lunedì 4 settembre 2017

ECCO LA RISPOSTA AL TENTATIVO DI OFFUSCARE MEDIANTE ILLAZIONI ALCUNI INECCEPIBILI FATTI E CONTENUTI DELLE MIE OPERE PUBBLICATE


PIER ARRIGO CARNIER·VENERDÌ 25 AGOSTO 2017
16 letture

Fatti : 1)- Massacro dei cosacchi arresisi ad Avasinis. 2) Attacco partigiano alle forze tedesche sulla nazionale Udine-Tarvisio-3)Rappresaglia tedesca su Avasinis.
(Resta ferma la mia riserva, già annunciata in precedente intervento sul caso , di eventuale valutazione legale su ipotesi di illecita intenzione lesiva di immagine, a mio danno, posta in essere per scopi ed interessi di parte.)
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Dedico questa trattazione alla memoria delle 51 vittime civili di Avasinis, stroncate il 2 maggio 1945 dalla rappresaglia condotta da forze Waffen SS. di due unità tedesche a me ben note con la presenza di un contingente dell’ Einheit spagnola ex Blaue Division, azione che, com’è noto per atti delittuosi di violenza sconfinò nel crimine.(Nota n.1)
Estendo questa stessa dedica al ricordo del gruppo prigionieri calmucchi, vittime ingiuste a guerra ormai cessata, citati a pag. nr. 227 del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”. Cavalieri del vento e delle steppe, caduti in mano partigiana nel corso della ritirata cosacca in Carnia nei primi giorni di maggio 1945, furono assassinati in un’abetaia sotto la malga “Riumal” alle falde del monte “Piz di mede” ed i loro corpi abbandonati senza sepoltura.
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In realtà mi chiedo se valga pena che io perda del tempo a stroncare dei punti di vista personali, in pratica delle illazioni, di una taluna persona, così qualificata, che rivela una formazione scolastica carente di cognizioni storico scientifiche sulle argomentazioni da me trattate. Nel concludere il suo intervento diffuso via Internet la taluna persona che, in ogni caso, ritengo sia intervenuta sul mio settore storiografico oggetto di studio, spinta da qualche sinistra consorteria politica, e quindi non affatto per motivazioni di principio culturale, asserisce di riscontrare “” nell’ultimo lavoro del Carnier, “COSACCHI CONTRO PARTIGIANI”, includendo nel giudizio anche a precedenti opere “” gli stessi limiti, gli stessi argomenti ..””
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Si sbaglia la taluna persona e in quanto al termine offensivo limiti, mentre assicuro i lettori che, il volume, è stato realizzato sulla base del principio storico fondante “ causali ed effetti” senza perdere d’occhio il panorama generale di valutazioni più ampie e, dalla stessa lettura, i medesimi potranno rendersene conto. Ho notato che la taluna cerca di travisare il significato, oppure ignorarlo, di alcune mie precisazioni o parti del volume dal contenuto storico essenziale convalidato da prove, che svuotano naturalmente la resistenza portata avanti per decenni da pubblicazioni agiografiche trionfalistiche, la cui stesura fu realizzata su uno schema prefissato secondo il metodo sovietico, gradito alla politica imperante, evitando quindi di far conoscere,soprattutto alle nuove generazioni, l’intrinseca realtà resistenziale .

