COMUNICATO
Alle associazioni cosacche delle comunità ZAPOROGHI (Zaporoz’e) del basso Dnieper, di
ROSTOV (Rostovna-Donu) e KRASNODAR
(Kuban), nonché alle associazioni delle comunità cosacche presenti in Germania,
Francia, Serbia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada, ed a quelle caucasiche del
Nord Caucaso e Monaco di Baviera rendo
noto l’assunto storico della lezionUdine.e di storia di cui all’oggetto, da me tenuta
nel menzionato istituto Caterina Percoto di
*
* *
Ho tenuto ieri, 24 maggio, agli
studenti delle due aule riunite della 3a liceo classico del noto istituto
CATERINA PERCOTO di Udine, dalle ore 10 alle 12, su richiesta dei preposti docenti responsabili, una lezione di storia
incentrata sulle vicende verificatesi
nel 1944-1945 con l’occupazione del Friuli, della Carnia e parte del Goriziano,
da forze russe cosacco-caucasiche
collaborazioniste dei tedeschi, nonché georgiane, riferendo le ragioni che motivarono tale intervento.
Ho ritenuto, ovviamente,
di spiegare le causali del
collaborazionismo dovute al fatto che,
le grandi comunità cosacche, allora come oggi esistenti, del Don, Kuban, Astrakan,
Orenburg, Urali, Jenissei, Baikal, Siberia, a seguito dell’instaurata rigida
politica di Stalin, dalle radicali
riforme di livellamento sociale, avendo
liquidato con le stesse il principio della proprietà privata e, addirittura
eliminato, mediante decreto del 18 giugno 1923,
il termine “Kazak” (Cosacco), e stanti le ben note sbrigative
eliminazioni fisiche o deportazione dei dissidenti nei lager penali della Siberia, tutto ciò
aveva profondamente prostrato il morale delle popolazioni. Ne derivò che, nel giugno 194,1 allorchè i tedeschi attaccarono a sorpresa la Russia sovietica occupando
rapidamente l’Ucraina e quindi le regioni meridionali cosacche ed il Caucaso,
furono salutati come liberatori. Ebbe
quindi sviluppo, in appoggio
all’occupante tedesco, uno spirito di
collaborazione con creazione di reparti volontari finalizzati a garanzia
dell’ordine e la sicurezza, e contingenti
armati. Dando per scontata la vittoria tedesca vi fu pertanto, nelle
regioni occupate, cosacche e caucasiche,
una chiara collaborazione con i tedeschi. Il crescente entusiasmo
animato da spirito di un rinnovamento della Russia ebbe tuttavia un colpo d’arresto. Nel febbraio 1943, con la perdita, da parte tedesca, della dura
battaglia di Stalingrado, ebbe inizio la
lenta ma irreversibile retrocessione del
fronte orientale. Le forze collaborazioniste col seguito di una notevole massa di civili che
si sentivano e risultavano palesemente responsabili di un compromesso
collaborativo con l’occupante, ad evitare le inevitabili conseguenti ritorsioni
punitive sovietiche, abbandonarono quindi, con una marcia verso occidente al
seguito della ritirata tedesca, le terre cosacche ed il Caucaso. L’esodo con
delle soste all’addiaccio, attraversò’Ucraina e raggiunse la Bielorussia dove i
contingenti organizzati militarmente assunsero, sotto il controllo tedesco, un primo concreto assetto militare
con la formazione di 11 reggimenti di cavalleria.. Erano sorte
contemporaneamente altre formazioni militari di collaborazionisti, create in
gran parte con arruolamenti volontari di prigionieri russi concentrati in
grandi lager, costituite da cosacchi, turchestani, calmucchi, tartari e russi
che i tedeschi ritennero di impiegare
nei territori sotto il proprio controllo con compiti di garantire l’ordine e la
sicurezza e a repressione di insurrezioni partigiane antitedesche e cioè in
Iugoslavia, Francia ed Italia. Per i cosacchi che stazionavano in Polonia e
relativo seguito di civili fu deciso il loro insediamento nell’Italia
nord-orientale precisamente nell’Adriatisches Küstenland che fu raggiunto
mediante tradotte attraverso la Slovacchia , l’Ungheria
e l’Austria. I primi arrivi fecero scalo alla stazione “La Carnia ” il 20 luglio 1944,
nel medesimo giorno in cui ebbe a verificarsi il fallito attentato ad Hitler
nel Bunker della Wolfschanze. I trasporti continuarono fino al tardo ottobre.
