venerdì 11 dicembre 2015

ANCORA SULLE DONNE DELLA CARNIA

                                              
                                        COMUNICATO 

Da un mio articolo pubblicato dal Gazzettino di Venezia, di cui sono tuttora collaboratore culturale, nella pagina “Frontiere” dal titolo MALGHE DELLA CARNIA – Storia di un’umanita perduta “, pubblicato il 22 gennaio 2007. stralcio una parte dedicata alle donne “farinarie” che qui di seguito riporto.                                              
                      ECCO CHI ERANO LE “FARINARIE

Si trattava di donne che assolvevano al faticoso compito dei trasporti a spalla, mediante la gerla, dei fabbisogni alimentari e delle necessarie masserizie, dal fondovalle alle malghe. Le stesse conoscevano ovviamente mulattiere, sentieri  e scorciatoie.
L’attività era regolata da un ordinamento gerarchico ed al vertice della gerarchia, che comprendeva “Anziane farinarie” ed “Apprendiste farinarie”, c’era la “Madre farinaria” (Mari farinaria), la quale stipulava dei contratti con i rispettivi  conduttori delle malghe in cui venivano elencati i diritti ed i doveri e cioè : inizio e termine stagionale del rapporto di lavoro; modalità del compenso, sia in denaro che in prodotti caseari della malga; elenco delle località dove recapitare le merci e le masserizie; provvedere al reclutamento delle persone per il trasporto, eccetera; garantire la sostituzione con altre persone in caso di forzata assenza; segnalare periodicamente al conduttore della malga lo stato dei sentieri e delle mulattiere. Praticamente la “Madre farinaria” stipulava dei singoli contratti di appalto, con i conduttori delle malghe, per cui gestiva l’intera operazione e compensava le subalterne.
Ovviamente nel viaggio di ritorno a valle, non appena la malga aveva concretamente avviato la produzione casearia, le “farinarie” si accollavano un carico di prodotti destinati alle rivendite od altrove, su indicazioni del conduttore.
Queste donne lasciavano i paesi prima dell’alba, al buio, per affrontare i duri sentieri della montagna. Indossavano abbigliamenti severi: un fazzoletto scuro di flanella in testa, abito e giubbetto con lunga gonna di rigatino e calze pure scure, una maglia di lana da togliere con il caldo, munite naturalmente del tipico ombrello dei montanari  in caso di pioggia.
Brevi versi di grande effetto incisivo nell’idioma carnico, che qui di seguito riporto (Nota n.1 ) esprimono dei significati toccanti che i veri carnici comprendono, perfettamente appropriati a ricordare la fatica delle “farinarie”:
                        
                                          Tròis das mès monts
                                           strafònz di sudôr
                                           clevas,
                                           ciampèis e transièras,
                                           balinâs in tal scur
                                           e in tal lusôr  

(Sentieri delle mie montagne,/ grondanti di sudore,/ erte mulattiere,/campigli e tratturi,/ calpestati nell’oscurità/ e nella luce.)
Una storia, come già detto quasi sconosciuta,  quella delle “farinarie”, il cui impiego non era esteso a tutte le valli della  Carnia ma da gran tempo era invece in uso nelle valli orientali: valle del But e relative convalli.
Nel corso della prima guerra mondiale (1915-1918), durante la quale venne forzatamente sospesa la monticazione del  bestiame, l’attività di dette donne ebbe   continuazione. Furono infatti utilizzate a scopo militare  nel trasporto, sempre mediante la gerla, di munizioni da portare con grande rischio in  prima linea, nonché di tavolame e lamiere per la costruzione di ricoveri, reticolati ed altro. Divennero quindi le gloriose portatrici carniche, donne soprattutto di Timau, doverosamente ricordate nella storiografia della grande guerra ed alle poche sopra vissute, circa una decina d’anni fa, venne conferita dal Presidente della Repubblica la massima onorificenza militare.

