giovedì 18 giugno 2020
CARNIER PIER ARRIGO
LE PORTATERICI CARNICHE
RISPONDO, PUBBLICAMENTE IN DIRETTAALL' INTERESSANTE DOMANDA POSTAMI DA LUCHE ZEIT SULL' IMMAGINE STORICA DELLE PORTATRICI CARNICHE.
Gentile Luche Zeit ho letto il suo messaggio o, più esattamente, ho recepito il contenuto della sua domanda. La ringrazio innanzitutto per il giudizio di affidabilità, della mia linea di trattazione storica e per la tenuta di distanza dall' influenza e contagio ideologico, riconoscimento di fondamentale importanza. Non conosco il romanzo di Ilaria Tuti "Fiore di roccia"., ma in riferimento alle portatrici carniche, su cui verte il suo interrogativo, mi è possibile redigere una loro collocazione sul terreno del realismo, libera da considerazioni agiografiche ed altri gratuiti artificiosi contorni.
Le vicende del fronte carnico furono argomento essenziale nei ritorni di memoria del mio ambiente familiare nei miei giovani anni lontani : tre dei miei zii, due da lato paterno, il terzo da lato materno appartennero al battaglione alpini Arvenis, schierato in prima linea sul fronte carrnico, imputato di ammutinamento per cui subì la decimazione, argomento sul quale anch'io, a suo tempo, scrissi. Le mie conoscenze ed amicizie austriache integrarono il quadro di quella realtà. Spesso, ascoltando gli austriaci nelle loro versioni ho provato entusiasmi motivati e legittimi senza che mi sfiorasse l'idea di violare sentimentalmente l' italianità. E' una sensazione che pure provai, come storico, nell' approfondimento del grande sforzo sostenuto nella Strafexpedition, l' offensiva austroungarica svoltasi dal 15 maggio al 19 giugno 1916 contro l' Italia, soprattutto nell' ascoltare vecchie testimonianze venete italiane sullo sforzo degli ungheresi, gli " Honved"che, in condizioni di fame per carenza di viveri, riuscirono, il 19 giugno a piazzarsi oltre il Piave sul Montello ( General Feldmarschall Ludvig Goiginger, insignito poi meritoriamente dell' alta decorazione Imperatrice Maria Teresa).
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Le portatrici carniche erano, in buona parte, le "" farinarie"" delle malghe, vicenda che conosco fin troppo bene, donne che avevano una guida, la "mari farinaria" ( madre farinaria) e, battendo mulattiere e sentieri tra i paesi e le malghe, provvedevano al trasporto a spalle con la gerla, di viveri essenziali, farina di granturco ed altro per il fabbisogno delle stesse. Il carico nella gerla era di norma pesante anche perchè taluni viaggi venivano affrontati in forma associata fra alcune portatrici, onde servire più di una malga posta sullo stesso tragitto. Nel ritorno a valle le portatrici trasportavano poi, nella gerla, dei prodotti caseari destinati ai negozi e botteghe di paese, quali rivenditori. Ci sono alcuni vecchi versi in carnico, molto significativi, che parlano della sudata fatica di queste povere donne, meritevoli di un monumento, poi rimunerate alla buona, non con denaro ma con prodotti di malga. Erano tempi di fame e di miserie. Troncata su due piedi, con lo scoppio della guerra, la monticazione delle malghe di confine, le farinarie lì per lì, contando su un pezzo di pane cioè su un compenso, dettero vita all'iniziativa offerta dall' esercito di fare le portatrici, e nulla centra assolutamente l'ideale di servire lo sforzo bellico in "difesa" della nazione. Si trattava di trasporto di viveri, munizioni, lamiere per tettoie ed altro, un lavoro che costava fatica e subordinazione remunerato con compensi non lusinghieri ai livelli dei salariati del tempo. Le portatrici, restano come tali nella memoria storica per la loro prestazione quale parte del supporto organizzativo militare e non alla prima e seconda linea del fronte carnico. E' falsa la voce paesana fuori dalle regole della disciplina militare di guerra che, le portatrici, fossero mosse da un intento iniziale di portare sostegno, con dei viveri, a dei congiunti sulla linea del fronte. Si chiude qui l' analisi dello status di fatto, nel quadro realistico, della figura delle portatrici carniche.
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L' emotività delle genti carniche, con lo scoppio dell' ostilità contro l' Austria imperiale, subì certamente dei traumi. Gli italiani occuparono per primi la linea del fronte che correva sulle creste delle vette di confine. Vi fu il rientro precipitoso in patria di un' entità emigranti, in prevalenza stagionali, per cui vi furono dei mancati introiti nella carente economia ambientale. La decimazione punitiva riferita a un' entità del battaglione Arvenis, fece circolare la voce che, con tale lezione si sarebbe voluto creare un clima deterrente sulla popolazione carnica in quanto sarebbe stata avvertita, nella stessa, una radicata simpatia verso l' Austria ed un' aria di crescente avversione verso l' Italia. Vi furono degli spunti. Ricordo ad esempio, in base ai racconti dei miei zii che,. all' esecuzione dei decimati in un' area sottostante il paese di Cercivento, una donna carnica sputò in faccia a un generale. In effetti la decimazione provocò un ampio senso di disgusto nei carnici, con dettagliate valutazioni critiche su certi ufficiali di comando, per inadeguatezza del modo di intendere sul piano operativo. Da quanto risulta, stanti ricorrenti voci, meriterebbe aprire una dissertazione chiarificatrice piuttosto delicata, onde accertare se, la decimazione, fu realmente motivata da ammutinamento in quanto tale o se, invece, vi siano, come parrebbe, elementi probanti da modificare il giudizio.
La decimazione lasciò un segno di disgusto mai superato.
Chiudo qui questo mio exscursus, ritenendo di aver dato in senso storico sull' argomento, una risposta
17 giugno 2020 CARNIER PIER ARRIGO
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