Ritengo utile smentire in questa
sede, come o fatto in altre, la favola diffusa a suo tempo da galoppini secondo
cui “Hitler
concesse ai cosacchi il territorio del Friuli e della Carnia quale loro
sede permanente in contropartita
all’impegno di reprimere l’attività partigiana antitedesca”. Si tratta
di autentica menzogna. Va precisato che, nell’ Adriatisches Küstenland, dove cosacchi e caucasici vennero ad
insediarsi con compiti di presidio a seguito dell’ingresso di forze tedesche ad
occupazione dell’Italia, vigeva in assoluto la sovranità tedesca sancita con
decreto di Hitler del settembre 1943, quale misura cautelativa di
sicurezza, nel caso di ipotetica ma prevedibile ritirata, così come per
il Brennero, onde evitare il rischio di rimanere imbottigliati. L’invio
dei cosacco-caucasici fu quindi null’altro che una decisione militare motivata
dal fatto che, nel menzionato territorio assegnato, era venuta a manifestarsi dell’attività
partigiana antitedesca. L’attività di presidio dei collaborazionisti cosacco-caucasici cui si aggiunsero formazioni minori di turchestani ed ucraini nonchè flottiglie di reparti, dopo i grandi rastrellamenti tedeschi di fine estate ed autunno 1944 che annientarono praticamente la resistenza della quale rimasero pochi nuclei isolati, svolse sostanzialmente il ruolo di vigilanza affidato per 9 mesi ed 11 giorni.Vi furono inizialmente inevitabili fatti spiacevoli, quali prepotenze, furti e qualche violenza su donne, ma le cose poi gradualmente cambiarono rientrando nella normalità. Non va però dimenticato che l’occupazione costò sacrifici sopportati dalle popolazioni della Carnia, del Friuli in particolare nelle zone pedemontane ed altre, nel concorrere con le risorse foraggiere, a propio discapito, al mantenimento delle migliaia di cavalli dell’Armata e seguito drella massa di civili, onere ed altri sacrifici che furono affrontati e sopportati in genere con dignitosa consapevolezza, in considerazione delle circostanze. di guerra Per ragioni strategiche e come misura di difesa
per un temuto sbarco alleato nel nord Adriatico, nei primi mesi del 1945, forze
cosacche ed anche caucasiche vennero spostate e scaglionate lungo la linea del cosiddetto fronte orientale, da Fiume a Gorizia, Tolmino, Kraniska Gora in affiancamento ad
unità tedesche e forze della Repubblica Sociale di Salò che tenevano quel
fronte. Al prezzo di un' entità rilevante
di vite umane l’assieme di dette forze respinse, in difesa dell' Italia, i tentativi di sfondamento delle
forze slave di Tito che puntavano all’ occupazione di Trieste e di parte del
Friuli orientale.
Ritengo di evocare, in questa sede, i contenuti incisivi della lezione. Ho riferito fra l’altro nell’ esposizione delle notizie inedite sulla figura dell’atamano generale Pjotr Nikolaevic Krassnoff, citando fonti e testimonianze documentali. Lasciata Berlino col seguito del suo quartier generale, l’atamano giunse in Italia, a Gemona del Friuli, nella prima quindicina di febbraio 1945. Convocato ad Artegna il giorno 14, presso un alto comando SS., Krassnoff, fu pressato a dal generale Domanow ivi presente, su appoggio dell’alta autorità SS., a rinunciare ad ogni potere di comando sull’Armata cosacca che passò al medesimo Domanow, imposizione che l’atamano dovette accettare. Trattasi di argomento accuratamente riferito in un mio nuovo libro la cui pubblicazione è prevista dall’ editore, salvo contrattempi, nell’ imminente prossimo giugno.
