lunedì 31 dicembre 2018
ROMANIA CON BREVI ACCENNI ALLA IUGOSLAVIA di JOSIP BROZ TITO.
BUKAREST. Grande capitale rumena, nazione ricca di eventi storici e di cui non si possono ignorare le tenebrose e fascinose leggende, nè si può dimenticare il presidente Cjausesku, assassinato assieme alla moglie col crollo del comunismo, dipinto con termini spietati dal capitalismo occidentale di cui però molti cittadini rumeni parlano invece bene. Analogo è il caso di Josip Broz Tito, criminalizzato motivatamente dagli italiani quale responsabile delle vittime delle foibe, argomento che tuttavia andrebbe spiegato accuratamente, ma creatore di una Iugoslavia forte ed unita, nella quale molti cittadini che vissero quel periodo, riconoscono che si viveva bene.Tito aveva creato a Belgrado la base dei non allineati, cioè degli stati non aderenti al potere plutocratico economico-finanziario della Gran Bretagna e Stati Uniti, onde stabilire un bilanciamento, il che era importante. Il suo ardito sganciamento dall' URSS, nel 1948, aveva creato una condizione di favore all' Italia, costringendo il dittatore sovietico, Stalin, mancandogli il supporto dell' area balcanica, a recedere dal programma di espansione egemonica in occidente che includeva anche il nord Italia. Nella Federativa Iugoslava, nei centri cittadini, nel periodo titino regnava un' aria distensiva d' intonazione populista e, nei pubblici locali, risuonava costante il suono nostalgico di canzoni resistenziali che in certo senso era anche piacevole. Negli ultimi tempi risuonava una canzone evocativa molto gradevole dal titolo " Iugoslavie" che a me sinceramente piaceva. Oggi quella Iugoslavia forte ed unita, in seguito ad intese decisionali, per certi versi occulte, dei grandi poteri economico-finanziari a cui la sua unità non era gradita, è stata frantumata in sei repubbliche : Slovenia, Bosnia, Montenegro, Croazia Serbia, Macedonia a cui si aggiungono due province autonome.
31 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO
domenica 23 dicembre 2018
UDINE TG CANALE 110 - ARGOMENTO : LA RESISTENZA.
PIER ARRIGO CARNIER·DOMENICA 23 DICEMBRE 2018
Mi riferisco alla trasmissione del 21 dicembre alle ore 20, su UDINE TG - CANALE 110, concernente la resistenza, in cui sono stati introdotti degli spezzoni di mie dichiarazioni rilasciate nell'intervista del 8 novembre u.s.-
Desideravo che l'argomento da me introdotto nella precedente puntata del 7 dicembre poco prima della chiusura, concernente l' assassinio per mano partigiana di 6 (sei) ufficiali alleati delle missioni accreditate, mediante lanci aerei presso le organizzazioni partigiane, essendo a mio giudizio di notevole rilevanza nelle sue motivazioni, fosse stato ripreso per riferire anche sulla fine collegata del comandante Mirko (Arko Mirko), ma purtroppo l' evolversi della trasmissione non lo ha consentito.
In riferimento al centinaio di cosacchi di Avasinis, arresisi ai partigiani verso fine aprile 1945, sulla parola d'onore, confermata dal parroco don Zossi, che avrebbero avuto salva la vita e furono invece massacrati e lasciati senza sepoltura sulle montagne sovrastanti, dove i poveri resti rimasero abbandonati per quattro anni, il conduttore responsabile, giornalista Terasso, ha esibito, con parole appropriate, un documento rilevante da me consegnatogli tratto dal mio archivio, e cioè copia del dispositivo della Pretura di Gemona del Friuli datato 15 ottobre 1949, diretto al Comando Stazione Carabinieri di Osoppo, ordinatorio del ricupero dei resti del massacro con quanto vi consegue.
Su centinaio di cosacchi massacrati formato da militari in prevalenza anziani, donne e bambini, riguardo i quali il parroco don Zossi lasciò scritto nel suo diario che "" ..nella loro permanenza non avevano mai fatto male "" va aggiunto che, dalla mia indagine ricognitiva, risultò che sui poveri resti non fu trovato alcun piastrino di riconoscimento (Erkennungs Marke), nè alcun documento di identità, nè altro ....
Ci tengo a precisare che il diario di don Terenzio Zossi, documento testimoniale prezioso, fui io a procurarlo dopo il decesso del medesimo, recandomi presso il depositario don Terenzio di Gianantonio, parroco di Cazzaso (Tolmezzo) il quale già mi conosceva come autore. Feci del diario, prima della restituzione, tre copie autentiche e pubblicai le parti più incisive di valore testimoniale sulle vicende di Avasinis, nel mio volume "Lo Sterminio Mancato "- Mursia-Milano 1982, prima edizione cui altre seguirono.
