1° giugno 2016. Pier Arrigo Carnier nell'area del monumento dedicato al generale Helmut von Pannwitz, a località Tristach (Lienz). mentre parla al pubblico convenuto alla cerimonia, in prevalenza di russi e cosacchi, con alla destra l'arcidiacono dott. Georg Kobro che traduce al braccio in russo.
Pier Arrigo Carnier assieme a Svetlana Egorova, cittadina cosacca
di Rostov, particolarmente interessata e cultrice di vicende storiche
cosacche.
Pier Arrigo Carnier. dinnanzi al monumento dedicato al generale
Helmut von Pannwitz con l'indimenticabile cara Erika Pätzold, cittadina
di Lienz, delegata dalla " Schwarze Kreuze" austriaca alla
cura del cimitero cosacco di " Peggetz".
COMUNICATO
Alle associazioni cosacche delle comunità ZAPOROGHI (Zaporoz’e) del basso Dnieper, di ROSTOV (Rostovna-Donu) e KRASNODAR (Kuban), nonché alle associazioni delle comunità cosacche presenti in Germania, Francia, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada, ed a quelle caucasiche del Nord Caucaso e Monaco di Baviera.
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Ha avuto luogo il 28 maggio u..s. la ricorrente celebrazione annuale della tragedia cosacca della Drava, verificatasi nel giugno 1945, con cerimonia mattutina ad ore 10 a Tristach, dinanzi al monumento in memoria del generale Helmut von Pannwitz e alle ore 11 con messa da requiem nella cappella di recente realizzazione in stile russo-ortodosso nel cimitero cosacco di “Peggetz” alla periferia sud-est di Lienz, nell’Östtirol.
Massiccia la presenza di partecipanti, legati in parte da ragioni di parentela alle vittime della tragedia, ma nella stragrande maggioranza cittadini giunti dalla Federazione Russa, da vari paesi d’Europa, d’America e dal Canada, a confermare il riconoscimento della celebrazione nel suo assunto storico. Ammirevole il comportamento dell’Amministrazione della città di Lienz, stante ovviamente il consolidato avallo dalla superiore autorità del Land Östtirol e del Governo austriaco con la riconosciuta ufficialità all’ evento assunto dalla storia senza false reticenze. L’Amministrazione ha infatti dotato la città di segnaletica e di tabelle in bronzo con relative scritte ed altro poste sui luoghi legati alla presenza dell’Armata cosacca. Autorità ortodosse celebranti, il giorno 28, furono il vescovo Mark dr. Arndt, capo della chiesa russo-ortodossa in Germania con autorità sulle parrocchie di Salisburgo e Lienz, assieme ai preti russi Eugenio Skopincev e Viktor Meschko e all’ arcidiacono dott. Georg Kobro. La cerimonia è stata ripetuta, con gli stessi orari mercoledì 1° giugno, celebranti il prete padre Viktor Meschko assieme all’arcidiacono dott. Geork Kobro. Ho preso parte anch’ io a questo secondo appuntamento assieme ad amici, interessati alle vicende storiche, venuti dall’Italia quali Giovanni Bastianutti da Udine, Francesco Cussini da Cividale e Renzo Mantovani da Ostiglia (Modena). Dinanzi al monumento dedicato al generale von Pannwitz, terminato il rito liturgico, avendomi l’arcidiacono Kobro offerto la facoltà di parlare, ho rievocato l’iter della vicenda cosacca alla quale anche l’Italia è storicamente legata avendo i Cosacchi, nel lontano 1944-1945, svolto un ruolo essenziale di presidio nell’Adriatisches Küstenland nel territorio assegnato del Friuli, Carnia e parte del Goriziano ribattezzato dagli stessi “ COSSACKJA” con la precisazione che, in ogni caso, forze cosacche assieme ad unità tedesche ed a contingenti della Repubblica Sociale di Salò attestate lungo la linea del fronte da Fiume, a Gorizia, Tolmino, Kraniska Gora, respinsero in difesa dell’Italia al prezzo di centinaia e centinaia di morti, i ripetuti tentativi delle forze partigiane slave di Tito finalizzati ad occupare Trieste e parte del Friuli orientale. Si tratta di un aspetto rilevante che , certi storici , passano accuratamente sotto silenzio in certo senso perché non conoscono bene la storia. Ovviamente non tralasciai la doverosa precisazione che l’occupazione costò sacrifici sopportati dalle popolazioni della Carnia, del Friuli in particolare nelle zone pedemontane ed altre, nel concorrere con le risorse foraggiere, a proprio discapito, al mantenimento delle migliaia di cavalli dell’Armata e seguito della massa di civili, onere ed altri sacrifici che furono affrontati e sopportati in genere con dignitosa consapevolezza, in considerazione delle circostanze di guerra.
