CARNIA1944 – UN’ESTATE DI  LIBERTA
 DEDICA
Dedico questa mia testimonianza storica alle genti carniche le quali,avendo i tedeschi nei primi mesi del 1944  bloccato ogni rifornimento alimentare quale punizione per l’attività partigiana sebbene la popolazione non avesse alcun reale coinvolgimento e dato il totale disinteresse e l’irresponsabilità del vertice partigiano a risolvere  tale impellente grave problema ed  anzi interessato  che  la popolazione, persistendo la situazione, si sollevasse contro i tedeschi facendo il proprio gioco,  a comitive formate soprattutto da  donne  e ragazzi ed anche  uomini,  a migliaia affrontarono a piedi,  da metà settembre a circa metà ottobre, l’esodo attraverso il passo monte Rest, inoltrandosi nella pianura veneta e friulana onde acquisire granaglie ed altre risorse trasportate in gran parte faticosamente a spalle, risolvendo in tal modo il problema alimentare. Meritano un elogio le donne carniche per il carattere indomito e forte nelle sventure. Questa dedica è estesa anche alle genti venete e friulane  che dimostrarono  verso i carnici sensibilità umana alleggerendo possibilmente il prezzo delle merci ed offrendo fraterna ospitalità.
Cari amici  e simpatizzanti, 
a seguito del mio comunicato del 9 ottobre corrente in cui trattavo gli argomenti  L’Eccidio di Sant’ Anna di Stazzema e La menzogna di Carnia Libera  1944,  richiamo oggi la vostra attenzione sul fatto che il 12 ottobre corrente, parallelamente all’ edizione del Messaggero Veneto, per iniziativa dell’Università di Udine-Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia,  è stato distribuito  un DVD sulle vicende partigiane della Carnia  dove  lo slogan a lungo sbandierato dalla stampa ed informazione CARNIA LIBERA 1944,  sempre motivatamente da me contestato in quanto  letteralmente opposto alla realtà storica da me ribadita nel comunicato “ Festa della Liberazione, 25 aprile e particolarità connesse”,  è stato stemperato in CARNIA 1944 – UN’ ESTATE DI LIBERTA’. Si tratta di un primo significativo sgretolamento dell ’assunto con cui da  troppo tempo, con biasimevole indifferenza dell’opinione pubblica, una ristretta classe politica integrata da galoppini ciecamente disponibili, ha gestito con interesse di parte la vicenda della lotta partigiana in Carnia alterando la verità storica oggettiva.
La trattazione analitica che segue, riferita realisticamente  ai fatti in senso storico, secondo il principio  causali ed effetti, la cui stesura consta di 36.706 battute, va  quindi intesa a dimostrare la falsa invenzione di una Carnia libera 1944 e a ricondurre varie altre vicende connesse a quel periodo, stravolte da una storiografia agiografica e di parte,  alla loro realtà di fatto senza con questo venir meno a rispettabili contenuti resistenziali  ispirati da nobile rivendicazione di principi di dignità nazionale, laddove realmente sussistettero e risultarono motivati  da reali circostanze.
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Dal punto di vista tecnico della sceneggiatura il filmato assume la veste di una fiction televisiva dove l’illustrazione dei fatti viene presentata come si trattasse, non di vicende di guerra o guerriglia, dove esistono massacri, omicidi ed altre crudeltà, bensì di un’ epopea favoleggiante, tutta compatta senza screzi e si precisa che ogni famiglia aveva un suo figlio o membro partigiano (falso), per dimostrare naturalmente che tutta la Carnia era partigiana (falso). La narrazione scenica è veloce, affidata a un insegnante col seguito di un gruppo di studenti ai quali, dal medesimo, viene delineata per sommi capi la vicenda partigiana con spostamenti da un punto all’ altro della Carnia, evocando alcuni fatti o vicende, scelte accuratamente dalla regia, mentre molte altre, tra le più rilevanti, restano nell’ ombra. Si parla di insorgenza partigiana spontanea, il che non è vero e si esalta l’alta etica morale della lotta dettata da sentimenti di libertà, evitando però di precisare che si trattava di lotta partigiana comunista come in realtà, in prevalenza, lo era. Nell’ evolversi della seneggiatura fra brevi tratti di fiction, intervengono ad esprimere commenti ed affermazioni un sindaco e qualche altro.
