giovedì 3 dicembre 2020

 



si chinava comunque  a cogliere le  bianche rose di quei rosai dall' e profumo delicato, durante la  fioritura in giugno e luglio.  Ne faceva un mazzo da mettere nel vaso sul tavolo in  cucina. Diceva che nel cogliere quelle rose ne recideva con accortezza i gambi con una forbice che teneva in tasca.

Nell' immaginarla camminare a passi misurati la vedevo trasfigurata in un' immagine angelica, bramosa di sensazioni idilliache immateriali che le  davano  gioi ed istantanea mi balzava in mente l' immagine di Celtine, la figura ideale delle montagne della Carnia..e a tal proposito non posso evitare una spiegazione............
 Per completare l' immagine del bosco aggiungeva che, a volte , un capriolo e talvolta un camoscio sceso dalle montagne, com' era capitato  anche a me, attraversava il bosco come un fulmine spezzando il silenzio  dando luogo a un momento quasi di sgomento, dopo di che l' atmosfera del bosco si ricompone  Riferiva poi  la sensazione da fiaba che provava d' inverno mentre fittamente nevicava. Mi  spiegava che usciva dal casolare con l' ombrello, quello in tela resistente in uso ai contadini pastori e malgari,  dalla bordatura a strisce colorate celeste, rosso blu e arancione. Scendeva lungo la mulattiera e si fermava ai margini del medesimo immersa con le scarpe da montagna nella neve.
Le piaceva assistere  al fitto nevicare sul manto verde del bosco, in un silenzio pervaso delicatamente  da quel  fluire, con l' orizzonte inerte, marmoreo,cupo facendo intendere  fantasiosamente l' emergenza di  villaggi sommersi con valligiani chiusi nelle case accanto a focolai o a  ferrosi "spolerts " di cucina, sognando caprioli rintanati fra cespugli e tordi,ciuffolotti e capinere sonnecchianti in agoli protettivi dei sottobosco.

 presagio,  di attesa e di minacce del nevicare, preludente difficoltà, caduta di  valanghe loghi di miseria di povera gente.
Poi si finiva per richiamare alla memoria vicende tramandate, sepolte. Riemergeva la storia di Celtine...ma cià che noon finiva mai di affascinare era la rievocazione di verità miste a leggenda di donne vissute in epoca remota, donne carniche meravigliose, travolgenti..........



In età avanzata Irma aveva assunto una figura austera che rammentava l'immagine della Jotti, presidente camera dei deputati e non ero solo io a pensarlo......




 PICCOLI,  GRANDI  RICORDI DELLE MONTAGNE DELLA CARNIA



Il titolo potrebbe anche essere    GENTE DI CARNIA


IRMA GAGIOLO    -

L'ascesi s'incontra già nelle fasi primordiali e arcaiche della religione. ... l'ascetismo è invece in altre religioni l'elemento essenziale e centrale della vita ... e lotta nella quale anche l'uomo è implicato, in quanto è spirito nella materia, onde per ...




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   ( 2 )                             

locale avesse aperto in anticipo. Ma non era così poichè, pur essendo superata la mezzanotte, il bar-locanda non aveva ancora chiuso. Giunti nelle valli faceva ancora buio ed in attesa che si facesse veramente giorno, per iniziare la ricerca dei funghi, sostammo all' interno di una staipa fatta di travi in legno, scure per la vecchiaia e rivestite all' interno di un  sottile strato di muschio. orse istintiva la domanda sul motivo del perchè stentava a farsi giorno per cui si fece evidente anche la risposta sul come stavano realmente le cose.

Andando oltre al ricordo delle valli di Ovasta sempre per la ricerca di funghi, da solo battevo altre contrade. Di fianco alla mia casa in val Gorto, partiva una mulattiera che saliva su un altopiano e raggiungeva del casolari con stalle e dimore di contadini.  Il rimo era Tauz di radice tedesca, abitato da montanari dalla parlata carnica piuttosto a voce alta, dal tono dei malgari, usando spesso termini rudi ed a volte lascivi, per cui in casuali riferimenti spregiativi alle donne dicevano " quella piscia di donna" definizione derivata dal verbo pisciare.

