lunedì 10 dicembre 2018
SPIACEVOLMENTE DELUDENTE LA PRIMA VIDEOPUNTATA
OSSERVAZIONI MOTIVATE SULLA PRIMA VIDEOPUNTATA DELLA RESISTENZA NEL FRIULI
La trasmissione rievocativa sulla resistenza, andata in onda come prima puntata alle ore 20 del giorno 7 dicembre sulla TV. udinese -canale 110, ha deluso profondamente un rilevante numero di ascoltatori che avevo ritenuto preventivamente di informare. La delusione sta nel fatto che l’intero spazio a disposizione è stato assorbito dai due primi intervistati, rivelando il completo disaccordo tra loro, cui si aggiunge il limitatissimo tempo concesso alla mia intervista praticamente appena introdotta nelle prime battute. Trascrivo qui di seguito, uno dei messaggi pervenutimi via mail :
“” Enia Boscarato Sono rimasta ad ascoltare tutta l'intervista del 7 c.m. sul canale 110 Udine, in streaming. Mi ha meravigliato molto il disaccordo dei due intervistati. Stavano parlando degli stessi fatti storici ma senza una coerenza che li vedesse uniti. Come pure mi ha stupito il fatto che l'intervista fatta a lei sia stata molto blanda senza darle il tempo di esprimere i fatti da lei sostenuti. Sono delusa e spero che la prossima volta le sia consentito un intervento più completo.
Con la stima di sempre, la saluto caramente.
09.12. 2018
Riporto inoltre il comunicato da me diffuso il 09.12.2018 sui miei siti BLOGGER e ILIAD
COMUNICATO
Alle ore 20 di venerdì 7 corr. è andata in onda nella TV. udinese, canale 110 la prima puntata sulle vicende di guerra relative al periodo 1943-1945 argomento sul quale, circa un mese fa, ero stato intervistato nella mia residenza di Porcia di Pordenone. Spiacevolmente l'introduzione intesa ad esprimere valutazioni storiche sull ' insorgenza partigiana, ha chiesto tempo per cui solo una breve parte della mia intervista è stata utilizzata con un intervento sul caso Mirko cui ebbe ad accennare un altro intervistato. L' argomento è scottante e meritava, per il pubblico in ascolto, una degna premessa sulle circostanze che ritengo doverosamente di dover dare nella prossima puntata. In ogni caso nel breve stralcio d'intervista dichiarai che Mirko (Arko Mirko) dopo essere stato destituito dal comando della Renato Garibaldildi, accusato dal medesimo di debolezza nel fronteggiare l'azione dei rastrellamenti tedeschi di fine estate 1944, venne assassinato assieme alla compagna Katia (Bonanni Gisella), in quanto fece sapere che ai vincitori alleati in arrivo, denunciava l' avvenuto assassinio per mano partigiana comunista ( crimine imprescrittibile) di sei ufficiali alleati accreditati in appoggio alle formazioni partigiane. Fui io, a suo tempo, e non i partigiani trincerati i una cripta di vile mutismo, a prendere contatto con le competenti autorità della Federativa iugoslava ed i congiunti del Mirko, rendendo noto il duplice assassinio. Per questa mia decisione, dettata dalla coscienza in quanto avevo conosciuto personalmente Mirko di cui stimavo, sotto il profilo storico, l’ inamovibile coerenza ideale e l’ interesse suscitato dal suo piglio da Che Guevara negli strati sociali soccombenti, ed altrettanto Katia, fui nominato, nella Federativa, procuratore irrevocabile onde fare piena luce luce e raccogliere tutte le possibili prove di condanna sul duplice assassinio ciò che infatti feci, informando l’ Autorità iugoslava e l‘opinione pubblica con grandi articoli sulla stampa. Le motivazioni che accertai non risultarono quelle che furono sbandierate da fonti di parte (partigiane) e nemmeno quelle messe in piedi a casaccio, nel dopoguerra, da qualche pressapochista da sottobosco su per la Carnia, ma ben altre, da me rivelate su base documentale nel mio volume "Lo Sterminio Mancato"- pagine 418- Mursia-Milano 1982. Un certo capo della Garibaldi, che si dichiarava addetto ai servizi informazioni, poco dopo