giovedì 28 febbraio 2019

COSACCHI DEL GREBEN - CECENIA



COSACCHI DEL GREBEN  -  CECEN IA





Pier Arrigo Carnier 

I COSACCHI DEL GREBEN -   CECENIA


 I cosacchi del Greben di cui si occupò anche Tolstoj, fanno parte della Cecenia, a suo tempo Repubblica indipendente abrogata da Putin per rilevanti motivi di interesse, dopo un  ' accanita terribile resistenza. Il Governo della Cecenia presieduto dal generale.DudaJev., a segito di mie informazioni sulla presenza dell' Armata cosacca a fianco dei tedeschi in Italia, nel 1944-1945, che destarono grande interesse in quanto nulla si sapeva al riguardo, mi invitò a trascorrere un periodo a Grossny, onde evidenziare anche documentalmente nelle particolarità la vicenda. Conservo ovviamente la preziosissima corrispondenza ed i relativi telegrammi di invito, a me ed a mia moglie Wanda. Purtroppo, come già scrissi da qualche altra parte, mentre eravamo già in procinto di intraprendere il viaggio sebbene il periodo fosse burrascoso per gli attriti già in essere della Cecenia  con Mosca, il presidente DudaJev venne assassinato per cui rinunciammo ovviamente alla partenza. Vi sarebbe certo molto  da dire  se non altro, da quanto io seppi e dedussi da fonte certa cecena, che gli attriti erano fondamentalmente provocati dall' intento russo di avere il dominio sulle preziose risorse petrolifere. Voglio inoltre  aggiungere che la vicenda dell' Armata cosacca e della Freiwilligen Brigade Nord Kausasus, etc. al dilà del fatto occupazionale che certamente comportò disagi e sacrifici per le popolazioni indigene dell' Adriatisches Kustenland , foraggiamento sostenuto in buona parte per quindicimila cavalli,  disagi di coabitazione in certe zone, inevitabili spiacevoli incidenti, aperse un notevole squarcio e suscitò un forte stimolo sul piano culturale alla conoscenza, almeno per quanto mi riguarda, di molte vicende del mondo orientale.








domenica 24 febbraio 2019



       TROTSKY

Commenti  
  • Pier Arrigo Carnier Lew Trotsky, l'uomo che guidò la rivoluzione e che Stalin, per ragioni di prestigio voleva eliminare, per cui fu costretto ad emigrare nel Messico, ma fu raggiunto e assassinato. Stalin aveva la mano lunga. Ricordo che anche Tito dopo essersi dissociato da Stalin nel 1948 (facendo un gran favore all' Italia che tuttavia lo comprese in ritardo) presumeva di essere inseguito da qualche infiltrato sovietico per essere eliminato. L' UBDA (Polizia segreta di Tito) arrestò infatti due elementi che confessarono di avere avuto un tale incarico da Stalin. Tito fece allora recapitare a Stalin una lettera nella quale disse pressapoco : < ...caro compagno, sono al corrente che mi hai inviato due incaricati per uccidermi i quali hanno fallito la missione.Voglio avvertirti che se non la smetti io ne manderò uno solo e quello non fallirà.>. Già che siamo in discorso e Josip Broz Tito e morto e sepolto e nonostante tutto, sulla base di certe interessanti valutazioni sul piano storico, io lo stimavo, ferma restando la ferita delle foibe argomento sul quale bisogna parlare a fondo e con grande competenza per capire come stavano veramente le cose e trarre un giudizio storicamente obbiettivo. Mi permetto di ricordare che, stanti le mie indagini su certi capi partigiani sloveni ed altre, talune strettamente riservate, l' UBDA fu anche sulle mie tracce. Fu un docente iugoslavo, F. Marinic, al quale si rivolsero per indagini essendo informati che il medesimo mi conosceva bene, a distoglierli da inevitabili propositi., spiegando loro la mia posizione fondata su accertamenti storico culturali non disgiunti dall' interesse alla cognizione ed agli innovamenti della filosofia progressista imposta nella Federativa Iugoslava, dicendo anche che io ero quell' italiano che si era dato da fare per trovare i congiunti del comandante partigiano sloveno MIRKO, ed informare gli stessi e la competente autorità iugoslava che, il medesimo assieme a all' inseparabile compagna di lotta (KATIA) erano stati assassinati dai partigiani italiani.
  •      22 febbraio  2019



FOTO DI BALLERINA



L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi e matrimonio


Pier Arrigo Carnier Alla distinta stimatissima amica Alena Steiskal è piaciuta l'immagine del fotografo Tiiu, che è piaciuta anche a me per cui l'ho condivisa, rispetto ad altre consimili dello stesso artista fotografo, ugualmente belle ma meno delicatamente provocanti  dI interesse E' piaciuta perchè, c'è da chiedersi ? Rispondo io che ho amato ed amo la fotografia, sono stato e sono pittore. Parlo naturalmente per me. Premetto che spesso riguardo qualcosa molti dicono " mi è piaciuta", ma poi non sanno motivarne l' autentica ragione che resta incapsulata, senza risposta. E' piaciuta perchè vista di spalle, nella movenza delicata del corpo ben modellato, fa scattare perlomeno nell' uomo, il desiderio istintivo di scoprirla, capire e compiacersi realisticamente della sua bellezza fisica senza infingimenti,  respirare la  sua grazia di donna...!!!

martedì 19 febbraio 2019

SUL MARTIRIO DI ELENA DEL BEN -d-QsJBVF-Gs/AAAAAAAAAAI/AAAAAAAAAM0/kav6KNrRfvM/s512-c/photo.jpgEL BEN

CARNIER PIER ARRIGO - Storico e giornalista

COMUNICATO

Stante il notevole sdegno  sollevato di recente dalla negazione delle vittime della Foiba di Basovizzaa, da parte dell' ANPI di Rovigo, ed il positivo vasto clamore del  film  del regista Maximiliano Hernando Bruno sul martirio dell' istriana Norma Cossetto, violentata ed assassinata dai partigiani slavi, ritengo di ripubblicare il mio post diffuso sui miei siti Facebook e Blogger,  il 30agosto 2017  che riferisce sul martirio della giovane purliliese ELENA DEL BEN   in territorio di  Porcia di Pordenone il 27 ottbre 1944, prima violentata da un gruppo di  partigiani locali e poi brutalmente uccisa a pugnalate e abbandonata nei pressi del cimitero di Pieve. Su questo barbaro episodio e su altri, compreso il massacro del centinaio di prigionieri cosacchi di Avasinis, donne e bambini compresi, abbandonati poi senza sepoltura ed i cui resti lasciati orrendamente sul luogo per quattro anni, come da  me precisato documentalmente tramite intervista diffusa  via Internet e da Canale Tg.110- Udine, si tace. Le sedi ANPI  fanno silenzio, non vedono e non sentono.....


STUPEFACENTE INTERESSE NELLA FEDERAZIONE RUSSA, STATI UNITI, ALASKA SOLLEVATO DAL MIO POST SUL  MARTIRIO DI ELENA DEL BEN

Stupefacente direi quasi incredibile la sorpresa datami  dal grafico del mio sito Blogger, nel constatare il verde intensissimo diffuso sull’ intera Federazione Russa, Stati Uniti, Alaska e Italia, evidenziante l’interesse dei lettori al mio post diffuso anche su Facebook, in data 18 luglio u.s., dal titolo “ IL MARTIRIO DIMENTICATO DI ELENA DEL BEN, GIOVANE CITTADINA PURLILIESE UCCISA NEL 1944 DAI PARTIGIANI”. Credetemi ho provato delicatezza d’animo e un senso di conforto spirituale nel rendermi conto di questo vasto esteso interesse a suffragio della memoria di  questa giovane martire, orrendamente sfigurata dai partigiani, dimenticata per oltre settant’ anni per aridità di sensazioni ambientali e  condizionamenti tacitamente imposti  dal  clima di  predicata ma  falsa libertà. Mi permetto quindi, stante l’interesse sollevato,  di riproporre ai lettori il post.
Stante il notevole sdegno di recente sollevato dalla negazione delle vittime della Foiba di Basovizzaa da parte dell' ANPI di Rovigo ed il positivo vasto clamore del  film  del regista Maximiliano Hernando Bruno sul martirio dell' istriana Norma Cossetto, violentata ed assassinata dai partigiani slavi, ritengo di ripubblicare il mio post diffuso sui miei siti Facebook e Blogger il 30 agosto 2017 che riferisce sul martirio della giovane purliliese ELENA DEL BEN   in territorio di  Porcia di Pordenone il 27 ottbre 1944, prima violentata da un gruppo di  partigiani locali e poi brutalmente uccisa a pugnalate e abbandonata nei pressi del cimitero di Pieve. Su questo barbaro episodio e su altri, compreso il massacro del centinaio di prigionieri cosacchi di Avasinis, donne e bambini compresi, abbandonati poi senza sepoltura ed i cui resti lasciati orrendamente sul luogo per quattro anni, come da me preciasato documentalmente tramite intervista diffusa  via Internet e da Canale Tg.110- Udine, si tace. Le sedi ANPI tacciono, non vedono e non sentono e continuato a percepire finanziamenti...                                                               

