L'arcivescovo russo ortodosso ANTONY di Ginevra ad un commemorazione della Drava. Alla sua sinistra il maestro di cavalleria cosacca A. BOITSCHEWSKY.
COSACCHI. PICCOLI GRANDI RICORDI
Nel corso degli anni settanta, dopo essere stato con me in
corrispondenza, l’atamano generale Wiaceslaw Naumenko, ex ministro della
guerra nominato nel 1919 dal parlamento del Kuban esponente di una
delle più note famiglie della casta militare cosacca della favolosa
terra del Kuban, venne dall’America in Europa e mi volle al suo fianco
per conoscere le fosse dei cosacchi lungo il corso della Drava, a sud di
Lienz per un lungo tratto nella valle, periti a centinaia per
annegamento volontario presi dal panico al momento in cui i vincitori
britannici diffusero negli accampamenti l’ordine della loro consegna ai
sovietici. Disse che si affidava alla mia conoscenza. Lo accompagnava
il genero, ex colonnellodei cosacchi Nikolai Nazarenko che aveva
sposato Natalia la figlia, una donna, come si suol dire, importante e
molto piacente di cui conservo delle foto assieme ai cosacchi, gente del
Kuban. Naumenko mi fece allora dono di documenti e di un suo libro con
dedica che riportai nell’introduzione del mio volume “l’Armata cosacca
in Italia 1944-45”, e che qui ripeto: “A buon ricordo al
molto riverito Pier Arrigo Carnier, in segno della mia amicizia per il
suo vero cameratismo verso il popolo cosacco e per la sua instancabile
dedizione alla causa della tragedia cosacca. Generale W.G. Naumenko".
Ritorno su questi argomenti perchè la gente sa poco e si fa bene a
ricordare fatti e particolari a me cari. Della tragedia della Drava io
sapevo molto e lui, il generale Naumenko, sapeva che io sapevo. Ogni
volta, superando con la mia autovettura, una Fort Taunus bianca di
grossa cilindrata, il passo del Gailberg in Carinzia, allorché, se in
estate, mi si affacciava la valle Drava sottostante col fiume
serpeggiante sullo sfondo tra il verde scuro di boschi e quello chiaro
di un giallo dorato dei prati e culture o comunque in ogni altra
stagione, avvertivo un’inevitabile commozione talvolta fino a versare
qualche lacrima perché sapevo tante cose (così era anche mia madre,
figlia di padre ungherese, forte di carattere ed indomita nelle
sventure, ma sensibilissima ai ricordi che toccavano i sentimenti). Mi
tornavano in mente gli abbracci di addio all’esterno dell’Hotel
Restaurant “Zu Golden Fisch” o del “Bozner Hof” di Lienz, dopo la
cerimonia commemorativa della tragedia della Drava e la colazione, nei
caldi afosi pomeriggi austriaci o dopo altri incontri, non solo in
Austria ma in Baviera e nel nord est Germania, con tanta gente,
cosacchi uomini e donne, ex ufficiali e soldati, di cui taluni di anno
in anno venivano a mancare, ma l’incontro cerimoniale di Lienz era
significativo soprattutto perchè rievocava quei tragici giorni della
consegna.
Ricordo sempre quando il cosacco Wassily Lichatchow mi portò nel
cimitero di Delsach, a sud di Lienz, sulla tomba di Piotr Golowinskij,
ufficiale suicidatosi nei campi della Drava per non subire la consegna
ai sovietici. Si impiccò ad un albero. Lichatchow, si inginocchiò sulla
tomba dove giacevano fiori disseccati e mi disse. Tu scriverai la verità
della Drava. Giuralo. Ed io pure mi inginocchiai sulla tomba e in nome
di Cristo, morto sulla croce, giurai che avrei scritto la verità della
Drava ma in realtà l’avevo già scritta, riscritta e pubblicata
editorialmente e giornalisticamente, ma avrei continuato a farlo. I
resti di Golowinskij furono poi traslati, anni dopo, nel cimitero
cosacco di “Peggetz” sulla sinistra della Drava. Con Lichatchow, in
quello stesso giorno, mi recai nella piana degli ex accampamenti tra
Lienz ed Oberdrauburg. Mi condusse verso una piccola macchia di bosco e
mi disse che lì stavano sepolti altri cosacchi, ufficiali che si erano
pure suicidati per non subire la consegna. “Ormai non vi è possibilità
di localizzazione delle tombe, ma stanno qui sotto”, mi disse
insistentemente, “ e qui c’è chi porta dei fiori”. Era un bosco di
ontani e il vento, che sempre soffia dolcemente lungo la valle, ne
agitava le fronde. Aggiunse poi : “ Delle tombe ignote di cosacchi,
sfuggiti alla consegna nel giugno 1945, stanno sulle montagne qui
intorno, morti per denutrizione e malattie”. Questo lo sapevo. Ci
intendevamo in tedesco.
Conobbi tanta gente cosacca superstite, molte anche le donne,
veramente tipiche provate da un’odissea. Talune erano state ingaggiate
nel lavoro coatto o in servizi ausiliari nelle unità tedesche. Mi
raccontavano che dovevano soddisfare i piaceri sessuali di capi,
ufficiali e graduati che le volevano a letto completamente nude,
spesso ubriachi…e quelle donne, verso gli stessi, mantenevano odio e
disprezzo. Molte passarono poi nell’armata cosacca o nei battaglioni
autonomi cosacchi russi,ucraini, tartari etc. e le cose cambiarono.
