COMUNICATO
L’argomento
calmucchi sollevato da poco dilaga.
Amici russi e cosacchi delle Associazioni d’Europa ed altre all’ interno della
Federazione russa hanno informato quelle calmucche e turko-asiatiche per cui il
fatto ormai non rimane sepolto nel silenzio del
bosco d’abeti alle falde del monte “Piz di Mede” come piaceva a certi
elementi “partigiani” e, a dire il vero, credo tutt’ ora
anche ai nostalgici anche se questi ultimi ritengo non abbiano mai saputo nulla non essendo stata lasciata alcuna traccia dagli autori della nefandezza. In ogni caso al
dilà di tutte le valutazioni si tratta di un fatto storico ed i calmucchi,
cavalieri del vento, ci richiamano le sfrenate cavalcate nelle immensità asiatiche,
montando cavalli senza l’uso della
sella. Essi, i calmucchi, ci
ricordano Gengis Khan. Sempre al
riguardo riemergono in me quelle voci
ascoltate anni dopo, di uomini e donne
carniche che, venuti in qualche modo a conoscenza dell’uccisione dei calmucchi,
pronunciavano con gelida, arida flemmaticità
la frase : “ ….a ju han copaats “ (li hanno uccisi). Inevitabile mi torna in mente, inoltre, lo scenario della ritirata
cosacca, l’ avanzare ad intervalli delle colonne ed il rumore dei passi, misto
a nitriti di cavalli, sulla strada della valle che attraversava il mio paese,
non asfaltata come le altre, resa
fangosa dalle insistenti piogge di quei giorni per cui rimasero a lungo
visibili i solchi lasciati dalle ruote
delle carrette.
20 giugno2017
PIER ARRIGO CARNIER
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