                                               *        *        *

Ritengo di segnalare  in base ai ai dati statistici di Blogger, un rilevante interesse   in Italia, ma pure in  Russia ed Ucraina,  sui due post  riferiti alla donna carnica del 6 e 9 dicembre corr.con citazione, nel secondo, delle affermazioni di Tolstoj sulle cosacche del  Grebegn.

11 dicembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER


Nota n.1

Versi riportati nella parte introduttiva della pubblicazione di Nazario Screm dal titolo “Le malghe antiche della valle d’Incaroio”,, stampato circa dieci anni fa in Carnia, con accenni all’argomento delle “farinarie”e un vecchio elenco delle stesse, donne della valle d’Incaroio.

giovedì 10 dicembre 2015

LE DONNE CARNICHE RESPONSABILI E GUIDA SUPERIORI ALL’UOMO E LE DONNE COSACCHE DEL GREBEGN “ …più forti, più intelligenti, più progredite e più belle dei cosacchi”


Forte, imprevedibile ed  inatteso consenso ha ottenuto il mio post del 6 corr. “LA GERLA, MEZZO DI TRASPORTO A SPALLE NELLA REALTA’ STORICA ELLA DONNE CARNICHE”, soprattutto attraverso il sito Blogger che spazia su vaste amicizie internazionali in Francia, Germania, Austria, Slovenia, Bosnia, Ucraina, Federazione Russa,  Stati Uniti,  delineando l’immagine e l’inviolabile dignità della donna carnica e, in  ogni caso, il  senso più profondo, della donna. Non mi aspettavo, dal mio post, una tale  risonanza ispirata dalla foto di cinque valligiane carniche con la gerla, anni trenta, resa pubblica, via Internet, dal Gruppo “ Ricordi  di un tempo che fu” di Forni.

                                                       *        *        *


Oggi  le condizioni sociali della Carnia sono cambiate per cui ritengo che la gerla , come strumento di trasporto a spalle, rappresenti ormai solo un ricordo mentre  la situazione economica, rispetto all’epoca dei miei riferimenti, è precipitata in senso profondamente  negativo, a seguito della  disastrosa crisi italiana,  per cui ritengo che i  valori e le capacità guida e risolutive superiori all’uomo della donna carnica  sussistano più che mai preziose ed attuali.(Nota n.1)
Nel corso della mia esistenza, nel dopo seconda guerra, per varie ragioni, mi fu dato di conoscere  comportamenti e modi di vivere di varie comunità, tra le quali quelle serbe, croate, bosniache, slovacche,  ungheresi, ucraine, russe con aspetti spesso sorprendenti, ma non posso tralasciare di riferire una situazione circostanziata che, in certo senso, collima nei punti essenziali con quanto da me dichiarato sulla donna carnica. Scrisse infatti Leone Tolstoj, il grande scrittore russo, nel suo libro “ I COSACCHI”, precisando che gli stessi trascuravano le faccende domestiche ed il lavoro dei campi, dedicandosi solo alla guerra e per il resto oziavano, lasciando che al  lavoro agreste, alle faccende e all’ordine della casa vi pensasse e provvedesse la donna, per cui la stessa assunse autorità e potere. Scrisse effettivamente Tolstoj,  riferendosi ai cosacchi del Grèbegn: Il cosacco che in presenza di estranei stima contrario alle convenzioni parlare in tono affettuoso, o così per ozio, con la sua donna, involontariamente ha il senso della superiorità di lei, quando ci rimane solo a faccia a faccia. Tutta la casa, tutto il capitale, tutta l’azienda sono roba che lei ha messo insieme, che si regge esclusivamente grazie alle sue fatiche e alle sue premure.
Per quanto egli sia fermamente convinto  che il lavoro sia vergognoso per un cosacco, e convenga soltanto a un bracciante tartaro o a una donna, confusamente egli sente che tutto ciò di cui si giova, e che chiama suo, è un prodotto di codesto lavoro, e che la donna (sia la madre o la moglie) da lui considerata una sua sguattera, ha la facoltà di privarlo di tutto ciò di cui si giova. Inoltre, l’incessante, duro lavoro da uomo e tutte le preoccupazioni scaricate addosso a lei hanno finito col dare alla donna del Grebegn un carattere singolarmente indipendente e virile, e hanno sorprendentemente sviluppato in lei la forza fisica, il buon senso, la risolutezza e la tenacia. Le donne, per la maggior parte, sono più forti e più intelligenti e più progredite e più belle dei cosacchi.