l' avvenuto assassinio andava dichiarando il falso nella zona di Socchieve, Enemonzo, Feltrone nell’ informare che , su decisione del comando della Garibaldi, Mirko era stato " fatto rientrare" in Iugoslavia. Notevolmente interessato ai contenuti del citato mio volume e di altri miei scritti giunse da Londra ad incontrarmi lo storiografo Richard Lamb, biografo di Winston Churcill, che fu mio ospite e che poi mi ricordò in una sua pubblicazione dal titolo “La Guerra in Italia” ovviamente diffusa in Italia.. Successivamente, sempre per motivato interesse destato dal mio volume, inviato dal prof. Gerald Fleming dell' Università di Oxford, alla Suprema Corte di Giustizia di Israele, una missione della stessa guidata da giudice Michael Horowitz, previe intese con me tramite l' Ambasciata d' Italia di Tel Aviv, unitamente al capo della DIGOS di Trieste dottor Abbate, venne ad incontrarmi in Italia nella mia residenza onde ascoltare le mie dichiarazioni e raccogliere prove, che io consegnai, inerenti alla vicenda dell’ ucraino Ivan Demanjuk, estradato dal Canadà e sotto processo in Israele, falsamente accusato di essere il boia di Treblinka, già condannato a morte in prima istanza e poi prosciolto in base ad elementi determinanti da me forniti e confermati dalla mia testimonianza resa in giudizio. Avrei comunque ben altre verità da dire, una delle quali sul caso "Olmo", partigiano della Garibaldi esecutato (assassinato ) nell' autunno 1944 nei boschi dell’ alta Val Pesarina a seguito di una messinscena orchestrata da alcuni partigiani per seppellire nel silenzio delle fondate accuse dalle quali erano seriamente coinvolti... Peccato che certe vecchie malghe, sulle montagne della Carnia, ad ovest verso il Cadore, a me tanto care per la loro arcaicità non possano parlare. Quello che mi urta è quell' aria delle facce di certi personaggi da "sicumera" che pretendono di gestire la storia della resistenza legati in qualche modo all’ instaurato potere politico, nati nella maggior parte nel dopoguerra, tra i quali un elemento donna che, pur dando il senso di non conoscere la storia vi si avventura a ciarlare e vive in Carnia da dove lancia i suoi giudizi e grida di protesta di parte, che hanno il pietoso effetto di foglie cadenti...
Cari lettori, ritengo utile qui riportare , a conclusione, quanto puntualizzato in altro mio recente post, quale osservazione critica su questioni di principio estremamente rilevanti . Oggi su singole uccisioni e stragi del periodo resistenziale (1944-1945) trattate da autori esordienti e non, onde rendere i propri scritti in sintonia col clima dominante della politica di sinistra e quindi rendersi graditi e simpatici alla stessa, tutrice della resistenza, si assolve globalmente qualsiasi oscuro aspetto, cancellando con un colpo di spugna delitti e stragi, considerando vanificata da giusta causa ogni possibilità di imputazione e ritenendo inutile ogni analisi, con una fraseologia abilmente generata del tipo seguente: “"... poichè il tutto ebbe a verificarsi combattendo una guerra dal confine incerto tra il giusto e l’ ingiusto o tra il bene ed il male, col risultato della riconquistata libertà pagata con la propria vita"”. Oppure come scrisse altra fonte, frase che riporto a memoria : “” ...I partigiani furono odiati ed invisi dalla gente per le loro malefatte, ma non va mai dimenticato che hanno combattuto, a rischio della loro vita, per la loro e la tua libertà “”. Mi permetto di osservare che, entrambi i concetti non rispondono a una logica di principio per cui, sotto il profilo storico, vanno censurati per il seguente motivo:- La lotta partigiana era regolata dal motto “” Spara e fuggi”” per cui le forze di occupazione tedesche, esaurite le possibilità di arrestare i responsabili come stabilito dalle norme internazionali , disponevano