In quanto alla tragedia
precisai che, le vittime della forzata consegna ai sovietici provo- cate negli accampamenti, da parte
britannica sulla base di attendibili testimonianze, si calcolano in 700,
inumate in fosse comuni nel venerato cimitero di “ Peggetz”. Alle stesse si
aggiunsero altre 800, dovute in parte ad annegamento nella Drava in seguito al crollo
del ponte sul quale, dei cosacchi in massa stavano transitando nel
tentativo di fuga verso i boschi e le montagne, in seguito all’ordine britannico
dell’immediato rimpatrio nell’Unione Sovietica. Tuttavia la maggioranza delle vittime fu dovuta a
suicidio collettivo per annegamento volontario
nel fiume allora in piena, provocato dal panico causato dall’ordine di consegna menzionato. Si
tratta di scena biblica, toccante la cui ricostruzione scenica stava molto a
cuore al grande regista internazionale Fred Zinneman che, nel corso degli anni settanta, venne ad
incontrarmi nella mia residenza in
Italia, con la proposta che io fossi il suo consulente, che ovviamente
accettai, nella realizzazione di un
filmato sulla vicenda cosacca, tutto incentrato sul meccanismo della consegna
che calpestò dei principi inviolabili,
ferendo brutalmente la leggendaria antica
dignità dei cavalieri della steppa. Lavorammo insieme tracciando l’iter del
filmato. Gli proposi di dare un certo
spazio introduttivo alla vicenda partigiana italiana, che mi sembrava
inevitabile, avendo la stessa motivato la
dislocazione dei Cosacchi nell’Adriatisches Küstenland, ma Zinnemann decisamente non ne volle sapere…
Mi resi conto che era un grande regista e, lasciatemelo dire, allorchè vidi il
suo film “Sette giorni un’estate”, girato
sulle montagne svizzere, non potei trattenermi dal piangere per l’alto
contenuto di umanità dettato da una delle scene...”. La messa in campo della
lavorazione del film sui Cosacchi, quando già io avevo procurato l’intervento
delle comparse concesse dall’esercito della Danimarca, che avrebbero assunto la
veste della cavalleria cosacca, venne sospesa dalla FOX francese, cui spettava
la produzione, motivata dalla presunzione che il film , nel suo contenuto,
metteva inevitabilmente in cattiva luce gli alleati vincitori, li disarcionava
dalla loro posizione di emblematici tutori di democrazia …In stretto contatto con Zinnemann potei
seguire con trepidazione delle consultazioni ad alto livello, ma la decisione
presa dalla FOX rimase tale ed egli ne
fu profondamente deluso e sconfortato.
Posseggo di lui una splendida foto che ogni tanto guardo sempre commuovendomi,
inviatami dopo il suo decesso da una signora inglese delegata a gestire le sue
memorie. Zinnemann era cittadino britannico, in precedenza tedesco ma di
origine ebrea.
