venerdì 11 aprile 2014

MISSIONI ALLEATE PARACADUTATE IN CARNIA E CADORE 1944-1945

COMUNICATO AD AMICI E SIMPATIZZANTI 

MISSIONI ALLEATE PARACADUTATE  IN CARNIA E CADORE     1944-1945 


NOTIZIE INEDITE SUL CAPITANO STATUNITENSE RODERICK STEVE HALL


Mercoledì 9 aprile il Messaggero Veneto ha rievocato l’immagine dell’ufficiale statunitense Stive Hall di cui, quasi più non mi ricordavo sebbene, a suo tempo, avevo trattato  giornalisticamente il caso sul Gazzettino di Venezia e prima ancora   nel mio volume “ Lo Sterminio Mancato”-Mursia 1982 .Vi torno sopra brevemente, con riserva di redigere un rapporto più ampio, stante il materiale non pubblicato di cui dispongo relativo all’ operato delle missioni alleate paracadutate  sul territorio delle Alpi orientali in appoggio ai partigiani, talune solo figurativamente in quanto delegate a compiti segreti. Ufficiale dell’OSS (Office of Strategic Services) Steve Hall faceva parte della missione Smith, paracadutata in Carnia nell’estate 1944.
Il lancio era avvenuto  nella zona dei monti Forchia e Losa per cui gli elementi della missione  si insediarono provvisoriamente in una malga dopo di che scesero a valle stabilendo un punto base. Steve Hall non si si trattenne però in Carnia avendo avuto lo specifico incarico di agire in Cadore. Con il plastico avrebbe dovuto provvedere principalmente alla demolizione di alcuni ponti per ostacolare la ritirata tedesca verso il Brennero ma fra i suoi  compiti c’ era anche quello di far saltare la centrale idroelettrica di Cortina d’Ampezzo ( azione che  avrebbe naturalmente messo in difficoltà i tedeschi ma creato gravissimi problemi alla popolazione e all’economia cortinese). Un noto avvocato trevigiano, Piero Gera, deceduto ormai da lunghi anni,  sapendo della mia attività storiografica e   dichiarando che, rischiosamente, aveva avuto il capitano Stive Hall suo ospite nella  sua villa  di Candide, in Cadore, si offerse a suo tempo a darmi delle informazioni. Precisò di avere ospitato l’ufficiale su  richiesta  riservata da esponenti della resistenza. Ebbi pertanto  una serie di preziose informazioni e notizie di prima mano. Fra l’altro il Gera mi disse che,  il capitano Steve Hall, si era illuso che dai nemici tedeschi, come già scrissi a suo tempo sul Gazzettino di Venezia, nel caso egli fosse caduto loro prigioniero, sarebbe stato  rispettato in quanto, a suo giudizio, i medesimi si sarebbero attenuti alle leggi internazionali che imponevano di rispettare l'uniforme. Ma non andò così perché i tedeschi, dopo averlo arrestato su segnalazione di un  guardiacaccia cadorino ed  avergli  strappato, con presumibili metodi, delle ammissioni sui compiti svolti, lo impiccarono a Bolzano, ad un  gancio da macellaio.
Altre interessanti notizie meriterebbero di essere rese note, non solo su Steve Hall, ma anche sul maggiore Smith e un suo subalterno italiano che trascorsero l’inverno 44-45, per un primo periodo in una piccola malga sulle pendici del monte Forchia in territorio del comune di Ovaro, dove a rifornirli di viveri salivano dei valligiani a me noti del villaggio di Ovasta e, per un secondo periodo,  nel menzionato villaggio. 
Compito dei capi missione responsabili era di relazionare i superiori comandi sui risultati e comportamenti resistenziali mediante  rapporti  dei quali mi è stato possibile acquisire copia. Dai giudizi espressi in tali atti emerge che la corrente  partigiana prevalente come del resto io ero informato, travolta a fine estate dai grandi rastrellamenti tedeschi, era di fede comunista e i relativi capi erano  filosovietici e filoslavi.