Stante il fatto che fisicamente non ero presente, il 21 dicembre corr. , nella sede di trasmissione, non mi è stato possibile contestare, in riferimento alla menzionata rappresaglia tedesca su Avasinis, verificatasi il 2 maggio 1945 dopo l’ avvenuta completa evacuazione delle migliaia di cosacchi di Alesso e dintorni, delle versioni che reputo errate e pressapochiste dei fatti da parte di intervistati presenti. La rappresaglia, con un ampio lavoro di ricognizione, è stata minuziosamente da me descritta nel volume "Lo Sterminio Mancato" e in vari articoli documentati successivi, pubblicati da "Il Gazzettino", supportati da testimonianze di cittadini di Avasinis e di fonte tedesca. La rappresaglia fu attuata da contingenti congiunti tedeschi della"Waffen SS. Gebirgs Brigade "Karstjaeger" con aggregata la formazione "" Einheit ex Blaue Division spagnola"" e ""Waffen SS. Gebirgs Division Prinz Eugen"", forze che si trovavano stazionate ad Ospedaletto a protezione della ritirata dal fronte del Po sulla nazionale Udine-Tarvisio. Mi permetto di aggiungere, per porre fine a versioni pressapochiste di esordienti e non, un ufficiale di mia conoscenza personale, verso le ore 12 del 2 maggio, entrò nel villaggio....
Per concludere mi fa piacere ricordare che, il noto commissario partigiano "Andrea" (Mario Lizzero), della Garibaldi, l' uomo che riuscì ad imporre, in uno dei momenti più oscuri e tragici della resistenza rossa sulle montagne della Carnia, la continuazione della lotta ed al quale, nel dopoguerra, era noto che io conoscevo bene vari retroscena della stessa, nonostante tra noi vi fossero delle divergenze di valutazione, ritenne di asserire che, la posizione precisa da me assunta, andava rispettata, il che risulta affermato dal neo laureando Gregorio Venir, nella sua tesi in storia contemporanea discussa presso l' Università di Bologna nel 1994 dal titolo "I Cosacchi in Carnia 1944-1945" e poi pubblicata. L' autore a proposito dei dialoghi affrontati con Lizzero, onde comprendere orientamenti e fatti della resistenza, riferisce a pag. 40 :""Credo che sia opportuno esaminare più da vicino la posizione del Carnier, che è un nome che spesso ricorre anche nelle parole di Lizzero. Nell' impossibilità di contattarlo personalmente, bisogna accontentarsi dei suoi scritti che, peraltro credo contengano sufficienti indicazioni sulla sua posizione...."". Dopo varie considerazioni sugli eventi resistenziali scrive poi il Venir :"".. credo che in fin dei conti la posizione di Carnier è qui forse la più obbiettiva e la più vicina al vero, se parecchi testi paiono sorvolare sull' accaduto........qualcosa di vero in ciò che dice Carnier c'è, per cui evidentemente ci sono precise responsabilità partigiane.."">Infine a pag. 81, in un ' intervista rilasciata dal Lizzero, il medesimo afferma : ""Carnier ha preso una posizione precisa e va rispettato "".
23 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO
sabato 22 dicembre 2018
DIALOGO INTERESSANTE
DIALOGO INTERESSANTE... E' GIUSTO CHE SI SAPPIA CHE...
Вадимъ Ревинъ Caro Pierre Coloro che vivono a Stoccarda non sono cosacchi di Kuban !!! Indossano uniformi cosacchi, ma non sono cosacchi. Più precisamente, del numero totale di persone in questo gruppo di cosacchi reali, solo il 10%. Sfortunatamente, ai nostri giorni, molte persone si presentano come Cosacchi, ma in realtà non sono tali.
Possa Dio concederti salute, caro Pierre. Mi fa molto piacere incontrarti l'anno prossimo a Lienz. Stoccarda (Deutschland) 21 dicembre 2018.