Ritengo di evocare, in questa sede, i contenuti incisivi della lezione. Ho riferito fra l’altro nell’ esposizione delle notizie inedite sulla figura dell’atamano generale Pjotr Nikolaevic Krassnoff, citando fonti e testimonianze documentali. Lasciata Berlino col seguito del suo quartier generale, l’atamano giunse in Italia, a Gemona del Friuli, nella prima quindicina di febbraio 1945. Convocato ad Artegna il giorno 14, presso un alto comando SS., Krassnoff, fu pressato a dal generale Domanow ivi presente, su appoggio dell’alta autorità SS., a rinunciare ad ogni potere di comando sull’Armata cosacca che passò al medesimo Domanow, imposizione che l’atamano dovette accettare. Trattasi di argomento accuratamente riferito in un mio nuovo libro la cui pubblicazione è prevista dall’ editore, salvo contrattempi, nell’ imminente prossimo giugno.
Altre ancora le notizie che ho ritenuto di far conoscere,
talune in riferimento all’ attacco
partigiano del 2 maggio 1945, nel corso
della ritirata, al presidio cosacco di Ovaro in
Carnia, azione che si risolse nel fallimento, attuata dall’ Osoppo su pressioni
di alcuni imprenditori locali. All’ alba di quel giorno partigiani
dell’Osoppo avevano inoltre provocato lo scoppio di una potente carica di
esplosivo che mandò in frantumi a Chialina, villaggio a breve distanza a nord
di Ovaro, una caserma dove si trovavano asseragliati dei cosacchi con donne e
bambini che naturalmente perirono.
Per Ovaro ad ora tarda
della notte, dopo la battaglia, transitò
e vi fece sosta il già menzionato atamano
generale Krassnoff assieme alla consorte Lidia Fedeorovna e all’aiutante dott.
Himpel, da me rintracciato nel
dopoguerra in Svezia. Inseriti nella massa transitarono per Ovaro, dopo
la battaglia, anche due battaglioni di donne cosacche provenienti in ritirata
dal fronte del Po. Li vide e mi fornì testimonianza Tatiana Danilewitsch, da me
rintracciata a Londra, convivente del colonnello Medinsky comandante effettivo
della Scuola “Junker”, allievi ufficiali di Villa Santina, pure in ritirata.
Quei battaglioni li vide inoltre la dottoressa Kriklenko, membro dell’equipe
medica dello Stato maggiore cosacco, accreditata quale assistente presso Krassnoff.
Nell’ atmosfera desolante del
villaggio dove alcune case, che si incendiarono nel corso della battaglia, ancora bruciavano ed il clima era
gelido con pioggia frammista a neve, una cosacca ufficiale, facendosi largo
nelle cerchia di astanti che attorniavano Krassnoff mentre stava in sosta, si presentò al medesimo e, scattando
sull’attenti si dichiarò con la frase :” Kommandeur des Kosaken bataillon Nina Boiko
!” (Comandante del battaglione cosacco Nina Boiko. La Nina Boiko era
un’eroina della controrivoluzione alla quale era stato intestato il
battaglione). Il fatto sollevò entusiasmo
e si levarono grida di “urrà, urrà !!”. La Danilewitsc ebbe
inoltre a raccontarmi che, sempre in Ovaro, disseminata di morti cosacchi e
civili, questi ultimi uccisi per rappresaglia, dei cosacchi in sosta intonavano
in coro la canzone degli antistalinisti “ La terra bruciata dei cosacchi “.
Fu vista in ritirata anche Tatiana De Dubrosky che comandava il presidio dei cosacchi siberiani di Tauriano del
Friuli. La massa in ritirata, che si allungava
incuneata nella strada della valle a sud di Ovaro, bloccata dall’ attacco partigiano al presidio e calcolata su
valutazioni attendibili di circa 35.000
cosacchi, riprese quindi la marcia. Sempre a sud Ovaro l’anziano generale Teodor Diakonoff, che procedeva a piedi fra le colonne in ritirata, venne ucciso
senza alcun motivo da un partigiano della Garibaldi. I resti del medesimo,
riesumati nel cimitero di Villa Santina a dieci anni dalla morte furono inumati
nel grande cimitero militare tedesco di Costermano del Garda, nella tomba n.