MEMORIA

Riguardo il territorio della “Destra Tagliamento”, che ha la sua storia e di cui Pordenone è capoluogo, con un’indagine condotta mediante sopralluoghi, dialoghi con protagonisti, acquisizioni documentali e presa conoscenza di pubblicazioni, mi riuscì, nel corso di lunghi  anni, a partire al 1962, di raggiungere una visione concreta di quanto ebbe a verificarsi nel periodo dell’occupazione tedesca 1943-1945, che si diversificava dal concetto di vera e propria occupazione, essendo la Germania (III°Reich) nostra alleata, e della conseguente insurrezione resistenziale. I risultati di questa mia analisi in un compendio che coglie gli aspetti più significativi, utili alla comprensione, sono esposti nel mio recente volume diffuso dalla Mursia, dal titolo “COSACCHI CONTRO PARTIGIANI- Friuli occidentale”. Sempre a proposito della “ Destra Tagliamento” o “Friuli occidentale”, nel corso della mia attività giornalistica di oltre quarant’ anni con diverse testate, trattai vari argomenti resistenziali spesso a più puntate. In uno di questi, pubblicato dal Messaggero Veneto in tre puntate nelle date del 5,6 settembre e 13 ottobre 1996, mi occupai della condanna a morte, su sentenza del Tribunale straordinario tedesco, dell’ ufficiale del Regio Esercito e comandante partigiano Franco Martelli la cui esecuzione, mediante fucilazione, avvenne nelle caserme di via Roveredo in Pordenone.. Per taluni risvolti, del tutto ignorati e da me rivelati, l’argomento era e rimane senza dubbio rilevante. Nella puntata conclusiva uscita il 13 ottobre 1996, oltre a porre in rilievo lo straordinario impegno umano del federale fascista Bortolozzi nel tentare di bloccare, sebbene vanamente, l’esecuzione del Martelli, evidenziai un’oscura vicenda rimasta ignorata, quella precisamente dell’uccisione, da lato partigiano, di Elena Del Ben, splendida giovane trentaseienne di Pieve, piccola borgata contadina in comune di Porcia. Eravamo alla fine di ottobre 1944. L’uccisione avvenne esattamente il giorno 27. Nell’ aria piuttosto umida, essendo periodo di fine vendemmie, regnava odore di raccolti. Stante lo stato di guerra e le circostanze resistenziali sussisteva un clima di paura stagnante, ciò nonostante il sinistro episodio di sangue, toccò la sensibilità dei cittadini e vi fu una forte disapprovazione. Per avere notizie sul caso presi a suo tempo contatti, nella menzionata borgata, con alcuni stretti parenti. Ebbi dagli stessi una bella fotografia della giovane che pubblicai sul Messaggero, nella menzionata ultima puntata. Tenendo in mano quella foto ed ascoltando ciò che i parenti rievocavano, mi passarono per la mente i tempi di assoluto potere delle grandi famiglie possidenti purliliesi e dei dintorni che avevano il dominio sulle proprietà terriere, una delle quali legata nelle origini al Sacro Romano Impero. Per contadini e prestatori d’opera quei tempi furono di assolta sudditanza e più esattamente da “Pane da padrone”, secondo un’ appropriata definizione contenuta nel libro “La ragazza di Fònzerga”, scritto a due mani dalle vicentine Marta Prebianca e Maria Anna Polli, indubbiamente interessante per talune notizie sulla seconda guerra relative ai tedeschi.Fu in quel clima che Elena visse ? Sì, effettivamente visse tale realtà. Essa amava però decisamente l’eleganza, le piaceva distinguersi, curava molto la sua immagine mettendo i suoi risparmi nel vestire bene. Elena fu sospettata dai partigiani di possibili simpatie da parte dei tedeschi che allora presidiavano quei luoghi con comando a Villa Dolfin di Porcia. Essendo giovane donna di bell’ aspetto con cura di sé stessa era naturale che suscitasse delle simpatie. Diverse furono le versioni del come fu prelevata. I parenti mi informarono che Elena, per quelle inevitabili simpatie dei tedeschi,  temeva i partigiani ed aveva realmente confidato a diversi la paura di essere uccisa…. Fu prelevata nella sua borgata o, in ogni caso, al seguito di taluno raggiunse i pressi del cimitero di Pieve, luogo  evidentemente prescelto, dove le si pararono di fronte i carnefici. In una specie di processo d’accusa credo le siano state dette frasi indegne dell’essere umano, tali da allibirla..  Dalle testimonianze, non solo dei parenti, ma di cittadini di Palse e Porcia, Elena venne violentata dall’ intero gruppo e poi uccisa. Al rinvenimento del cadavere oltre a mortali colpi d’arma da fuoco furono notati segni laceranti di diverse pugnalate al collo, alle braccia ed al seno, prova di una ferocia bestiale. Una donna anziana di Fontanafredda, a cui, oltre quarant’ anni fa al tempo delle indagini sul caso , ero stato indirizzato, mi disse fra altre cose che restano a latere del giudizio sul delitto, che Elena era molto devota a Santa Rita da Cascia per cui ritengo che, prima di perdere conoscenza sotto lo i colpi d’arma e le crudeli pugnalate, lei l’abbia invocata. Il suo martirio va senza dubbio assunto a memoria luminosa ed a condanna, senza possibilità di appello, della crudeltà da sciacalli  che infangarono certe vicende partigiane. Un amico, sempre oltre quarant’ anni fa, mi  rilasciò alcune foto di partigiani del luogo, ritenuti i torturatori ed uccisori di Elena . Elena Del Ben, secondo la certificazione dalla Parrocchia di Palse, essendo nata il 3 settembre 1908 ed uccisa il 27 ottobre 1944 aveva, come già riferito in precedenza, 36 anni. Fu sepolta il 30 ottobre 1944 nel cimitero di Pieve, luogo isolato sprofondato nella quiete contadina, ma la storia non finisce qui. Nei giorni successivi al rinvenimento del cadavere il comandante tedesco di Villa Dolfin, un severo maresciallo che, si dice, intervenisse perfino nelle liti familiari quando taluno usava violenza, provvide rapidamente all’ arresto di alcuni partigiani sospettati, secondo soffiate, di essere gli autori del delitto. Sottoposti ad interrogatorio probabilmente confessarono, ma questo non fu dato di saperlo. Al termine dell’ interrogatorio, sotto scorta di alcuni tedeschi, detti partigiani furono fatti salire su uno dei tipici autocarri della Wehrmacht che fece sosta a circa a metà di via Correr. Qui uno dei tedeschi,  disse loro: “ Siete liberi, potete andare !” Scesi dall’ autocarro i partigiani si avviarono sulla strada ma, nel giro di pochi istanti, furono abbattuti da alcune raffiche di “Maschinenpistole”. Era il tipico metodo dei tedeschi che, in relazione all’ ordinanza Nacht und Nebel del 7 febbraio 1941, disposta da Hitler ma firmata da Keitel, accertata la colpevolezza e stabilita la condanna a morte, semplificavano l’esecuzione della stessa e, nel rapporto d’obbligo che inviavano a Berlino, precisavano che l’uccisione era avvenuta legittimamente mentre tentavano la fuga.
 20  luglio 2017  - riproposto il 30 agosto 2017                                                       

         PIER ARRIGO CARNIER



Pier Arrigo Carnier Ringrazio Margherita Nesich , Bruno Del Ben, Massimo Pighin, Giacomo Oberto, Angelo Geracitano e i molti altri, oltre duecento, per l' aver preso atto dei contenuti del mio post evidenziante la barbara uccisione di Elena Del Ben e ribadire a chi non vuol sentire  il massacro del centinaio di cosacchi di Avasinis  (prigionieri coperti da leggi di tutela) abbandonati insepolti per quattro anni, fatto su cui pesa un ' esecrabile connivenza di silenzi. Sempre per l' aver preso atto dei contenuti del mio post ringrazio Paola Di Sopra, Miurin Francesca, Luca Leita, Alena Stejskal. Non posso evitare di aggiungere che i due fatti dolenti per il significato di codanna che rivestono, a cui si aggiungono altri, uno dei quali l' eliminazione di una quindicina di giovani prigionieri calmucchi, che io vidi coi miei occhi il 3 maggio 1945 e lessi nei loro sguardi la paura della morte imminente, assassinati da partigiani carnici nei boschi sottostanti il monte "Piz di Mede" (Zovello), mentre era dovere consegnarli agli alleati che già avevano raggiunto Tolmezzo. I relativi corpi, violando principi elementari di civiltà, furono abbandonati in mezzo a un bosco come quelli di Avasinis ed i cui resti vennero rinvenuti diversi anni dopo da un imprenditore locale...Questo sudiciume morale da parte di elementi che poi si presentarono immondi  a celebrazioni partigiane con sventolio di bandiere rivendicando il merito di aver conquistato la libertà, in realtà ottenuta incontestabilmente sul campo dalle forze alleate angli-americane  e non dai partigiani, per chi realmente conosce la storia  è  veramente provocatorio.















mercoledì 13 febbraio 2019

L' ORS di PANI - PERSONAGGIO LEGGENDARIO


L' ORS di PANI - cav. ANTONIO ZANELLA

Mi è capitato,  navigando via Internet, di scoprire alcune di foto dell' Ors di Pani pubblicate da un collezionista che personalmente non conosco, di nome Alvaro Colosetti. In due di esse risulto assieme all' Ors che tiene una mano sulla mia spalla e di cui ovviamente posseggo originali e negativi fra  molti altri di foto scattate in occasione ai miei frequenti  incontri in anni lontani, nei primi decenni del dopoguerra. A fianco delle due foto, nello spazio dei commenti,  ho lasciato delle didascalie di cui riposto una :

Pier Arrigo Carnier Quello a sinistra sono io, Carnier Pier Arrigo assieme al caro amico di cui fui confidente cav. Antonio Zanella "Ors di Pani". Non a caso il destino mi volle testimone del duplice assassinio nella notte nevosa sul 5 marzo 1955 PIER PIER  CARNIER         (vedi foto nel mio Diario)

Le didascalie hanno destato vivo interesse  come infatti lo prova l' affermazione del signor Kelen Fabro che, qui di seguito, riporto :

Kelen Fabro sono letteralmente stupefatto da ciò che leggo. Incredibile  !!!
                             __________

Per chi non ha conosciuto la vicenda del cav. Zanella ( Ors di Pani) l' aggettivo stupefatto, da lei usato, è certamente appropriato.  Sono comunque io , assieme ad un ragazzo allora minorenne venuto con me, il testimone del duplice assassinio di Pani verificatosi nella notte sul  5 marzo 1955. Di conseguenza fui citato a comparire, come primo unico testimone (il ragazzo essendo minorenne non fu sentito )  al processo  d' Assise, celebrato nel 1956 in Udine. Via via nel tempo, come giornalista e storico italiano, pubblicai molti articoli revocando la tragedia di Pani ma, soprattutto, intesi a far conoscere l' immagine biblica dell' "Ors" e la  personalità di Maria, sul cui cadavere, all' indomani  del duplice assassinio prima di lasciare il casolare, scoppiai a piangere. Ero legato ad entrambi da motivata profonda amicizia e  confidenza. Uno scorcio dell' immagine dello Zanella è comunque inserito nel film documentario,  dal titolo "Cossackja"  della durata di due ore, la cui regia tratta dal mio libro "L'Armata Cosacca in Italia 1944-1945" fu realizzata, con la mia partecipazione,   da un' equipe della RAI-TV di Roma. Ritengo comunque di dare notizia anticipata che, dal mio editore (MURSIA-Milano) è  programmato, nel prossimi mesi, il lancio su piano nazionale di un mio volume che tenni a lungo preziosamente nel cassetto, dal titolo " L' ORS di PANI". I tedeschi dicono che, ciò che dura a lungo, è buono !!   