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Pier Arrigo Carnier. Grazie per la sollecita interessante risposta riguardo il fatto che vi sono elementi che si spacciano per cosacchi e non sono cosacchi. L' anno scorso sono giunti a casa mia, qui nel Friuli a Porcia Pordenone, a farmi visita Frau Majnenger e un cosacco, cognome Waldemar, che si presentò come atamano. Li avevo già conosciuti a "Peggetz" nel 2016, quando io tenni il discorso commemorativo dinanzi al monumento del generale Helmut von Pannwitz. Avevano in mano un libro di riproduzioni fotografiche relativo ai cosacchi che furono in Italia, autore un italiano che non è uno storico ma un avventurista. Sfogliando le pagine rimasi indignato notando che gran parte delle foto furono prese abusivamente, in violazione della legge, dai miei volumi coperti da COPYRIGHT pubblicati in Italia da grandi editori fin dal 1965 ("L' Armata cosacca in Italia 1944-1945" -"Lo Sterminio Mancato" etc.etc.) e quindi appartenenti al mio archivio privato.Ho naturalmente subito informato il mio legale avvocato per decidere i provvedimenti di legge del caso. Mi sento molto offeso se questo libro (che nemmeno merita di chiamarsi libro) è presente nella Cappella russo-ortodossa di "Peggetz", io che ho contribuito a far conoscere in Italia e al mondo la vera storia dell' armata cosacca in Italia e la tragedia della Drava, attraverso le mie pubblicazioni e il film "Kossackja", realizzato dalla Direzione della TV.Nazionale Italiana di Roma sul contenuto del menzionato mio libro e su documenti del mio archivio, della durata di due ore, e mediante centinaia e centinaia di articoli come giornalista, in sessant' anni di attività, sulla stampa italiana. Caro cosacco dobbiamo sentirci ancora su questo e sulla mistificazione di altri scritti..., frattanto, porgo cordiali saluti ed anche Auguri di buone feste.
21 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO.
martedì 18 dicembre 2018
PROFILO DELL' ATAMANO GENERALE W.G. NAUMENKO
CARNIER PIER ARRIGO, storico e giornalista
ATAMAN GENERAL KUBANSKJ WIACESLAW NAUMENKO
ATAMAN GENERAL KUBANSKJ WIACESLAW NAUMENKO
Кубанский казак, генерал Вячеслав Григорьевич Науменко. Первопоходник. Активный участник Гражданской войны на Юге России. Эмигрант. Атаман Кубанского казачьего войска за рубежом. Фото опубликовано Олегом Карповым в группе "ВИК Корниловский конный полк". Фото вижу впервые.
lunedì 10 dicembre 2018
SPIACEVOLMENTE DELUDENTE LA PRIMA VIDEOPUNTATA
OSSERVAZIONI MOTIVATE SULLA PRIMA VIDEOPUNTATA DELLA RESISTENZA NEL FRIULI
La trasmissione rievocativa sulla resistenza, andata in onda come prima puntata alle ore 20 del giorno 7 dicembre sulla TV. udinese -canale 110, ha deluso profondamente un rilevante numero di ascoltatori che avevo ritenuto preventivamente di informare. La delusione sta nel fatto che l’intero spazio a disposizione è stato assorbito dai due primi intervistati, rivelando il completo disaccordo tra loro, cui si aggiunge il limitatissimo tempo concesso alla mia intervista praticamente appena introdotta nelle prime battute. Trascrivo qui di seguito, uno dei messaggi pervenutimi via mail :
“” Enia Boscarato Sono rimasta ad ascoltare tutta l'intervista del 7 c.m. sul canale 110 Udine, in streaming. Mi ha meravigliato molto il disaccordo dei due intervistati. Stavano parlando degli stessi fatti storici ma senza una coerenza che li vedesse uniti. Come pure mi ha stupito il fatto che l'intervista fatta a lei sia stata molto blanda senza darle il tempo di esprimere i fatti da lei sostenuti. Sono delusa e spero che la prossima volta le sia consentito un intervento più completo.
Con la stima di sempre, la saluto caramente.
