Scrive Cristian Gardelli : “Grazie per le informazioni molto utili per la mia voglia
di conoscenza …”
Dato l’interesse, oltre a quanto riferito,
ritengo di aggiungere dell’altro.
* * *
Un certo numero di caucasici del presidio
di Paularo, a fine aprile inizi maggio 1945, si
era rifiutato di seguire l’ordine della ritirata in Austria ed erano
rimasti sul luogo esponendosi però alla minaccia, secondo voci, di mortali
rappresaglie partigiane. In loro aiuto, con una scorta di cavalieri sud-osseti, giunse nell’alta valle
d’Incaroio la principessa georgiana Mariam Kergselize, che io conobbi
personalmente come ebbi a precisare in alcuni miei scritti giornalistici. Si
trattava di donna di grande fascino e dal sontuoso portamento regale che
deteneva il massimo potere sulle forze georgiane e godeva di grande prestigio
sui caucasici, in particolare sui sud-osseti. Arrestata dai partigiani della
formazione Monte Croce e tradotta al comando in via Marconi di Paularo la
principessa dichiarò “” di essere sorta in difesa dei caucasici dispersi e
prigionieri, onde evitare prevedibili ed ingiuste vendette partigiane …”” Riuscì
praticamente a risolvere la situazione in senso positivo. Raggiunse poi Forni
Avoltri dove trattò la resa delle forze georgiane, colà concentrate, con
un’unità d’avanguardia britannica comandata dal generale Goffrej Musson, giunta
da Lorenzago.
Il grande accampamento dei caucasici
in Carinzia, in cui si raccolsero le
forze in ritirata provenienti dalla Carnia, si trovava poco più a sud di
Oberdrauburg, tra Groefelhof, Irschen e Dellach, mentre i cosacchi si erano insediati
circa trenta chilometri più a nord, accampandosi prevalentemente lungo la
sponda sinistra della Drava, nell’Oberlienz ed a sud di Lienz. Conosco varie
storie raccontatemi da caucasici ed anche da cosacchi, delle loro fughe sui
monti e nel profondo dei boschi della Carinzia, onde sfuggire alla consegna ai
sovietici. Tengo degli appunti e, soprattutto, immagini registrate nella memoria
dei detti superstiti e delle loro narrazioni e, credetemi, poiché conosco bene
le montagne dell’Austria mi sembra di avere vissuto personalmente l’affanno e
la costante paura di quei fuggiaschi affamati, accaldati dal sole dei mesi
estivi, vaganti per sentieri e boschi umidi di cui risento l’odore di muschio
bagnato. Si cibavano di radici e di carne di pecora, rapinata da qualche parte.
Diversi morirono per infezioni provocate dalla pessima alimentazione e di
stenti, altri furono ripresi dalle pattuglie britanniche in accanita ricerca
sotto guida sovietica, bramanti di restituire all’ URSS dei traditori, che
moralmente traditori non erano, poi destinati a morte certa nei lager
penali della Siberia.
Nel grande accampamento dei caucasici c’era anche Maria
Plazzotta, italiana, valligiana di Ravascletto (Carnia) andata sposa al
caucasici Mustafà, finita in Siberia e della quale non si seppe più nulla, da
me ricordata sulla base di ricerche, nel mio volume “L’Armata Cosacca in Italia
1944-1945”
– Mursia, Milano 1990, a
pagg. 91,229, 230. Le forze caucasiche combattevano per la libertà e l’indipendenza
del Nord Caucaso. Era questo il loro impegno ideale ricordato con un’epigrafe
su lastra bronzea posta, a degna memoria, su un rilievo lapideo a sud di
Oberdrauburg nella zona di Irschen.
24 febbraio 2016
PIER ARRIGO CARNIER
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