Mi
pare giusto ricordare che, sui luoghi della tragedia a Lienz e lungo la Drava , feci ritorno sempre
nel corso degli anni settanta, assieme all’atamano generale del Kuban,
Wiaceslaw Naumenko che, giunto dagli Stati Uniti mi volle a suo fianco perchè
gli riferissi come testimone, quanto io sapevo sulla consegna, avendolo appreso
dai superstiti, circa oltre 300 alloggiati nelle baracche di lager “Peggetz”
alla periferia sud-est di Lienz, vicenda nella quale avevo avuto l’appoggio del
Bürgermeister di Lienz il quale, come precisai in altre circostanze, convocò
dei cosacchi superstiti nell’Amtgemeinde a rilasciare dichiarazioni nel mio
interesse. Ovviamente Naumenko prese atto anche di quanto potevo riferire sui luoghi da me visti e percorsi di persona, lungo le rive del
fiume, dove parte gli annegati, successivamente al tragico evento furono
sbrigativamente sepolti, dalla pietà da gente austriaca, all’interno di boschi
di ontani, piantando sopra la fossa una croce puramente indicativa fatta con
rami d’albero. Erano stati tempi, quelli
della mia ricognizione in. cui la gente austriaca preferiva non parlare molto di quanto aveva visto.
Nell’alta
meravigliosa valle Drava, profumata in estate di fiori d’acquilegia e garofano
selvatico, immersa in quel silenzio dell’ordine austriaco, il marchio dell’
infame azione della consegna forzata ai
sovietici, che materialmente ebbe poi luogo a Judenburg nella Stiria, dove avveniva
il passaggio di consegne dai britannici ai sovietici dei prigionieri cosacchi
che scendevano scortati dalle tradotte ferroviarie e da colonne di autocarri,
ha assunto una connotazione storica indelebile che via
via verrà tramandata ai posteri .
A
proposito di vittime cosacche mi parve
giusto ricordare quanto ebbe a
verificarsi anche in Italia a fine guerra, dopo le cessate ostilità, mediante
vari massacri dei prigionieri ivi comprese donne e bambini, in Carnia, nel
Friuli, nel Veneto ed in particolare
nelle le valli del Natisone dove centinaia di cosacchi si arresero in
parte all’Osoppo con promesse di protezione ed altre centinaia si arresero alla
formazione slovena Beneska Ceta, per poi finire
gli uni e gli altri oltre la linea di confine, su territorio sloveno,
trucidati ed inumati in fosse.
Non
potevo infine tralasciare di riferire, nella mia esposizione, al pubblico che
mi ascoltava ( il protodiacono dott. Kobro traduceva in russo) la storia più
volte ribadita in altre circostanze del milione di lire donato durante la
ritirata al parroco di Timau, come lui ebbe ad annotare sul diario
parrocchiale, da un comandante germanico che poi, sulla base di mie accurate
lunghe indagini e grazie alle mie amicizie austriache, risultò essere l’SS. Gruppenfuehrer
OTTO GUSTAW WÃCHTER, cattolicissimo, ex
governatore di Cracovia e poi amministratore militare in Italia a Gardone
Riviera, personalità gradita al Vaticano con cui il medesimo ebbe chiare
intese, delle quali sono a conoscenza, nell'interesse dei cattolici della
Rutenia e Galizia riguardo il loro futuro nel caso di vittoria tedesca.
Ritirandosi da Trieste, dove venne a trovarsi negli ultimi momenti, l'SS. Gruppenfuehrer Wächter, sostando a
Timau, ritenne di compiere quell'offerta. Trattasi di donazione, della quale
egli fu artefice che, stando agli alti principi della Chiesa, assume carattere
sovrannazionale ed universale. Fu , infatti, un atto dettato dalla coscienza in un momento
tragico, legato alle vicende storiche della Carnia del secondo conflitto
mondiale, che rimane ad imperitura memoria ed avvolge di fascino suggestivo la
chiesa di CRISTO RE. Questa è la realtà storica per cui i cosacchi con tale
donazione non hanno alcunchè da vedere, com'ebbe perentoriamente a dichiararmi
don Ludovico Morassi, per cui l'esistenza della Chiesa è legata
al nome dell'alto ufficiale tedesco.
17 giugno 2016
PIER ARRIGO CARNIER
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