Ai cosacchi, uomini e donne, fossero alti ufficiali od umili
soldati, piaceva parlare con me.Taluni mi chiamavano “ il cosacco
italiano” definizione che mi venne affibbiata congiuntamente dal
cosacco von Pinoci ed dall’ataman Alexej Boitschewsky entrambi della
corrente monarchica. Boitschewsky in qualità di Rittmeister a D. (ex
maestro di cavalleria), aveva militato del 15° Corpo di cavalleria
cosacca nei Balcani. C’era però una donna del favoloso coro ucraino, che
onorava con canti gregoriani la funzione religiosa, nella ricorrenza
della commemorazione della tragedia della Drava nel cimitero di
“Peggetz” che, sapendo del mio interesse alle vicende cosacche e
dell’Est, più di una volta conversando mi disse, “ Sie aben slavische
gesicht…”, il che significava che io, secondo lei, rivelavo nel volto
caratteristiche slave ?
Si tratta di frammenti di ricordi di gente cosacca ormai passata a
miglior vita. I cosacchi amavano la preghiera collettiva essendo,
secondo loro, una forza che determina qualcosa. Io non ci credevo, ma poi
ci credetti in funzione di vari fatti eccezionali, a prima vista
incredibili, che mi furono raccontati. Mi colpiva molto, direi mi
incantava spiritualmente la loro grande fede religiosa in Dio. Quando
pregavano li sentivo chiusi in un loro antico mondo di fede, non erano
superficiali.-
Nel 1984, credo di non sbagliarmi come anno di riferimento, alla
consueta commemorazione di “Peggetz” sulla Drava, giunse come sempre il
dott. W. Grigorievic Glaskow, presidente della Suprema associazione dei
cosacchi d’America e responsabile al vertice dell’Internazionale
anticomunista con sede negli USA, prezioso confidente o collaboratore
della CIA nelle questioni sovietiche, balcaniche e in genere dell’Est,
già ex alto ufficiale cosacco e membro del Consiglio
dell’amministrazione centrale cosacca presieduta da Krassnoff con cui
ebbe comunque dei contrasti e, in precedenza, ufficiale zarista e poi ,
dopo la caduta dei Romanow, ufficiale nell’armata cecoslovacca. Glaskow
era persona squisita e per lunghi anni fummo in rapporti. Facendo i
suoi giri di propaganda, presso le associazioni cosacche di esuli sparse
nel mondo, mi inviava delle cartoline di saluti. Appena mi vide, dopo
esserci salutati, tirò fuori dalla borsa un opuscolo stampato in Italia
sulla vicenda cosacca che io comunque conoscevo, e mostrandomelo, mi
chiese se avessi preso posizione sulla stampa “ poiché il
contenuto e le illustrazioni molto sporche, sudice, spregiative
mettevano in falsa luce i nostri Fuhrer cosacchi che, nel gennaio 1947
erano stati esecutati a Mosca mediante impiccagione”. Risposi
che, in realtà, non l’avevo fatto in quanto l’autore era un italiano
comunista dal quale altro non c’era da aspettarsi ma che comunque
sarei opportunamente intervenuto sulla stampa. In realtà nell’opuscolo
ero citato anch’io come fonte, con un certo riguardo, ma il contenuto e
le illustrazioni erano decisamente lesive dell’onorabilità cosacca.
Mentre parlavamo si fecero attorno diversi cosacchi assieme a un gruppo
di giovani universitari francesi, discendenti da cosacchi riparati nel
1918 in Francia, dopo la controrivoluzione. Glaskow porse loro l’opuscolo
ed essi sfogliandolo rapidamente, alla vista delle vignette, si
sdegnarono e chi lo teneva in mano lo buttò a terra e prese a
calpestarlo, gli altri fecero altrettanto, poi uno di loro lo raccolse e
lo lanciò nella Drava che scorre a poca distanza, allora in piena in
quanto era piovuto per diversi giorni. Vidi l’opuscolo che, gettato in
aria cadde nel fiume mentre delle pagine biancheggianti, che si erano
staccate, scesero più lentamente e furono travolte dalle onde grigio
verdastre. Glaskow era rimasto a guardare senza condannare il gesto.
Molte altre cose ci sarebbero veramente da raccontare, ma per questa volta mi fermo qui.-
27 novembre 2012 .
PIER ARRIGO CARNIER
Ho riletto oggi, 3 marzo 2020, questa cara memoria scritta nel 2012 provando ancora una volta sentimenti umani delicati, al di sopra di ogni questione di parte, per la vicenda cosacca e taluni particolari che io ebbi il privilegio di conoscere. Provo sempre delle emozioni tra il felice e il nostalgico........3 marzo 2020 CARNIER PIER ARRIGO - Delegato ufficiale, per la storia, del 15 Corpo di cavalleria cosacca del generale Helmut von Pannwitz (1943-1945) che combattè nei Balcani.
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RispondiEliminaHo rilevato oggi 14 giugno 2020, uno spiccato interesse a questo mio post, in lettori italiani e degli USA, questi ultimi presumibilmente italo-americani cioè italiani emigrati. Ovviamente ciò è per me confortevole !!!! CARNIER PIER ARRIGO
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