9 dicembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER


Nota n.1
Meriterebbe la donna carnica, trattandosi di delicato argomento sociale, come introduttivamente accennato nel mio post del 6 corr., un’accurata trattazione così come altri aspetti di carattere economico e patrimoniale della Carnia, uno dei quali i patrimoni silvo-pastorali ad uso civico ed allodiale, diversi l’uno dall’altro nella loro proiezione sotto l profilo di diritto,  di cui ritengo  di essere esperto.



sabato 5 dicembre 2015

DONNE CARNICHE NELLA REALTA' STORICA


Pier Arrigo Carnier ha condiviso la foto di Valeria Romanin.
16 ore fa

foto di Valeria Romanin.
Commenti
 Donne carniche di Forni Avoltri, alta valle di Gorto, con la gerla. La foto è stata scattata nel periodo fascista.


Fino a un recente passato la gerla fu il mezzo quotidiano per trasporti a spalle, nelle attività agresti e necessità familiari, delle donne carniche, le gloriose donne carniche su cui l’uomo, in parte stagionalmente emigrante e a volte per anni, e non solo per questo, lasciò il peso di inevitabili fatiche e responsabilità familiari, ragion per cui la donna carnica appare spesso, perché provata nella storia, più responsabile e con capacità risolutive superiori all’ uomo. Essa, in generale, svolge notoriamente un compito guida, psicologicamente portante, nella famiglia. Storicamente vanno tra l’altro ricordate le “farinarie” donne che, associate a gruppi sotto una guida (la “madre farinaria”) provvedevano ai trasporti, con la gerla, dei fabbisogni di merci dei malgari, dai paesi di fondovalle alle malghe, percorrendo mulattiere e ripide faticose scorciatoie per poi fare ritorno a valle, dopo una breve sosta, con un carico della produzione casearia. Furono le donne carniche, in maggioranza, a fine estate ed autunno 1944, a raggiungere, attraverso il passo “Monte Rest”, andata e ritorno a piedi, la pianura friulana e veneta onde procurare delle risorse alimentari per superare la carestia determinata dal blocco dei rifornimenti, da parte tedesca, quale provvedimento punitivo per l’attività partigiana.antitedesca.

6 dicembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER

110 m

giovedì 3 dicembre 2015

NOTEVOLE INTERESSE RIGUARDO I MIEI SPOT SUI CASI OLMO, GUERRA E "COSACCHI: LO STRANO CONGRESSO DI VERZEGNIS.

  
COMUNICATO

Interesse notevole, in base alle statistiche, vanno  suscitando i miei  spot sul caso OLMO (Casali Enore ) del 28 novembre  e  GUERRA ( Foschiani Mario) sotto le date 5.10, 11.10, 17.10, 22.10, 25.10, 3.11 che,  in riferimento a vicende storiche partigiane della Carnia 1944-1945, dissolvono calunnie e falsità  propagate al riguardo col concorso, in entrambi  i casi, di dilettantismi  paesani dovuti a carenti cognizioni storiche riguardo i quali la presunzione di reato in ogni caso permane. Ed ancora un forte interesse riscuote il mio spot del 16 settembre 2013 “COSACCHI: LO STRANO CONGRESSO  DI VERZEGNIS".