Il volume COSACCHI CONTRO PARTIGIANI spezza questa falsità, apre gli occhi all’opinione pubblica, dimostra con prove che, nel FRIULI OCCIDENALE , la resistenza, fragile nella sua costituzione, fu travolta dai grandi rastrellamenti tedeschi di fine estate autunno 1944, come accadde ugualmente in CARNIA ed altrove, spiega che i dati tecnici sulle formazioni partigiane divulgati dalla storiografia ufficiale partigiana, creati a tavolino, sono inattendibili e vanno ridimensionati ; spiega inoltre che, per i tedeschi sostanzialmente i partigiani non erano un vero problema. Lo asserisce infatti, nelle sue memorie, lo stesso maresciallo britannico Sir. Harold Alexander con la frase riportata a pag. 15 del volume : “ Per quanto io non creda che, i partigiani, nonostante il loro valore personale, siano stati un vero problema per i tedeschi, bisogna ammettere che essi diedero il loro contributo alla causa degli alleati “”. I tedeschi infatti a fine estate autunno 1944, con un ‘operazione di rastrellamento magistrale liquidarono la resistenza nel nord Italia.
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Sulla base di prove testimoniali, il libro evidenzia la blanda strategia del direttivo dell’ organizzazione partigiana anticomunista Osoppo della quale fece parte il membro Lino (don Aldo Moretti), che sottolineava il principio contenuto nella stessa di “ essere più umani “, che i fatti e le testimoniane decisamente smentirono ( vedi nota in calce nr. 2) ; condanna, inoltre, delle false calunniose notizie diffuse ad arte, da un ex partigiano osovano, sui quotidiani L’ Arena di Verona e Il Giornale di Vicenza, per gettare discredito ed infangare l’operato dei Cosacchi. Merita aggiungere , sempre riguardo l’Osoppo che di recente, il quotidiano TRENTINO LIBERO on line, in data 21 giugno 2017, ha diffuso a mia firma un documento agghiacciante quale prova ineccepibile che, in data 20 marzo 1945, il Questore di Udine mediante lettera riservata personale scriveva all’Eccellenza il Prefetto, in riferimento all’attività partigiana : “Nota fonte confidenziale informa che da parte della brigata “Osoppo” è stato chiesto altro bombardamento terroristico su Udine”.
Tutto questo naturalmente sconvolge la nostra taluna persona che vorrebbe continuare a credere che, i partigiani rappresentarono, a fine guerra, il simbolo di rinascita dell’Italia. Ma così non è !
A questo punto quale testimone del tempo vale a pena che io ripeta una considerazione già espressa nel mio post del 31 luglio u.s. che ritengo di estrema importanza, pubblicato sotto la data del 2 agosto dal titolo “ VOLUME COSACCHI CONTRO PARTIGIANI“- “ Vengo ad esporre delle ineccepibili prove contro la messa in atto di riprovevoli considerazioni per tentare di scalfire la verità sulle effettive realtà resistenziali rivelate nel mio libro”. In seguito alla dura sconfitta tedesca di Stalingrado che segnò l’inizio del declino dell’Armata tedesca sul fronte orientale, nell’ autunno 1944, quando ormai la resistenza era stata travolta e pochi nuclei di partigiani sopravvivevano in posizioni isolate, l’opinione pubblica in generale, proprio in riferimento a quel periodo autunnale, si augurava fervidamente che la Germania di cui eravamo alleati, riuscisse in qualche modo a bloccare la poderosa avanzata sovietica verso occidente e in questo senso vi fu un accorato intervento positivo dai vari Stati dell’Europa occidentale dove migliaia e migliaia i volontari, per rafforzare l’esercito tedesco, si arruolarono nelle Waffen SS. Come già precisato la resistenza era stata travolta, ma dalla stessa, nell’ opinione pubblica non era emerso alcun indizio in cui intravedere qualche convincente segnale che ispirasse fiducia per il futuro dell’Italia.
In relazione a quanto vado pubblicando, via Internet, mi giungono delle lettere di approvazione, una delle quali ritengo, qui di seguito, di pubblicare in quanto utile a dimostrare che la gente comune sta aprendo gli occhi.
Salve,
da Ampezzano quale sono ho letto i suoi scritti riguardo la resistenza in Carnia e finalmente ho trovato riscontro a quelli che fino a prima erano solo racconti dei miei genitori, come ben sa e scrive qui nessuno vedeva di buon occhio i partigiani ed io mi sono sempre chiesto perché in pubblica sede nessuno ha mai controbattuto gli elogi ed gli onori fatti ai partigiani nelle pompose commemorazioni, forse da buoni carnici si lascia passare il passato e si guarda avanti? Forse ha fatto comodo tacere viste le amministrazioni compiacenti ? L.P.
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Il volume “COSACCHI CONTRO PARTIGIANI”, in ogni caso dal punto di vista storico, riconosce che la forza predominante della resistenza, in Italia, guidata da Palmiro Togliatti era rossa, comunista filo stalinista, diciamo progressista ed a conferma della linea progressista richiamo all’ attenzione, quale riferimento, il diario storico della Divisione Garibaldi-Carnia, di cui posseggo una rara copia originale stampata nel 1945, la cui premessa parla di “” movimento rivoluzionario che non ha precedenti nella storia del nostro popolo”” e precisa che “” queste pagine sono rosse di sangue, frutto di sacrifici che l’umana parola non può dire”. Quindi le finalità della resistenza vanno cercate nei fatti e negli intenti che provano la fedeltà agli obbiettivi ideali intesi a creare le condizioni per un futuro di equità e giustizia sociale.
Indubbiamente la resistenza comportò vittime, deportazioni, sacrifici, adattamenti ad aspre e dure sopravvivenze delle forze operative. Trattandosi di movimento insurrezionale si registrarono ovviamente eccessi e sconfinamenti. Tanto per citare un esempio nella sezione penale del Tribunale di Tolmezzo, riguardo l’attività partigiana, a fine guerra risultavano rubricate oltre trecento denunce per omicidi, violenze, furti ed altri reati.
Col mio post del 31 luglio u.s., pubblicato in data 2 agosto, ho già contestato l’ errata falsa interpretazione di comodo, della taluna persona secondo cui, Globocnik con l’appoggio di Rainer, avrebbe dato luogo al trapianto stabile di Cosacchi e Caucasici spostandoli dall’ ultimo insediamento di Zdunska Wola in Polonia all’ Adriatisches Küstenland. Si trattò, invece, di uno spostamento di carattere transitorio, motivato dall’ avanzata sovietica di cui Rainer dette conferma, come documentalmente precisato a pag. 142 del mio volume COSACCHI CONTRO PARTIGIANI, asserendo trattarsi “ non di un insediamento, ma solo di un accantonamento temporaneo”.
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Le valutazioni sbrigative espresse dalla taluna animata da aggressività verbale, tendono alla sottovalutazione, dovuta ad impreparazione di cognizioni di giudizio su vicende storiche, delle decisioni positive prese dal dott. Rainer durante l’occupazione e a fine guerra prima della ritirata riguardo la città ed il porto di Trieste. Per quanto concerne le ragioni della mancata applicazione delle norme relative alla “Soluzione finale del problema ebraico” pienamente condivise da Rainer, le stesse dipesero però da decisioni prese da altri responsabili ampiamente evidenziate ne Lo Sterminio Mancato e confermate al sottoscritto da una lettera del dott. Adalbert Rückerl, dirigente del Pubblico ministero della Centrale di giustizia nazionale tedesca di Ludvisburg (Gemania), col quale ebbi rapporti, pubblicata a pagg. 365-366 de Lo Sterminio Mancato. La mia personale amicizia con Lerch, Hradetzky, Suchomel nel dopoguerra, il primo ex capo di Stato maggiore dell’Alto comando SS. e Polizia di Trieste, l’ altro responsabile del Servizio informazioni del Kommando Waffen SS. “ADRIA”, il terzo profondo conoscitore della vicenda Risiera ed altri che in questa sede tralascio di citare, infine la mia profonda cara e fervida amicizia fino al decesso con Ada Pflüger tedesca della Slesia, vedova Rainer e con due degli otto figli, ing. Friedrich e la cara Aidelore, contribuirono ad una approfondita chiarificazione e conoscenza, direi forse unica, di talune vicende concernenti , in paricolare l’Adriatisches Küstenland.
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Passando a Dionisio Bonanni, il medesimo fu comandante partigiano del battaglione garibaldino “Giornate Nere”. Era fratello di Katia (Gisella Bonanni) compagna di Mirko (Arko Mirko) della quale, oltre alle memorie del padre Giuseppe Sante che la riguardano, conservo suoi appunti diaristici. Ebbi diversi incontri col Dionisio, ogniqualvolta tornava a Raveo dalla Francia per brevi periodi finchè decise di non farvi più ritorno e mantenne la parola. Aveva preso parte all’attacco per la resa della Guarnigione di gendarmeria tedesca di Sappada dove cadde Aso….. Di Mirko, a sua volta comandante del battaglione garibaldino Friuli, assassinato assieme a Katia alla vigilia della liberazione, sono tuttora procuratore irrevocabile “Post Mortem” nominato a suo tempo nella Federativa Iugoslava. Dietro i nomi citati, tutti ferventi comunisti filo stalinisti, c’è un retroscena di vicende scottanti ed altro, solo in parte rivelate attraverso le mie pubblicazioni . Si tratta di argomenti per cui a suo tempo venne appositamente da Londra ad incontrarmi a Porcia di Pordenone, il biografo di Winston Churcill, Richard Lamb, che fu mio ospite e che poi mi ricordò in un suo libro diffuso anche in Italia.
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Volume “Lo Sterminio Mancato” . La taluna persona asserisce a un certo punto: “”Nella presentazione pubblicitaria del citato mio volume , si dice che” queste pagine sono frutto di anni di lavoro e di ricerche condotte in Italia, in Austria, in Germania, in Iugoslavia e fin oltre oceano”. “ In realtà il lettore non stenta ad avvedersi che il Carnier ha fatto uso di una copiosa documentazione di prima mano da cui ha ricavato notizie interessanti ed anche del tutto nuove, talvolta riportate fino agli ultimi dettagli.”” Questo della documentazione di prima mano mi sta bene perchè trattasi di verità, ma l’affermazione che “”queste pagine sono frutto di anni di lavoro e di ricerche…fin oltre oceano” è altrettanto veritiera in quanto la ricerca per stabilire contatti oltreoceano e rintracciare tedeschi, austriaci, croati espatriati a fine guerra per porsi al sicuro, dai quali avevo interesse ad ottenere informazioni utili alla storia, fu spesso complicata, non facile e dispendiosa. La mia trattazione pubblicistica ed editoriale, ovviamente a fine storico, era e rimane nota in Brasile, Canadà, Argentina tant’è che il sindaco di Bariloque in Patagonia, al momento dell’arresto di Priebke su cui scrissi dei rilevanti articoli sulla stampa, si rivolse a me per avere utili informazioni e documenti sul processo delle Fosse Ardeatine ed altro, in cui Priebke risultava coinvolto utili allo scopo di verificare la decisione di approvare o negare la sua estradizione.
Di fatto a livello di giudizio storico, il volume LO STERMINIO MANCATO venne assunto da vari centri di cultura ed università d’ Europa fra le quali quella di Oxford, dove lo storico e docente prof. Gerald Fleming, che conosceva la mia attività di studioso ritenne, come ricordai in altre occasioni, di farlo conoscere e quindi depositarlo presso la Suprema Corte di Giustizia di Israele il che dette luogo ad un seguito positivo con l’invio ad incontrarmi in Italia, a Porcia di Pordenone, di una commissione formata dal giudice dott. Michael Horowitz, due agenti del Mossad (Servizi Segreti), dei traduttori cui si aggiunse la presenza, com’ebbi a riferire in altre circostanze, del capo della DIGOS di Trieste dott. Abbate.
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Ed ora, vengo a correggere l’errore o interpretazione di comodo della taluna di considerare il massacro del centinaio di cosacchi, quale vendetta dell’eccidio dei 51 civili di Avasinis, vittime della rappresaglia tedesca del 2 maggio 1945, definizione che, il sottoscritto nelle sue pubblicazioni, la stessa considera da me ignorato od omesso.
Passiamo quindi alla verifica dei fatti.
Riferisce la stessa :
<…. efferata fu la reazione di alcuni partigiani e civili all’eccidio di Avasinis, dove truppe tedesche e collaborazioniste avevano trucidato il 2 maggio 52 civili e ne avevano lasciati feriti altri 15. (v. pp. 211-224 del Carnier “Lo Sterminio Mancato”>
<Ed ecco il 2 maggio l’eccidio. I superstiti, già precedentemente così duramente provati,( dalla rappresaglia tedesca) potevano essere uomini calmi e misurati? Lo potevano dopo esser stati buttati all’ultimo, assurdo e crudele estremo di disperato dolore?>