527 e fui io a fornire le prove della sua identità e quant’altro alla
Commissione tedesca di Kassel per
l’intestazione della lapide. Feci altrettanto per il colonnello Nefedow Wladinir Michailovic, assassinato a
Mediis in al Tagliamento, il 29 aprile 1945, da un agente provocatore sovietico infiltratosi
nella Scuola Junker di Villa Santina, pure sepolto a Villa Santina ed poi
traslato a Costermano ed inumato nella tomba nr. 400.
Ho riferito nella lezione sui massacri di prigionieri
cosacchi e profughi compiuti dai. partigiani di fine guerra dopo le cessate
ostilità. in grave violazione delle norme internazio- nali di Ginevra e dell’Aia.
Ed ecco un sunto di tali massacri: circa 90/100 cosacchi arresisi ad Avasinis,
sulla promessa del parroco don Fancesco Zossi che sarebbero stati consegnati
agli americani e non ai sovietici, venendo meno alla parola data furono invece eliminati
a sulle montagne sovrastanti ad ovest
del villaggio, nelle località “Gadoria” e “bosch Chianal”. Tra gli
stessi’c’erano diverse donne e bambini taluni in fasce. Altri 150 cosacchi
furono eliminati nel trevigiano, a località “Madean” nei boschi sulle alture ad
ovest di Follina. Tralasciando uccisioni spicciole, un numero di cosacchi
rilevante arresisi nelle valli del Natisone, su garanzia della propria
incolumità, a partigiani dell’Osoppo, vennero a questi sottratti da partigiani slavi
della Beneska Ceta ed uccisi oltre la linea di confine, in territorio slavo,
dando loro sepoltura in fosse comuni. Si tratta di centinaia di vittime fra le quali molte donne e bambini. Sul caso sono bene
informato e documentato. Una donna slava, nella zona di Caporetto, volle darmi
a suo tempo particolari informazioni.
Passo ad un fatto, connesso alla ritirata, che non può
essere ignorato : si tratta della donazione di un milione di lire versate nelle
man del parroco di Timau, don Ludovico
Morassi che ne stese memoria nel diario
parrocchiale e di cui posseggo la prova. Asserì don Morassi, nella citata memoria
diaristica, che fu un comandante germanico
a versargli la somma e, in un incontro che io ebbi col medesimo nel dopoguerra in canonica, presente il mio
compagno di studi Di Centa Norberto
cittadino di Timau, confermò tale versione escludendo tassativa mente, e ciò a
dissipazione di chiacchiere paesane, che i cosacchi non avevano alcunchè da
vedere con tale donazione. Fui poi io, con una lunga dispendiosa ricerca, e grazie alle mie conoscenze austriache, ad accertare che il donatore fu il Gruppenführer SS. Otto Gustav Wächter, ex governatore di Cracovia poi amministratore militare dei comandi campo 101° (Milano) ed 104° (Trieste) con sede a Gardone Riviera, il quale in ritirata d Trieste transitò per Timau facendo sosta presso il parroco.
Particolare attenzione merita la tragica conclusione
della ritirata nell’Austria, sulla quale
ho fornito, con la mia relazione, dati e
notizie su basi documentali delle quali, per ragioni di spazio accennerò qui
alle più incisive. Come precisato in narrativa furono circa 35.000 cosacchi che percorsero la deviazione lungo
la val Gorto, Ovaro, val Calda, Paluzza, Ploeckenpass, mentre 60.000, dopo Tolmezzo, seguirono la valle del
But. Un certo numero, percorrendo la nazionale Udine-Tarvisio, intrapresero, a
Pontebba, la strada del passo Pramollo (Nassfeld) e si congiunsero alle forze
concentrate nella Drava (Lienz). Una serie di notizie e di dati riguardo la ritirata, furono pubblicati in mio articolo, di due puntate, dal
Gazzettino ( Edizioni Udine-Pordenone), di cui sono tutt’ora collaboratore
culturale, nelle date del 17.01 e 24.01.2009. Praticamente le forze cosacche e
russe in ritirata ammontavano a 100.000 ivi incluse unità collaborazioniste e formazioni provenienti dal fronte del Po le quali, essendo risultata impraticabile la via del Brennero, puntarono in direzione di Mestre e del Friuli valicando poi le Alpi.