Rammento il vecchio proprietario detto Zuan da Braida seduto d' estate fuori dal casolare mentre sul piccolo incudine piantato nel terreno  fra le ginocchia batteva la falce, vale a dire l' affilava. Figura prestigiosa  della famiglia era Irma la nuora, giovane  moglie del figlio  "Giovanin".  L' avevo conosciuta prima del matrimonio a malga Jelma nei giorni di monticazione, dov' era giunta col padre a portare le vacche. Venivano  di Sostasio in val Pesarina . Irma era alta ed aveva del   fascino nelle movenze del portamento. Parlava con fermezza e,ove occorresse, non  risparmiava frasi lapidarie e  spregiative verso chi le meritasse .Prima che si sposasse, nel corso di un certo periodo, la rivedevo alle feste da ballo in val Pesarina, a Prato e Pradumbli. I balli erano organizzati alla buona in qualche stanzone  di paese dal pavimento in tavole di legno  che scricchiolava per la vecchiaia, al punto da temere che potesse cedere  ed affondare con un piede. A Pradumbli avevo confidenza con Mery Agostinis che gestiva il bar del paese, giovane donna molto sveglia che non si lasciava incantare. Pradumbli fu nota patria di anarchici e durante la resistenza (1944-1945) covo di partigiani. Ne successero di tutti i colori e d' altronde, nata dal nulla, la resistenza non poteva essere diversa. Umili boscaioli divennero ardenti capi partigiani comunisti: uniformi nuove grigioverde o color cachi confezionate da donne volontarie, ampi fazzoletti rossi al collo. Vi fu un' estate favolosa (1944) poi nell' autunno coi grandi rastrellamenti tedeschi ed appoggio fascista, le cose precipitarono e i boscaioli,in gran parte tornarono ad essere boscaioli. Mery fu testimone di varie vicende, talune oscure che, negli incontri del primissimo dopoguerra, volle confidarmi. Nella sua abitazione con bar si era insediato un noto commissario e dopo un ' azione condotta a Sappada,divenne luogo di custodia del podestà di quella cittadina, arrestato in quanto esponente del ripristinato partito fascista. Si trattava di Luigi Cecconi padre di cinque figli che il commissario  ritenne di condannare a morte.La fucilazione fu eseguita in luogo sottostante il paese vicino a un torrente  ed ivi sepolto. I familiari chiesero notizie e la risposta trascinata a lungo fu che era tenuto prigionieri e si chiedeva della biancheria di cambio... Ci sarebbe molto da dire ma lo farò in altra sede.

 A quelle feste da ballo conobbi una donna  con la quale ebbi una storia  e,  per sentirmi più libero nel raccontare, come si fa nel romanzo,  la citerò  con lo pseudonimo di Elga  Era  più anziana di me il che  costituiva per me  maggior interesse :  mi piacevano le donne non ventenni ma quelle che avevano alle spalle qualche storia. Tra noi noi si stabilì una spontanea  amicizia che andava oltre la simpatia. Facemmo qualche giro sulle montagne. In uno di questi passammo a malga Losa e poiValuta, raggiungemmo Mont da Riu e qui  facemmo dietrofront, passando poi  alle malghe  Gerona, Pieltinas dove consumammo dei viveri di scorta. Conversammo e mi piacque enumerare i malgari che avevano a lungo monticato la malga, fra i quali Mario Concina. Raggiungemmo poi  Vinadia grande. dove sostammo . Era fine settembre con le  malghe già smonticate per cui nelle stesse regnava quel malinconico silenzio tipico dei luoghi a festa è finita. Ci trovavamo seduti su una panca all' interno della casera ed  io stavo osservando la "mussa" in legno con perno base in metallo  che, nella fase casearia di lavorazione quotidiana, tiene appesa la caldaia in rame riempita del latte della mungitura e serve a rimuoverla per  dare la giusta cotta e poi a rimetterla sul  fuoco di ramaglie acceso nella cavità del lastrico. Lei, Elga ,si tolse il maglione di lana e sotto, pur stante il reggipetto, il seno si evidenziò palpitante. All' interno della casera si sentiva il tipico odore di malga misto a quello di cenere e caligine. Per farla breve facemmo l' amore sul vecchio tavolo scricchiolante della casera. Elga era  donna travolgente, aveva una struttura fisica provocante con delle cosce ampie ma  al limite giusto, che avrebbero ingoiato il mondo, autentico dono  dai poteri eccitanti.

.Seguì uno stato fisico di rilasso immersi in  una calma paragonabile all' indefinibile  distensione che investe il paesaggio dopo lo scroscio di un temporale con tempesta. Parlammo  poi con spontaneità dello stato psichico in cui ti innalza, fuori dal mondo, la consumazione dell' atto sessuale e ci piacque parlarne con libertà e realismo. Uscimmo poi dalla casera. Faceva caldo quasi da sentirsi in agosto. Il pascolo era  immerso nel silenzio con odore d'erbe appassite e terra smossa da zampate di vacca,,  ma qua e là nel campiglio si notava un rinverdire a chiazze, piacevole  riverbero vegetativo di fine stagione,  mentre allodole pigolanti volavano basse con brevi soste sui tetti degli alloggiamenti delle vacche. Ci incamminammo  lentamente sulla sulla mulattiera di ritorno  a valle.  Avevamo di fronte le dolomiti  che col tramonto apparivano color   rosso viola.