1) – Si parte  dall’uccisione ad Ampezzo,  il 14
 marzo 1944, di Gian Battista Candotti  giovane boscaiolo ventottenne, da
 elementi della   Xa MAS  come risulta nella fiction dalle 
uniformi, mentre si trattava, invece,  di  fascisti della 
Ettore Muti e quindi di  tutt’altra unità. A sparare, si asserisce nel 
filmato, fu il tenente Franzolini  il quale,  giorni dopo, fu presente 
al mio paese ad una riunione predisposta dal podestà in municipio dove i 
giovani del luogo, io compreso, eravamo stati convocati e dove il 
Franzolini tenne  un discorso  finalizzato ad incoraggiare 
l'arruolamento nelle forze della Repubblica Sociale Italiana. In tale 
occasione il  Franzolini, interrogato sul caso Candotti,  dichiarò che vi
 era stata una provocazione e  si tolse di testa la bustina di panno 
grigioverde, cioè il suo berretto, per farci notare, sullo stesso,  una 
smagliatura e bruciatura di striscio, asserendo che, ad Ampezzo, non 
ricordo bene le circostanze, gli avevano sparato. Da parte mia suppongo 
che  l’uccisione del Candotti sia stata un fatto incidentale ed abbia un 
suo retroscena.
2)-L’uccisione del Candotti non  fu poi la scintilla 
che dette vita, in Carnia, alla resistenza. Di base comunista la resistenza
 ebbe avvio per iniziativa di alcuni ex condannati al confino, uno dei 
quali Nembo (AugustoNassivera ). Fu infatti attorno ad essi  che si 
raccolsero elementi di tendenza progressista. La scintilla fu quindi 
politica. Emersero poi elementi come Mirko, Gracco, Aso…che 
contribuirono all’incremento dell’iniziativa ed imprimendo alla stessa 
carattere rivoluzionario.
3)-Si cerca di trarre effetto 
dall’ incendio di Forni di Sotto, del 26 maggio1944, ma non si dice con 
chiarezza che,  tale azione tedesca, basata sull enorme della 
rappresaglia allora previste, fu motivata dall’ attentato partigiano a una
 colonna motorizzata tedesca a località “Voltascura”, nel tratto di 
strada che da Cima Corso porta  al Passo della Morte in territorio di 
Forni di Sotto.  Una mina fatta brillare dai partigiani della Garibaldi 
al comando di Falco (Guido Masieri) causò la morte di tre ufficiali, uno 
dei quali insignito  della più alta onorificenza del Reich.
 Non si 
precisa che i tedeschi evitarono l’applicazione dell’esecuzione, sulla base del rapporto 10x1, che
 avrebbe comportato la fucilazione di trenta cittadini ripiegando, 
invece, come punizione, nell’incendio del paese. Da testimonianze da me personalmente ascoltate a Forni di Sotto, negli anni sessanta,  in occasione  a un sopralluogo assieme a mio cognato Nigris Giuseppe, industriale, intesa a 
ricuperare nel dopoguerra il controvalore  di svariate decine
 di milioni di lire, dovutigli per un consistente quantitativo di legname 
in tavole e travatura, concesso dalla sua azienda ai cittadini per la 
ricostruzione del paese, e in realtà mai ricuperato, interrogai diversi 
cittadini testimoni oculari dell'incendio. Dalle loro dichiarazioni non risultò 
affatto che,  i tedeschi prima dell’incendio, fossero entrati nelle case a
 rubare quanto possibile come si afferma nel filmato.Conosco i dispositivi della
 disciplina militare tedesca secondo i quali, in caso di furto 
durante un’azione punitiva, era prevista la fucilazione per cui contesto
 quanto affermato nel filmato. Il bestiame non  fu prelevato e perì bruciato nelle stalle, mentre delle bestie che fuggivano per le strade 
furono abbattute a fucilate.-
4)- Dov’erano ipartigiani  mentre i 
tedeschi bruciavano Forni diSotto?? L’insegnante addetto ad illustrare i
 fatti  non lo dice né gli studenti, probabilmente timorosi ad 
arrischiare obiezioni indiscrete essendo tutto predisposto, non lo 
chiedono. I partigiani non esistevano mai quando si trattava di difendere
 la popolazione, essi mettevano in atto gli attentati,  poi  si davano 
alla fuga  disperdendo le loro tracce, consapevoli però delle conseguenze
 mortali che cadevano sulla popolazione civile, regolarmente previste dai
 proclami, del Feldmaresciallo tedesco Albert Kösselring e del 
Gruppenführer Odilo Globocnik, affissi a lungo nelle piazze, nelle sedi 
municipali e dovunque necessario, nei quali erano  indicate, in caso di 
attentati alle forze  tedesche occupanti che avevano assunto la sovranità
 sul territorio, le misure di punizione, vale a dire  fucilazione di 
cittadini, deportazione nei lager d'oltralpe ed incendi dei villaggi in 
applicazione di norme  previste dalle convenzioni internazionali.