09.12. 2018
Riporto inoltre il comunicato da me diffuso il 09.12.2018 sui miei siti BLOGGER e ILIAD
COMUNICATO
Alle ore 20 di venerdì 7 corr. è andata in onda nella TV. udinese, canale 110 la prima puntata sulle vicende di guerra relative al periodo 1943-1945 argomento sul quale, circa un mese fa, ero stato intervistato nella mia residenza di Porcia di Pordenone. Spiacevolmente l'introduzione intesa ad esprimere valutazioni storiche sull ' insorgenza partigiana, ha chiesto tempo per cui solo una breve parte della mia intervista è stata utilizzata con un intervento sul caso Mirko cui ebbe ad accennare un altro intervistato. L' argomento è scottante e meritava, per il pubblico in ascolto, una degna premessa sulle circostanze che ritengo doverosamente di dover dare nella prossima puntata. In ogni caso nel breve stralcio d'intervista dichiarai che Mirko (Arko Mirko) dopo essere stato destituito dal comando della Renato Garibaldildi, accusato dal medesimo di debolezza nel fronteggiare l'azione dei rastrellamenti tedeschi di fine estate 1944, venne assassinato assieme alla compagna Katia (Bonanni Gisella), in quanto fece sapere che ai vincitori alleati in arrivo, denunciava l' avvenuto assassinio per mano partigiana comunista ( crimine imprescrittibile) di sei ufficiali alleati accreditati in appoggio alle formazioni partigiane. Fui io, a suo tempo, e non i partigiani trincerati i una cripta di vile mutismo, a prendere contatto con le competenti autorità della Federativa iugoslava ed i congiunti del Mirko, rendendo noto il duplice assassinio. Per questa mia decisione, dettata dalla coscienza in quanto avevo conosciuto personalmente Mirko di cui stimavo, sotto il profilo storico, l’ inamovibile coerenza ideale e l’ interesse suscitato dal suo piglio da Che Guevara negli strati sociali soccombenti, ed altrettanto Katia, fui nominato, nella Federativa, procuratore irrevocabile onde fare piena luce luce e raccogliere tutte le possibili prove di condanna sul duplice assassinio ciò che infatti feci, informando l’ Autorità iugoslava e l‘opinione pubblica con grandi articoli sulla stampa. Le motivazioni che accertai non risultarono quelle che furono sbandierate da fonti di parte (partigiane) e nemmeno quelle messe in piedi a casaccio, nel dopoguerra, da qualche pressapochista da sottobosco su per la Carnia, ma ben altre, da me rivelate su base documentale nel mio volume "Lo Sterminio Mancato"- pagine 418- Mursia-Milano 1982. Un certo capo della Garibaldi, che si dichiarava addetto ai servizi informazioni, poco dopo l' avvenuto assassinio andava dichiarando il falso nella zona di Socchieve, Enemonzo, Feltrone nell’ informare che , su decisione del comando della Garibaldi, Mirko era stato " fatto rientrare" in Iugoslavia. Notevolmente interessato ai contenuti del citato mio volume e di altri miei scritti giunse da Londra ad incontrarmi lo storiografo Richard Lamb, biografo di Winston Churcill, che fu mio ospite e che poi mi ricordò in una sua pubblicazione dal titolo “La Guerra in Italia” ovviamente diffusa in Italia.. Successivamente, sempre per motivato interesse destato dal mio volume, inviato dal prof. Gerald Fleming dell' Università di Oxford, alla Suprema Corte di Giustizia di Israele, una missione della stessa guidata da giudice Michael Horowitz, previe intese con me tramite l' Ambasciata d' Italia di Tel Aviv, unitamente al capo della DIGOS di Trieste dottor Abbate, venne ad incontrarmi in Italia nella mia residenza onde ascoltare le mie dichiarazioni e raccogliere prove, che io consegnai, inerenti alla vicenda dell’ ucraino Ivan Demanjuk, estradato dal Canadà e sotto processo in Israele, falsamente accusato di essere il boia di Treblinka, già condannato a morte in prima istanza e poi prosciolto in base ad elementi determinanti da me forniti e confermati dalla mia testimonianza resa in giudizio. Avrei comunque ben altre verità da dire, una delle quali sul caso "Olmo", partigiano della Garibaldi esecutato (assassinato ) nell' autunno 1944 nei boschi dell’ alta Val Pesarina a seguito di una messinscena orchestrata da alcuni partigiani per seppellire nel silenzio delle fondate accuse dalle quali erano seriamente coinvolti... Peccato che certe vecchie malghe, sulle montagne della Carnia, ad ovest verso il Cadore, a me tanto care per la loro arcaicità non possano parlare. Quello che mi urta è quell' aria delle facce di certi personaggi da "sicumera" che pretendono di gestire la storia della resistenza legati in qualche modo all’ instaurato potere politico, nati nella maggior parte nel dopoguerra, tra i quali un elemento donna che, pur dando il senso di non conoscere la storia vi si avventura a ciarlare e vive in Carnia da dove lancia i suoi giudizi e grida di protesta di parte, che hanno il pietoso effetto di foglie cadenti...