 Nell' evolversi delle cose Elga poi si sposò ed  emigrò nel Francia . Uscì pertanto dalla mia vita. lasciando  un inevitabile  caro ricordo.degli anni giovani quale parte del patrimonio interiore. Via via nel tempo ti rendi conto che tutto passa e ciò che conta è il  vivere con generosità d' animo, fare del bene ed  essere consapevoli di che cos'è la dignità umana, del valore fondante della stessa con alto rispetto per quella altrui.

Di quando in quando passando per Tauz, mi fermavo a salutare Irma e scambiare con lei qualche considerazione..Questo accadeva anche d' inverno quando, con la neve gelata  salivo con gli sci sul monte Podzof per cui,  passando accanto al casolare di Tauz, come accennato mi fermavo  a salutare. Giunto sul monte mentre stavo per buttarmi in picchiata nel  canalone detto "Lavinal" , che in carnico significa luogo di slavine,  guardando dall' alto verso il  casolare,  notavo   accanto al medesimo. nella luce abbagliante del candore della neve, un piccola figura scura  che guardava verso l' alto :era Irma. Nello scorrere del tempo pensai spesso con disappunto a quel buttarmi in discese rischiosissime : se cadevo e finivo contro un  tronco  d' albero era finita. 

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( 3  )


Quella di Tauz era una famiglia contadina benestante.Viveva con tranquillità dal punto di vista economico.: Disponeva di vasti beni prativi, bosco e stalla con oltre venticinque vacche che,  all' inizio di giugno venivano portate all' alpeggio in fondo alla val Pesarina,  a malga Lavardet, che aveva due dislocazioni:  la prima in zona agevole accessibile con automezzi, inframmezzata da bosco nero cioè di abeti, dove rammento di avere incontrato il pastore detto " Piluch" cognome Concina,  che veniva da Invillino, mentre dava delle manciate di sale rosso alle vacche affondando il braccio nella gola. Traeva il sale da una bisaccia penzolantegli sul fianco, assicurata da cinghia di sostegno attorno al collo. Lavardet era  zona  piacevole, piuttosto umida nella parte boschiva. A qualche chilometro verso ovest la strada, superando un valico,  immetteva nel Comelico che fa parte del Cadore. L' altra malga era Mimoias posta ad altitudine superiore. Non aveva un ampio campiglio ed il pascolo si estendeva ad  est  infiltrandosi in canaloni tra le ricce dolomitiche, con abbondante fioritura di stelle alpine   ((Leontopondium alpinum). che  restavano  inutilizzati nella parte alta stante la ripidità. Pascolo difficile, mi diceva un vecchio pastore, ma dall' ottimo erbaio perchè godeva di certi sali  contenuti nelle rocce sovrastanti che, con le piogge, defluivano sul manto erboso sottostante. Il termine erbaio era usato sovente dall' "Ors di Pani",  Antonio  Zanella mio amico che,  quando parlava di malghe faceva una distinzione riguardo il pascolo,  se posto a "miez dì" (mezzogiorno, cioè a levante) o a "miezegnot" (mezzanotte cioè a ponente) poichèl' la saporazione dei prodotti caseari risultava diversa.

Dopo Tauz c' era il gruppo di casolari detti " La Braida",  abitati da famiglie di montanari in parte dal cognome Del Missier. Dalla Braida dipartiva un strada percorribile con automezzi che superato un vallone raggiungeva in salira il ridente villaggio di Clavais, detto in carnico Clavajas termine di origine slava.

Prima di proseguire mi piace ricordare che, nella zona prativa di Tauz di Sopra in una tarda mattinata di giugno, leggermente piovosa mi capitò di scorgere a distanza in uno spazio fra i cespugli la sagoma di un fungo di grosse dimensioni rispetto a quelli di livello normale, Non  credevo ai miei occhi e addirittura rallentai il passo. Giunto sul luogo rimasi incantato. Si trattava di un porcino. Era qualcosa di impossibile, perfetto nella forma e frescura. Lo trassi con delicatezza dal radicamento nel muschio. Rientrato a casa e posato sulla bilancia pesava quasi quattro chilogrammi.