P.Scriptum. Maria era una donna d' intelligenza acuta. Fece delicate confidenze a mia moglie Wanda, che veniva con me in Pani. Amava peraltro raccontare dei suoi viaggi a Venezia, del suo piacere nel contemplare favolosi gioielli nelle vetrine e nell' entrare a chiedere il prezzo, consapevole che avrebbe potuto acquistarli. Maria mi ricordava talune importanti donne ungheresi che avevo potuto conoscere nei miei viaggi, assieme a mia moglie.

Non posso non ricordare che ai funerali del cav. Zanella e Maria intervenne un' enorme folla, di cui ho lasciato  memoria nel citato mio libro, quale dimostrazione di riconoscimento sociale  della personalità  dell' uomo nella cornice di un' aureola di leggenda. Era il simbolo di quella Carnia arcaica, che io amavo,  regno di pascoli e delle malghe dalla preziosa architettura spontanea, purtroppo lasciata andare alla dispersione dall' insensibilità  ed aridità di tempi nuovi. Non posso infine tralasciare di dire, con amarezza d' animo che, nel cimitero di Raveo (Carnia) la tomba dello Zanella e Maria, sepolti in un' unica fossa, ignorando che la stessa era rappresentativa di significati legati al  mondo etnico  e quindi di innegabile interesse ambientale, in applicazione di regole comunali,  che riterrei superabili a fronte di meritevoli motivate ragioni e circostanze, trascorso un certo periodo di anni, desolatamente non è stata conservata.

12 febbraio 2019       CARNIER PIER ARRIGO

sabato 9 febbraio 2019




A PROPOSITO DELLA TOCCANTE VICENDA UMANA DI SONJA WALDER
   

Sì, sono d'accordo , con quanto espressomi da lettori, sulla suggestione umana che può suscitare il profilo della vicenda di Sonja Walder, vista nel suo realismo storico dei fatti, la bambina cosacca dimenticata negli accampamenti della Drava nei giorni della tragica violenta consegna dei cosacchi ai sovietici da parte britannica, atto di incancellabile durezza e degradazione morale dei vincitori. Mi sento fiero, credetemi, di essere tra quei pochi, prima dello scrittore Tolstoj ed altri, ad aver denunciato internazionalmente i fatti della Drava sulla base di prove e valutazioni certe. Nel tempo sono arrivati poi i furbi, gli usurpatori di parte di mie documentazioni protette da Copyiright regolarmente acquisite e facenti parte con tutti i diritti del mio archivio, dei quali taluno, friulano, a prescindere da ciò che deciderà la giustizia, mi auguro di non trovarmelo davanti in particolar modo alle commemorazioni della Drava.

8 febbraio 2019 CARNIER PIER ARRIGO





Pier Arrigo Carnier Grazie a Lucia Var Bicco. che è mia nuora, a Giacomo Oberto e a molti altri lettori, di cui non faccio il nome, che si sono resi conto del mio legittimo risentimento per l' usurpazione di mie sacrosante fatiche di anni lontani. C'è gente che si mette a scrivere con le gambe allungate sotto il tavolino, senza affrontare il costo e l' impegno di ricerche, usufruendo di quelle altrui, ma naturalmente senza citare la fonte oppure servendosi di notizie raffazzonate da comari, e c'è anche l' editore locale da strapazzo che pubblica, cui si aggiunge il redattore che si crede importante  e  sforna un' accomodante recensione..., tutti elementi che ritengono di sapere tutto e invece non sanno niente. Addirittura mi è capitato anche di recente che, qualche saccente, non avendo il coraggio di rivolgersi a me per chiedere una concreta informazione, gira al largo facendomi pervenire un messaggio attraverso un prestanome. 
Purtroppo c' è questa maleodorante e degradante realtà sociale !!! 










venerdì 8 febbraio 2019

RICORDO DEI MIEI DIRETTI RAPPORTI COL GRANDE REGISTA INTERNAZIONALE FRED ZINNEMANN



RICORDO DEI MIEI DIRETTI RAPPORTI COL GRANDE REGISTA INTERNAZIONA-
LE   FRED ZINNEMANN


Fu all’ HOTEL POST - 5 stelle di Lienz(Austria,  modernizzato nel dopo seconda guerra, nel quale negli anni settanta (1970) ebbi gli incontri col grande regista internazionale Fred Zinnemann, l' ideatore dei film "Mezzogiorno di fuoco" e " Sette giorni un' estate", quest' ultimo girato nelle alpi svizzere la cui delicatezza ed umanità mi fece piangere !! Fu Zinnemann, ebreo intelligentissimo, dopo aver letto il mio libro "L' Armata Cosacca..." e su consiglio di storici britannici, a volermi conoscere, incontrare  e nominarmi, da subito, suo consulente onde  affrontare insieme la regia e scenografia di un film  incentrato sulla tragedia cosacca della Drava. Non posso dimenticare che, già al primo arrivo da una notevole folla all'ingresso e nella Holl dell'Hotel, giovani austriaci e molte donne eleganti, nei miei riguardi  si  levarono grida di "hurrà fur die Kosaken", "hurrà fur die Kosaken" (Hurrà per i cosacchi...).Piacque a Zinnemann la conoscenza di dettagli che io avevo acquisito sull' organizzazione cosacca ed in rifermento ai fatti della Drava, al volontario suicidio collettivo dei cosacchi per annegamento nel fiume in piena, piuttosto che subire il rientro nella Russia sovietica di Stalin, al retroscena britannico del come agire e al ruolo di Mec-Millan, plenipotenziario del Mediterraneo per gli alleati anglo-americani. Si sarebbe partiti con la regia dalle colonne cosacche in marcia nel villaggio di Timau nell' alta Carnia, all' inizio del calvario del Plockenpass. Io proponevo introdurre inizialmente alcune immagini di partigiani della Garibaldi, quali Mirko e Grifo..., ma Zinnemann valutò diversamente. Approvò, invece, una scena introduttiva iniziale che io proposi, intesa ad evidenziare la vecchia grande Carnia, dove delle pattuglie tedesche della Wehrmacht, in coincidenza all' inizio dei grandi rastrellamenti di fine estate 1944, invitano pastori e malgari della zona di confine a lasciare frettolosamente le malghe, per cui  sarebbe stata girata  la scena di tipici pastori che, con dialoghi motivati nell' effettivo idioma carnico, lasciavano  le malghe "Moraret", "Chiaula Granda"e "Pieltinas." Ovviamente la scena madre della regia concerneva l'azione della forzata consegna dei cosacchi all' URSS e quindi la tragedia della Drava, decisione sancita alla conferenza dei tre grandi a Yalta, prima della fine della guerra, e relativo retroscena onde coprire e superare violazioni di norme internazionali sulla protezione dei prigionieri, che  i cosacchi lo erano per cui andavano protetti. In quanto alle comparse della cavalleria cosacca attraverso valide conoscenze, ed in particolare su consiglio della direzione della Scuola militare di cavalleria di Pinerolo, mi riuscì di risolvere il problema. Il Governo della Danimarca, il cui esercito disponeva di un brillante reggimento di cavalleria, risolte alcune norme burocratiche, era disposto a concedere uomini e mezzi di tale reggimento. Era stato più o meno risolto anche il problema dei luoghi dove girare alcune scene rilevanti. Purtroppo per ragioni politiche la 20 Century Fox Francese che si era impegnata a produrre il film, d'intesa con Zinnemann, si vide costretta a decidere la sospensione del progetto. E' passato ovviamente molto tempo,  ma non è detto che, attualmente, non vi possa essere un qualificato regista disposto a riattivare e dare esecuzione al  prezioso importante progetto nei cui alti valori il grande Zinnemann ci credeva.

8 febbraio 2019                             CARNIER PIER ARRIGO

mercoledì 6 febbraio 2019

VOLUME SULLE VICENDE COSACCHE



VOLUME USCITO IN GERMANIA ED AUSTRIA NEGLI ANNI SETTANTA, DEL QUALE SONO COAUTORE DAL TITOLO "COSI' I COSACCHI PASSARONO PER L' INFERNO" SO GINGEN DIE KOSAKEN DURH DIE HOLLE".


L' amico  Vadim Revin  del gruppo cosacchi emigrati di RASTENBURG (Germania) mi scrive di recente quanto vedngo  qui di seguito  a riportare :

<Caro Pierre, sei un uomo felice.  Hai visto e conosciuto personalmente i veri cosacchi.  Uno di questi è l' ataman Naumenko.  Non molto tempo fa, ho comprato un libro sui cosacchi di Lienz in una libreria tedesca.  Nelle sue immagini ci sono le foto che hai scattato.  Grazie per un regalo così prezioso per noi, i discendenti dei cosacchi.. ( Nota). Ho una piccola figlia.  Ha 4 anni e le dico che tipo di tragedia hanno sofferto i cosacchi a Lienz.>....
                                                                                         Vadim Revin
                                                                               
Nota. 
Si  tratta del libro " COSI' I COSACCHI PASSARONO PER L'INFERNO ", "SO GINGEN DIE KOSAKEN DURCH DIE HOLLES ", pubblicato in Germania ed Austria negli anni settanta, autore Wenzel, ma che contiene miei scritti e documenti, cioè di Carnier Pier Arrigo quale coautore, nonchè  del generale cosacco Polosow e di  Emil Winkler ex Burgermeister  di Lienz nel periodo di regime nazionalsocialista. che fu mio carico amico.