Sulla Drava, nell' Östtirol (Lienz) vi fu la resa delle forze cosacche ai britannici e, ad Oberdrauburg, dei caucasici. Si trattò di resa informale, nel senso che i vincitori non stesero opportunemente, per motivate ragioni sottraendosi alle regole ufficiali, alcun atto. Per una serie di considerazioni si diffuse nella massa degli arresi e relativo seguito di profughi l’illusione che il travaglio della propria esistenza fosse finito e gli alleati, in questo caso i britannici, fossero espressione di democrazia e di civiltà in cui riporre fiducia, garanti della propria salvezza e di un futuro. Ma non fu così. Trascorse un maggio caldo, quasi afoso che rese dimentiche le sofferte vicende degli addiacci, della ritirata e delle ansie vissute. La verità scattò il 1° giugno allorchè, nei campi, un alto ufficiale britannico, fiancheggiato da elementi della polizia, diffuse la notizia dell’ordine perentorio dell’immediato rimpatrio nell’ URSS. Abilmente i britannici delegarono l’incarico esecutivo dell’effettiva consegna a forze militari della Brigata Ebraica ( Jevis Brigade) fatte arrivare da Tarvisio dove tale Brigata si era acquartierata.
Sulla Drava, nell' Östtirol (Lienz) vi fu la resa delle forze cosacche ai britannici e, ad Oberdrauburg, dei caucasici. Si trattò di resa informale, nel senso che i vincitori non stesero opportunemente, per motivate ragioni sottraendosi alle regole ufficiali, alcun atto. Per una serie di considerazioni si diffuse nella massa degli arresi e relativo seguito di profughi l’illusione che il travaglio della propria esistenza fosse finito e gli alleati, in questo caso i britannici, fossero espressione di democrazia e di civiltà in cui riporre fiducia, garanti della propria salvezza e di un futuro. Ma non fu così. Trascorse un maggio caldo, quasi afoso che rese dimentiche le sofferte vicende degli addiacci, della ritirata e delle ansie vissute. La verità scattò il 1° giugno allorchè, nei campi, un alto ufficiale britannico, fiancheggiato da elementi della polizia, diffuse la notizia dell’ordine perentorio dell’immediato rimpatrio nell’ URSS. Abilmente i britannici delegarono l’incarico esecutivo dell’effettiva consegna a forze militari della Brigata Ebraica ( Jevis Brigade) fatte arrivare da Tarvisio dove tale Brigata si era acquartierata.
Sotto il profilo storico non si può tuttavia
nascondere che, stante la posizione di potere dell’alleato Stalin, il tentativo
presumibilmente affrontato di evitare la consegna fu sicuramente, per Churcill
e Roosevelt un grosso problema, considerata la posizione di forza assunta dal
dittatore del Kremlino nei confronti della Germania , che intendeva
spogliare delle più importanti strutture industriali. Essendo stato, io
sottoscritto, uno dei primi a raggiunge- re la
Drava , dopo la tragedia della
forzata consegna, mi fu possibile raccogliere preziose testimonianze per quanto
concerne i fatti e, in questo senso, ebbi l’appoggio dell’allora Bürgermeister
(Sindaco) di Lienz, che convocò a deporre presso l'Amtgemeinde (Casa
municipale), i cosacchi superstiti alloggiati alla periferia sud della
città nelle baracche del lager “Peggetz”. L’ atamano e generale del Kuban Viaceslav Naumenko,
personalità cosacca di grande rilievo, sapeva della mia dedizione alla causa
della tragedia cosacca della Drava e del mio patrimonio testimoniale. Il
medesimo, arresosi a fine guerra in Baviera agli americani, che evitarono per
motivate ragioni la sua consegna ai sovietici, rese poi preziose testimonianze
con una sua deposizione al Senato americano. Nel
dopoguerra allorchè
giunse dagli U.S.A. a visitare i luoghi della famigerata consegna sulla Drava,
Naumenko mi volle al suo fianco perchè sapeva che
io sapevo....Da
parte britannica l’ operazione consegna a livello decisionale e nella
responsabilità esecutiva, ebbe un suo retroscena di intrighi che, stanti le mie
conoscenze ad alto livello, mi fu possibile conoscere e che tralascio di
accennare trattandosi di materia estremamente delicata. La forzata
consegna, in base ad esaustive valutazioni, resta decisamente un atto adombrato
che non può trovare attenuanti ed il lamento di coloro che pagarono con la
morte dovuta alla violenza dell’ esecuzione negli accampamenti ed al suicidio
collettivo per annegamento nella Drava causato dal panico provocato dall' ordine della
consegna, sembra aleggiare in quella meravigliosa valle. Dai dati di fatto le vittime dell’azione forzata negli
accampamenti furono 700 e, ad 800 circa ammontano quelle del suicidio
collettivo per annegamento. Da fonti informative, nella mia indagine
ricognitiva austriaca dopo da tragedia seppi che, nei dintorni di Judenburg, nei giorni successivi
alla consegna come scrissi a pag. 211 del mio già citato volume “L’Armata
cosacca in Italia 1944-1945”
: “…la NKVD avrebbe provveduto alla
fucilazione di un considerevole numero di ufficiali cosacchi, si sospetta
alcune centinaia. L’esecuzione sarebbe
avvenuta in una zona mineraria adatta a far sparire le tracce. Lunghe scariche vennero
udite… “.
