domenica 12 aprile 2020

CARNIER PIER ARRIGO


MONTS DA CHIARGNA"

MIEI RICORDI DELLE MALGHE E DEI DIALOGHI CON , L' ORS DI PANI...


Erano oltre trecento le malghe carniche nell' arco di tempo in cui fu attivo l' Ors di Pani, cav. Antonio Zanella riconosciuto maestro di malghe, anni 1937-1955. A quel tempo apparve un articolo sul periodico Le Tre Venezie dove il dottor. Marchettano riferiva che, l' ammontare del bestiame bovino nella stagione dell' alpeggio in Carnia, registrava 40.000 capi cui si aggiungeva un numero imprecisato ma rilevante di capre e pecore. Possedere una malga, a quei tempi, era un patrimonio. Un' entità rilevante di bestiame raggiungeva le montagne della Carnia provenendo dalla destra pedemontana, in particolare dalla val d' Arzino, con l' impiego di tre giorni di marcia, ed ugualmente da Alesso, Trasaghis e Cavazzo Carnico. Mandrie consistenti provenivano dalle valli di Lauco nonchè da Invillino, Socchieve, Enemonzo, Colza. Andavano in prevalenza alle malghe di confine con l' Austria, percorrendo la val But ed il canale di Gorto per cui, nel medio Gorto, dove la strada attraversava il mio paese, Comeglians, e la mia casa con premesso cortile stava all' inizio del medesimo, vi passavano davanti. Da fine maggio al 6 giugno, c' era quindi un ininterrotto passaggio di mandrie, a volte con gelidi giorni di pioggia. In genere, in testa, venivano malgari e pastori con passo lento ed aria da dignitari del mondo contadino. Ai fianchi ed in coda seguivano degli accompagnatori, uomini, donne, nonchè dei giovani e ragazzi. La gente usciva dalle case ad assistere, come se si trattasse di una sfilata o si metteva alla finestra. Cupo, bronzeo ed assordante era il frastuono dei campanacci frammisto a grida, motivate dal correggere l' andamento delle bestie. Un' aria da esodo felice avvolgeva il passaggio che assumeva anche un tono da marcia celebrativo della monticazione, quale ricorrente rito annuale definito in carnico " chiamaa las monts". La mia famiglia era di media borghesia per cui restava estranea al mondo agreste contadino.Tuttavia in quella Carnia chiusa ad eventi mondani, avvertivo un interesse al realismo dell' ambiente agreste contadino dei pastori e malgari, in quanto sostanziale risorsa economica e motivo d' ispirazione bucolica per cui, da ragazzo, assistevo con piacere al passaggio delle mandrie che andavano alle malghe ed, in settembre ottobre, al loro rientro dirette ai propri luoghi . Uscivo quindi sulla strada e chiedevo, a qualcuno degli accompagnatori, a quale malga andassero : ".... in ce mont laiso ? " era la domanda che rivolgevo, in carnico ed, in risposta, in relazione alle mandrie di passaggio mi sentivo citare vari nomi di malghe a cui erano destinate : "" " I lin in Sfleons, Scissanes, Morareet, Navanza, Plumbs, Omblabeet, Neval, Tarondon.. Molto mi piaceva sentire i detti nomi nella pronuncia vergine dialettale. Sempre da ragazzo, mettendomi a fianco di qualcuno degli accompagnatori, mi infiltravo in qualche mandria e la seguivo oltre il mio paese, fino a un punto dove poi la lasciavo. Un pastore, per farmi sentire uno di loro, una volta mi passò il suo lungo bastone con cui regolava l' andamento della mandria. All' imbocco di una galleria non molto dopo il mio paese, sulla strada che saliva verso i villaggi di Rigolato, Forni Avoltri in direzione del confine, mentre restituivo il bastone e salutavo, due belle donne montanare che seguivano la mandria, dalle gonne ridondanti e fazzoletti infiocchettati in testa , vollero abbracciarmi e mi inondarono di frasi felici. Di quell' abbraccio che non dimentico, credetemi, mi pare ancora di sentire il fruscio delle vesti. Detto in breve, negli anni giovani, da studente, fermo restando lo stimolo costante di uscire dall' immobilismo arcaico della Carnia ed andare verso un mondo aperto al conoscere, passai due intere stagioni, nella veste di pastore effettivo, in una delle grandi malghe, posta sulle montagne ad ovest dell' alta Carnia, detta Malins. Vi giunsi attrezzato di tutto punto con zaino, coperte, dalmine chiodate, scarponi da montagna ed altro...Si dormiva nel solaio della casera su un pagliericcio di foglie di pannocchia. Ci si alzava presto mentre vagamente albeggiava ed il lavarsi viso e mani con l' acqua gelida della fontana, all' esterno della casera, metteva i brividi. L' alba si diffondeva stendendo sulle montagne che piuttosto di fianco alla