono però arrestati, processati e condannati.
Spesso mi sono chiesto che peso potesse avere avuto l’Osoppo, dopo la smobilitazione dell’autunno su disposizioni del generale britannico Alexander, ormai ridotta a pochi nuclei residui che sopravvivevano in stato di attendismo, uno dei quali a Porzûs. Scrissi a suo tempo, a proposito dell’Osoppo a pag. 182 de “Lo Sterminio...”: “" trattarsi di espressione armata indottrinata di un paternalismo patriottico gradito alla notabilità ambientale e a quel tipo di friulanità che si riconosceva legittima erede di un dominio patriarcale privo di rinnovamenti”.
Da un insieme di valutazioni da me tratte nei colloqui  con Giacca, in vari incontri in Slovenia , ebbi la convinzione che, in ogni e qualsiasi caso, egli fu il dominus dell’ operazione Porzûs. Giacca veniva dal mondo proletario operaio, era cresciuto mangiando il duro pane da padrone e la sua formazione ideale era grezza, ma rovente e, all’occorrenza, spietata. Agiva con una carica che proveniva dall’ideale di partito spronata dall’ odio di classe. Credeva  nell’alba rossa che  doveva sorgere ad est e coltivava il sogno, più volte confessatomi, di entrare a far parte dell’Armata Rossa sovietica.
In quel 7 febbraio, gelido giorno grigio, piovviginoso e di nebbie, a località Porzûs topograficamente situata, come già accennato, nella zona delle malghe “Topli Uork” ai margini della vicina Slovenia, Giacca  pose fine al nucleo osovano,
Nel 1994 grandi articoli furono da me pubblicati su Porzûs  nei quotidiani L’Arena di Verona  e Giornale di Vicenza di cui ero corrispondente, sulla base delle dichiarazioni di Giacca, ed il caso fu poi da me riproposto con aggiornamenti e pubblicato, nel giugno 1997, sul Gazzettino di Venezia a cui tutt’ ora collaboro. Tali scritti, oltre a quanto pubblicato nel volume “Lo Sterminio Mancato” aprirono ulteriormente gli occhi all’ opinione pubblica sulla verità e, degli stessi, riporto qui di seguito alcuni stralci relativi alle mie interviste a Giacca. Domanda. Che cosa ricorda di quel lontano giorno, 7 febbraio 1945 ? “ Era una giornata fredda con nevischio e pioggia. Raggiunta malga Porzûs, appena entrammo. Un  giovane russo che aveva aderito alla mia formazione  Gap e che mi stava alle spalle. Gridò :”Eccola Turchetti Elda”. Si trattava di un’ italiana spia dei tedeschi, segnalata ripetutamente attraverso messaggi da Radio Londra. Quella constatazione, che provava la protezione dell’”Osoppo”, mi provocò (Nota n.3) al punto che decisi istantaneamente la condanna a morte per direttissima ed ordinai l’esecuzione immediata della Turchetti e dei responsabili “Bolla” e  Valente “Enea”. Venne ucciso anche un giovane che tentava di scappare. Altri 14, gregari, vennero giustiziati nei giorni successivi nel  bosco Romagno e dintorni ".
Domanda. Non le pare che poi la seconda eliminazione, quella dei quattordici gregari tra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini, avvenuta dopo giorni, denoti il coinvolgimento non solamente della sua personale decisione ? “ La seconda eliminazione – non mi interessa se fra gli stessi c’era il fratello di tizio…venne presa effettivamente sentendo il parere di tutti, dei Gap, di Modesti del P.C. etc.etc. Fu quindi deciso di giustiziarli. Ne fu salvato uno solamente in quanto per lui si rese garante uno dei nostri Gap, che lo conosceva.
Domanda. Come si guastarono i rapporti delle formazioni comuniste con quelle dell’”Osoppo” ? : “ Eravamo informati che l’”Osoppo” orientale trattava col nemico e con la Xa Mas. Personalmente so di collegamenti di  “Bolla” con un elemento della Gestapo. Seppimo che ormai da tempo questa formazione, pagata dal capitalismo e costituita da fascisti, massoni, benestanti in cerca di benemerenze, e che avevano scelto l’attendismo, stava lavorando contro di noi. La notizia di rapporti ed intese con i tedeschi sono note e le conosce anche lei che possiede un carteggio di fonte tedesca”.
Ed ecco alcuni indizi ed affermazioni probatorie sull’ esistenza di una collaborazione dell’Osoppo col nemico, risultanti da messaggi delle missioni alleate accreditate presso i partigiani. La missione inglese CRAYON, presso il IX° Corpus sloveno segnalava ai propri superiori, nel gennaio 1945, contatti dell’Osoppo con i comandi tedeschi e, addirittura, si parlava di un accordo. La missione inglese NICHOLSON, affiancata al comando dell’Osoppo, segnalava pure contatti con la Xa MAS. A sua volta il maggiore Roworth, pure accreditato con una missione presso i partigiani, autorizzato dal Comando delle forze alleate Sud a trattare con Valerio Borghese, comandante della Xa MAS, comprovava, attraverso i suoi messaggi, che trattative erano state instaurate ed erano andate avanti. Ed ecco alcuni brani: “ 27 gennaio 1945, sono in contatto col principe Borghese della Xa MAS, il quale appare disposto a volgersi contro i tedeschi…” –  “ 6 febbraio 1945, Borghese promette chiaramente all’ Osoppo di fornire armi agli  ex partigiani….” – “ 10 febbraio 1945,  la Xa MAS ha già proposto di unirsi all’Osoppo in funzione anti slovena ed ha approntato una linea fortificata di resistenza contro eventuali attacchi sloveni. E’ molto disciplinata”.