Di
 questi dispositivi importanti  non si è parlato affatto tenendo  all’ oscuro il gruppo di giovani studenti al seguito dell’insegnante e  
chiunque altro che, ignorando i fatti,  prenda visione del filmato. 
Eppure era logico e giusto far capire agli studenti e non solo 
agli stessi quali erano le misure punitive delle rappresaglie e il 
meccanismo di esecuzione delle stesse.
5)- Si è anche dichiarato 
che ogni famiglia aveva un figlio o un membro partigiano. E’ falso. 
C’erano delle famiglie e non in tutti i paesi, che avevano un figlio o un
 membro partigiano ed altre che avevano un componente nella Repubblica 
Sociale Italiana od anche, sebbene non molti, nell’esercito tedesco. Si 
evita, inoltre, di riferire qual’era l’atteggiamento della popolazione 
riguardo l’attività partigiana. La popolazione, temendo 
ritorsioni, preferiva tacere in pubblico il suo giudizio che, motivato da
 comportamenti autoritari ed eccessi da lato partigiano, 
era prevalentemente negativo. Vi si aggiungeva il fatto che,  fin 
dall’ inizio, si erano verificate diverse uccisioni di civili, con l’accusa di essere oppositori o presunti tali, per cui si era diffuso  nella popolazione un clima d'insicurezza. Ai comandi tedeschi, da mie 
informazioni, pervennero centinaia e centinaia di lettere di delazione, 
in parte anonime per ovvia precauzione, denuncianti abusi, soprusi, 
rapine  e delitti dei partigiani con invito accorato a liquidare le 
bande, così allora definite. Nel tribunale  di Tolmezzo, nell’immediato 
dopoguerra, risultavano avviate oltre 300 istruttorie penali per omicidi,
 rapine ed altri reati delittuosi sulla popolazione civile,consumati 
nell’ ambito della lotta partigiana che  trovarono poi, in certa parte, in 
seguito ai provvedimenti di amnistia, ingiusta archiviazione.
6)-Non mi risulta secondo quanto affermato nel filmato che vi siano state, da lato partigiano, oltre 150 azioni di guerra, ma di entità numerica senz’altro sensibilmente inferiore e potrei dimostrarlo, ma tralascio l’argomento che comporterebbe un’elencazione di dati che, ai fini della presente trattazione, non è rilevante. Faccio invece rilevare che è stato letteralmente ed opportunamente ignorato il capitolo delle sbrigative uccisioni, in violazione di precise norme internazionali, di tedeschi caduti prigionieri. Trattasi di argomento su cui generalmente si sorvola nella storiografia resistenziale di parte o tuttalpiù si aggira l'ostacolo motivando che l’organizzazione partigiana mancava di mezzi per il sostenimento dei prigionieri e di luoghi idonei per la loro custodia. Ricordo personalmente la fucilazione, a località "Chialderuz" nei pressi del villaggio di Ovasta, in comunedi Ovaro, di un consistente gruppo di gendarmi (si trattava di richiamati sudtirolesi) fatti prigionieri nei dintorni di Sappada del cui presidio facevano parte. Una donna di Ovasta, vestita di nero alla carnica, amica di mia madre, nel mattino del giorno successivo all’uccisione dei gendarmi, entrò in casa nostra con gli occhi lucidi di pianto e raccontò che, quegli altoatesini, in ginocchio, tenendo in mano la corona del rosario, supplicavano di avere salva la vita, avendo mogli e figli. Ma furono fucilati. Ricordo che la crudeltà del fatto sollevò profonda indignazione e grave turbamento nella popolazione dell’intera valle. Quindi sorridere il tipo di lotta partigiana presentata nel film, tutta accuratamente manipolata onde scivolare senza incagli, ed essere recepita con la dolcezza di una favola.