Cari lettori, ritengo utile qui riportare , a conclusione, quanto puntualizzato in altro mio recente post, quale osservazione critica su questioni di principio estremamente rilevanti . Oggi su singole uccisioni e stragi del periodo resistenziale (1944-1945) trattate da autori esordienti e non, onde rendere i propri scritti in sintonia col clima dominante della politica di sinistra e quindi rendersi graditi e simpatici alla stessa, tutrice della resistenza, si assolve globalmente qualsiasi oscuro aspetto, cancellando con un colpo di spugna delitti e stragi, considerando vanificata da giusta causa ogni possibilità di imputazione e ritenendo inutile ogni analisi, con una fraseologia abilmente generata del tipo seguente: “"... poichè il tutto ebbe a verificarsi combattendo una guerra dal confine incerto tra il giusto e l’ ingiusto o tra il bene ed il male, col risultato della riconquistata libertà pagata con la propria vita"”. Oppure come scrisse altra fonte, frase che riporto a memoria : “” ...I partigiani furono odiati ed invisi dalla gente per le loro malefatte, ma non va mai dimenticato che hanno combattuto, a rischio della loro vita, per la loro e la tua libertà “”. Mi permetto di osservare che, entrambi i concetti non rispondono a una logica di principio per cui, sotto il profilo storico, vanno censurati per il seguente motivo:- La lotta partigiana era regolata dal motto “” Spara e fuggi”” per cui le forze di occupazione tedesche, esaurite le possibilità di arrestare i responsabili come stabilito dalle norme internazionali , disponevano l’ applicazione della rappresaglia, che si abbatteva mediante esecuzioni secondo la regola del 10x1, sulle popolazioni civili. Quindi in molteplici casi furono i civili, del tutto innocenti, che pagarono con la vita il prezzo delle azioni partigiane. La versione accomodante che i partigiani mettevano a rischio “” la loro vita per la loro e la tua libertà” , in ogni caso non regge nel senso che la preponderanza delle forze partigiane operava animata dall’ obbiettivo che, l’insurrezione, fosse base di lancio per dar vita a un potere governante di ispirazione proletaria, comunista o in ogni caso progressista, su cui campeggiava idealmente l‘ immagine dominante della Russia stalinista, simbolo di uguaglianza e giustizia, ma non li libertà, trattandosi, come sappiamo, di un regime totalitario. Quindi le belle parole delle citate due distinte frasi riportate in narrativa, intese ad affermare che, la riconquistata libertà, fu assorbente e assolutoria di omicidi, stragi etc. non connettono con la ragione ideale politica di sinistra che dominò la prevalente lotta partigiana, ma non significava libertà. Nel dopoguerra, la Magistratura sottopose infatti a processo molte vicende partigiane con condanne di reati ritenuti inammissibili ai fini della lotta e molti degli imputati si salvarono emigrando all’ estero, in Cecoslovacchia e Iugoslavia dove godettero di protezione contro l’estradizione, in attesa di amnistie e prescrizione dei reati. Nei pronunciamenti della Magistratura vi fu tuttavia una certa tolleranza largheggiando nelle assoluzioni con riconoscimento del concetto di giusta causa.
Sulle vicende della resistenza il film del regista americano Spiche Lee “ Miracolo a S.Anna” , girato nel 2008 a S.Anna di Stazzema, rievocando le circostanze di una dura rappresaglia tedesca risalente al 1944, ha aperto gli occhi gli italiani sul motto “” Spara e fuggi” vale a dire sul sistema di colpire il nemico alle spalle sfuggendo alle conseguenti responsabilità, metodo tassativamente condannato dalle norme di guerra internazionali... Nella “prima” del film, a Firenze, è scattato infatti l’applauso ed il regista è rientrato negli Stati Uniti con la cittadinanza onoraria di Stazzema. Pur condividendo che la resistenza ebbe complesse ed evidenti difficoltà, come tutte le insurrezioni, con incertezze tra il giusto e l’ingiusto e riconoscendo, ovviamente,l’ operato della stessa laddove si fosse reso necessario difendere l’ italianità e la dignità nazionale, dissento però fermamente dalle fragili affermazioni assolutorie in precedenza menzionate, legittimate dal ritenuto merito partigiano della “”riconquistata libertà””, che non rispecchia la realtà oggettiva della lotta in quanto la preponderanza della stessa, come già precisato, non si era battuta per la democrazia ma col proposito di instaurare, a fine conflitto, un regime di sinistra. A fine guerra infatti, se non vi fossero state sul territorio nazionale le divisioni corazzate alleate unitamente all'armata polacca di generale Anders, che dette un notevole contributo al mantenimento dell’ ordine, l 'Italia, come prevedeva ed ebbe ad asserire il leader comunista Palmiro Togliatti, tribuno senza dubbio di notevole abilità educato alla scuola di Stalin, col cui consenso fu artefice della importante svolta politica di Salerno, avrebbe avuto un governo se non comunista quantomeno progressista. Per concludere la riconquistata libertà per quanto riguarda l’ Italia, che segnò la fine del fascismo e dell’ alleanza con la Germania nazionalsocialista, fu dovuta alla vittoria delle forze militari alleate anglo-americane a cui certamente dettero un contributo l’ armata polacca di Anders e le componenti dell ’ esercito italiano del Sud...