Vadim Revin ha ragione riconoscendo l 'importanza di aver conosciuto i veri cosacchi che effettivamente io ebbi a conoscere  e, come già scrissi,  conobbi anche le centinaia di   superstiti della tragedia della Drava del giugno 1945, ricoverati  nelle baracche di Lager "Peggetz",   dai quali  appresi le sofferte vicende. La famigerata consegna venne affidata dai britannici a contingenti di forze della Brigata ebraica  "Jevis Brigade" fatte arrivare da Tarvisio dove, a fine guerra,  la stessa si era acquartierata. La consegna forzata fu terribile ed al riguardo, quale  autentico pioniere, scrissi molto rievocando la disperazione del gran numero di cosacchi  che, ostinatamente contrari al rientro nell' URSS sotto il regime di Stalin, preferirono suicidarsi gettandosi nella  Drava in piena, dove annegarono. Ma non è tutto,  c'è  molto  altro. Uno dei superstiti, tra uomini e donne oltre trecento,  mi raccontò  che, ad un sergente cosacco membro della musica reggimentale che, da una ferita in testa perdeva sangue, irrigiditosi  nel rifiutare di incolonnarsi  per salire sui vagoni merci della consegna, un brigatista  vibrò un colpo col calcio di fucile che lo  fece stramazzare a terra...Ma soprattutto  rimase  indimenticabile in me  quanto mi riferirono dei testimoni austriaci di Oberdrauburg, nella  Carinzia. Mi dissero che, alla stazione del luogo, durante la breve sosta delle tradotte dei deportati destinate nell' URSS, la cui consegna alla polizia sovietica avveniva  Judenburg nella Stiria,  si levavano urla di disperazione e, avvicinandosi, si sentivano pianti convulsi..Ogni qualvolta tornavo in Austria, passando per Oberdrauburg  e percorrendo  la splendida valle Drava (Drautal)  dai meravigliosi monti Tauri di sfondo, la memoria dei fatti della consegna suscitava in me  un' inevitabile commozione...
 06 febbraio 2019                                 CARNIER PIER ARRIGO 
  • 06 febbraio 2019 CARNIER PIER ARRIGO

 06 febbraio 2019                                 CARNIER PIER ARRIGO               

lunedì 4 febbraio 2019




PIER ARRIGO CARNIER


PORZUS   :   7 febbraio  1945

CONVERSAZIONI CHE POTREBBERO INTERESSARE

TERASSO. Dove posso trovare diffusamente quanto leggo qui ? Grazie. "Un altro gruppo di autori concentrò la propria attenzione sulle responsabilità degli osovani in relazione ai loro contatti con la Decima Mas, che avrebbe quindi, se non giustificato, quanto meno reso comprensibile la reazione di Toffanin e i suoi: su tale aspetto insistettero per esempio Pierluigi Pallante (1980) [21] e Pier Arrigo Carnier (1982)

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Risposta di CARNIER

La pagina nr. 181 del mio volume "Lo Sterminio Mancato-Mursia 1982, di cui copia in mano alla Suprema Corte di Giustizia di Israele, trasmesso alla stessa dal mio amico grande storico britannico e docente ad Oxford, prof. Gerard Fleming, ed alle varie università europee, contiene le mie precisazioni storiche, su cui sono documentato. Lerch, capo si Stato maggiore dell alto comando SS. e Polizia tedesco a Trieste a fianco di Globocnik, e pure mio caro amico, testimonia che von Alvensleben, Platzkommandantur ad Udine, aveva annodato le fila con L'Osoppo mediante collegamenti..Si dice.poi, nella stessa pagina, dei contatti del principe Valerio Borghese tramite il colonnello Morelli con l'Osoppo per una fusione con la Xa MAS.. Su questi argomenti sono stati pubblicati miei grandi articoli su cui gli osovani hanno fatto silenzio. Ultimo mio articolo pubblicato su Trentino Indipendente un anno due fa, rivelava il documento del Prefetto di Udine dove risulta che l' Osoppo chiese due volte agli alleati il bombardamento terroristico della città di Udine ( documento di cui ti ho dato fotocopia in occasione alla mia intervista - in data 8 novembre 2018). Su Porzus ho ben altri documenti che smantellano le invenzioni via via sbandierate dai soliti pennaioli. Con Giacca (Toffanin Mario) ho avuto molti incontri a Scoffie in Slovenia e quindi vagliato la vicenda Porzus in tutte le sue angolazioni. Giacca ha agito esecutivamente, ma coscienziosamente consapevole di compiere un ' azione motivata perchè sapeva molte cose, di cui io stesso sono a conoscenza. Vikipedia è informata di questa mia conoscenza di argomentazioni riservate e mi ha invitato a parlare. Altre vicende pesano sull' operato dell' Osoppo, fatta di attendisti e che io rivelerò se il Padre eterno mi conserva in salute. Parlerò ancora, come ho già fatto nel mio ultimo libro "Cosacchi contro Partigiani", di quel banale programma dell' Osoppo, concepito da partigiano don Lino ( don Moretti ). Fosse solo per la richiesta dei due bombardamenti terroristici l' Osoppo (medaglia d' oro
??9 dovrebbe uscire di scena dalla storia...
.29 gennaio 2018 - CARNIER PIER ARRIGO

Commento conclusivo

Cari lettori, degnatevi di leggere queste mie precisazioni fatte ieri sera tardi 29 gennaio, in risposta a richiesta del conduttore TV. Terasso - Canale 110-Udine il quale, evidentemente intende trattare l' argomento in coincidenza dell' imminente 07 febbraio, ricorrenza dell' azione su Porzus attuata sotto il comando di "Giacca"(Toffanin Mario) che personalmente conobbi e col quale, a più riprese, affrontai in Slovenia l' accurata disamina dei fatti. Le mie precisazioni contengono le motivazioni che costituirono la causale, verificatesi nel quadro degli eventi di quel momento storico carico di tensioni, che Giacca, capo di formazioni GAP (Guardia Armata Partigiana) operanti nell' area del Friuli orientale, conosceva (come io stesso conobbi mediante accurate informazioni e riservate confidenze). Fu lui ad informare i vertici del P.C. sulle ragioni punitive a carico dell' Osoppo,  avverse ai principi resistenziali, voglio dire cioè che non fu semplice strumento esecutivo ed ebbe poi l' ordine di agire. Porzus, sotto il profilo storico, fermo restando il rispetto per le vittime, non fu un eccidio, ma un' esecuzione ampiamente motivata. Al riguardo naturalmente la storiografia ufficiale ha costruito la sue versioni di comodo redatte a tavolino dalla consueta consorteria.
30 gennaio 2019 CARNIER PIER ARRIGO.

sabato 2 febbraio 2019

ECCO CHI TIRAVA I FILI DELLA GESTIONE RESISTENZIALE DELLA CARNIA - 1944-1945


Cari amici e lettori, prima di esporre vicende  della resistenza, riferendomi agli eventi verificatisi in Carnia ed anche  nel Friuli, premetto che, da tempo, il clima dominante della prevalente politica gestionale nella gerarchia degli enti  d' informazione, stampa e TV. ed ogni altro mezzo informativo di contorno, salvo poche   eccezioni, risulta categoricamente impegnato  ad evitare   rivelazioni incresciose sulla stessa  onde non offuscare l' artificiosa aureola aulica  creatavi intorno  o, in ogni caso, ove  capitasse di fronteggiare situazioni negative, cercando di  renderle irrilevanti ed è  questa   la norma ormai consolidata.
Di recente, in funzione dei contenuti del mio ultimo libro "Cosacchi contro Partigiani,-Mursia - Milano e di mie dichiarazioni diffuse da un Canale TV., ho ricevuto telefonate interlocutorie di  apertura ad un dialogo costruttivo interessato a conoscere delle verità nascoste e da me solo in  parte rivelate e quindi a capire  l' autentica resistenza, disinnescata dall' aureola glorificante costruita necessariamente per dare un senso conveniente alla coscienza nazionale, fenomeno tipico italiano ed anche francese, ma non tedesco. I tedeschi hanno perduto la guerra pagando un prezzo altissimo,
ma non  si sono svestiti delle loro responsabilità, mentre gli italiani, maestri di trasformismo,  si sono gettati in braccio all' avversario plutocratico anglo americano disconoscendo il proprio passato fascista, sebbene il fascismo, a prescindere dalle cause della guerra, aveva portato l' Italia in una  posizione rispettabile.
Emerge quindi, seppure lentamente,  quella verità cui io ho dedicato per decenni il mio impegno culturale storiografico, non per svalutare  la resistenza, ma per stabilire la sua autenticità e l' orientamento.

IL CRIMINE PARTIGIANO DEL MASSACRO  DI UN CENTINAIO DI PRIGIONIERI COSACCHI (MILITARI E PROFUGHI CIVILI) SULLE MONTAGNE DI AVASINIS, DA ME RIVELATO