posizione della malga si alzavano nel cielo, dette dolomiti pesarine, una patina languida di luce azzurrognola che poi mutava in arancione: immagine che ti lasciava incantato senza parole, come se tu assistessi alla creazione del mondo. L' alimentazione era frugale direi carente dal punto di vista calorico : ricotta appena scodellata al mattino e polenta riscaldata, polenta calda e formaggio con qualche fetta di salame a mezzodì, ricotta e polenta la sera.. Lentamente appresi il linguaggio dei pastori. Bisognava essere come loro, all' occorrenza sul pascolo, nel dare la cosiddetta svolta alla mandria o correggerne l' andamento, dovevi lanciare grida senza preamboli. A volte colti di sorpresa sul pascolo da violenti temporali, pur muniti di ombrello, si rientrava con gli abiti inzuppati di pioggia. La sera, dopo aver cenato e chiacchierato nella casera, ci si coricava. Il silenzio della notte si faceva altissimo. Appresi, in quell' esperienza di malga, il fatalismo dei malgari e pastori, la rassegnazione... la fede in qualcosa di supremo che decide per te, la convinzione che su questa terra sei veramente di passaggio e il senso che, qualcosa, vi deve essere al dilà. Avendo girato molto sulle montagne prima della metà degli anni sessanta (1960) in cui lasciai la Carnia, conoscevo tutte o quasi tutte le malghe e, in parte, quelle delle vicine montagne austriache. Allo Zanella, Ors di Pani piaceva questa mia conoscenza e l'aver aver fatto il pastore, era un lasciapassare per entrare nella sua amicizia o in senso più preciso, nel suo animo. Oltre a questo gli piaceva la mia conoscenza e preparazione sulle questioni di diritto medievale, venute a formarsi nel settore patrimoniale silvo pastorale, in buona parte rese statutarie nel periodo di dominazione della Carnia della Repubblica Veneta. Fummo davvero amici io e lo Zanella Ors di Pani e discutemmo di molte cose. Egli si sentiva al vertice sulla conoscenza riguardo l' argomento pascoli e malghe. Dal suo punto di vista le casere e gli alloggiamenti delle bestie, fatto salvo in primo luogo il rispetto delle esigenze di carattere sanitario, dovevano restare di stampo antico conservando l' architettura spontanea dei tetti in scandola. ( assicelle di larice od anche abete ricavate a spacco dai tronchi sezionati in pezzi a misura). Io ero persuaso che l' architettura spontanea e le coperture della malga carnica rivelassero un' antica grazia e lo Zanella era d'accordo. In realtà l' architettura delle malghe carniche ed il loro posizionamento, nel rispetto della corrente dei venti e salvaguardia dalle slavine primaverili, motivate dallo scioglimento delle nevi, era il risultato di un' evidente saggia antica esperienza. Ebbi modo di assistere a interessanti dialoghi dello Zanella con altri malgari..Era un discorrere fuori dal tempo, usando termini di apprezzamento dei pascoli per un sistema di utilizzo da cui sarebbe derivato un risultato ottimale dei prodotti caseari, in relazione a un metodo razionale di utilizzo dei medesimi, se posti in certa parte a " miez dì" (mezzogiorno) o a "miezegnot" (mezzanotte). Parlando poi del tipo di bestiame, come già scrissi i varie occasioni, egli, per le montagne carniche, riteneva idonea per certe qualità, la razza Nordica dal mantello rossastro. Conobbi altri malgari e pastori, tra i quali i Concina di Invillino, i Mazzolini di Socchieve, i Rugo di Enemonzo, i Brovedani della val d' Arzino, Meni da Coda (Domenico Gressani) delle montagne di Lauco che , in certo senso, aveva un che' dell' Ors ed era proprietario di malga Arvenis, che, nell' idioma carnico si pronuncia Norvenas. Tipicità dei malgari era l' essere spiccatamente parsimoniosi.. Non sprecare nulla. Si dice che Meni da Coda, nei giorni di monticazione e smonticazione arrivando in malga molti valligiani a condurre e poi riprendere le bestie a fine stagione, preparasse o facesse preparare la polenta, con poco o addirittura senza sale, perchè ne mangiassero poca..Conoscevo personalmente bene Meni da Coda fin da ragazzo. Altra sua regola era di lasciare le bestie di sua proprietà, libere sul pascolo vaganti nel campiglio intorno alla casera, quelle degli altri, invece fatte uscire sul pascolo, riunite in mandria, secondo l'orario della consuetudine. 19 aprile 2020 CARNIER PIER ARRIGO


19 aprile 2020                 CARNIER   PIER ARRIGO























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