Interviene in appoggio una seconda persona, dalle iniziali P.S. la quale asserisce:
<Ricordo che ancora nel 1995 avevo citato ampi stralci del commento di mons. Moretti a chiusura del libro “Novocerkassk e dintorni”, dopo aver elencato vari passaggi dove Carnier, nei confronti della occupazione co- sacca e del movimento della Resistenza nella Val del Lago, faceva delle affermazioni non documentate. Una ulteriore riprova si ha nell’ultimo libro, quando parla delle uccisioni dei cosacchi di Avasinis senza citare che in precedenza c’era stato l’eccidio nazifascista del 2 maggio, causa prima della “vendetta” ai danni dei cosacchi…>
Il P.S. vorrebbe dimostrare sostegno della taluna che, il sottoscritto, abbia deliberatamente evitato di affermare che, prima del massacro dei cosacchi vi era stata la rappresaglia tedesca del 2 maggio per cui il massacro sarebbe una conseguente giustificata vendetta. Si tratta assolutamente di falsa afferma- zione nei miei riguardi intesa a fornire una versione che viene ad assumere veste giustificativa attenuante del criminale massacro, mentre la situazione fattuale evidenzia elementi e circostanze da cui si rileva una diversa realtà che sarà dimostrata nello sviluppo di questa trattazione chiarificatrice.
Sorprende il comportamento dei due associati, la taluna persona ed il P.S. i quali, facendosi scudo con frasi pronunciate da mons. Moretti, “Lino” quale partigiano osovano, cercano di intaccare con squallide banali trovate la mia correttezza sul piano storiografico di riconosciuto prestigio a livello nazionale ed oltre, io che in anni lontani, con impegno e sacrifici, ho aperto le strade della conoscenza storica riguardo l’Adriatisches Küstenland riferita agli eventi del periodo 1943-1945.
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Premetto che verso la fine del 1977, dopo mie vaste indagini nella zona di Avasinis, Alesso e dintorni, cioè al termine della mia ricognizione dei fatti ivi accaduti nel periodo 1943-1945, saputo che la testimonianza attendibile su tali vicende era contenuta in un diario lasciato da don Francesco Zossi di cui era depositario don Terenzio di Gianantonio parroco di Cazzaso (Tolmezzo) mi presentai dal medesimo e chiesi in prestito il diario. Egli che già mi conosceva di nome quale autore mi accolse con grande benevolenza e mi consegnò il documento che utilizzai ovviamente nelle parti che ritenni rilevanti , nel mio volume “Lo Sterminio…” ed anche poi ne “L’Armata Cosacca…”. Il diario venne poi da me restituito facendo prima delle copie.
Per confutare versioni non veritiere parto pertanto dalle affermazioni del diario riferite nei miei testi diffusi in Italia e da altri elementi probatori ritenuti tali dal punto di vista storico.

