martedì 18 luglio 2017

IL MARTIRIO DIMENTICATO DI ELENA DEL BEN,GIOVANE CITTADINA PURLILIESE UCCISA NEL 1944 DAI PARTIGIANI.

                
  MEMORIA

Riguardo il  territorio della “Destra Tagliamento”, che ha la sua storia e di cui Pordenone è capoluogo, con un’indagine condotta mediante sopralluoghi, dialoghi con protagonisti,  acquisizioni documentali e presa conoscenza di pubblicazioni, mi riuscì, nel corso di lunghi  anni, a partire al 1962, di raggiungere una visione concreta di quanto ebbe a verificarsi nel periodo  dell’occupazione tedesca 1943-1945, che si diversificava dal concetto di vera e propria occupazione, essendo la Germania (III°Reich) nostra alleata, e della conseguente insurrezione resistenziale. I risultati di questa mia  analisi   in  un compendio  che coglie gli aspetti più significativi, utili alla comprensione, sono esposti nel mio recente volume diffuso dalla Mursia,  dal titolo “COSACCHI CONTRO PARTIGIANI- Friuli occidentale”.
Sempre a proposito della “ Destra Tagliamento” o “Friuli occidentale”, nel corso della mia attività giornalistica di oltre quarant’anni con diverse testate,  trattai vari argomenti resistenziali spesso a più puntate. In uno di questi, pubblicato dal Messaggero Veneto in tre puntate nelle date del 5,6 settembre e 13 ottobre 1996, mi occupai della condanna a morte, su sentenza del Tribunale straordinario tedesco, dell’ ufficiale del Regio Esercito e comandante partigiano Franco Martelli la cui esecuzione, mediante fucilazione, avvenne nelle caserme di via Rovereto in Pordenone.. Per taluni risvolti, del tutto ignorati e da me rivelati, l’argomento era e rimane senza dubbio rilevante. Nella puntata  conclusiva  uscita il 13 ottobre 1996, oltre a porre in rilievo  lo straordinario impegno umano del federale fascista Bortolozzi nel tentare di bloccare, sebbene vanamente, l’esecuzione del Martelli, evidenziai un’oscura vicenda rimasta  ignorata, quella precisamente dell’uccisione, da lato partigiano, di Elena Del Ben,  splendida giovane trentaseienne di Pieve, piccola borgata contadina in comune di Porcia. Eravamo alla fine di ottobre 1944. L’uccisione avvenne esattamente il giorno 27. Nell’ aria piuttosto umida, essendo periodo di fine vendemmie, regnava odore di raccolti. Stante lo stato di guerra e le circostanze resistenziali sussisteva un clima di paura  stagnante, ciò nonostante il sinistro episodio di sangue, toccò la sensibilità dei cittadini e vi fu una forte disapprovazione. Per avere notizie sul caso presi a suo tempo contatti, nella menzionata borgata, con  alcuni stretti parenti. Ebbi dagli stessi una bella fotografia della giovane che pubblicai sul Messaggero, nella menzionata ultima puntata. Tenendo in mano quella foto ed ascoltando ciò che i parenti rievocavano, mi passarono per la mente i tempi di assoluto potere delle grandi famiglie possidenti purliliesi e dei dintorni che avevano il dominio sulle proprietà terriere, una delle quali legata nelle origini al Sacro Romano Impero. Per contadini e prestatori d’opera quei tempi furono di assolta sudditanza e più esattamente da “Pane da padrone”, secondo un’ appropriata definizione contenuta nel  libro “La ragazza di Fònzerga”, scritto a due mani dalle vicentine Marta Prebianca e Maria Anna Polli, indubbiamente interessante per talune notizie sulla seconda guerra relative ai tedeschi.
Fu  in quel clima che Elena visse ? Sì, effettivamente visse tale realtà. Essa amava però decisamente l’eleganza, le piaceva distinguersi, curava molto la sua immagine mettendo i suoi risparmi nel vestire bene. Elena fu sospettata dai partigiani di possibili simpatie da parte dei tedeschi che allora presidiavano quei luoghi con comando a Villa Dolfin di Porcia. Essendo giovane donna di bell’ aspetto con cura di sé stessa era naturale che suscitasse delle simpatie. Diverse furono le versioni del come fu prelevata. I parenti mi informarono che Elena, per quelle inevitabili simpatie dei tedeschi,  temeva i partigiani ed aveva realmente confidato a diversi la paura di essere uccisa…. Fu prelevata nella sua borgata o, in ogni caso, al seguito di taluno raggiunse i pressi del cimitero di Pieve, luogo  evidentemente prescelto, dove le si pararono di fronte gli esecutori. Credo le siano state dette frasi indegne dell’essere umano, tali da allibirla..  Dalle testimonianze, non solo dei parenti, ma di cittadini di Palse e Porcia, Elena venne violentata dall’ intero gruppo e poi uccisa. Al rinvenimento del cadavere oltre a mortali colpi d’arma da fuoco furono notati segni laceranti  di diverse pugnalate al collo, alle braccia ed al seno, prova di una ferocia bestiale. Una donna anziana di Fontanafredda, a cui, oltre quarant’ anni fa al tempo delle  indagini sul caso , ero stato indirizzato, mi disse fra altre cose che restano a latere del  giudizio sul delitto, che Elena era molto devota a Santa Rita da Cascia   per cui ritengo che, prima di perdere conoscenza sotto lo i colpi d’arma e le  crudeli pugnalate, lei l’abbia invocata. Il suo martirio va senza dubbio assunto a memoria luminosa ed a condanna, senza possibilità di appello, della  crudeltà da sciacalli  che  infangarono certe vicende partigiane. Un amico, sempre oltre quarant’ anni fa, mi aveva rilasciò alcune foto di partigiani del luogo, ritenuti i torturatori ed uccisori di Elena. Elena Del Ben, secondo la certificazione rilasciatami dalla Parrocchia di Palse,  essendo nata il 3 settembre 1908 ed uccisa il 27 ottobre 1944 aveva, come  già riferito in precedenza, 36 anni. Fu sepolta  il 30 ottobre 1944 nel cimitero di Pieve, luogo isolato sprofondato nella quiete contadina, ma la storia non finisce qui. Nei giorni successivi al rinvenimento del cadavere il comandante tedesco di Villa Dolfin, un severo maresciallo che, si dice, intervenisse perfino nelle liti familiari quando taluno usava violenza, provvide rapidamente all’ arresto di alcuni partigiani sospettati, secondo soffiate, di essere  gli autori del delitto. Sottoposti ad interrogatorio probabilmente confessarono, ma questo non fu dato di saperlo. Al termine dell’ interrogatorio,  sotto scorta di alcuni tedeschi, detti partigiani furono fatti salire su  uno dei tipici autocarri della Wehrmacht che fece sosta a circa a metà di via Correr. Qui uno dei tedeschi,  disse loro: “ Siete liberi, potete andare !” Scesi dall’ autocarro i partigiani si avviarono sulla strada ma, nel giro di pochi istanti, furono abbattuti da alcune raffiche di “Maschinenpistole”. Era il tipico metodo dei tedeschi che, in relazione all’ordinanza Nacht und Nebel del 7 febbraio 1941  firmata da Keitel, accertata la colpevolezza e stabilita la condanna a morte, semplificavano l’esecuzione della stessa e, nel rapporto d’obbligo che inviavano a Berlino, precisavano che l’uccisione era avvenuta legittimamente  mentre tentavano la fuga. 
                                                                                                                             Porcia di Pordenone, 18 luglio 2017
                                                                         PIER  ARRIGO CARNIER


                                                                                

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