domenica 17 marzo 2019

"GIACCA" (TOFFANIN MARIO)


"GIACCA" (TOFFANIN MARIO)


Interesse notevole ha suscitato il mio post del..14 marzo corr. dal titolo "PORZUS 7.02.45 ". ln evasione a telefonate ed anche in risposta all' interesse dei lettori ritengo di aggiungere brevi considerazioni e particolarità per tracciare, riguardo "Giacca", l' iter di vicende di una vita arrischiata e sofferta. Nell' immediato dopoguerra egli si trovava ad Aidussina, attuale Slovenia, quando un amico lo avvertì che un elemento della polizia britannica lo stava cercando. Lasciò velocemente Aidussina e, non senza difficoltà, riuscì a raggiungere la Cecoslovacchia, consapevole che molti ex partigiani, soprattutto della Lombardia e Piemonte, onde sottrarsi a procedimenti penali, vi avevano trovato rifugio. Beneficiando della protezione politica.del Governo comunista ceco, che non concedeva estradizione, riuscì a trovare un lavoro ed una sistemazione a Brno, in Boemia. In italia frattanto ebbe inizio l' azione giudiziaria sull" Eccidio di Porzus", che in realtà eccidio non era trattandosi di esecuzione motivata. Il procedimento, nello scorrere di anni, si sviluppò in tre fasi in sedi giudiziarie diverse e vi furono delle condanne con carcerazione , "Giacca" compreso, ma l’ imputato era contumace. L' iter processuale non ebbe una definitiva sentenza anche e perchè intervennero provvedimenti di amnistia. Frattanto "Giacca", per motivi di convenienza, aveva lasciato la Cecoslovacchia e si era trasferito nella Federativa Iugoslava di Josip Broz Tito. Alla stessa la magistratura italiana aveva trasmesso una richiesta di estradizione." C' era il rischio" - mi disse Giacca-" che la richiesta venisse approvata". Egli però, tramite il suo legale, aveva trasmesso all' allora presidente italiano, Pertini, una domnda di grazia che fu accolta e di cui tengo copia. L' eccezionale provvedimento del Presidente, sollevò clamore ed ovviamente dei dissensi negli ex osovani. In pratica Giacca non fece un solo giorno di carcere. Quando più volte lo incontrai viveva in Slovenia, a Scoffie, in una modesta casa da lui restaurata con dei quattrini reisparmiati, frutto di onesto lavoro e sacrifici. La sua fedeltà alla lotta e all' ideale comunista stalinista non gli aveva procurato ricchezze od agiatezzza. Parlammo insieme di molte cose, da mio lato mantenendo un' equidistanza, credo equilibrata, nelle valutazioni. Nel riferirmi all’ azione di Porzus, precisando che era un giorno piovoso, ricostruì i momenti in cui, radunati gli osovani considerati arrestati, circa più di una ventina, sotto le armi spianate, pronunciò la condanna a morte con esecuzione immediata dei due i capi “Bolla” ed “ Enea” e un partigiano che aveva tentato la fuga, a cui aggiunse una giovane donna ivi presente, Turchetti Elda, segnalata da Radio Londra quale spia dei tedeschi. Della stessa, su base documentale, conosco interessanti particolari che svelano la rete di fiancheggiatori della resistenza nel Friuli. La Turchetti in realtà aveva trascorso un periodo agli ordini della SIPO ( Sicherheits Polizei =Polizia di sicurezza tedesca). Detto in breve "Giacca", alzandosi dalla sedia e mimando i ricordi, mi disse che, ad alta voce aveva pronunciato la sentenza di morte " in quanto siete dei traditori", poi vi fu il crepitare delle scariche d’ armi. Aggiunse che le vittime ascoltarono le sue parole senza alcuna reazione, il che mi fu confermato da Iaiza Dario, partigiano suo subalterno presente alla scena. Jaiza, friulano di Pozzuolo del Friuli, era entrato a far arte dei G.A.P. ancora minorenne. Ebbi pure con lui vari incontri e relativi colloqui. Strettamente vicino a "Giacca" c'era un ragazzo russo orfano, Malenki , che assistette alla scena delle quattro immediate esecuzioni. Era giunto in Italia alla fine del 1943 con le truppe italiane in ritirata dal fronte russo. Affidato in un primo tempo all' istituto di assistenza Bearzi in Udine, il Malenchi poi scappò e raggiunse le formazioni partigiane G.A.P. comandate da "Giacca" che lo prese sotto protezione, assieme ad altro ragazzo russo che. se ben ricordo, si chiamava Lisiki. Qualche tempo dopo la fine della guerra i due ragazzi, su interesamento del noto ex commissario partigiano della Garibaldi “Andrea” (Mario Lizzero), che divenne personalità politica del partito comunista, vennero fatti rientrare nell’ URSS e fu lo stesso Lizzero ad accompagnarli fino a Vienna. C’ è da aggiungere però che il Malenki, prima di oltrepassae il confine ceco, riuscì a dileguarsi e sarebbe ricomparso in Italia: una delle tante storie dalla guerra che, lentamente. il tempo travolge nell’ oblio.
I restanti osovani furono successivamente eliminai in tempi diversi, fatto salvo, se ricordo bene, ad uno o due di loro a cui fu risparmiata la condanna.
Contrariamete a quanto diffuso da fonte osovana, secondo cui i residui nuclei dell’ organizzazione, scioltasi nell’ autonno 1944, si rese conto con ritardo di quanto effettivamente accadde a Porzus, la Questura di Udine, da fonte segreta, ebbe invece immediata conoscenza del fatto come da documento probatorio in mio possesso.
Credetemi , a distana di tempo, sull' argomento Porzus come su altri e sui relativi retroscena, nella calma distensiva creata dai lunghi decenni trascorsi, gli stessi riemergono con chiarezza spogli di artifici agiografici. e sui medesimi risultà però che vi sia ancora da dire e, per certi versi, talune crudeltà, le cui motivazioni ebbero una causale, rivelano circostanze di un crudo realismo perfino affascinante sotto il profilo dell' interesse narrativo.


18  narzo  2019                                      CARN IER  PIER ARRIGO









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