FINE APRILE 1945. RIPRESA DELL’ATTIVITA’ PARTIGIANA ED IMMINENTE ATTESA, AD AVASINIS, DI UN’AZIONE DI RAPPRESAGLIA TEDESCA. Pagg.n.211-212 de “Lo Sterminio Mancato” –Mursia – 1982.

“”Fin dal 25 aprile, ad Avasinis nella Pedemontana, la signora Augusta Venturini Kozlova, un’italiana che parlava il russo (era nata in Siberia da un’emigrante italiana), portavoce dei partigiani, aveva intimato la resa ai cosacchi. Dopo tale intimazione di resa – estesa alla vicina frazione di Oncedis – i cosacchi evacuarono in parte la zona anche in conseguenza di uno spezzonamento alleato su Alesso, verificatosi il giorno 26, che aveva causato 68 vittime tra gli stessi cosacchi “”.
…………………………- omissis-…………………………………………….
“”Da lato partigiano, tramite la Venturini Kozlova, nel corso delle trattative di resa di Avasinis, era stata assicurata ai cosacchi l’incolumità. Quarantacinque cosacchi del Don, distaccati ad Oncedis ed arresisi ai partigiani della brigata “Garibaldi”, dopo essere stati disarmati furono concentrati assieme a quelli di Avasinis ed altri arresisi ad Interneppo e Trasaghis nel Dopolavoro di Avasinis sotto vigilanza partigiana.””
…………………….... – omissis -…………………………………………………..
“”Alcuni tecnici dell’organizzazione Henzian, pare complessivamente meno di una decina e che operavano a Interneppo¸ furono prelevati dai partigiani che asportarono da quel cantiere vario materiale tra cui alcune radio trasmittenti. Simultaneamente i partigiani prelevarono anche il Bauführer , che risiedeva a Trasaghis. Detto gruppo di tecnici fu condotto sotto scorta in una località sopra Avasinis. Corre voce che l’azione armata per il prelievo degli anzidetti tecnici della Henzian fosse stata in raltà una finzione, poiché gli stessi in funzione di precedenti trattative, sarebbero stati d’accordo In ogni caso però l’atteggiamento del Bauführer che probabilmente fiutando un destino alquanto incerto, ritenne opportuno di abbandonare con la fuga i partigiani, prova, in erto certo senso, il contrario. Il Bauführer raggiunse, infatti, il comando tedesco di Osoppo e fors’anche di Gemona e dette l’allarme.””
“”Segnalazioni sulla situazione partigiana che andava sviluppandosi nell’intero territorio pedemontano, con particolare riferimento ad Avasinis, vennero recepite da tutti i comandi Nord (Tolmezzo-Arta-Moggio…). Il compito di intervenire spettava ancora alle forze dislocate in zona “”.
“”Secondo le asserzioni dell’ex comandante partigiano “Fontana” (Giovanni Venturini) dei GAP, negli ultimi giormi di aprile e il 1° maggio di ora in ora era attesa ad Avasinis un’azione di rappresaglia tedesca. Parte degli abitanti, avvertendo il pericolo, avevano abbandonato il paese e si erano diretti sulle montagne sovrastanti.””