Hradetsky, responsabile della propaganda e del servizio informazioni era stato l’artefice, assieme a un sacerdote sloveno, della creazione della “BELA GARDA” in Slovenia, guardia armata di espressione clericale ed ovviamente anticomunista, subordinata al comando tedesco. Egli intendeva raggiungere identico obbiettivo con le formazioni partigiane bianche del Litorale, il che rientrava perfettamente nella linea politica del Supremo commissario.“ Rainer era, infatti,  dell’idea che ogni colloquio politico, che si proponeva una soluzione, sarebbe potuto essere utile se avesse contribuito ad indebolire il gruppo sloveno comunista”, frase di Hradetzky riportata nel mio volume “Lo Sterminio...”.
Nessuna meraviglia per le tresche accennate, motivate da uno scopo di fondo che interessava o poteva interessare i tedeschi, la Xa MAS e i partigiani bianchi. Ma non si poteva assolutamente pretendere che, dall’ altra parte, i rossi accettassero passivamente le notizie che arrivavano ai loro orecchi, ovvero gli indizi persistenti di cui le stesse missioni alleate, accreditate presso i rispettivi comandi partigiani, erano a conoscenza e li segnalavano ai loro superiori. Al IX°Corpus sloveno i vari contatti, proposte e propensioni erano chiaramente note. Sospetti che le formazioni partigiane bianche fossero disponibili ad intese coi tedeschi e che queste fossero anzi state raggiunte, o con la Xa MAS, vennero rafforzati dal fatto che, dall’ autunno 1944, le formazioni bianche che agivano ad oriente, avevano quasi totalmente cessato ogni attività anti tedesca assumendo uno stato di attendismo. Si era anche dissolto il legame, attraversi un comando unificato, tra partigiani bianchi e la Val Natisone, formazione partigiana comunista subordinata alle forze slovene comuniste. L’anticomunismo sbandierato dai partigiani bianchi e la sospetta ed accertata disponibilità degli stessi verso i tedeschi e la Xa MAS furono gli elementi che fecero scattare l’azione su Porzus.
Chiudo qui questo mia trattazione  ricognitiva su Porzûs ritenendo che l’esposizione degli elementi prodotti, con relative connessioni, possa ritenersi storicamente esaustiva.
02 febbraio  2016
PIER ARRIGO  CARNIER
Nota n. 1
Uno fra i  gappisti   fattimi conoscere da Giacca, dai quali appresi molti particolari  sulla spedizione punitiva su Porzus,  era Jaiza Dario che abitava a Pozzuolo del Friuli. Ebbi con lui diversi incontri e vi fu anche della corrispondenza. Conservava molti appunti, volantini ed altro materiale interessante  che mi consegnò, utile a confermare la tesi di  attendismo dell’ Osoppo  e la collusione della stessa con tedeschi e fascisti. Era minorenne allorchè entrò a far  parte della formazione GAP di Giacca. Fu citato, nel dopoguerra, a comparire nei vari processi celebrati su Porzûs  sui quali infine, a seguito di amnistie, mancò una conclusione.
Nota n.2
Basti pensare al dossier di false lettere  incriminanti diversi ufficiali sovietici, fatto recapitare da Reinhard  Heidrich, capo del Sichedreitsdiens (SD) a Stalin, tramite il presidente della Cecoslovacchia Benes che si prestò al gioco, documentazione con cui il dittatore del Kremlino dette avvio al processo di epurazione nell’esercito con migliaia di condanne mediante fucilazione.
Nota n.3
Giacca, lì per lì, nel rispondere alla mia domanda su ciò che ricordava su quel 7 febbraio  riguardo la Elda Turchetti , disse con spontaneità, tralasciando sottostanti precisazioni di cui parlammo in seguito,  che “  si trattava di un’italiana spia dei tedeschi, segnalata ripetutamente attraverso messaggi da Radio Londra “, ed aggiunse “Quella constatazione, che provava la protezione dell’Osoppo, mi provocò….””. Si tratta di precisazione che merita  alcune spiegazioni che in seguito mi furono date da Giacca anche se si trattava di una situazione che già mi era nota.  In realtà egli conosceva la Turchetti  poichè la stessa, segnalata da Radio Londra, si era precipitata da lui molto preoccupata e disposta a chiarire la sua posizione. Giacca però rinunciò  all’esame del caso in seno alla formazione Gap da lui comandata  e consigliò la Turchetti a presentarsi ad altra formazione partigiana, fosse garibaldina od osovana,  per cui la stessa raggiunse Porzus ed espose la sua situazione agli osovani. A quanto pare,  in considerazione  che la Turchetti   si era messa spontaneamente  a disposizione e dopo un esame del suo operato in base alle sue confessioni, su decisione di Bolla si sarebbe soprasseduto ad ogni condanna e la stessa  sarebbe stata ammessa a far parte delle file osovane. Sulla Turchetti io disponevo e dispongo di elementi  mai resi noti  sulla sua attività presso  la Sicherheit  Polizei tedesca