Riprendo  da dove mi ero fermato cioè da Clavais frazione del comune di Ovaro in carnico Davaar, che si suppone pure di origine slava. Clavais, ai tempi della mia giovinezza,era un paese ordinato con addossate ai muri delle stalle  molte slitte in legno di fabbricazione locale quale mezzo per il trasporto con traino a braccia, del  fieno del monte sovrastante, il Podzof, pure termine slavo. Lo sfalcio della grande area prativa che avvolgeva il monte salvo una parte boscata sul fianco nord, avveniva da fine giugno  a tutto luglio. La fienagione  era i genere affrontata dalle donne. La superficie dei prati, dopo lo sfalcio, risultava perfetta. Non un filo d' erba era stato risparmiato : su notava il segno della falciata fatta con cura indubbiamente con falci affilate. Del fieno, in agosto, risultavano riempite le staipe oltre ai covoni, detti "medas",  allestiti in zona a portata delle slitte con metodo a pressione, eseguito normalmente dalle donne che,  tenendo le mani sul un palo conficcato nel terreno,  iniziavano dalla base a pressarvi attorno il fieno in senso circolare, a piedi scalzi. Ad operazione completata il covone o "meda" veniva pettinato con  rastrelli creando una superficie spiovente, di modo che  l'acqua delle piogge vi scorreva senza penetrare. Se affondavi una mano nei covoni o nella catasta di fieno delle staipe e strappavi una manciata di fieno, sentivi un forte  profumo aromatico .  

Tornando al discorso dei funghi battei proprio anche il monte Podzof e vi trovai dei porcini eccezionali,  non proprio della grandezza di quello raccolto a Tauz di sopra. La ricerca d funghi costituiva anche uno svago , oltretutto per camminare su sentieri e girare per boschi, dei quali mi piacevano i silenzi. Affrontai anche i sentieri del monte Talm, ad ovest di Comeglians il mio paese, monte a cui fanno seguito sempre ad ovest le già citate dolomiti pesarine, mentre a nord-est i suoi fianchi con prati zone boschive e pascolo con malga "Chiampiut", affondavano nell' alta valle di Gorto. "Chiampiut" come malga mi piaceva. Era di proprietà dei signori Screm, possidenti del mio paese e fu a lingo monticata da un contadino e malgaro di Calgaretto, frazione del comune di Comeglians soprannominato "Mini". Immancabilmente "Mini" lo notavi ai mercati autunnali di valle avvolto in una lunga mantella nera : al San Nicolò di Comeglians San Martino di Ovaro e Villa Santina, quest ultimo definito in carnico  : " marchiaat da Vila". A quei mercati affluiva numerosa la gente dei paesi, anche e perchè c'era l' abbinazione del ballo. Nei mercati era tipico il vociare di donne che gestivano bancherelle dove, se d' inverno, si vendevano soprattutto mandorlati, frutta secca, arance (naransas) e mandarini. <c<' era inoltre il banco dei prodotti caseari e salumi con affiancato un automezzo tipo furgone, che conteneva il carico dei formaggi e affumicati. Al bancherellista  piaceva declamare il nome della malga di provenienza dei  formaggi e ricotta . "...a l'è formadi da mont di Pieltinas, Vinadia,Mont di Riu Plumbs, Chiaula Granda Norvenas....". In zona separata aveva  luogo il mercato del bestiame ritrovo di vacari e commercianti,

Riguardo il monte Talm avvertivo interesse a conoscere il significato etimologico del termine per cui feci delle indagini, che però non produssero alcun risultato. probabilmente anzi quasi certamente deriva dal tedesco. Sul  versante sinistro del monte esistevano tracce medievali di una strada carreggiabile che scendeva da Sappada, nel Cadore, e proseguiva verso sud, che si diceva utilizzata dai sappadini benestanti, popolazione dalla parlata tedescofona er portare a seppellire i loro morti nel cimitero della Pieve di Gorto, posta si un' altura nei pressi del villaggio di Cella, attuale frazione del comune di Ovaro.Nel cimitero della Pieve esistevano vecchie lapidi con epigrafi in tedesco ce credo siano state conservate- Cella era noto e credo lo sia ancora per l' esistenza di cave di argilla e fornaci che da tempo immemorabile, ad uso edilizio, producevano laterizi cioè tegole e coppi per i tetti delle case nonchè ciotole e dell' altro per uso casalingo. Parte delle tegole e coppi, onde renderle pregiate, venivano trattate con una vernice verde ottenuta solvendo del rame con degli acidi. Per la maggior parte i tetti dei paesi della Carnia furono realizzati con la produzione di Cella, fatta salva una percentuale proveniente dalle fornaci di Spresiano i zona trevigiana. Non posso tralasciare un particolare. Nei dintorni di Cella c' un' altra vecchia borgata, chiamata Riu che in qualche modo credo legata, per probabili vecchi diritti a malga Mont di Riu che sta sul versante ovest nella zona sottstamte in monte Col Gentile.