MASSACRO DEI COSACCHI DETTATO DALLE CIRCOSTANZE ED ALL’ IPOTIZZABILE FERMO PROPOSITO DI UCCIDERLI, STABILITO FIN DALLA RESA.

-La resa dei cosacchi ai partigiani era avvenuta il 25 aprile 1945. Gli stessi, disarmati, alloggiati provvisoriamente nel Dopolavoro di Avasinis furono portati poi sulle montagne sovrastanti e concentrati a località Gadoria sotto il monte Cuar. Si tratta di una zona ampia e boscosa con delle anfrattuosità e con relativa malga (Gadoria).
-L’intesa sulla quale si giunse alla resa consisteva nell ‘ impegno che ai cosacchi era garantita l’incolumità e la loro consegna agli americani.
-Annota don Cozzi nel suo diario : “”Pag.214 de Lo Sterminio Mancato“” Il comandante del presidio cosacco mi vuole. Ha bisogno di trattare la resa del presidio. Faccio allora chiamare il podestà, Rodaro Augusto “Rossit”, e si conviene che essi si mettano a disposizione dei partigiani alla sola condizione che venga loro salvata la vita. Si parla coi partigiani che accettano ed un giorno partono verso la montagna lasciando libero il paese. Al quale, nella loro permanenza ( i cosacchi) non avevano mai fatto male. Si è saputo dopo che i patti non furono osservati e che molti di essi furono proditoriamente passati per le armi. Pacta sunt servanda, una volta fatti . La strada nazionale è una congestione ed ingorgo continuato di tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’infelice idea di compiere un ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla stessa Nazionale all’ altezza dell’imbocco della nostra strada”.
I cosacchi in realtà furono tutti massacrati e i loro corpi abbandonai senza sepoltura, secondo il metodo partigiano cinicamente privo di principi di etica civile. La decisione dell’eliminazione fu motivata dal clima di insicurezza e di attesa di una rappresaglia conseguente alle azioni di ripresa dell’attività partigiana( pagg. nr. 211,212 de Lo Sterminio Mancato) ed anche dalla mancanza di viveri di sostegno, come da conferma da parte dell’ ex comandante partigiano “Fontana” di seguito riportata nella parte finale, e non quindi quale vendetta o ritorsione per la rappresaglia del 2 maggio che, Don Cozzi, nella sua lapidaria espressione sopra riportata non cita, e nemmeno accenna a motivo di vendetta, ma passa subito all’azione partigiana contro i tedeschi in ritirata sulla strada Nazionale, che darà luogo alla conseguente rappresaglia. Da quanto emerge dalla stesura dei fatti nella testimonianza don Cozzi si evidenzia che nel filo mentale della successione dei fatti nella memoria del medesimo, l’attacco partigiano sulla Nazionale consegue immediato all’ aver saputo del massacro dei cosacchi. Stando ai comportamenti partigiani, assume consistenza la supposizione che l’intento del massacro già sussistesse, come fermo proposito, al momento della resa.
Il massacro ha lasciato un segno di vergogna incancellabile nella condotta partigiana coinvolgente l’inspiegabile indifferenza delle preposte Autorità del tempo, considerato che i corpi delle vittime vennero abbandonati insepolti e tali rimasero per quattro anni. La gravità della situazione comportava, al dilà delle immediate urgenti misure garanti la situazione sanitaria ambientale e l’inumazione dei pietosi resti, l’apertura di un’ istruttoria giudiziaria onde accertare, in sede penale, l’ipotesi di sussistenti reati che, da quanto mi risulta, sussistevano, ma il tutto si trascinò disinvoltamente senza dar luogo a procedimenti penali, in osservanza a ritenuta superiore decisione, su cui non ritengo almeno in questa sede di esprimere valutazioni, in adeguamento alla linea politica confacente alle circostanze della complessa difficile situazione politico-sociale di d’Italia di quel primo dopoguerra. Solamente nel 1949 la competente preposta Autorità, come da lettera seguente, disponeva l'avvio del ricupero delle salme per la loro inumazione:

PRETURA DI GEMONA DEL FRIULI -nr. 125 - Oggetto : Recupero salme. Al Comando Stazione CC.- OSOPPO e p.c. al Sindaco di TRASAGHIS : dovendo, per superiore richiesta, procedere agli accertamenti tendenti all’ identifica- zione e ricognizione delle salme ancora insepolte in Cianal Pecolaz etc., prego procedere ad accertamenti diretti all’ identificazione dei siti dove dette salme giacciono insepolte e farne curare il trasporto al cimitero di Trasaghis, infor-mando , tempestivamente questo ufficio. IL PRETORE