Grande effetto ha prodotto la concreta rivelazione del massacro, per mano partigiana (Osoppo e Garibaldi.), del centinaio di cosacchi arresisi ai partigiani  nell' aprile 1945  ad Avasinis,  su garanzia  di avere salva la vita, con avallo del parroco locale, ed invece uccisi ed abbandonati senza sepoltura, lasciando i resti sul luogo per ben quattro anni,  tant'è che solo il 15 ottobre 1949 la Pretura di Gemona, con documento  ordinatorio che detengo nel mio archivio, ne dispose la ricognizione e  quanto vi consegue e la sepoltura. Assieme alle  spoglie non risultarono ricuperabili nè dei piastrini di riconoscimento (Erkennung Marke), nè  documenti od altro  ed è ovvio, che fra gli effetti personali,  i prigionieri tenevano del denaro e questo evidenzia il reato di appropriazione indebita ed anche l'intento premeditato di non lasciare tracce dell' identità delle vittime onde togliere la possibilità di dar luogo a un procedimento penale d'ufficio. Si tratta di  ulteriore  reato che, assieme all' appropriazione indebita, viene ad aggiungersi al crimine del massacro, ma non risultò che fosse stato disposto alcun procedimento.
Ho notato che il citato documento della Pretura suscita timore, come una bomba inesplosa.
Rivelazioni scomode traspaiono poi dalle notizie della battaglia  di Ovaro, perfettamente descritta motivando da chi dipese la volontà  decisiva con nota nr.. 15 a pag. n. 170   del mio volume " L'Armata Cosacca in Italia 1944-1945". Si afferma in detta nota che, l' azione su Ovaro, fu decisa  su pressioni di una coalizione di notabili industriali,  legati all' organizzazione anticomunista Osoppo, argomento scottante probatorio che, a partire da fine estate 1944, il mordente della resistenza carnica rossa aveva perduto l' aggressività iniziale,  essendo intervenute delle segrete intese raggiunte bilateralmente, dalla coalizione  di notabili industriali , sia con l' Osoppo che con la Garibaldi, sulla base di  un appoggio finanziario e, a tal riguardo posso riferire che, agli inizi del luglio 1944, su disposizione del mio titolare (L.D.A.) uno dei notabili, prelevai io stesso nella banca del mio paese, 300mila lire, che io presente furono consegnate al commissario della Garibaldi  "Arturo" Aulo Magrini, caduto giorni dopo, il giorno 15/07, in un' azione contro i tedeschi a località "Ponte di Noiaris" della val But in Carnia. Esisteva quindi un' intesa che conferiva potere alla coalizione dei notabili industriali. epoca dell' intesa  l' aggressività iniziale della Garibaldi, fondata su principi ideali di tendenza filo stalinista, apparve allentata e addirittura l' Osoppo si sentì associata a tale coalizione di notabli e quasi subalterna. ". Il tutto però faceva perno, con la funzione di  dominus  nel commissario tedesco Franz ing. Gnadlinger, referente del Gaulaiter (Supremo commmissario) dott.Friedrich Rainer. Come scrissi nel menzionato volume le intese  raggiunte ponevano un freno al < mitra facile> e limitavano il potere decisionale partigiano. Ma il compromesso, in generale, svuotava dei contenuti essenziali la lotta rivoluzionaria.  L'unico che aveva fiutato il pericolo e  si era opposto a questo <connubio tra il diavolo e l'acqua santa> era stato il capo partigiano "Mirko" (Arko Mirko) che , successivamente, venne  emarginato e , alla vigilia della liberazione, assassinato su su mandato onde ridurre al silenzio il  proposito dichiarato del medesimo di denunciare, agli alleati in arrivo, talune  vicende resistenziali tra cui l' assassinio di sei ufficiali delle missioni alleate accreditati presso i partigiani... e fui io, non i partigiani,  ad informare i familiari e la competente autorità iugoslava per cui, affinchè provvedessi a tutti gli approfondimenti del caso, ciò che infatti feci con impegno, fui nominato  procuratore irrevocabile.
Nel periodo resistenziale, come già  precisato in narrativa, essendo stato a fianco, quale dipendente amministrativo,  di uno degli industriali della coalizione di notabili (L.D.A.), membro di rilievo del C.L.N.  "Val Gorto",   fui testimone di  un retroscena di incontri e varie vicende tenute a lungo segrete, ma delle quali ritengo di poter parlare. Al menzionato industriale, membro del C.L.N. facevano segretamente capo dei delatori partigiani della Garibaldi che riferivano sulle azioni operative ed altro ...ed al riguardo ebbi motivo di ritenere che ricevessero qualche  compenso in denaro. Merita evidenziare che, dagli inizi del 1944 fino al volgere dell' estate,  l' ala  di sinistra resistenziale, cioè la resistenza rossa rivelava un concreto orientamento ideologico e mirava chiaramente ad un futuro comunista-stalinista. Gli appartenenti alle formazioni della Garibaldi, dal fazzoletto rosso attorno al collo, portavano nella bustina copricapo l' insegna della stella rossa comunista. Solamente dopo la svolta di Salerno verificatasi nell' aprile 1944 dove,  per volontà del tribuno comunista Palmiro Togliatti che agiva sul direttive di Stalin ( finalizzate a trovare un compromesso tra antifascisti, monarchia e Badoglio per la  formazione di un governo di unità) fu deciso che l'insegna comunista della stella rossa, posta sul copricapo, fosse collocata  sul fondo tricolore della bandiera italiana.  Ovviamente  detto particolare ed altre provvedimenti costituivano solo un aspetto ammorbidente, mentre l' obbiettivo essenziale era la costituzione, a fine guerra, di un governo social comunista.

                                                               L' INTESA  SEGRETA

Tornando alla Carnia un' intesa segreta intercorreva il membro del C.L.N. "Val Gorto", ing. Rinaldo Cioni direttore delle miniera di Ovaro ed il commissario tedesco Franz ing. Gnadlinger ispettore tedesco addetto al controllo delle aziende vincolate alle necessità belliche nel territorio dell' Adriaisches Kustenland,sottoposto a sovranità tedesca.  Cioni, a sua volta, era collegato con filo diretto all' industriale e membro  del C.L.N. contitolare dell' azienda industriale ed amministratore delegato della stessa  al cui fianco operavo.  Gnadlinger e Cioni  ebbero  degli incontri riservati a Tolmezzo ed entrambi assieme col mio titolare nella sede aziendale. Erano questi i legami sostanziali  su cui il Gnadlinger, nella veste di referente, informava il  supremo commissario dott. Friedrich Rainer con sede a Trieste il cui obbiettivo, in riferimento al territorio amministrato dell' Adriatisches Kustenland con  particolare attenzione al Friuli e la Carnia, era un ritorno alla normalità. Verso fine estate le forze resistenziali della Carnia, non assolutamente nell' entità ed organizzazione  falsamente fatta credere da una propaganda faziosa nel dopoguerra, idealmente di prevalente fede comunista-stalinista,  risultarono disposte a non ostacolare  gli orientamenti  della menzionata coalizione formata dai notabili e strettamente  legata  all'"Osoppo"  e  dei  segreti collegamenti col commissario tedesco Gnadlinger. In ogni caso, in coincidenza dell' inizio dei grandi rastrellamenti tedeschi  a fine estate 1944, la Garibaldi aveva perduto la sua aggressività rivoluzionaria iniziale.