l’ applicazione della rappresaglia, che si abbatteva mediante esecuzioni secondo la regola del 10x1, sulle popolazioni civili. Quindi in molteplici casi furono i civili, del tutto innocenti, che pagarono con la vita il prezzo delle azioni partigiane. La versione accomodante che i partigiani mettevano a rischio “” la loro vita per la loro e la tua libertà” , in ogni caso non regge nel senso che la preponderanza delle forze partigiane operava animata dall’ obbiettivo che, l’insurrezione, fosse base di lancio per dar vita a un potere governante di ispirazione proletaria, comunista o in ogni caso progressista, su cui campeggiava idealmente l‘ immagine dominante della Russia stalinista, simbolo di uguaglianza e giustizia, ma non li libertà, trattandosi, come sappiamo, di un regime totalitario. Quindi le belle parole delle citate due distinte frasi riportate in narrativa, intese ad affermare che, la riconquistata libertà, fu assorbente e assolutoria di omicidi, stragi etc. non connettono con la ragione ideale politica di sinistra che dominò la prevalente lotta partigiana, ma non significava libertà. Nel dopoguerra, la Magistratura sottopose infatti a processo molte vicende partigiane con condanne di reati ritenuti inammissibili ai fini della lotta e molti degli imputati si salvarono emigrando all’ estero, in Cecoslovacchia e Iugoslavia dove godettero di protezione contro l’estradizione, in attesa di amnistie e prescrizione dei reati. Nei pronunciamenti della Magistratura vi fu tuttavia una certa tolleranza largheggiando nelle assoluzioni con riconoscimento del concetto di giusta causa.
Sulle vicende della resistenza il film del regista americano Spiche Lee “ Miracolo a S.Anna” , girato nel 2008 a S.Anna di Stazzema, rievocando le circostanze di una dura rappresaglia tedesca risalente al 1944, ha aperto gli occhi gli italiani sul motto “” Spara e fuggi” vale a dire sul sistema di colpire il nemico alle spalle sfuggendo alle conseguenti responsabilità, metodo tassativamente condannato dalle norme di guerra internazionali... Nella “prima” del film, a Firenze, è scattato infatti l’applauso ed il regista è rientrato negli Stati Uniti con la cittadinanza onoraria di Stazzema. Pur condividendo che la resistenza ebbe complesse ed evidenti difficoltà, come tutte le insurrezioni, con incertezze tra il giusto e l’ingiusto e riconoscendo, ovviamente,l’ operato della stessa laddove si fosse reso necessario difendere l’ italianità e la dignità nazionale, dissento però fermamente dalle fragili affermazioni assolutorie in precedenza menzionate, legittimate dal ritenuto merito partigiano della “”riconquistata libertà””, che non rispecchia la realtà oggettiva della lotta in quanto la preponderanza della stessa, come già precisato, non si era battuta per la democrazia ma col proposito di instaurare, a fine conflitto, un regime di sinistra. A fine guerra infatti, se non vi fossero state sul territorio nazionale le divisioni corazzate alleate unitamente all'armata polacca di generale Anders, che dette un notevole contributo al mantenimento dell’ ordine, l 'Italia, come prevedeva ed ebbe ad asserire il leader comunista Palmiro Togliatti, tribuno senza dubbio di notevole abilità educato alla scuola di Stalin, col cui consenso fu artefice della importante svolta politica di Salerno, avrebbe avuto un governo se non comunista quantomeno progressista. Per concludere la riconquistata libertà per quanto riguarda l’ Italia, che segnò la fine del fascismo e dell’ alleanza con la Germania nazionalsocialista, fu dovuta alla vittoria delle forze militari alleate anglo-americane a cui certamente dettero un contributo l’ armata polacca di Anders e le componenti dell ’ esercito italiano del Sud...
10 dicembre 2018 CARNIER PIER ARRIGO
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