3 dicembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER





































































sabato 28 novembre 2015

28 NOVEMBRE 1945. CADE OGGI, 28 NOVEMBRE, L'INGIUSTA ESECUZIONE DEL CAPO PARTIGIANO OLMO (CASALI ENORE)

COMUNICATO

28 novembre 1944. CADE OGGI, 28 NOVEMBRE, L’ANNIVERSARIO DELL’INGIUSTA ESECUZIONE DEL CAPO PARTIGIANO OLMO (CASALI ENORE)

Messaggi recenti  hanno sollevato attenzione sul  mio scritto diffuso, sia su  Facebook che su Blogger, in data 18 luglio 2015 sotto il titolo ““Riacceso forte interesse su taluni argomenti resistenziali della Carnia 1944-1945”  in cui richiamo i casi Magrini, Olmo, Mirko e Katia. Ricorrendo oggi l’anniversario dell’ingiusta esecuzione di Olmo (Casali Enore), capo partigiano della Garibaldi, trovo motivo di parlarne. Nell’ottobre 2014, allorchè entrai  in possesso del dispositivo che riabilitò a pieno titolo Casali Enore, informai subito Isa la figlia, emigrata fin dal primo dopoguerra, con la madre e due fratelli, oltre oceano. Detti poi notizia sulla stampa con un’ampia lettera pubblicata in data 10 novembre 2014 su  “La Voce di Mantova”, cui fece seguito un  mio articolo sul quotidiano on line “Trentino Libero” il 12 gennaio 2015 ed infine  una mia lettera uscì su “Il Gazzettino”, edizioni di Udine e Pordenone,  il 27.01.2015. Silenzio di tomba, naturalmente, a fronte di una tale notizia che seppellisce calunnie trascinatesi per decenni ad offuscare la storia partigiana in Carnia. Con la vedova Ines Maria Rupil, venuta a mancare nel 2006, ero in contatto da tempo. Eravamo entrambi convinti dell’infondatezza dell’imputazione ufficiosamente fatta circolare sulla quale Olmo era stato condannato e giustiziato, dubbio che io conservavo da decenni, espresso a pagina n .67 del mio libro “ L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”-Mursia,Milano 1990  di cui riporto il testo : “ Un ulteriore fatto emerge dalle vicende del regolamento interno della “Garibaldi”: Nel tardo autunno, infatti, fu giustiziato nell’alta val Pesarina uno dei primi aderenti al movimento, noto per la parte attiva e rischiosa avuta nelle varie azioni iniziali. Si trattava di “Olmo” che venne processato e quindi giustiziato. Ma le motivazioni rese note, a mezzo manifesti affissi nel villaggio di Pesariis, rivelarono motivi futili e quindi non convincenti, per cui la sua eliminazione lascia una zona d’ombra”. Sui manifesti si imputavano ad Olmo comportamenti che avevano violato la disciplina partigiana, ma  questa era una versione di copertura. Quale era allora, è giusto che il lettore si chieda, l’autentica vera ragione della sua eliminazione? Della stessa, io resto forse l’ultimo custode. Olmo sapeva di vicende compromettenti a carico di altri dai quali, per tale motivo, era temuto e sarebbero stati questi  a costruire delle “ False accuse” con “Falsi verbali” a suo carico per la sua  eliminazione ed a provocare un processo poi dichiarato falso, come risulta dal dispositivo del processo di rettifica tenuto  tre giorni dopo l’esecuzione, il  2 dicembre 1944, dal comando della Divisione Garibaldi-Osoppo-Friuli”. E’ ovvio che conosco le vicende compromettenti  di cui Olmo era informato in quanto avevo avuto confidenze e velate conferme da ex partigiani della Garibaldi, in parte boscaioli  che lavoravano nell’azienda dove io mi trovavo e dove, a fine guerra, gli stessi avevano ripreso tale loro attività, ma  ormai da tempo sono passati a miglior vita. Il segreto che custodisci su qualcosa, di cui altri sono responsabili, è come una pietra preziosa che  senti  esiste dentro di te. Olmo, come precisato, venne ucciso il 28 novembre 1944 nel cosiddetto “ Fornát ”, a località Jalna ed in val Pesarina circolò la voce diffusa da chi sapeva che, prima dell’esecuzione, egli chiese di fumare una sigaretta. Era una giornata, secondo testimonianze da me ascoltate, fredda e sciroccosa con nevischio (”a faluschiava”, si diceva nell’idioma carnico), e nei boschi di Jalna e dei dintorni, stante l'atmosfera di quel giorno scuri come  penne di corvo ed a me  familiari,  rintronarono nel silenzio i colpi d’arma dell’esecuzione che furono sentiti da gente che abitava in alcuni casolari.
Con l’occasione non posso evitare di dire che, dal mio punto di vista, la vera storia delle vicende partigiane della  Carnia è tutta  da scrivere. ( Nota ).
28 novembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER



Nota

A tal riguardo ritengo di aggiungere alcune considerazioni. Mi è capitato, anni addietro di porre, su per la Carnia, qualche domanda sull’ argomento a gente dei luoghi per sentirmi dare, con parsimonia  di parole, delle risposte piuttosto deludenti riguardo la conoscenza sia pure in generale dei fatti, ma per quanto riguarda la parlata dei carnici mi venne istintivamente in mente quanto scrisse Giovanni Comisso, brillante scrittore, e qui   riporto la frase tratta da un suo opuscolo che conservo, dal titolo “Carnia che lavora ” stampato negli anni cinquanta : “Ad alcuni uomini che stavano vicini intenti a costruire una slitta, chiesi informazioni sulla strada e in quale paese avrei trovato da mangiare, mi risposero brevi, quasi economizzando le parole e riprendendo subito il lavoro. Non erano neanche curiosi di me, non mi chiesero niente, donde venivo e che mestiere facevo.” Ebbi anche  l’impressione di una riluttanza ad esprimere liberamente le proprie opinioni  e in questo senso provai amarezza.




















lunedì 9 novembre 2015

A MEMORIA DELLE VICENDE. COSACCHE

COMUNICATO

Agli amici italiani, austriaci, tedeschi, cechi e boemi, sloveni, bosniaci, ai molti amici cosacchi della Federazione Russa e dell’Ucraina ed alle rispettive Associazioni comprese quelle esistenti in Europa, Inghilterra, Canada, Stati Uniti. Riporto qui l’articolo diffuso ieri, 8 novembre 2015, dal quotidiano Il Gazzettino sotto  il titolo seguente:


La tragedia dei cosacchi

70 anni dopo il massacro



Solenni celebrazioni in Carinzia, dove truppe e civili collaborazionisti fuggirono dalla Carnia nel 1945. La consegna a Stalin e il suicidio di massa nella Drava.

La tragica epopea dei cosacchi in Friuli e corinzia settant’anni dopo. Splendida celebrazione, il 1° giugno 2015, al dilà di ogni aspettativa, vissuta con viva partecipazione dagli austriaci. Numerose le rappresentanze di organizzazioni in uniforme cosacca giunte dalla Russia, formate in prevalenza da giovani delle nuove generazioni che si dichiarano eredi delle memorie del passato.
La commemorazione  prese inizio a località Tristach, a nord ovest di Lienz, nell’area del monumento dedicato all’emblematica figura del generale tedesco Helmut von Pannwiz,  comandante del 15°Corpo di cavalleria cosacca, giustiziato a Mosca nel 1947  assieme a generali ed alti ufficiali cosacchi su sentenza della Corte Marziale del Tribunale Supremo dell’Urss.
La seconda parte si è svolta alla periferia sud di Lienz, a località “Peggetz”nel cimitero cosacco dove, su un’area affiancata a lato sud, è stata  felicemente realizzata su delibera dell’autorità austriaca e grazie a generose offerte finanziarie, una cappella commemorativa in stile russo ortodosso La funzione religiosa celebrativa ed inaugurale della cappella è stata solennemente officiata dall’arcivescovo russo ortodosso di Ginevra, Michael Donskoff, figura sacerdotale di grande riverenza e rispetto. Numerosi i cittadini russi congiunti di emigrati in conseguenza delle due guerre mondiali, convenuti alla commemorazione da tutto il mondo. Presenti varie autorità tra cui il Bürgermeister  e il Vice Bürgermeister della città di Lienz, gli esponenti di massimo livello della “Schwarze Kreuze” (Croce Nera) austriaca addetta alle onoranze dei caduti in guerra, alle cui cure è sottoposto anche il cimitero cosacco di “Peggetz,”.Presenti inoltre varie rappresentanze cuturali fra cui la dott.ssa Andrea Anastasija Sabdhacgwìerin  rappresentante ufficiale del “Suworow Institut für Österreichisch-Russischen Dialogs”.