Un maggiore britannico, di una delle missioni, rientrò alla base nel Sud, all’inizio dell’autunno quando della resistenza, annientata dai rastrellamenti, erano rimasti pochi nuclei della Garibaldi comunista e pochi elementi dell’Osoppo anticomunista, gli uni e gli altri concentratisi in ritirata, come punto di riferimento, su Tramonti nelle Prealpi occidentali. Partendo dalla Carnia il membro britannico fu scortato per sicurezza fino a Tramonti, da dove un aereo speciale sarebbe atterrato  in luogo adatto e poi decollato, diretto al Sud. Per quel viaggio, essendo ancora in atto i rastrellamenti  tedeschi, fu scelta la via delle montagne ed a scortare l’ufficiale  venne incaricato un carnico,  partigiano della Garibaldi, di cui per riservatezza indico le iniziali, S.O., del cognome e nome, che io conobbi personalmente in quanto il medesimo, prima di darsi alla macchia, faceva il boscaiolo in un’industria di utilizzazioni forestali dove io stesso, allora studente, prestavo servizio come amministrativo. Nell’ immediato dopoguerra S., che tornò ad essere  boscaiolo, volle relazionarmi su alcune vicende dell’esperienza partigiana e mi illustrò, in particolare, il momento avvilente del crollo della resistenza e la lunga marcia di scorta all’ufficiale britannico precisando che, assieme al medesimo, raggiunta malga Mont da Riu allora ormai deserta, poichè calava la notte  si fermarono  a dormire adagiandosi  su un tavolaccio per pastori. Mi raccontò che l’ufficiale portava un cinturone girovita, cui era agganciata la pistola, con sovrapposto cucito un  fodero in cuoio, nel quale stavano fittamente infilate delle sterline d’oro. Si trattava di  denaro in dotazione all’ufficiale per le necessità della missione, ovviamente convertibile in valuta italiana od altra. Raggiunto Tramonti S. mi disse che l'aereo giunse effettivamente per cui egli potè assistere al decollo. Volle aggiungere che provò un certo rammarico, allorchè l'aereo prese il volo, per le sterline  delle quali si era invaghito. Riguardo le stesse, dati i tempi dal mitra facile e le esperienze vissute in tal senso, mi confessò di avere pensato che, un altro al suo posto avrebbe eliminato l’ufficiale e se ne sarebbe appropriato. La morte sarebbe stata poi tranquillamente giustificata da un agguato nemico. Ma lui, pur avendo avvertito la tentazione, la represse d’istinto nel rispetto di alcune regole elementari di una sua linea di condotta, sebbene facesse parte di un segreto nucleo partigiano (su cui ero informato) i cui elementi non avevano scrupoli ad usare il mitra per uccidere. Si trattava di  nucleo legato a una stretta ma ragguardevole coalizione notabile carnica, interessata a disinnescare l’impeto rivoluzionario della Garibaldi, guidata da un esponente che suggeriva e dettava regole al tacito nucleo di partigiani aderenti, come quella  di eliminare, in circostanze opportune, i capi sanguinari o  “elementi pericolosi”...
Mi disse infine  che, allorché l’aereo scomparve nel cielo, diretto al Sud dove non c’era più la guerra, gli parve che andasse verso il paradiso, mentre nelle Prealpi, dove lui si trovava in veste da partigiano in fase di  disarmo, regnava un desolante grigiore autunnale e, da voci che circolavano, si diceva che in Carnia stavano insediandosi, per disposizione tedesca a scopo di presidio, decine di migliaia di cosacchi e caucasici. A loro volta migliaia di carnici, in gran parte donne coraggiose meritevoli di encomio nella storia, avendo i tedeschi bloccato ogni rifornimento alimentare per punizione dell’attività partigiana, sebbene la popolazione com’ebbi a ricordare in altri miei scritti, non ne fosse realmente coinvolta, si erano spinti nella maggior parte a piedi attraverso il passo Monte Rest, nel Veneto e nel Friuli, alla ricerca di granaglie ed altre risorse alimentari per sopravvivere, e in  quello stesso periodo stessero faticosamente rientrando, sempre attraverso il calvario del  Monte Rest, sotto la pioggia e la neve che aveva sbiancato le cime ed il passo.

11 aprile 2014
                                                     PIER ARRIGO  CARNIER














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