27
maggio 2016
PIER
ARRIGO CARNIER
RINGRAZIAMENTO AI LETTORI
Grazie a Grisca Grava, Marisa Turco, Alessandro Carnier, Fabio Galimberti, Irene Diana, Luca Leita, Nadia Sana, Luciano Poletti, Andrea Di Natale e molti altri per l’assenso ai contenuti della lezione di storia da me tenuta al Caterina Percoto di Udine. Grazie per le certezze da me dichiarate, come in altre circostanze, su mie dirette testimonianze e sofferte lunghe indagini con prove documentali che smantellano molte sporche menzogne all’italiana….La mia è una storia che parte da lontano e che porto nel sangue. Grazie per l’aver letto la verità su Ovaro, sui massacri consumati dai partigiani (quelli sulle valli del Natisone li devo ancora raccontare accuratamente ed è una storia molto importante anche perché l’UBDA, la polizia segreta iugoslava, sapendo che io sapevo, mi stava cercando ….). Grazie per l’aver preso atto della realtà dei fatti sulla donazione di un milione di lire al parroco di Timau, don Ludovico Morassi e su tante altre vicende. Ai raduni celebrativi della Drava, in anni lontani, quando durante la celebrazione della messa un cosacco del Kuban, sull’opposta riva del fiume, scandiva con la tromba le note della ritirata cosacca, molti piangevano. Piangevano perché quelle note evocavano il preludio alla tragedia. Ricordo a tal proposito una donna ucraina (cosacca del Dnieper) ancora giovane, Sikorska Stani, che da bambina aveva vissuto coi cosacchi il periodo della loro presenza in Italia ed aveva conosciuto la ritirata, la neve e la tormenta del Ploeckenpass …Vedevo il suo volto bagnato di lacrime sotto quel sole sferzante della cerimonia austriaca nelle ore meridiane. Ricordo che cosacchi e donne dalla tipica bellezza non sfiorita, arrivavano sulla Drava indossando l’abito migliore e , nei momenti toccanti della cerimonia, notavi sui loro volti la fierezza del loro passato, poi nel pomeriggio, dopo il pranzo collettivo al “ Zu Golden Fisch” od al “Boznerhof”, nel lasciarci mi dicevano : “ Tu scriverai la verità sulle vicende cosacche. Giuralo in nome di Dio!”. Me lo diceva pure il cosacco Wassily Lichatchow sulla tomba dell’ufficiale Golovinskj nel cimitero di Delsach, i cui resti furono poi traslati nel cimitero cosacco di “Peggetz” sulla Drava.. Golovinskj, come altri. si era impiccato ad una pianta negli accampamenti a sud di Lienz, al momento in cui fu diffuso dai vincitori britannici l’ordine dell’immediato rimpatrio nell’Unione Sovietica.Si tratta di memorie lontane , che esistono e si agitano nella mia mente come una favola irreale , ma che furono vere e rifioriscono ogni volta che ritorno in quella meravigliosa valle della Drava.
28 maggio
PIER ARRIGO CARNIER
PIER ARRIGO CARNIER
Nessun commento:
Posta un commento