                        MASSA DISPERATA.
                         Si calcola che furono
                  centomila le persone
                  in fuga oltre le Alpi

Le vittime cosacche dovute alla violenza della  forzata consegna ai sovietici nell’alta Drava del 1 giugno 1945,  da parte dei vincitori britannici, accertate su prove certe,  furono circa 700, inumate in fosse comuni nel menzionato cimitero, a cui si aggiungono altre, oltre 600 che,  in circostanze di panico, causato negli accampamenti dall’ordine perentorio britannico della consegna ai sovietici, perirono per annegamento in un suicidio collettivo gettandosi nel fiume Drava, allora in piena e finirono in fosse disperse. Al dilà di questo la tragedia assume, in senso celebrativo un ben più ampio significato, evocando inevitabilmente, nel suo assunto, l’olocausto delle vittime concentrate nei lager penali siberiani per effetto della menzionata consegna all’Unione Sovietica, da parte degli alleati anglo-americani, battezzata in codice “Operation Keelhaul”. Sulla base di fondati accertamenti la massa ivi concentrata, falcidiata in gran parte da malattie, fame ed esecuzioni,  ammontava a 2 milioni 272mila cittadini, dei quali un milione e mezzo costituito da ex militari inquadrati in varie organizzazioni a fianco dei tedeschi e, per il resto  da  profughi o cittadini russi utilizzati coattivamente dai tedeschi nelle varie attività di   produzione bellica nonchè da civili al seguito delle truppe.
Accertamenti storici, frutto di mie indagini e testimonianze, mi hanno consentito di affermare, come già ebbi a riferire in un mio articolo in due puntate, pubblicato da cod. quotidiano nelle date del 17.01 e 24.01. 2009 che, la massa dei collaborazionisti in ritirata a fine aprile-inizi maggio 1945, cosacchi, ucraini  e caucasici, insediati a presidio nell’Adriatisches Küstenland, nel territorio ribattezzato “Cossackja”, ingrossata da altre forze collaborazioniste  provenienti in ritirata  dal Piemonte, Lombardia, Oltrepò Pavese, Emilia, ammontava a 100mila unità. Tali forze confluirono in ritirata nell’ Austria superando nella maggioranza il Ploeckenpass (Monte Croce) e, in altra parte, il  Grasfeld ( Pramollo).

8 ottobre 2015

PIER ARRIGO CARNIER


Seguiranno le foto, tratte el mio archivio privato, di cui al momento cito le didascalie

1- Ritirata cosacca  verso l’Austria, lungo la valle del But in Carnia, 2 maggio 1945.

2- Cosacchi negli accampamenti della Drava, arresisi ai britannici e sotto controllo dei medesimi, prima della forzata consegna ai sovietici - maggio 1945 .

3-Generale cosacco Nikolai Paulovic Voronin che, al comando della 1° Brigata del Don fu nell’Adriatisches Küstenland. nel 1944-1945.dascalieè

4-Primo contatto delle avanguardie scozzesi, della divisione britannica “Battle Ax”, con elementi cosacchi del generale Domanow, acquartierato all’Hotel “Banhof” di Mauthen- Koetschach, e la popazione austriaca il  7 maggio 1945.