A questo
punto non posso evitare di aggiungere, a proposito dell’eliminazione fisica dei
prigionieri stante la mancanza di mezzi per il loro sostegno e di luoghi adatti
per la custodia che, a guerra cessata tale possibilità sussisteva, peraltro
imposta dalle norme internazionali a protezione dei prigionieri, ciò nonostante
si verificarono stragi ed uccisioni singole passate tranquillamente sotto il
silenzio. A onor del vero avverto un turbamento quando mi torna in mente un
fatto di cui fui personalmente testimone. Nel pomeriggio del 3 maggio 1945,
quando ormai l’enorme massa di cosacchi, attraversata la
 Carnia   (
non meno di 100.000) alternativamente a forze tedesche aveva superato il
Ploeckenpass che immette nell’ Austria, nel mio paese, passando accanto alla
vecchia stazione ferroviaria, notai circa una dozzina di soldati in uniforme in
posizione di sosta, vigilati da un partigiano. Stavano sdraiati per terra con
le spalle a la testa appoggiata allo zainetto. Mi avvicinai per fare loro
qualche domanda in tedesco, con un certo disappunto del partigiano. Rivelavano
nel fisico delle caratteristi- che asiatiche: non alti, occhi a mandorla. Vidi
nei loro sguardi, che fissavano il cielo, un’evidente depressione. Indossavano
delle uniformi nuove di panno color verde betulla, tipico dei collaborazionisti
dell’ Est, forse di un verde un po’più marcato : la giacca dal collo chiuso,
classico delle divise tedesche, e le mostrine rettangolari, tinta arancione,
con lance incrociate.Mi resi conto, ed ebbi conferma da successive indagini, che si trattava
di appartenenti alle forze calmucche, popolazione asiatica e in parte insediata
tra il basso Don ed il Volga, con cui i tedesch, stante la forte disponibilità
di prigionieri, avevano formato una grossa unità (Kalmichisches Kavallerie
Korps). Probabilmente potevano essere elementi appartenenti a forze di detta
unità giunti in Italia, e destinati negli ultimi tempi sul fronte del Po, ma si
sarebbe potuto trattare anche di turco-mongolici appartenenti alla “ Ostürk.
Waffenverband d. SS.” vale a dire “ Forze SS. turchi dell’Est” dislocate a
Sondrio, Bergamo e in altre zone della Lombardia, per cui, trovandosi in
ritirata assieme ad unità tedesche e cosacche, erano caduti in mano partigiana.
Di lì a poco giunse un altro partigiano che aveva l’ aria del capo il quale,
più che a parola a gesti, fece intendere che bisognava partire. Li vidi
allontanarsi, sembravano dei giapponesi e provai pena per loro. Seppi
successivamente che avevano attraversato il mio paese poi furono visti lungo la Val Calda.  Queste
notizie mi convinsero che qualcosa  non funzionava in quanto, quali
prigionieri, avrebbero dovuto essere concentrati verso i punti di raccolta , e
quindi in direzione opposta, verso Tolmezzo ed Udine. Qualche tempo dopo
appresi la notizia da dei pastori che, quella dozzina di elementi dall’
immagine asiatica, scortati da partigiani, furono visti in sosta nel villaggio
di Zovello per poi proseguire sulla mulattiera che porta nei boschi di “Costalops”
sotto le malghe “Riumal” e “ Bosch da Piera”, zona dominata dal monte “Piz di
Mede” dove, secondo voci, vennero uccisi. Via via nel tempo un imprenditore
carnico di utilizzazioni boschive, di cui cito le iniziali (E.D.I.), mi
dichiarò che i resti di quei prigionieri, furono rinvenuti da suoi boscaioli,
sparsi all’ interno di un bosco nelle menzionata zona “Costalops” dove,
vilmente, i partigiani li avevano lasciati insepolti in pasto a volpi erranti
nelle notti. Egli stesso chiamato sul luogo, fece raccogliere quei resti e
pietosamente seppellirli. Non mi fu detto, perlomeno non ricordo se, fra i
resti, fosse stata trovata qualche “ Erkennungs Marke” (piastrino di
riconoscimento).
