sabato 29 febbraio 2020




BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ESECUZIONE DI PORZUS CON NOTIZIE SU RAGAZZI RUSSI MILITANTI NELLE FORMAZIONI G.A.P. E STORIE IGNOTE ..
PIER ARRIGO CARNIER·SABATO 29 FEBBRAIO 2020·


E’ riemerso, nel mio sito BLOGGER , rilevante interesse su alcuni miei scritti d’ archivio, fra i quali un mio posto risalente al 27 febbraio 2016, riferito alla figura di Giacca (Toffanin Mario) , capo di formazioni partigiane GAP, comandato ad eseguire l’ eliminazione di PORZUS, che ritengo di riproporre.

COMUNICATO

Agli archivi storici della resistenza iugoslava di Slovenia, Bosnia, Belgrado, agli archivi storici di Mosca, Novocerkassk, Rostow ed a coloro, anticonformisti, che si interessano a vicende storiche.

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Sono coscienziosamente sereno di aver collocato nella giusta luce, al punto di vista storico e quindi oggettivo, la figura di Giacca ( Toffanin Mario). C’era bisogno su basi certe di evidenziare all’opinione pubblica, tenuta all’ oscuro ed annebbiata da frasi di comodo tipiche di certi attachè di provincia, le motivazioni dell’esecuzione,
Con un colpo di spada Giacca recise, in forza della legge di guerra e della macchia, inesorabile e crudele e senza alternative (la resistenza non faceva e non poteva fare prigionieri) una situazione giudicata e riscontrata attendista, non allineata ai principi della lotta resistenziale.
Prendo occasione per riferire sulla presenza di ragazzi russi nelle due formazioni partigiane operative G.A.P.. Erano giunti in Italia assieme a molti altri, nel 1943, col rientro a scaglioni dal fronte russo delle forze superstiti italiane dell’ARMIR. Si trattava di ragazzi sbandati, in parte orfani presi amorevolmente sotto protezione, nelle retrovie, dagli alpini e bersaglieri e, giunti in Italia, affidati in genere a delle Istituzioni benefiche. Taluni di essi, saputo nel 1944 delle sopraggiunte forze cosacche nel Friuli ed in Carnia, vollero aggregarvisi ed altri trovarono invece il modo di raggiungere le formazioni partigiane. I nomi di due di essi, accolti ed inquadrati nei G.A.P. sotto il comando di Giacca, come membri effettivi, erano MALENKJ e LISISCHI. Me ne parlò lo stesso Giacca ed anche Jaiza Dario suo subalterno, secondo il quale “erano ragazzi svegli “diciamo di città, non di qualche paese sperduto nelle steppe”. Sempre secondo Jaiza facevano parte dei G.A.P. di “Bela Gioia” (Siacco-Faedis) formazione sottoposta ugualmente al comandato di Giacca, che guidava personalmente altra formazione, denominata “Giotto”. Si trattava delle due formazioni che agirono congiuntamente nella spedizione punitiva su Porzus dove, Malenkj e Lisischi, assistettero alle rapide decisioni di morte sentenziate da Giacca e quindi all’esecuzione dei tre osovani : Bolla, Enea e Wanda (Elda Turchetti) oltre al diciannovenne Giovanni Comin colpito da una raffica, come precisato in altro mio post, mentre tentava di scappare. La formazione G.A.P “Giotto” fu sciolta a fine marzo 1945 per assumere diverse funzioni sul terreno. I due ragazzi russi rimasero nella formazione di “Bela Gioia” anche dopo la liberazione, sostanzialmente fino al 24 giugno 1945, data dello scioglimento e disarmo delle organizzazioni partigiane. Del loro destino si occupò la Croce Rossa Internazionale in collaborazione con una delle Commissioni sovietiche giunte in Italia per il rimpatrio di cittadini o prigionieri russi presenti, per cause e circostanze di guerra, sul territorio. Da quanto risulta Malenchi e Lisischi furono fatti rientrare nell’URSS via Vienna. La Croce Rossa che la Commissione sovietica raccolsero preventivamente dagli stessi delle deposizioni sul come erano giunti in Italia e sull’ attivita, svolta dai medesimi a fini resistenziali nelle formazioni partigiane su cui entrambi detenevano un attestato e fu con tale titolo d’onore che rientrarono nell’Unione Sovietica. Il rientro in Patria fu imposto anche ad altri ragazzi russi, taluni dei quali cercarono tuttavia di sottrarvisi e vi riuscirono.Vi sarebbero diverse storie da raccontare, non sempre felici, custodite nel mio citato dossier che porta il titolo di “ STORIE SCONOSCIUTE DI RAGAZZI RUSSI, UCRAINI, COSACCHI, ASIATICI ORFANI, SBANDATI, ABBANDONATI IN CIRCOSTANZE DI GUERRA, CAPITATI IN ITALIA”. Proprio di recente nel riaprire questo carteggio ho vissuto la sensazione di disseppellire dei segreti sepolti, riscoprendo vicende umane sofferte …Di una di dette storie ritengo meriti riferire qui alcuni passi essenziali a cui mi accingo. Si trattava di una ventina di ragazzi russi accolti da un Istituto di beneficenza veneziano di cui, per motivi di discrezione tralascio il nome, parte dei quali figli di funzionari sovietici che avevano svolto funzioni a Roma e si erano resi latitanti, ricercati dalla Polizia, mentre altri, sempre russi, erano stati accolti nel segno della carità cristiana, ma la loro provenienza restava un capitolo oscuro. Per precauzione i loro nomi non vennero annotati sul registro d’obbligo e tuttavia, in linea riservata, mi riuscì di ottenerli in parte, tratti da lettere fortunatamente conservate e da testimonianze anche se qui ritengo necessario, sempre per motivi di discrezione, non renderli noti. Secondo testimonianze erano dei ragazzi, su cui la realtà dell’occidente esercitava un vero coinvolgimento, seppure la considerassero un aspetto deviante poiché subivano un richiamo a quello che era stato il fondamento della formazione ideale comunista, non facilmente sopprimibile. L’URSS era per loro la terra della verità e dell’uguaglianza . Eravamo nel 1944. Sette ragazzi fra quelli accolti nell’Istituto veneziano decisero di organizzare la loro fuga e ,all’alba di un giorno, scomparvero allo scopo di raggiungere qualche formazione partigiana. Furono avvistati a Vicenza, poi sull’altopiano di Asiago dove si imbatterono in una pattuglia tedesca che li condusse al comando. Avendo constatato che si trattava di russi ed avendo trovato loro addosso delle bombe e una pistola, furono considerati partigiani e vennero fucilati. Questa e una delle storie ma ve ne sono di altre, da me raccolte nei lunghi anni che trascorsi in quel di Venezia.
Questo mio post è quindi solo una breve ricognizione di fatti ed eventi di cui mi è caro evidenziare il senso umano, il lontano lamento di combattenti, uomini, donne, ragazzi travolti dalla storia " gente senza storia" dimenticata nel profondo silenzio del tempo.

27 febbraio 2016

PIER ARRIGO CARNIER

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