L' apertura  di Rainer nei confronti alla coalizione dei notabili della Carnia  aveva  in contropartita su una precisa richiesta, formulata in una lettera che l'ing. Gnadlinger fece recapitare all' ing. Cioni, direttore delle miniere di Ovaro, resa nota  a pag. 133 del mio volume "Lo  Sterminio Mancato "-Mursia-Milano 1982, che qui di seguito riporto : -" Sarebbe quanto mai opportuno se Ella potesse farmi avere una dichiarazione approvata dalle persone più in vista di tutta la Carnia in cui si aspira e viene affermata la volontà di tutti di voler ritornare al lavoro e di collaborare sinceramente con noi. Detta  dichiarazione mi sarebbe utile per potere, a mia volta, confermare quanto già da tempo vado predicando presso le Autorità competenti.  Ella comunque sa quanto io abbia fatto per il benessere della popolazione della Carnia e Le assicuro che non mancherò di \prestare le mia opera disinteressata anche in seguito".
Occorre qui precisare che il supremo commissario dott Rainer, di cui la richiesta tramite  Gnaglinger rifletteva il  pensiero, coltivava fermamente il proposito,  riferito nel citato mio volume, di "" ...una lenta annessione del Friuli, Carnia compresa, al III° Reich o, in ogni caso, alla  Grande Austria, del cui progetto è riferito a pag. 236.
Ciò premesso, in riferimento alla proposta  fatta  da Gnaglinger in nome di Rainer, che  impegnava le persone più in vista della Carnia e quindi simbolicamente l' intera popolazione  ad affermare la propria volontà di sincera collaborazione coi tedeschi che presidiavano il territorio e sul quale, per decreto di Hitler,  avevano sovranità,  la coalizione dei notabili comprensibilmente non aderì,  per due essenziali motivi. Il primo consisteva nel  fatto che, nel frattempo, come accennato  in narrativa, i notabili avevano raggiunto un' accordo  coi partigiani concedendo agli stessi  dei finanziamenti commisurati alle singole realtà economiche  con l' intesa, in contropartita che, certe decisioni dell attività resistenziale dovevano avere il preventivo  assenso dei notabili di Comeglians. Il secondo e forse il più incisivo, portatore di una ventata di speranze sull' imminente futuro delle vicende di guerra legate alla realtà italiana, era dovuto al fatto, tenuto segreto che, un agente delle missioni alleate, munito di radio ricetrasmittente, sfuggendo al caos dei    rastrellamenti tedeschi era stato ospitato  da uno dei notabili, l' industriale cav. U.De Antoni. nella propria aggraziata  villa posta alla periferia nord di Comeglians, per il quale  stante la segretezza, organizzò un rifugio nella soffitta. Ciò che conta è che,  il detto agente attraverso il proprio canale di collegamento col superiore comando posto nel sud Italia, favorì l'apertura di un dialogo per possibili  richieste  informative nell' interesse della coalizione dei notabili ed altro. La coalizione teneva quindi i piedi in più staffe : godeva da un lato della protezione tedesca da parte del Supremo commissario, aveva stabilito un' intesa tranquillizzante coi partigiani comunisti, mentre coi bianchi (Osoppo) non vi erano problemi ed aveva aperto un canale informativo con gli alleati. Bisogna riconoscere che nel clima di incertezze regnante in quel periodo, dal confine incerto tra il sicuro  e l' insicuro,  tale linea di comportamento fu senza dubbio abile.
L 'ing Gnadlinger giunse ad Ovaro dove aveva indetto una riunione riservata coi notabili, dopo il 20 ottobre. Rilevò che alla richiesta dichiarazione scritta di una sincera fattiva collaborazione da arte delle persone più in vista della Carnia si era risposto col silenzio e tuttavia, stante il clima carico di tensioni provocato dai rastrellamenti non insistette sull' argomento, ma affrontò decisamente la questone " eliminazione individui", come precisai a pag. 136 nel mio citato volume. In pratica, senza mezzi termini, l' ing. Gnadlinger proponeva come soluzione di trovare i mezzi, per eliminare e ciò uccidere  gli elementi sanguinari, e cioè dei capi ormai noti responsabili direttamente o fomentatori di uccisioni sul piano politico e addirittura per questioni ed odi personali onde imprimere all'attività partigiana carattere puramente patriottico.
 I rastrellamenti tedeschi di fine estate si spinsero nell' autunno. In adeguamento alle direttive del maresciallo britannico Alexander l' organizzazione Osoppo si sciolse lasciando pochi nuclei dislocati in zone diverse in attesa di una possibile ripresa dell' attività in primavera o al momento del presunto imminente fine guerra. La Garibaldi, in seguito ai rastrellamenti, subì notevoli perdite dovute ad esecuzioni e deportazioni in Germania per cui si ridusse a delle formazioni superstiti e, a tal proposito, sento il dovere di precisare  che,  in un momento oscuro di palesi gravi difficoltà e  dissoluzione, in una riunione segreta tenuta il 20 novembre 1944 nell'alta valle di Pani, presenti vari comandanti della Garibaldi e taluni dell' Osoppo, fu il commissario  "Andrea"  (Mario Lizzero) ad imporre con energia e capacità persuasiva la continuazione della resistenza sui monti della Carnia.
I rapporti Cioni - Gnadlinger , continuarono anche dopo i rastrellamenti, in maniera piuttosto formale.
Nel caso da parte tedesca vi fosse stato qualche proposito di intervento antipartigiano nella zona  Carnia ed in particolare nella val Gorto, la mia valle,  un segnalatore tedesco, via telefono,  informava,  con frasi convenzionali,  l'ing. Cioni, direttore delle Minere di Ovaro e membro del C.L.N.  cui fu anche presidente. Fra le  maestranze alle sue dipendenze, dopo i rastrellamenti tedeschi , aveva trovato copertura protettiva un' entità  rilevante di partigiani comunisti ed i tedeschi ne erano informati, ma andava bene così. Ai fini della  normalizzazione voluta da Rainer ebbe anche  a verificarsi che l 'ing, Gnadlinger  lo assicurasse che la presenza di partigiani comunisti slavi in  Carnia era stata del tutto eliminata in Carnia  e  le esistenti formazioni partigiane  erano, a suo avviso,  animate unicamente da sentimenti patriottici, realtà che i tedeschi ritenevano compatibile, il che però non era vero per cui si trattava di un' autentica invenzione.
Dal punto di vista storico, in riferimento all' organizzazione partigiana Garibaldi,  al dilà dello sconfinamento in certi degradanti aspetti  tipici delle insurrezioni, ma per la coerenza dell orientamento a sinistra ispirato dall'  obiettivo di giustizia ed uguaglianza sociale in nome delle classi soccombenti con  progetto di profonde   riforme, ed anche  con l' accettazione di ventilate intese miranti a sottoporre l' area dell' Adriatisches Kustenland  e parte della stessa alla sovranità iugoslava,  , merita di essere considerato, trattando anche il profilo di alcuni protagonisti guida quali il già menzionato "Andrea,  "Mirko", "Grifo", "Giacca" ed altri. Si tratta degli effetivi propositi di fine guerra della sinistra, di fatto  accantonati a fine guerra sante la presenza sul territorio nazionale delle divisioni corazzate alleate.
In riferimento all' inverno 1944 ritengo di rievocare un fatto realmente accaduto in val Gorto che, come già precisato era la mia valle  Un aereo alleato decollato da una base del Sud, previe intese convenzionali, provvide al lancio di rifornimenti  ai partigiani in prossimità del mio paese, i cui contenitori caddero però in buona parte in mano ai caucasici che presidiavano la zona. Seppi da alcuni di essi, che coabitavano in casa che  in   contenitore, fa molte confezioni di tè di Cejlon, fu trovata una consistente cassetta redgalo contenente dei dolci e delle bottiglie di spumante, il tutto con il nome di ufficiale alleato con l' augurio di Buon Natale.  Naturalmente i caucasici non riuscirono a sapere dove  si trovasse l' agente alleato. Si dà il caso che, nella stessa villa dove l' agente era stato sistemato nella soffitta ,  trovò alloggiamento, verso fine autunno 1944,  il comandante di un  reggimento della Legione georgiana  giunto  ad acquartierarsi  al mio paese. Si trattava del colonnello Fridonio Zulukize il quale, stante la poderosa avanzata sovietica verso occidente, considerando   irrealizzabile l' obbiettivo della liberazione della Georgia per il quale notevoli  forze georgiane, costituite da emigrati risalenti alla prima guerra mondiale e prigionieri della seconda concentrati nei Lager tedeschi si erano poste al servizio della Germania, aveva  assunto un atteggiamento attendista ed inoffensivo verso i partigiani. Il colonnello, essendo stato cautelativamente  informato sulla presenza clandestina dell' agente alleato,  ritenne  in qualche modo di servirsene. Messo in contatto con l' agente chiese di inoltrare una richiesta di protezione, considerata imminente la fine della guerra, per le forze georgiane ed i profughi al seguito, nel senso di  essere sottratti al rischio della consegna ai sovietici ed avere destinazione  negli USA o in qualche paese del Commenwalt.  L' idea fu accettata a condizione che, in contropartita, il  reggimento georgiano, armi e bagagli, passasse a fianco dell' organizzazione partigiana. Zulukize e il suo Stato maggiore  furono d'accordo e Osoppo il 29 aprile 1945, in Comeglians, presso la sede amministrativa di altro industriale della coalizione, G: De Antoni, presente il colonnello  Zulukize e i suoi collaboratori, due esponenti osovani, il comandante  Paolo ed il commissario politico Flavio della 2a Brigata Osoppo-Friuli, sottoscrissero l' accettazione del passaggio delle  truppe georgiane alle dipendenze della 5a Divisione Osoppo-Carnia-Pal Piccolo. Dei tre  originali dell' atto, uno venne rilasciato, quale teste, all' Amministratore della citata azienda che in seguito volle donarmelo per cui lo pubblicai  nel mio volume "L'Armata Cosacca in Italia 1944-1945".
Il reggimento georgiano ed il  seguito dei profughi, dopo la firma dell' atto si spostarono ad alcuni chilometri verso nord-ovest nel capoluogo di Forni Avoltri, in attesa delle forze britanniche che celermente avanzavano,   segnalate  in arrivo  verso la Carnia attraverso il Cadore. Seppi da fonte certa che, nel nuovo insediamento di Forni Avoltri, l 'avvenuto passaggio del reggimento georgiano alle dipendenze del' Osoppo dette luogo ad una forte reazione, allorchè giorni dopo,  fu proposto di affiancare gli osovani in un attacco, su cui verrò a breve a riferire, contro i cosacchi  del presidio di Ovaro per indurli alla resa Si verificò infatti una forte lite tra parte dei georgiani contrari all' affiancamento all' Osoppo e quelli favorevoli e si arrivò ad uno scambio di revolverate che provocarono dei feriti.
Elementi dell' Osoppo, scioltasi nell' autunno, si ricomposero vennero a colloquio riservato col mio titolare, onde apprestarsi a formulare le  proposte di resa, primariamente ai presidi cosacchi della valle. Fra gli stessi notai il capo osovano "Max", Enzo Noro da Sutrio che conoscevo. C'era un clima di fervore e di tensioni nell'attesa di eventi. Un membro osovano del C.L.N. di Gorto, il conte Burgos, indossando l' uniforme da ufficiale della Regia Marina, si presentò a Tolmezzo a proporre la resa al Comandante dell' Armata Cosacca, richiesta che fu respinta e venne allontanato. In realtà il medesimo, essendo  membro del C.L.N.  Val Gorto avrebbe agito al di fuori delle sue competenze.
La moglie di uno dei notabili passò nel mio ufficio e mi dette delle fasce di un tessuto di tela bianca, preparate per essere infilate nel braccio sinistro, dai membri e collaboratori del C.L.N. su cui, con un pennello appropriato ed inchiostro nero di china, dovevo segnare le menzionate tre iniziali, ciò che infatti feci. La dichiarazione ufficiale di fine della guerra era imminente di minuto in minuto. Le notizie dell' avanzata alleata incalzavano prepotenti. Sembrava tutto facile, tutto risolto. I presidi cosacchi dell' alta Val Gorto , di Forni Avoltri e Rigolato, su intimazione partigiana si erano arresi, quelli di Chialina e di Ovaro, invece resistevano rifiutando categoricamente la resa   essendo loro proposito  ritirarsi, stante anche la presenza, lungo la strada che si snodava a sud  verso Villa Santina,  di oltre trentacinquemila cosacchi in sosta, bloccati dai partigiani ad Ovaro dai nella prosecuzione della marcia. Nella coalizione dei notabili industriali l' idea di ottenere la resa di Chialina-Ovaro e della massa dei cosacchi bloccata a sud del capoluogo si era fatta impellente ed irrinunciabile.

