sabato 14 giugno 2014

MIRACOLO A CAVAZZO CARNICO

 COMUNICATO AD AMICI, SIMPATIZZANTI ED A QUANTI SI INTERESSANO DI VICENDE STORICHE


Cari amici,
vi sono fatti che finiscono sepolti ma poi nel tempo, per una legge catartica, inevitabilmente riaffiorano ed eccone uno di cui recentissimamente ho avuto notizia e voglio quindi raccontarlo. Lo raccomando in particolare  agli amici e ai molti simpatizzanti della Confederazione Russa e ringrazio tutti per l’attenzione.

  
MIRACOLO A CAVAZZO CARNICO


Di recente, essendo venuto a rincontrarmi il dottor Piga Petrenko Sergey delegato rappresentante del “Movimento per il riconoscimento dello spazio culturale dei cosacchi come patrimonio immateriale dell’umanità” presso l’UNESCO, argomento di indiscusso grande interesse storico e fascino culturale, stanti i suoi contatti sparsi nel mondo, ha ritenuto di segnalarmi  una vicenda verificatasi nel corso della seconda guerra mondiale in Carnia, e cioè una strage  di cosacchi per mano partigiana che stava per essere eseguita e che fu  miracolosamente sventata. Si tratta di notizia riferita al dott. Piga Petrenko da Gordey Denisenko, cosacco del Kuban espatriato dalla Russia in Iugoslavia nel 1918 e giunto a Tolmezzo nel febbraio 1945 col padre e la matrigna polacca a disposizione degli sviluppi dell’Armata cosacca ivi concentrata e dei profughi al seguito,  in risposta  all’invito dell’atamano generale del Kuban, Wiaceslaw Naumenko, il quale aveva fissato la propria sede di  comando a Cavazzo Carnico. Va precisato che, in relazione all’insediamento dell’Armata cosacca a scopo di presidio si era verificata, verso la fine del 1944, una migrazione in Carnia di esuli cosacchi già acquartierati in Iugoslavia, in  Francia e in altri Stati,  finalizzata  a riunire disponibili cittadini cosacchi, esiliati in seguito all’esodo provocato dalla rivoluzione, con l’obbiettivo di un ritorno degli stessi nelle terre d’origine, stante l’auspicabile vittoria tedesca, nonostante la batosta subita a Stalingrado e la retrocessione  del fronte orientale. Tuttavia molto si sperava ancora nelle armi segrete tedesche e non era un’illusione…Erano tempi che io ho vissuto, di difficoltà, di attesa e di ardenti speranze.
Scrivo volentieri sull’argomento perché io stesso, nel dopoguerra, come precisai in altre circostanze, ebbi rapporti e conobbi l’atamano generale Naumenko, il quale proveniente dagli U.S.A., mi volle al suo fianco durante una ricognizione in  Austria sui luoghi che furono teatro della famigerata e forzata consegna dei cosacchi ai sovietici, essendo io depositario di testimonianze poichè, non molto dopo l’accaduto, assieme a mia moglie Wanda, avevo raggiunto quei luoghi  rendendomi conto dei fatti. In  una borgata alla periferia est di Lienz,  nell’Östtirol, stavano alloggiati molti superstiti cosacchi che furono con me generosi di informazioni ed  a porle per iscritto, onde conferire alle stesse valore testimoniale, fu l’allora Bürgermeister (Sindaco) di Lienz il quale, su mia istanza, presso l’Amtgemeinde raccolse  tali deposizioni che appaiono riprodotte, nella parte documenti, del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”.
Il cosacco Gordey Denisenko, oggi ultraottantenne, vive negli U.S.A.. Come introduttivamente accennato, assieme al padre ed alla matrigna polacca egli giunse a Tolmezzo nel febbraio 1945 provenendo dall'Austria, dove il padre prestava servizio. Avendo il Denisenko, dal 1940 al 1944, fatto parte della Scuola allievi ufficiali “Granduca Costantin Costantinovich” di Belaja Zerkov, scuola militare di alto livello militare ed educativo,  accolta in  Iugoslavia con la caduta dell’Impero zarista  col pieno consenso e sostegno del re Alessandro Karageorgevich ( 1= nota), il medesimo cercò di entrare nella Scuola degli Junker, allievi ufficiali cosacchi acquartierata in Carnia a Villa Santina e sottoposta alla direzione del generale Mikail Solamakin,  ma a causa dell’età. non venne accolto. Traggo dette notizie da una lettera passatami dal dott. Piga Petrenko il quale, a scopo integrativo, avendo intrattenuto col Denisenko rapporti epistolari, mi dette altre informazioni quali, ad esempio,  che la matrigna polacca, medico di professione, prestò  la propria opera nell’Ospedale da campo cosacco allestito a Cavazzo Carnico. Emerge poi, da tali basi informative che, a fine guerra, mentre la massa dei cosacchi col seguito dei profughi civili si trovava in ritirata  verso l’Austria ed aveva già superato il Plôckenpass, l’Ospedale da campo era rimasto a Cavazzo Carnico coi relativi degenti, personale medico ed assistenti.  