10 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO
domenica 9 dicembre 2018
A PROPOSITO DELLA RESISTENZA
SERVIZIO RIEVOCATIVO SULLA RESISTENZA NEL FRIULI
PIER ARRIGO CARNIER·DOMENICA 9 DICEMBRE 2018
COMUNICATO
Alle ore 20 di venerdì 7 corr. è andata in onda nella TV. udinese, canale 110 la prima puntata sulle vicende di guerra relative al periodo 1943-1945 argomento sul quale, circa un mese fa, ero stato intervistato nella mia residenza di Porcia di Pordenone. Spiacevolmente l'introduzione intesa ad esprimere valutazioni storiche sull ' insorgenza partigiana, ha chiesto tempo per cui solo una breve parte della mia intervista è stata utilizzata con un intervento sul caso Mirko cui ebbe ad accennare un altro intervistato. L' argomento è scottante e meritava, per il pubblico in ascolto, una degna premessa sulle circostanze che ritengo doverosamente di dover dare nella prossima puntata. In ogni caso nel breve stralcio d'intervista dichiarai che Mirko (Arko Mirko) dopo essere stato destituito dal comando della Garibaldi, accusato dal medesimo di debolezza nel fronteggiare l'azione dei rastrellamenti tedeschi di fine estate 1944, venne assassinato assieme alla compagna Katia (Bonanni Gisella), in quanto fece sapere che ai vincitori alleati in arrivo, denunciava l' avvenuto assassinio per mano partigiana comunista ( crimine imprescrittibile) di sei ufficiali alleati accreditati in appoggio alle formazioni partigiane. Fui io, a suo tempo, e non i partigiani trincerati i una cripta di vile mutismo, a prendere contatto con le competenti autorità della Federativa iugoslava ed i congiunti del Mirko, rendendo noto il duplice assassinio. Per questa mia decisione, dettata dalla coscienza in quanto avevo conosciuto personalmente Mirko di cui stimavo, sotto il profilo storico, l’ inamovibile coerenza ideale e l’ interesse suscitato dal suo piglio da Che Guevara negli strati sociali soccombenti, ed altrettanto Katia, fui nominato, nella Federativa, procuratore irrevocabile onde fare piena luce luce e raccogliere tutte le possibili prove di condanna sul duplice assassinio.
Le motivazioni che poi accertai non sono quelle che furono sbandierate da fonti interessate , ma ben altre, da me rivelate su base documentale nel mio volume "Lo Sterminio Mancato"- pagine 418- Mursia-Milano 1982. Un certo capo della resistenza, che si dichiarava addetto ai servizi informazione , andava dicendo nella zona di Socchieve, Enemonzo, Feltrone che, su decisione del comando della Garibaldi, Mirko era stato " fatto rientrare" in Iuoslavia. In base ai contenuti del citato mio volume e di altri miei scritti giunse da Londra ad incontrarmi lo storiografo Richard Lamb, biografo di Winston Churcill, che fu mio ospite. Successivamente, sempre per motivato interesse destato dal volume, inviato dal prof. Gerald Fleming dell' Università di Oxford, alla Suprema Corte di Giustizia di Israele, una missione della stessa guidata da giudice Michael Horowitz, previe intese tramite l' Ambasciata d' Italia di Tel Aviv, unitamente al capo della DIGOS di Trieste dottor Abbate, venne ad incontrarmi in Italia nella mia residenza onde ascoltare le mie dichiarazioni e raccogliere prove, che io consegnai, inerenti alla vicenda dell ucraino Ivan Demanjk, sotto processo in Israele, falsamente accusato di essere il boia di Treblinka, già condannato a morte in prima istanza e poi prosciolto in base a elementi determinanti da me forniti e confermati dalla mia testimonianza resa in giudizio.
Avrei comunque delle ben altre verità da dire, una delle quali sul caso "0lmo", partigiano della Garibaldi esecutato nell' autunno 1944 nei boschi dell’ alta Val Pesarina a seguito di una messinscena orchestrata da alcuni partigiani per seppellire nel silenzio delle fondate accuse... Peccato che certe vecchie malghe, sulle montagne della Carnia, ad ovest verso il Cadore, non possano parlare. Quello che mi urta è quell' aria delle facce di certi personaggi da "sicumera" che pretendono di gestire la storia della resistenza legati in qualche modo all’ instaurato potere politico , nati nella maggior parte nel dopoguerra, tra i quali un elemento che, pur dando il senso di non conoscere la storia vi si avventura a parlarne e vive in Carnia da dove lancia i suoi giudizi di parte e grida di protesta che hanno poi l’effetto di foglie cadenti...