5-Da sinistra a destra : l’autore Carnier Pier Arrigo assieme a un  atamano del don alla recente cerimonia della Drava.




domenica 8 novembre 2015

LA TRAGEDIA DEI COSACCHI 70 ANNI DOPO IL MASSACRO



COMUNICATO


All’attenzione di amici della Regione Friuli Venezia Giulia e possibili interessati a vicende storiche.  
Mi fa piacere informare che oggi, 8 novembre, la pagina culturale “Frontiere” del Gazzettino nr. XXIX è dedicata a un  mio articolo rievocativo delle solenni celebrazioni verificatesi quest'anno in Carinzia, sotto il titolo:  
        “LA TRAGEDIA DEI COSACCHI 70 ANNI DOPO IL MASSACRO"

8 novembre 2015

PIER ARRIGO CARNIER


martedì 3 novembre 2015

“RAGAZZO DELLA STEPPA”



                                                                        COMUNICATO


Ho motivo di estendere la conoscenza della vicenda umana che qui di seguito vengo a esporre che assume, sotto il profilo storico  il senso di un nobile simbolo, alle associazioni cosacche esistenti nell’Austria, Germania , Serbia , Slovenia,  Slovacchia, Francia, Gran Bretagna, Canadà, Stati Uniti ed ovviamente alle forti organizzazioni cosacche dell’ Ucraina e Federazione Russa intese a patrocinio della tradizione e della storia, oltre a chi abbia interesse e sensibilità per le argomentazioni storiche.


                                             RAGAZZO DELLA STEPPA”

Nel camposanto del capoluogo di Romans d’Isonzo, in provincia di Gorizia (Italia), fu sepolto nel gennaio 1944 un giovane soldato di origine mongola appartenente alle forze collaborazioniste dei tedeschi con distintivo sulla manica del braccio sinistro che indicava l’organizzazione militare e l’etnia di appartenenza.
Complessivamente le forze collaborazioniste riunite in primarie unità quali l’Armata cosacca, l’Armata Russa di Liberazione, il 15 Corpo di cavalleria cosacca, la 162° Divisione Turkestan, il Corpo Russo di Sicurezza in Serbia, l’Unità calmucchi, la Legione georgiana, varie Forze bielorusse e molteplici altre organizzazioni minori, battaglioni autonomi e flottiglie di reparti, ammontavano ad oltre  un milione e mezzo di combattenti. 
Si tratta di forze che rientravano nel disegno di un grande rivolgimento, inteso secondo la visione tedesca a consolidare l’Europa sotto la guida germanica, allontanando le plutocrazie occidentali (Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia) e dando alla Russia una diversa strutturazione. L’argomento è vasto ed io ne ho tracciato solo la linea essenziale.
Il corpo del giovane soldato di origine mongola, privo di vita, venne rinvenuto  ad ora mattutina, un giorno di gennaio del  1944, riverso su un marciapiede di via Latina a Romans d’Isonzo, dove sussisteva la presenza di forze tedesche e collaborazioniste. Aveva il corpo trapassato da un proiettile, ma ne ignoro  la precisa causa, se cioè dovuto  a un colpo d’arma accidentale partito tra commilitoni o sparatogli  intenzionalmente da taluno appartenente a o fiancheggiatore della già esistente organizzazione partigiana antitedesca. Non mi pronuncio quindi sulla causa. Già comunque molti anni fa un’organizzazione di ricerca formata da giovani di Romans, qualificatasi “SCUSSONS”, prese contatti con me in quanto interessata a recepire informazioni sull’organizzazione delle unità collaborazioniste russe per cui conobbi questa storia del  giovane combattente mongolo, che toccò la mia sensibilità di uomo, sepolto senza conoscerne il nome in un angolo del cimitero di Romans. Seppi naturalmente che sulla tomba fu collocata una lapide con l'epigrafe “RAGAZZO DELLA STEPPA” su cui c’è sempre, da gran tempo, chi porta dei fiori, riconoscendo in questa immagine del giovane ignoto l’identificazione ideale di altre vite di giovani e non, stroncate dalla guerra e sepolte, in circostanze analoghe, senza identificazione (Nota n.1).

