mercoledì 24 febbraio 2016

AD INTEGRAZIONE DEL POST “ CAUCASICI A PAULARO E VALLE D’INCAROIO 1944-1945




Scrive Cristian Gardelli :  “Grazie per le informazioni molto utili per la mia voglia di conoscenza …”



Dato l’interesse, oltre a quanto riferito, ritengo di aggiungere dell’altro.

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Un certo numero di caucasici del presidio di Paularo, a fine aprile inizi maggio 1945, si  era rifiutato di seguire l’ordine della ritirata in Austria ed erano rimasti sul luogo esponendosi però alla minaccia, secondo voci, di mortali rappresaglie partigiane. In loro aiuto, con una scorta di  cavalieri sud-osseti, giunse nell’alta valle d’Incaroio la principessa georgiana Mariam Kergselize, che io conobbi personalmente come ebbi a precisare in alcuni miei scritti giornalistici. Si trattava di donna di grande fascino e dal sontuoso portamento regale che deteneva il massimo potere sulle forze georgiane e godeva di grande prestigio sui caucasici, in particolare sui sud-osseti. Arrestata dai partigiani della formazione Monte Croce e tradotta al comando in via Marconi di Paularo la principessa dichiarò “” di essere sorta in difesa dei caucasici dispersi e prigionieri, onde evitare prevedibili ed ingiuste vendette partigiane …”” Riuscì praticamente a risolvere la situazione in senso positivo. Raggiunse poi Forni Avoltri dove trattò la resa delle forze georgiane, colà concentrate, con un’unità d’avanguardia britannica comandata dal generale Goffrej Musson, giunta da Lorenzago.
Il grande accampamento dei caucasici in  Carinzia, in cui si raccolsero le forze in ritirata provenienti dalla Carnia, si trovava poco più a sud di Oberdrauburg, tra Groefelhof, Irschen e Dellach, mentre i cosacchi si erano insediati circa trenta chilometri più a nord, accampandosi prevalentemente lungo la sponda sinistra della Drava, nell’Oberlienz ed a sud di Lienz. Conosco varie storie raccontatemi da caucasici ed anche da cosacchi, delle loro fughe sui monti e nel profondo dei boschi della Carinzia, onde sfuggire alla consegna ai sovietici. Tengo degli appunti e, soprattutto, immagini registrate nella memoria dei detti superstiti e delle loro narrazioni e, credetemi, poiché conosco bene le montagne dell’Austria mi sembra di avere vissuto personalmente l’affanno e la costante paura di quei fuggiaschi affamati, accaldati dal sole dei mesi estivi, vaganti per sentieri e boschi umidi di cui risento l’odore di muschio bagnato. Si cibavano di radici e di carne di pecora, rapinata da qualche parte. Diversi morirono per infezioni provocate dalla pessima alimentazione e di stenti, altri furono ripresi dalle pattuglie britanniche in accanita ricerca sotto guida sovietica, bramanti di restituire all’ URSS dei traditori, che moralmente traditori non erano, poi destinati a morte certa nei lager penali della Siberia.
Nel grande accampamento dei caucasici c’era anche Maria Plazzotta, italiana, valligiana di Ravascletto (Carnia) andata sposa al caucasici Mustafà, finita in Siberia e della quale non si seppe più nulla, da me ricordata sulla base di ricerche, nel mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945” – Mursia, Milano 1990, a pagg. 91,229, 230. Le forze caucasiche combattevano per la libertà e l’indipendenza del Nord Caucaso. Era questo il loro impegno ideale ricordato con un’epigrafe su lastra bronzea posta, a degna memoria, su un rilievo lapideo a sud di Oberdrauburg nella zona di Irschen.

24 febbraio 2016


PIER ARRIGO CARNIER

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