Nel rispetto dell’obbiettività dei principi che regolano la storia mi sembra tuttavia di non escludere che la brutale azione del massacro, che crimine rimane, in ogni caso non fu esente da un certo spirito di ritorsione, ovviamente ingiusto, motivato della considerazione che i cosacchi, forze di presidio collaborazioniste della Germania alleata dell’ Italia (Repubblica Sociale di Salò), pur essendosi stabilito con le popolazioni locali un lodevole rapporto di convivenza e, in molti casi, di coabitazione, nella definizione del gergo comune ambientale erano considerati degli occupatori, tant’ è che a pagg. 223-224 , sempre de Lo Sterminio Mancato, scrissi quanto segue :“ Pagarono in qualche modo, per effetto del destino, quei cosacchi, anche se individualmente innocenti, quali strumenti di un’occupazione sulle cui cause complesse essi non avevano certo parte diretta, ma solamente indiretta e che, tuttavia, fu motivo di sofferenza morale e di disagio per le popolazioni”.
Nel villaggio di Alesso nel Friuli, all’ equipe della RAI-TV nazionale di Roma, io presente, in occasione alle riprese del film documentario “COSSACKJA”, realizzato sul filone storico del mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945”, il cittadino Eugenio Cucchiaro, nel 1994 a 93 anni essendo nato nel 1901 disse (””pag.n. 91 del volume Cosacchi contro Partigiani) che sui cosacchi non c’era granchè da rilevare in senso critico, aggiungendo che, durante l’occupazione del paese non avevano ucciso nessuno...Altra dichiarazione risultante nel film, verificabile nella pagina sopracitata, espressa da più cittadini all’ equipe della RAI-TV :”” Noi avevamo paura dei tedeschi e dei partigiani, ma non dei cosacchi”.

RAPPRESAGLIA DEI TEDESCHI SU AVASINIS E RITORSIONE SUGLI STESSI DEI PARTIGIANI E CITTADINI.

La dolorosa rappresaglia provocata da un attacco partigiano alle forze tedesche in ritirata sulla vicina strada nazionale Udine-Tarvisio con delle vittime, dette luogo nel villaggio di Avasinis a 51 vittime civili e a dei feriti. La stessa è ricostruita nei dettagli, taluni esecrabili, ne “Lo Sterminio Mancato”, da pag. 213 a 224 e poi integrata, sulla base di successive ricognizioni, da miei vasti articoli sulla stampa. Nel volume è anche riferita, nei particolari, la ritorsione associata di partigiani e civili dagli aspetti bestiali, su prigionieri tedeschi che, in buona parte , essendo in ritirata va ritenuto fossero ignari dell’accaduto e quindi esenti da responsabilità.
Dal dossier di testimonianze rilasciatemi, nel corso del 1977, da Venturini Giovanni “Fontana”,  ex comandante partigiano dei GAP, nella sua dimora a località “Novadet” sul crinale della montagna ad ovest di Avasinis, traggo l’affermazione che segue: - Alla rappresaglia tedesca del 2 maggio, le cui vittime civili furono 51, fece seguito col concorso dei civili, un’ immediata ritorsione partigiana. Vennero uccisi con metodi bestiali 21 prigionieri tedeschi, ma il numero è certamente molto più elevato.
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L’EX COMANDANTE DEI GAP “FONTANA” (GIOVANNI VENTURI NI)