Mi auguro che i lettori non restino insensibili a questa storia criminale di morte dai  biechi  risvolti, consumata dai partigiani con l’obbiettivo di far sparire le tracce per cui è mio auspicio che se ne parli, se ne diffonda la conoscenza...  Per dette forze collaborazioniste (calmucchi, mongoli e turchi dell’Est) esisteva a località Villa Gera, alla periferia sud di Conegliano (Treviso), un convalescenziario detto “ Fronturlauber - Heim” le cui vicende, a suo tempo, destarono il mio interesse per cui l’argomento fu trattato nel mio volume “L’Armata Cosacca in Italia 1944-
7)-Non è affatto vero che gli alleati fornissero alle formazioni partigiane, mediante lanci, quanto necessario, armi, munizioni etc…I lanci furono limitati poiché gli alleati nutrivano forti sospetti sulla lotta partigiana in Carnia in quanto i responsabili delle missioni britanniche, accreditate presso le formazioni, avevano segnalato ai superiori comandi la natura comunista ed i comportamenti sul terreno, non condivisi. I comunisti infatti eliminarono diversi ufficiali alleati delle missioni per la loro opposizione, come da me riferito nel volume “Lo Sterminio Mancato”, argomento per il quale venne da me, da Londra, lo scrittore e biografo di Winston Churcill, Richard Lamb.
8)-Mi soffermo sulla 
 dichiarazione fatta dal sindaco di un noto comune, intervenuto nel 
filmato,  asserendo l’esistenza della zona libera, detta Repubblica della
 Carnia, che  a suo dire aveva l’ampiezza di 2.600 chilometri quadrati, 
comprendeva  170 paesi per complessivi 90.000 abitanti e, per la 
gestione della stessa, era stata creata e tenuta a battesimo, il 26 
settembre1944, una Giunta di Governo sulla quale ho già riferito in 
precedenza nel mio comunicato inserito in questo sito dal titolo “Festa 
della liberazione, 25 aprile e particolarità connesse”. Il detto sindaco 
ha però opportunemente omesso di precisare  che, il comando tedesco,  
aveva costituito nel cuore della Carnia e precisamente nel paese di 
Sauris di Sotto, su richiesta della popolazione che subiva costanti  
incursioni partigiane, un forte presidio formato da collaborazionisti 
turchestani e da tedeschi,  integrato da elementi locali i quali erano stati 
dotati di armi ed equipaggiamento. Lo stesso diario originale della 
Garibaldi, a pag. nr  25, riferisce testualmente a proposito :” Così la 
valle del Tagliamento fu percorsa continuamente da colonne di 
rifornimento e cambio, dirette al presidio di Sauris”. A fine luglio 
1944 tale presidio era ancora presente nella zona.