O V A R O

La resa doveva suggellare trionfalmente l’ operato della coalizione dei notabili industriali che, appoggiata dall' Osoppo, aveva sovranità decisoria. In un’ultima riunione segreta dei membri del C.L.N. e capi partigiani la sera del 1° maggio, in una casa isolata alla periferia nord di Chialina, era stato deciso di rimanere in posizione di trattativa coi cosacchi, ma a modificare le opinioni di alcuni membri del C.L.N.  giunsero alla riunione dei nuovi elementi, borghesi, col fazzoletto verde al collo quale attestazione di fiancheggiamento all’ “Osoppo” (si  trattava di alcuni imprenditori dell’ industria del legno e qualche altro) i quali col capo partigiano Paolo dell “Osoppo” riuscirono a far prevalere l’opinione di attacco del presidio. A pag. nr. 170 del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”- con nota in calce nr. 15 è incontestabilmente affermato:- L’ opinione dei nuovi elementi ( imprenditori dell’ industria del legno e qualche altro), che rafforzavano il C.L.N. ebbe prevalenza e l’ attacco fu progettato per l’ alba. L’ idea dell attacco era quindi il volere di una terza forza, di natura borghese, che costituiva una corrente a sè stante appoggiata dalla brigata “Osoppo”.
Presto nel mattino del 2 maggio 1945 nella mia valle tutti sentirono un' esplosione che fece vibrare i vetri delle finestre. Si trattava del brillamento di una carica di dinamite, fatta esplodere su iniziativa dei partigiani dell' Osoppo, che provocò nel villaggio di Chialina,  posto ad alcuni chilometri a sud del mio paese, il crollo di  una caserma dove stavano  alloggiati dei cosacchi,  taluni con le proprie famiglie e quindi con donne e bambini. Ovviamente la gran parte decedette sotto il crollo salvo una ventina di feriti. A tal riguardo debbo doverosamente precisare che la carica di esplosivo fu collocata da due giorgiani ( Romano Todua e Georg Lolua) che poi, rimasti in Carnia, sposarono donne locali. Poco dopo, potevano essere le sette del mattino, ed io assieme ai miei  ero appena alzato, avvertimmo all' esterno uno scalpiccio di  cavalli e sentimmo bussare alla porta. Aprimmo. Sull' uscio comparvero diversi cosacchi, di cui  due ufficiali, mentre un cosacco di fianco alla casa badava  ai cavalli. Entrarono  in casa ed uno dei due ufficiali  chiese in tedesco a mio padre che parlava tedesco  se, nel villaggio, ci fossero dei partigiani, quanti e di quale brigata :- "Non ve ne sono . Vi sono solo i georgiani, circa un migliaio, e sono in fondo al villaggio , passati a fianco dell' organizzazione partigiana Osoppo", rispose mio padre. L' ufficiale chiese poi  se la strada, che proseguiva per l' alta valle, fosse interrotta e in quanto tempo si sarebbe potuta raggiungere l' Austria,  al  che mio padre dette tutte le necessarie informazioni. Avevo allora 19 anni. La guerra era appena finita e regnava un' aria di tensione . Pioveva forte.  Quei cosacchi, sfidando la vigilanza partigiana,  provenivano dal presidio di Ovaro. Avevano le uniformi bagnate e bagnati erano pure i cavalli accostati alla casa, che dava sulla strada  ed era la prima casa del paese venendo da sud.
Usciti di casa con un rapido saluto e rimontati a cavallo, quei cosacchi con folle galoppo si diressero  verso Ovaro. Cadeva ancora una pioggia' insistente  ed io, uscito sulla strada, li seguii con lo sguardo fino ad una curva, dove scomparvero avvolti in un pulviscolo nebbioso provocato dal furioso scalpiccio dei cavalli nelle pozzanghere.Poco dopo, in quel mattino, un compaesano delle famiglie di industriali del mio paese che, verso fine guerra avevano creato una coalizione con l'organizzazione partigiana Osoppo, sostenendo  l'opportunità di attaccare il presidio cosacco di Ovaro per  ottenere la resa e, di conseguenza, bloccare la ritirata di oltre trentacinquemila cosacchi in sosta lungo la bassa val Gorto a sud di Ovaro, bussò a casa mia e disse di esporre la bandiera perchè la  guerra era finita. Mio padre ed io ci affrettammo precisare che un drappello di cosacchi a cavallo, giunto in avanscoperta da Ovaro, era appena ripartito dopo avere ottenuto informazioni rassicuranti sulla via della ritirata. Il compaesano sorrise sarcasticamente ed aggiunse testualmente che ""... ai cosacchi di Ovaro, fra poco, ci pensiamo noi (partigiani assieme ai georgiani), ...""
La menzionata coalizione di notabili industriali  aveva assunto sovranità decisoria sull'  0rganizza- zione partigiana  anticomunista Osoppo, argomento che andrebbe spiegato nel suo retroscena e nei dettagli, a me ben noti, essendo stato a fianco come già precisato, quale dipendente   amministrativo di uno degli esponenti di maggior prestigio, membro del Comitato di Liberazione Nazionale " Val Gorto".
Preliminarmente  trattative di resa si verificarono tra  esponenti partigiani, il C.L.N. ed il comando cosacco di Ovaro  delle quali,  qui di seguito, riporto alcune precisazioni del mio volume " L' Armata Cosacca in Italia 1944-1945", prima edizione 1965 e varie successive, ( editrice Mursia 1990 etc.).
"" L'ordine dell' atamano Krassnoff, di non cedere le armi ai partigiani, aveva assunto per le sue truppe un significato profondo. Tutte le trattative cosacche di resa non costituivano quindi che una falsa lusinga. Fu così che i partigiani e il C.l.N.a Ovaro, avevano intavolato con una certa facilità delle trattative con il tenente colonnello G.P. Nasikow, comandante di quel presidio, un vecchio astuto ufficiale dai baffi ad uncino, che indossava un' uniforme di panno blu"".
"" Nasikow teneva il comando della guarnigione che riuniva Ovaro e Chialina. Faceva parte delle forze di presidio anche uno squadrone di polizia militare sotto il suo diretto comando.  L' ora ed il luogo per la consegna delle armi erano ormai stati convenuti, ma allorchè il momento venne, i cosacchi aprirono improvvisamente il fuoco contro i parlamentari, che scomparvero in fuga disordinata. Il tradimento cosacco rivelò il retroscena di un piano d' azione meditato con principi di settaria abilità militare. La battaglia era imminente, ma pure evitabile, e una riflessione sarebbe bastata a tenere lontano lutti e rovine. I cosacchi avrebbero potuto lasciare infatti la regione senza colpo ferire"".
Forze partigiane, al comando di Alessandro Foi dell' Osoppo, attaccarono nella tarda mattinata del 2 maggio il presidio di Ovaro. Gli attaccanti partigiani erano circa una trentina in maggiorana osovani. Vi si aggiunsero alcuni garibaldini e qualche giovane aderente spontaneo.  Di rincalzo, in seconda linea, c'era una trentina di georgiani al comando dell' osovano De Monte. Gli attaccanti  agirono  come se la resa fosse scontata, con scarsità di armi e munizioni. La Garibaldi non  aveva  ufficialmente aderito all' azione, che fu decisa  senza la sua presenza, comportamento chiaramente imposto dalla coalizione di notabili dei quali l' Osoppo, come già accennato, era diventata strumento esecutivo.Seppi che i pochi aderenti  garibaldini,  che  si tenevano  in stato di all' erta nella borgata di Cella,  posta  verso l' alveo del fiume Degano rispetto d Ovaro, e tra questi il capo partigiano"Furore", furono chiamati  ad intervenire su invito  di un membro del  C.L.N. "Val Gorto". A sollecitare tale intervento si prestò un certo Dino, che volontariamente si era messo a disposizione del C.L.N., proprietario e gestore di un ristorante  a località  Patossera, piccola frazione di Ovaro posta all' imbocco della val Pesarina.
Trincerati in due fabbricati, il municipio e l' albergo Martinis,  i cosacchi del presidio si difesero tenacemente finchè, nel primo pomeriggio, intervennero dei rinforzi costituiti da  un contingente della  Scuola allievi ufficiali di cosacchi di Villa Santina, dotati di un pezzo di artiglieria, e  forze del I° Reggimento a cavallo del colonnello A.M. Golubow  (che io personalmente potei conoscere  nel dopoguerra in Austria e dal quale ottenni preziose informazioni) che si trovava in ritirata  a sud di Ovaro proveniente da presidi abbandonati nel Friuli dei quali  il più avanzato verso est si trovava a Kobarid (Caporetto). Applicando la tattica dell' accerchiamento i cosacchi del I° Reggimento sorpresero i partigiani alle spalle, che caddero colpiti da raffiche,  mentre dei georgiani, sorpresi alla periferia del villaggio, furono fucilati  quali  traditori.
L' attacco ad Ovaro che doveva suggellare trionfalmente la decisione di fonte borghese, concepita dalla coalizione di notabili ed attuata  attraverso l' Osoppo anticomunista,  finalizzata ad accogliere l’ imminente ingresso degli alleati americani  con un titolo d’ onore probatorio della propria arrischiata collaborazione ( in pratica, scusate se mi permetto di osservare, da fascisti alleati e protetti dai tedeschi ci si gettava in braccio all’ avversario vincitore, confermando quella disponibilità al trasformismo e direi anche al calcolismo criticato da Heidegger, propria degli italiani) . Verso mezzogiorno del 2 maggio al mio paese giungeva l' eco di scoppi e mitragliamenti per cui, assieme ad altri, ero salito sul promontorio  della chiesa di San Giorgio, dal quale si domina agevolmente la valle e si poteva scorgere Ovaro, onde rendermi  conto di ciò che succedeva. Oltre al frastuono degli scoppi  notammo  delle fiamme  che avvolgevano dei fabbricati e, sul lato sinistro della valle in una zona di prati e campi appena arati posti  sotto il  villaggio di Clavais, vedemmo un movimento frettoloso di persone : si trattava di partigiani in precipitosa fuga verso nord. Un fatto, rimastomi indelebile in mente, ci sorprese. Dal punto dominante, in cui ci si trovava,  un precipizio roccioso scendeva sull' alveo del fiume Degano e, dall' altra parte,  la strada che lasciava la periferia nord del  mio paese, usciva da un tunnel.  Due uomini, in cui mi parve di riconoscere dei paesani, usciti dal tunnel ed imboccato un sentiero, scendevano lentamente verso l' alveo del fiume, portando avvolto in un lenzuolo il corpo di un morto, che depositarono sulla sabbia, sotto una parete rocciosa, al margine del fiume. Spesso  in seguito mi tornò in mente quell' immagine e, a mio avviso, altro non non poteva trattarsi che di un cosacco,  gravemente ferito nel crollo provocato dai partigiani della caserma di Chialina, e trasportato assieme ad altri al mio paese in un improvvisato ospedale  all' albergo Val Degano,  era poi deceduto. Prevedendo l' arrivo dei cosacchi in ritirata, come infatti avvenne,   si ritenne di occultare il cadavere nel dubbio che avesse  potuto provocare una vendetta sul paese. Non trovai altra spiegazione ed indagando  per sentire come stavano le cose e dove, quel cadavere fosse stato sepolto i probabili  consapevoli girarono attorno alla domanda e mai dissero nulla. !!.
I cosacchi di Ovaro che, secondo il paesano che passò a casa mia invitando ad esporre la bandiera, sarebbero stati sistemati, travolsero invece l' aggressione partigiana. In ogni caso  il sacrificio delle vittime partigiane va comunque rispettato, talune di giovani promettenti  che  mai avevano preso un fucile in mano e sparato un solo colpo, trascinati ad affrontare un’ azione con slancio giovanile nell’ illusione di conquistarsi la fama di eroi.... L’ azione, in ogni caso, risultò  condotta con  svagatezza come ebbe a raccontare, nelle sue memorie, l’insegnante Pittini  e comportò il prezzo di una rappresaglia con ventotto  vittime civili innocenti, una ferita che lasciò nella popolazione ovarese un segno profondo.Fra le vittime vi furono due giovani fratelli di mia conoscenza che mi risultava fossero in amicizia coi cosacchi ( nomi)... ma purtroppo l' ondata della della  vendetta, condotta dai cosacchi di presidio non  cioè non da quelli sopraggiunti a rinforzo non fece eccezioni..  Del  comandante osovano  Alessandro  Foi,  emigrato nell'immediato dopoguerra oltreoceano, non si seppe più nulla.
A tarda notte tra il 2 e 3 maggio  buona parte dei cosacchi del presidio di Ovaro col  comandante Nasikow, caricati parte dei morti su carrette che poi furono sepolti lungo la strada oltre il Ploeckenpass, preceduti da pattuglie in avanscoperta, intrapresero  la ritirata col lento seguito dei trentacinquemila che sostavano a sud lungo la valle. Attraversarono quindi il mio paese per poi seguire la val Calda verso Paluzza e superare  che immette nell' Austria.. Delle  particolarità ancora non pubblicate, frutto di un meticoloso direi appassionato lavoro di ricognizione, riconosciutomi  da molte fonti e con onestà d'animo dallo scrittore Carlo Sgorlon, stanno nel mio cassetto. Nel mattino del 3 maggio  forze cosacche erano ancora in ritirata e, fra le stesse si trovavano le restanti forze del presidio di Ovaro che, attraversando il mio paese, fecero purtroppo una vittima. Si tratta del dott. Marco Raber ex ufficiale  del Regio esercito, organizzatore verso fine guerra di un nucleo di giovani resistenti aderenti alla corrente osovana,  detto "Monte Canin,  alcuni dei quali, il giorno prima,  avevano preso parte all' attacco su Ovaro ed erano caduti colpiti  alle spalle dall'  avvolgente contrattacco cosacco. Stando ad indizi è presumibile che i cosacchi di Ovaro, sul dott. Raber, fossero in possesso di precedenti informazioni  per cui si spiegherebbe che, pur nelle circostanze della ritirata, dopo averlo prelevato nello stabile di sua proprietà  posto accanto alla strada, allora noto come albergo-ristorante "Raber",  lo fucilarono in una vicina aiuola. La versione che circolò nel paese fu che,  tra il dott. Raber e dei cosacchi  entrati al piano terra  adibito a bar-ristorante, dove lui casualmente si trovava, sarebbe sorta una discussione ed egli  avesse alzato la voce intimando ai cosacchi  di uscire. Quasi certamente in quei giorni, quale organizzatore partigiano, egli si portava addosso la pistola ed i cosacchi, controllando, se ne resero conto per cui scattò  immediata la decisione della fucilazione. La sua uccisione, essendo il dott. Raber persona gradita e rispettabile, sollevò sgomento e uno strascico di   amarezza ed  a memoria, sulla facciata della casa, venne in seguito posta motivatamente una lapide.
Tornando ai notabili industriali uno dei quali, come già riferito, era membro importante del C.L.N. "Val Gorto"al cui fianco  ebbi ad operare per cui,come testimone, conoscol’intero sviluppo degli eventi, giunti in macchina ad Ovaro nel primo pomeriggio del 2 maggio in quanto avvertiti che la situazione  precipitava e quando ormai stava verificandosi l’ intervento dei rinforzi, furono arrestati dai cosacchi del presidio comandato dal colonnello G.P. Nasikow, cioè non da quelli sopraggiunti a rinforzo, e per ben due volte allineati per la fucilazione, miracolosamente poi sospesa.  Trattenuti come ostaggi nella notte dovettero seguire la lenta angosciosa ritirata, per poi essere lasciati liberi, lungo la val Calda  prima di Ravascletto, ad alcuni  chilometri dopo il villaggio di Povolaro.  Uno di loro, persona che ricordo motivatamente con rispetto per la correttezza morale,  direttore di banca nel mio paese, rag. Angelo De Antoni Migliorati,  associatosi  al gruppo dei notabili ritenendo doveroso il rendersi utile nelle circostanze del momento, incontratolo nel dopoguerra a Vicenza mi dichiarò che, dopo il primo  intento di fucilazione da parte cosacca, tolse di tasca un bloch notes e, con brevi parole, vergò  freneticamente le proprie volontà testamentarie...
L' azione dell' attacco al presidio cosacco di Ovaro, costituito da alcune centinaia di cosacchi,  allo scopo di ottenerne la resa, unitamente a quella dei  quantomeno trentacinquemila cosacchi in sosta forzata sull' arteria stradale, nel tratto di alcuni chilometri da sud del capoluogo fino al capoluogo di Villa Santina, preceduto dal massacro dei cosacchi con famiglia e quindi con donne e bambini ostinati a non arrendersi, asseragliati nella caserma della frazione  di Chialina, posta verso nord a breve distanza di Ovaro,  e demolita all' alba del 2 maggio mediante  brillamento di una carica di esplosivo, fu assolutamente operazione detestabile e, per certi versi scriteriata, che pesa negativamente sulla coalizione dei notabili industriali e sull' organizzazione partigiana Osoppo. Basti pensare  che,  i proponenti la resa rifiutata dal comandante Nasikow,  agirono senza valutare un'
inevitabile reazione di contrattacco e senza disporre di forze di riserva dislocate, secondo regole elementari,  a  nord  ed ai fianchi.
Nella notte fra il 2 e 3 maggio aveva peso a nevicare.   Buona parte dei cosacchi del presidio di Ovaro col  comandante Nasikow, caricati parte dei morti su carrette che poi furono sepolti lungo la strada oltre il Ploeckenpass, preceduti da  pattuglie in avanscoperta che segnalavano la loro avanzata nella notte sparando colpi di fucile con pallottole traccianti che disegnavano una scia rossastra, intrapresero  la ritirata col lento seguito dei trentacinquemila che sostavano a sud lungo la valle.La ritirata attraversò il mio paese, Comeglians,  reso disabitato dalla paura. per poi seguire la val Calda verso Paluzza e superare  il Plockenpass che immette nell' Austria. Particolari notizie ancora non pubblicatete, frutto di un meticoloso direi appassionato lavoro di ricognizione, riconosciutomi  da molte fonti e con onestà d'animo dallo scrittore Carlo Sgorlon, stanno nel mio cassetto. Pochissimi erano gli abitanti rimasti  nelle case. La massa in ritirata era  formata da nere colonne staccate l'una dall'altra, che procedevano mute perchè nessuno parlava e si sentiva solo il cigolare delle ruote delle carrette e qualche nitrito dei cavalli. La scena era biblica, grandiosa immagine della sofferta epopea cosacca, perchè i cosacchi cercavano la libertà  (...Si suchen die Freiheit..!.=  Essi cercavano la libertà !). Testimone di quella notte io li sentii grandi, ed avvertii la la loro possente leggendaria forza . Come già mi era capitato altre volte,  per una  sensibilità  che mi rendeva  diverso rispetto l' aridità delle comuni valutazioni  e considerazioni,  mi sentivo  partecipe della loro grandezza e muta sofferenza.  Pur sapendo che li attendeva realisticamente un futuro incerto ed oscuro, addirittura quasi   li invidiavo,  mi pareva che, valicate le alpi,  andassero verso una  luce fascinosa, lasciando alle spalle le tenebre.
La cosacca T.N. Danilewitsch, convivente del colonnello A.I. Medynsky, dirigente della Scuola allievi ufficiali cosacca, da me rintracciata nel dopoguerra in Inghilterra, mi precisò  che, fra le forze in ritirata provenienti dalla linea di fronte del Po, c’ erano due battaglioni di donne cosacche di cui mi descrisse l'uniforme dalle mostrine rosso arancione con le lance incrociate.
Nel mattino del 3 maggio  forze cosacche erano ancora in ritirata e, fra le stesse si trovavano le restanti forze del presidio di Ovaro che, attraversando il mio paese, fecero purtroppo una vittima. Si tratta del dott. Marco Raber ex ufficiale  del Regio esercito organizzatore, verso fine guerra, di un nucleo di giovani resistenti detto "Monte Canin", aderenti alla corrente osovana  alcuni dei quali, il giorno prima,  avevano preso parte all' attacco su Ovaro ed erano caduti colpiti  alle spalle dall'  avvolgente contrattacco cosacco. Stando ad indizi è presumibile che i cosacchi di Ovaro, sul dott. Raber, fossero in possesso di precedenti informazioni  per cui si spiegherebbe che, pur nelle circostanze della ritirata, dopo averlo prelevato nello stabile di sua proprietà, posto accanto alla strada, allora noto come albergo-ristorante "Raber",  lo fucilarono in una vicina aiuola. La versione che circolò nel paese fu che,  tra il dott. Raber e dei cosacchi  entrati al piano terra dello stabile,  adibito a bar-ristorante dove lui casualmente si trovava, sarebbe sorta una discussione ed egli, quale  organizzatore partigiano,  avesse alzato la voce intimando ai cosacchi  di uscire e sarebbe stata questa ,nello stato di tensioni del momento, la causale' della fucilazione. A memoria del fatto, molti anni dopo, sulla facciata della casa venne posta una lapide.