Ebbi diversi incontri e colloqui col l’ex comandante “Fontana”( G. Venturini) nella sua già menzionata abitazione a località “Novadet” sulla montagna ad ovest di Avasinis. Confesso che mi piaceva quel luogo perchè, in qualche modo, ricordava le mie montagne. In uno degli incontri, tornando sul luogo a fine ottobre mentre piovigginava, rammento che si sentiva nell’aria odore di fieno bagnato e questo mi piaceva proprio perché mi rammentava le giornate di pioggia, il silenzio profondo e l’atmosfera soffusa delle mie montagne. Trovavo che il Venturini era persona seria, corretta nel conversare e disponibile. Al tempo degli incontri, nel 1977, essendo nato nel 1919 egli aveva quindi 58 anni, per cui all’epoca partigiana era venticinquenne.
Già nel primo incontro gli sottoposi il dilemma che, nonostante l’assieme delle mie conoscenze ed analisi di vicende partigiane non mi riusciva di capire con chiarezza quale fosse l’ideale guida dell’iniziativa partigiana in quanto non emerse mai un atto simbolo dove fosse chiaro l’impegno di una lotta per la Patria e la libertà. Gli stessi arruolamenti risultavano prevalentemente motivati da secondi scopi . In prevalenza, da quanto ebbe a risultarmi, si trattava di elementi che avevano una formazione ideale proletaria per cui consideravano la lotta come mezzo per raggiungere una situazione di potere politico garante giustizia ed equità sociale. Il Venturini convenne che avevo ragione.
Parlavamo di vicende anche atroci con la disinvoltura e la calma della verifica dei fatti già consumati. Feci ovviamente degli appunti sulle varie vicende, uccisioni di civili, di prigionieri tedeschi e cosacchi sepolti in vari luoghi nei dintorni e sulle montagne di Avasinis, fatti su cui, successivamente, mi riuscì di mettere le mani su documenti di un’ indagine rituale della Pretura competente sulla circoscrizione del territorio. Trattasi nel complesso di un oscuro argomento, ignorato e sepolto dalla storiografia partigiana ufficiale. Nel mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-1945” a pag. n.. N.226, riferendo sul cimitero cosacco di Braulins, vi sono al riguardo alcune indicazioni. Il Venturini non condivideva molto, in generale, l’azione partigiana. Secondo lui molti sono i fatti crudeli. Due professoresse, prelevate a Cornino, vennero giustiziate ad ovest di Avasinis nei boschi. Con loro c’era la figlia di una delle due le cui grida di strazio e di spavento vennero udite fino ad Avasinis. Chiese, a quanto pare, di essere uccisa anche lei e venne infatti uccisa. Egli ricordava inoltre che in carcere partigiano a Flagogna ?? era rinchiusa una ragazza tedesca che pure venne uccisa. Proviene da questa storia di delitti sepolti un simbolico grido di dolore non estinto che l’ignavia delle genti ama ignorare e soffocare nella propria coscienza, seguendo la vile consuetudine che suggerisce di tacere e non tramandare
Oggi stesso quando mi chiedono di parlare di storia o tengo conferenze, se accenno vagamente a certi fatti, vedo che gli astanti ammutoliscono e girano gli sguardi da altra parte. Siamo un popolo, non tutti certamente, che ama sfuggire la conoscenza delle crude verità per sottrarsi al giudizio che insorge nella coscienza e preferisce rifugiarsi nella bambagia...
I fatti che il Venturini mi espose, rimossero nella mia mente varie vicende delittuose verificatesi anche in Carnia, di cui tengo memorie scritte, rimaste nel silenzio tra cui l’assassinio i due donne georgiane, credo prelevate ad Arta ed uccise bestialmente nei dintorni di Terzo in val But, per rapinarle dei gioielli.

IL MASSACRO DEI COSACCHI NON FU VENDETTA PER LA RAPPRESAGLIA TEDESCA DEL 2 MAGGIO SU AVASINIS, MA RESTA UN CRIMINE IMPUNITO

L’allarme provocato dal Baufhürer e l’abbandono del paese di molta gente rifugiatasi sulle montagne ebbe luogo nei giorni di fine aprile e cioè prima del 2 maggio data dell’intervento tedesco che attuò la rappresaglia su Avasinis motivata da un attacco partigiano alle forze tedesche in ritirata sulla nazionale Udine-Tarvisio sul tratto dopo Ospedaletto. “ Fontana” ipotizzava che, stante l’allarme provocato dal Bauführer, i partigiani che custodivano il centinaio di prigionieri cosacchi, spogli di viveri di scorta per il loro mantenimento, avrebbero deciso di eliminarli nel timore di veder sopraggiungere i tedeschi (ed il timore era dato dall’ idea che quella massa di cosacchi sfuggisse di mano il che evidenzia che l’autentica intenzione era di ucciderli) e, secondo “Fontana” si trattò di decisione autonoma presa dei tre che li avevano in custodia, dei quali posseggo i nomi, due dell’Osoppo ed uno della Garibaldi.
”Fontana” come comandante partigiano nel dopo rappresaglia, si vide impegnato nell’arresto di tedeschi in ritirata e rastrellamento di sbandati. Dagli effettivi indizi e causali, peraltro descritte nelle esposizioni che precedono, il massacro dei cosacchi non fu dettato da vendetta, trovata postuma quale attenuante a favore della resistenza, mentre i fatti provano il contrario, tant’è che la testimonianza di don Zossi nell’esposizione diaristica dell’intera vicenda in un unico conseguente filo narrativo, dopo aver riferito i particolari della resa dei cosacchi su proposta partigiana con garanzia di incolumità, con la sua presenza e quella dell’interprete Vnturini Kozlowa e che i cosacchi furono portati in montagna, asserisce: “ Si è saputo dopo che i patti non furono osservati e che molti furono passati per le armi…”, ma non parla della rappresaglia del 2 maggio il che significa che non si era ancora verificata tant’è che, senza interrompere il filo del discorso, passa immediatamente a riferire sulla causale della rappresaglia:“La strada nazionale è una congestione ed ingorgo continuato di tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’ infelice idea di compiere un ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla stessa Nazionale all’ altezza dell’imbocco della nostra strada”.
Sta in piedi il concetto, espresso anche dal comandante “Fontana” che la decisione del massacro fu presa nelle circostanze di tensione dettate dalla paura di un’ imminente azione tedesca, ivi considerato che, l’intento di ottenere la resa di quei cosacchi, cui si prestarono generosamente in buona fede la Venturini Kozlova ed il parroco don Zossi, celava i già accennato proposito già scontato di ucciderli. Questo il sunto delle causali, sul piano storico, per cui nei miei scritti, a proposito del massacro dei cosacchi, io non parlai di vendetta motivata dalla rappresaglia tedesca del 2 maggio.
Il massacro del circa centinaio di esseri umani, tra cui un consistente numero di donne e bambini, resta quindi un grave crimine partigiano. Cade pertanto la banale insinuazione espressa a mio carico da P.S. che qui riporto tra parentesi (Una ulteriore riprova si ha nell’ultimo libro, quando parla delle uccisioni dei cosacchi di Avasinis senza citare che in precedenza c’era stato l’eccidio nazifascista del 2 maggio, causa prima della “vendetta” ai danni dei cosacchi) a supporto delle inconsistenti considerazioni espresse dalla taluna persona dovute a totale assenza di preparazione classica ai fini del giudizio storico, radicalmente respinte e stoccate dalle fondate ineccepibili causali e motivazioni probatorie da me esposte.
* * *
Scusatemi, cari lettori se, a chiusura di questa disputa non da me provocata , esulando dalla tematica storica, mi prendo la licenza di ricordare un fatto accadutomi alla fine di un incontro nella dimora del Venturini sulla montagna. Avevamo riparlato proprio in quell’ incontro del massacro dei cosacchi e riveduto dei dettagli relativi all’esecuzione di oltre dieci tedeschi da lui comandata alle foci del torrente Leale, riferita nel mio volume Lo Sterminio Mancato a pagg.221,222 . Quando ci salutammo ed io me ne andai s’era fatto tardi per cui dal pianerottolo del primo piano, essendo buio mentre mi accingevo a scendere su una scala (la casa era in ristrutturazione in seguito al terremoto del 1976) persi l’equilibrio e precipitai di alcuni metri, cadendo miracolosamente vicino al’ armatura di base di un pilastro di cemento in ricostruzione irto di ferri appuntiti e mi fratturai una caviglia. “Venturini”ne fu addolorato, ma non mi rimaneva altro, con la caviglia gonfia e la gamba dolorante, che riprendere la via del rientro. Mi fermai al centro di Avasinis nel bar al “Buon Arrivo”, per bere qualcosa e darmi coraggio. L’oste si offerse ad ospitarmi per la notte con l’appoggio accorato dei pochi ospiti presenti a quell’ora che si alzarono in piedi, perché nella condizione in cui mi trovavo era pericoloso proseguire alla guida della macchina. Decisi invece rischiosamente di andare e mi riuscì di rientrare a Porcia. Dico queste cose per far capire che dietro al serio impegno dell’interesse storico e dell’ indagine vi fu di tutto.
17 agosto 2017                                         PIER ARRIGO CARNIER