09 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO
giovedì 6 dicembre 2018
MIA INTERVISTA IN SENSO STORICO TESTIMONALE SU RILEVANTI VICENDE DI GUERRA DEL 1943-1945.
COMUNICATO
Informo che, alle ore 21 di domani venerdì 7 dicembre, andrà in onda sul CANALE 110 (UDINE) una mia intervista che tratterà, in senso storico testimoniale, rilevanti vicende del periodo di guerra 1943-1945. La stessa sarà gestita dallo speaker Alberto Terasso noto giornalista già direttore del Gazzettino, filiale di Pordenone.
Agli amici Alessandro Carnier, Svetlana Egorova, Clara Floriana Carnier, Antonella Carnier, Marco Carnier, Pier Nicola Carnier, Beto Carnier, Anna Zucchiatti, Antonietta Teon,, Renata Machin, Maria Coletta Quiriconi, Luisanna Cappellotto, Mariam Celtica Smith, Eugen JssaK Martiniuk, Sandro Lizzi, Tanja Kasper, Enia Boscarato, Laura Zanardo, Stefano Fabei, Marco De Angelis, Lucia Sbiko Var Bicco, Irene Diana, Luca Leita, Nico Merz, Alida Carlevaris, Giacomo Oberto, Giovanni Bastianutti, Cinzia Di Lena, Cecilia Castelli, Renato Garibaldi, Marika Torresin, Luca Lenardussi, Bruno De Anna, Miurin Francesca, Dino Temil, Emiliano Di Gion, Gavino Farina, Rolando Rojatti, Michele De Monte, Ruslan Gavrilow, Mario Valci, Augusta Paolini, Clara Tavano, Paola Di Sopra, Ingrid Barrios Cartrò, Marika Rovanova e ai molti altri qui non citati.
06 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO
domenica 2 dicembre 2018
Recensione diffusa dal quotidiano indipendente TRENTINO LIBERO il 22.01.2017, sul mio volume “l’Armata cosacca...”
Recensione diffusa dal quotidiano indipendente TRENTINO LIBERO il 22.01.2017, sul mio volume “l’Armata cosacca...”
PIER ARRIGO CARNIER·DOMENICA 2 DICEMBRE 2018
Cari amici e lettori, soprattutto mi rivolgo ai giovani studenti in particolare universitari, mi è capitata nelle mani questa recensione, sfuggitami a suo tempo, che invito a leggere perchè conferma la verità storica da me accertata con un lungo sofferto impegno condotto in silenzio in anni difficili, quando mancava ogni traccia documentale sull’ argomento e nulla si sapeva della tragedia cosacca della Drava, ed in genere la maggioranza degli ambienti culturali italiani, succubi ed ammaestrati a considerare la Resistenza patrimonio essenziale della ricostruzione del Paese, mostravano insofferenza a conoscerla, considerandola oggetto di intralcio alla linea politica ed agiografica della storiografia ufficiale. Oggi, invece, grazie il determinante mio primario contributo storiografico alla conoscenza della verità, la tragedia ha assunto interesse storico internazionale.
“L’armata cosacca in Italia” di P. A. Carnier (ed. Mursia)
Doenica 22 gennaio 2017 - SERGIO STANCANELLI
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Cosacchi, caucasici, georgiani, ucraini, bielorussi, turchestani furono nel 1944-1945 nell'Italia nord-orientale animati dal desiderio di riaffermare diversità culturali ed etniche che lo stalinismo deliberatamente aveva livellato – erano un milione di uomini, che arresisi agli alleati dopo la sconfitta della Germania col patto di non venire consegnati ai sovietici, vennero con cinismo da Churchill, in omaggio all'alleanza con la Russia e alla libertà per cui si era combattuto, consegnati a Stalin, che li fece tutti massacrare – Lo si è saputo dopo il crollo e la dissoluzione dei regimi comunisti dell'est: la perfida Albione non si smentisce – Capo dei cosacchi irredenti era il generale Pjotr Krassnoff, mitico autore del libro "Dall'aquila imperiale alla bandiera rossa", anch'egli assassinatoVerona, 22 gennaio 2017. - recensione di Sergio Stancanelli
Uno dei primi libri che lessi da bambino prelevandoli dalla biblioteca paterna, fu il romanzo "Dall'aquila imperiale alla bandiera rossa" del generale russo Pjotr Nikolajewitsch Krassnoff (ed. Salani, ricordo), che mi fece una grande impressione. Non credo sapevo, allora, che l'autore era vivente, e che quindi, teoricamente, avrei potuto conoscerlo anche di persona; né tanto meno avrei immaginato che sarebbe stato fatto assassinare da Josef Stalin dopo la fine della seconda guerra mondiale (come neanche immaginavo – eravamo nel 1935 – che ci sarebbe stata una seconda guerra mondiale). Le rivelazioni mi son venute da questo "L'armata cosacca in Italia 1944-1945", 171° numero della collana "Testimonianze fra cronaca e storia – Guerre fasciste e facce di bronzo alleate" dell'editore Ugo Mursia di Milano, 302 pagine, con fuori testo 95 fotografie di proprietà dell'autore, in origine lire 35mila, del quale è autore quel Pier Arrigo Carnier cui già si deve "Lo sterminio mancato" ("Trentino libero" 21 gennaio 2017). L'edizione è ampliata rispetto alla prima del 1965.