Allo storico ricorre il dovere di precisare che, la volontà predominante della coalizione dei notabili a cui l’ Osoppo ecclesiale si rese subalterna e servizievole, non era motivata da ragioni resistenziali e patriottiche. Consolidati sotto il ventennale fascista, va riconosciuto loro l’ impegno individuale nell’ importante creazione di aziende di primaria importanza a livello nazionale, in tempi in cui non sussistevano forme di supporto finanziario o comunque di agevolazione statale, protetti dal tedeschi nel periodo occupazionale 1943-1945, verificatosi il crollo del fascismo , la coalizione del notabili con splendidi fazzoletti verdi al collo ( colore dell’ Osoppo) uscirono allo scoperto onde presentarsi gli Alleati vittoriosi, già annunciati in arrivo, nel candore di fiacheggiatori resistenziali promotori ideali dell’ iniziativa di resa di Ovaro che avrebbe deposto le armi con la massa degli oltre trentacinauemila cosacchi in ritirata alle porte del villaggio. Ma non andò così. Ciò che sorprende non è l’ abiltà dei notabili, di cui sono essendo stato dipendente amministrativo di una delle aziende e quindi diretto testimone, i quali agivano su una linea di’ interesse realistico garante del proprio status economico che di riflesso cointeressava la sicurezza della massa dei prestatori d’opera il che prevede acume e lungimiranza, ma bensì è la servilità in cui caddero gli osovani predicatori di libertà, nati per la protezione del Friuli contro il pericolo slavo, con richiesta agli alleati di due bombardamenti terroristici della città di Udine, centro della friulanità. E sorprende infine ill programma osovano che traccia, in tempo di guerriglia e quindi di tensioni , una linea di comportamento attendista, attribuito all’ esponente partigiano don Lino (don Moretti) medaglia d’oro ??.

La cosacca S. Helene Kevorkova, laureata in medicina, che conobbi in Austria nel dopoguerra, mi riferì delle particolarità interessanti sulla ritirata, esternando le sue sensazioni umane vissute con partecipazione ardente  in quei giorni di fine guerra  gravidi di emozioni,  di attese e di speranze. Rammento le sue frasi allorchè, in uno degli  incontri in Austria a Doelsach nell' Osttirol, mi riferì, come infatti ebbi a raccontare  nel mio ultimo recente libro  "Cosacchi contro Partigiani"- Mursia - Milano, a pagg. 132-133, la gioia che provò nella ritirata, in territorio austriaco, dopo aver vissuto le bufere  passando le notti rannicchiata sulle carrette,  assistendo   nella valle Drava al sorgere del sole sui monti Tauri innevati.
 Non posso rinunciare , riguardo la Kevorkova,  superando la rigidità storiografica i cui principi non ammettono divagazioni sentimentali e romantiche, a ricordarla come donna  dotata di  personalità piacente  nel cui volto affiorava una velata impronta d’ impercettibile austerità dovuta  alle sofferte vicende della guerra. Credo che, dopo il crollo del comunismo all’ est, anni 1989-1990, possa avere fatto ritorno in Russia, ma non nascondo che provo  nostalgia  ricordando   i piacevoli colloqui, evocativi di consumate lontane tragedie ed altre vicende, nel clima distensivo dell’ Osttirol in Austria,  terra dai sentieri profumati di bosco e, in estate,  di garofano selvatico.