Nota nr.1
Il 3 maggio in mattinata, i contingenti delle due unità Waffen SS. unitamente a quello dell’Heineit spagnola aggregata, esecutori della rappresaglia, lasciarono Avasinis compatti dirigendosi a Nord.(Mi preme informare che gli elementi dell’Heineit spagnola, sulla base di attendibili informazioni confidenzialii, non avrebbero preso parte ad uccisioni il cui compito era preventivamente assegnato, per cui la loro presenza va ritenuta unicamente formale). Superata Tolmezzo i contingenti Waffen SS. puntarono su Paularo, dove fecero sosta per poi proseguire verso malga Stua Ramaz e quindi superare il confine immettendosi nell’Austria. I membri dell’ Heineit spagnola dopo aver puntato sulla Val Canale, riunitisi ad altri presero altra direzione, da me riferita in un ampio resoconto di due puntate, pubblicato a suo tempo da Il Gazzettino di Venezia.

Nota nr.2
A smentire il concetto della linea di condotta programmatica dell’Osoppo di “essere più umani”, dichiarata da Don Moretti, vengo a riferire degli stralci testimoniali del diario di don. Leone Mulloni, parroco di Faedis al tempo dei fatti :
“” Don Redento Bello, Cappellano della “Osoppo” , dice che “Vanni” (della Garibaldi) aveva il plotone facile. Ma l’ “Osoppo” non era da meno. Lo confermano alcuni verbali firmati da “Gondola” (il partigiano Rinaldo Clocchiatti del battaglione Val Torre della prima brigata Osoppo Friuli). In data 10 settembre 1944 “Gondola” verbalizzava la fucilazione, avvenuta tre giorni prima, di tre repubblichini catturati il 5 settembre a Povoletto: Narciso Lelli, Sante Marchet e Francesco Zanutto. Nella mattinata dell’11 viene eseguita la sentenza capitale nei confronti del brigadiere dei carabinieri Francesco Tirelli, catturato con gli altri tre, ma considerato reo di diserzione. Anche un minorenne, il sedicenne Ado Celan, viene passato per le armi l’8 settembre perché aveva sparato contro i partigiani nel corso dello scontro di Povoletto: il giovane era un repubblichino, iscritto come altri minorenni, al Partito fascista repubblicano”. Emerge infine addirittura che : “ Anche “Bolla” (uno dei comandanti ucciso a Porzus il 7 febbraio 1945 nella ben nota azione comandata da Giacca “Toffanin Mario”) dispone con una lettera l’avvio di un repubblichino ai reparti sloveni che, notoriamente, fucilavano i fascisti senza tanti complimenti”.
“ Sempre a proposito dell’ Osoppo, giunta da oltre il Tagliamento e dalla Carnia ad occupare con forze consistenti la zona di la zona da Clap al Bernadia col compito importantissimo di “ molestare la ferrovia Pontebbana, arteria principale che, assieme a quella del Brennero, alimenta tutto il fronte tedesco dell’Appennino, compito vasto che don Mulloni asserisce non seppero assolvere che in minima parte, per più motivi tra i quali: 1)- mancanza di menti direttive e disciplina; 2) discordie politiche fra osoppani e garibaldini;3)- insufficienza di mezzi “

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