Nulla di meglio, mi pare, per presentare quest'opera, che estrapolarne quanto vi si legge nel primo risvolto di copertina, poi che difficilmente il cronista riuscirebbe a condensare con parole proprie altrettanto essenziali e sufficienti il contenuto del volume. Verso la fine della guerra i tedeschi avevano trasferito nell'Italia nord-orientale (Kosakenland) quelle truppe cosacche le quali, in opposizione al regime sovietico imperante nell'Urss, militavano sotto la bandiera dalla croce uncinata nella fiducia o la speranza che la vittoria del terzo Reich abbattesse il comunismo restituendo al loro popolo, così come a caucasici, georgiani, ucraini, bielorussi e turchestani, le differenziazioni etniche e culturali che lo stalinismo aveva deliberatamente livellato. Merito dell'autore è avere individuato l'importanza e la portata dell'opposizione al comunismo in Russia, manifestatasi anche in armi in un movimento imponente che portò un milione di combattenti dell'Europa orientale a militare contro il regime che con la violenza si era instaurato nelle loro terre.
Il destino di tutta quella gente fu segnato dalle pattuizioni di Yalta, secondo cui tutti coloro di germe russo che si fossero schierati avverso al regime comunista avrebbero dovuto al termine della guerra essere consegnati ai sovietici insieme con le loro famiglie. Il loro destino fu scientemente sacrificato e sottaciuto dagli anglo-americani, che in omaggio all'alleanza con Stalin, ne ignorarono i significati e le profonde ragioni storiche e politiche, riemerse soltanto dopo il crollo e la dissoluzione dei regimi comunisti nell'Europa orientale. L'autore lascia al lettore la valutazione sul piano storico e su quello morale riguardo all'operazione di consegna attuata con la violenza. «Ci consegneranno ai bolscevichi – disse il generale Krassnoff agli ufficiali cosacchi allorché si rese conto del tradimento britannico – e ci attende la morte, che dobbiamo affrontare con fierezza, in piedi e senza strisciare: ma gli inglesi non ne usciranno con onore.»
E a proposito degli omicidi dovuti al campione della libertà Josef Stalin, cui recentemente si è saputo va addebitata anche l'uccisione dei fratelli Rosselli commissionata al fine che ne venisse incolpato Mussolini, si vedano in pagina 17 gli episodi degli affamati fatti fucilare per avere sottratto un pane per i propri figli, e in pag.25 nomi e cognomi dei fuorusciti fatti assassinare all'estero dopo essere stati costretti a rifugiarsi in occidente. Sono esposti anche numerosi episodi con i quali i partigiani italiani diedero consueta prova del loro coraggio colpendo alle spalle militari germanici per poi lasciare che, ad onta dei manifesti affissi nei villaggi, ostaggi venissero fucilati e case distrutte dalle truppe tedesche per rappresaglia in base alle norme della Convenzione di Ginevra. Richiamo l'attenzione del lettore su pagine come la 76, che riferisce l'uccisione da parte dei partigiani italiani, assassini per vocazione e di professione, dei prigionieri cosacchi, poi gettati nei gorghi del torrente Leale, dei cosacchi uccisi a decine sulle montagne di Alesso, di altre decine gettati nelle foibe sopra Avasinis, ed altri ancora, sia giovani che anziani, massacrati dopo che si erano dati prigionieri in località Chiadin-Narusseit. Insieme con i cosacchi venivano assassinati gli italiani che avessero dato loro ricovero o da mangiare o da bere.
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