Per probabili difficoltà di trasferimento, si presume fosse prevalsa la decisione di attendere l’imminente arrivo degli alleati essendosi sparsa la voce che gli stessi, dopo aver raggiunto Venezia,  procedevano celermente in direzione nord per bloccare l’avanzata degli slavi che avevano già occupato la città di Trieste ed  il 2 maggio, come iopersonalmente ricordo, si seppe che le avanguardie alleate avevano raggiunto il capoluogo di Osoppo.
Ed ora, sulla base delle menzionate significative annotazioni, vengo  al punto essenziale . Dopo la ritirata  delle unità cosacche, essendo l’Ospedale da campo rimasto privo di protezione,  dei partigiani  si aggiravano intorno con l’ esplicita  minaccia di fare strage dei degenti e di tutto il personale, supponibilmente aizzati da  vendetta contro i tedeschi i quali, in seguito a provocazione partigiana, il 2 maggio 1945 avevano attuato una dura rappresaglia sulla popolazione civile del villaggio di Avasinis, azione con la quale comunque i cosacchi non avevano  nulla  a che vedere. In quegli stessi giorni elementi partigiani dell’Osoppo e della Garibaldi associati, probabilmente gli stessi decisi all' accennata strage,  avevano già massacrato sulle montagne circostanti circa un centinaio di prigionieri cosacchi tra cui diverse donne e dei bambini, uno dei quali in fasce ed i cui cadaveri, dopo un fallito tentativo di bruciarli, erano stati abbandonati insepolti. Le vittime della strage erano i cosacchi del presidio di Avasinis, paese non distante da Cavazzo Carnico, arresisi sulla falsa promessa di essere consegnati ai liberatori americani e non quindi ai sovietici, formulata tramite il parroco del luogo, don Francesco Zossi che, naturalmente,  aveva accettato l‘incarico in  fiducia coadiuvato dall’interprete Augusta Venturini Kozlova che  si era  ugualmente prestata in  buona fede. Si tratta di vicenda già da me riferita nelle mie pubblicazioni editoriali e giornalistiche.
L'azione di strage dell’Ospedale da campo fu però miracolosamente sventata essendo giunti provvidenzialmente ad occupare la zona gli avamposti del 2° Corpo d’armata del famoso generale polacco Wladislaw Anders  inquadrato nell’8a Armata britannica. Al comando avamposto polacco la matrigna del Denisenko, sentita su richiesta con urgenza, espose l’incombente pericolo della minaccia partigiana per cui furono prese le necessarie misure di sicurezza e vigilanza. L’Ospedale da campo fu quindi immediatamente trasferito 80 chilometri a sud,  nella città di Pordenone dove il grosso dell’unità polacca si era acquartierato e dove i degenti, il personale medico e di assistenza vennero accolti nell’Ospedale civile cittadino. Pordenone, città del Noncello, capoluogo della destra Tagliamento, facente parte allora della vasta provincia di Udine, era un centro tranquillo dalla parlata veneta con importanti attività industriali. Nel clima disteso del primo dopoguerra i polacchi fecero una lunga sosta  nella città sistemati nelle caserme allora vuote in seguito alla resa dell’esercito italiano e conseguente scioglimento del medesimo con la perdita della guerra ed il cosacco Denisenko vi rimase fin o al 1947.

(1 nota )=  Si riteneva, con la caduta dell’impero zarista che la presa del potere sovietico non avesse durata per cui era importante per re Alessandro Karagiorgevich mantenere in vita  un’istituzione che garantisse la formazione dei quadri dell’esercito russo stante il consolidato legame storico con la Grande Russia, considerata la longa mano sulla Serbia e poi sulla nuova IugoslaviaLa Scuola fu costretta a sloggiare da Belaja Zerkov nel corso del  1944, due settimane prima dell’entrata delle truppe sovietiche. Fu trasferita in Germania, precisamente nella Slesia, nella città di Eger.

14 giugno 2014

                                                PIER ARRIGO  CARNIER


















































































   

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