3 novembre 2015

PIER ARRIGO  CARNIER



Nota n.1
Sento il dovere di precisare che, In occasione alla recente celebrazione dei defunti, del 2 novembre, l'amico  triestino Andrea Di Natale, che ringrazio, ha rinnovato in me il ricordo di questo giovane ignoto inserendo nel mio diario un’ interessante nota sull’argomento, con foto che ritrae dei cittadini  di Romans d’Isonzo sul la  tomba del “RAGAZZO DELLA STEPPA ” (autore Edo Calligaris).

lunedì 2 novembre 2015

Edo Calligaris
ROMANS: RIMESSO UN NUOVO ELMO AL “RAGAZZO DELLA STEPPA”
""Con la ricollocazione di un nuovo elmo, di cui si sono fatti carico alcuni volontari assieme al locale gruppo di ricerca “I Scussons”, ha riacquistato la sua immagine simbolo, la sua storia e la sua memoria, nel cimitero di Romans d'Isonzo, l'ignoto soldato tedesco di origine cosacca, indicato come “Il ragazzo della steppa”. Un gesto di umana pietà, per ridare memoria e dignità a questo ignoto combattente, dalla cui sepoltura, poco più di un anno fa, una mano vile ed irriverente, come venne allora definita in paese, aveva sottratto l'elmo tedesco che per tanti anni aveva sovrastato la croce posta sulla sua tomba addossata al muro di cinta. Un ritaglio di terra in un angolo del camposanto, dove nel lontano gennaio del 1944, venne sepolto questo soldato di origine mongola, di cui, come indica una scritta incisa sulla croce, “Solo il Signore conosce il nome”. Era uno dei tanti soldati cosacchi di origine mongola, che si erano arruolati nell'esercito tedesco per combattere i nemici russi. Il suo corpo, privo di vita, venne rinvenuto di buonora, un giorno di gennaio del 1944, riverso su un marciapiede di via Latina a Romans, davanti ad una casa nel cui cortile i soldati tedeschi avevano fissato la loro dimora. Aveva il corpo trapassato da un proiettile, che, a quanto si ricorda in paese, partì accidentalmente tra commilitoni, che stavano giocando con le armi, i quali pensarono poi di abbandonarlo sulla pubblica via.Inizialmente, come altri ricordano ancora a Romans, la croce sulla tomba era di ferro e sulla quale venne appesa una gavetta con tanto di cucchiaio e forchetta, che nei quindici giorni seguenti la sepoltura del ragazzo, i suoi commilitoni mongoli, nel rispetto della loro tradizione religiosa, riempirono di cibo tra la curiosità della gente del luogo......""
Ho trovato sul mio sito privato la foto di cui sopra con  relativo testo, non mio, meritevole di apprezzamento e rispetto. Conoscevo questa storia  rievocata  oggi 2 novembre 2015  ricorrenza celebrativa del giorno dei defunti,  del ragazzo dell'Est perito,  a Romans d'Isonzo nel 1944, sepolto nel cimitero del luogo con l'epigrafe molto significativa di  "RAGAZZO DELLA STEPPA" . Molti hanno, fa il gruppo locale " Scussons" di Romans,  aveva  preso  contatti con me per possibili notizie, stante la mia lunga attività di approfondimento delle vicende dei combattenti orientali affiancati alla Germania che ammontavano complessivamente a unmilione e cinquecentomila. Il caso del "RAGAZZO DELLA STEPPA"  è  vicenda toccante sotto il profilo umano che mi  permetto di diffondere via Internet, perchè sia letta dai molti miei amici cosacchi, ucraini, tartari e dalle associazioni cosacche esistenti nell'Austria, Germania, Serbia, Slovacchia, Stati Uniti.
2 novembre 2015
PIER ARRIGO CARNIER











Pier Arrigo Carnier

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