Su insistente 
richiesta della popolazione della val d’ Aupa, posta al confine nordest 
della Carnia,   fu accordato dal comando tedesco di Pontebba, a 
protezione della stessa, un presidio permanente costituito da forze 
della Waffen SS. Gebirgs Brigate Karstjäger con insediamento nei 
villaggi di Studena Alta e Bassa, onde porre fine alle scorrerie e 
ruberie  partigiane della Garibaldi ( distaccamento Gramsci che poi 
assunse la veste di battaglione) ed Osoppo…Ed a conferma di tale 
situazione trascrivo alcuni brani di una lettera scrittami da una 
valligiana originaria della val d’Aupa ma residente altrove, di cui 
riporto le sole iniziali M.P.V. : “ I nostri cari partigiani, ed 
io continuo a sostenere che si trattava di volgari ladri che 
agivano sotto una bandiera che era solo di comodo per le loro 
scorribande, non si sono limitati a rubare nei villaggi ma si sono 
appropriati anche di formaggi ed altri generi alimentari in malga ed è 
il caso di mio nonno che gestiva con discreto successo una malga 
posizionata verso malga Lanza “. E più oltre, nella medesima lettera, la valligiana conclude : “
 I pochi vecchi che sono ancora rimasti e che, con cognizione di causa 
possono parlare, se interrogati esprimono tutti un’identica frase e cioè
 :- Grazie ai tedeschi non è successo il peggio, se non ci fossero stati
 loro i partigiani ci avrebbero distrutto ”.
A proposito 
del clima partigiano ed in riferimento alle rapine di bestiame condotte 
dalla Garibaldi ed Osoppo nelle prospicienti malghe austriache della 
valle del Gail, al confine orientale, il cronista Natalino Sollero da 
Paularo, in data 21 luglio1994, rievocando tali vicende, scrisse sul 
Gazzettino di Venezia edizione di Udine :” I fatti sono ancora 
bene impressi tra gli anziani di Paularo che ricordano i partigiani 
scendere a valle come barbari: capelli lunghi sul torso nudo, fazzoletto
 rosso al collo, forme di formaggio infilzate sui fucili, cavalcavano e 
trascinavano numerosi armenti e cavalli".
 La presenza dei
 menzionati due presidi tedeschi  di Sauris di Sotto e val d’Aupa,  nei 
villaggi di Studena Alta e Bassa, oltre a fatti, circostanze ed altri 
elementi probatori descritti negli otto punti fin qui elencati, a cui 
altri seguono poichè l'elencazione continua, formano prova testimoniale 
eloquente evidenziante la  falsità putrescente del filmato  “CARNIA 1944- Un’estate di libertà”.
 Al
 tempo dei fatti la  definizione Repubblica della Carnia fece infatti 
 sorridere anche gli ufficiali delle missioni britanniche, tra cui  Sir 
Thomas Machpherson, che definì “fatua” tale iniziativa. Non esistette 
alcuna Repubblica della Carnia se non nella fantasia e nell’invenzione. 
Ed è purtroppo su  questi  elementi non veritieri che si vogliono 
riscontrare dei valori   da  farne oggettod’esempio e di studio 
didattico nazionale, basati in particolare sui contenuti dei deliberati e
 decreti della Giunta, detta di Governo, insediata nel capoluogo di Ampezzo carnico, che fu  strumento messo in 
piedi per finalità strategiche a fronte dell’imminente rischio dei 
grandi rastrellamenti tedeschi i quali, di li a poco, avrebbero  
travolto la resistenza come infatti avvenne. La Giunta, costituita senza
 un adeguato suffragio elettivo, era innanzitutto illegale. La stessa 
era formata dagli stessi membri del Comitato di Liberazione Nazionale 
territoriale, eletto dai vari C.L.N.detti “di valle” della medesima zona
 ed  aveva assunto la sigla CLNZL (Comitato Nazionale Liberazione Zona 
Libera). L’elezione dei membri fu quindi un fatto impositivo, voluto dai
 comunisti, privo di ogni valido fondamento elettivo popolare.
Essendo
  uno dei membri di rilievo della Giunta, G. Gozzer, comunista filo 
sovietico e filoslavo, agganciato all’O.S.S. statunitense( Organisation 
Strategic Services) e vincolato ad agenti americani deviati dell’O.S.S. 
medesima, pure di tendenza filo sovietica e filoslava, nell’imminenza 
dei grandi rastrellamenti tedeschi, venne suo tramite chiesto, a mezzo  ricetrasmittente,  un
  intervento sovietico  e slavo da realizzarsi mediante un ponte aereo. A
 tal fine, per l'atterraggio degli aerei, era stata infatti predisposta una zona 
pianeggiante nei pressi di Enemonzo (bassa val Tagliamento). Ma la 
richiesta di intervento  non fu accolta  per supposte motivazioni 
riferite nella mia già citata relazione “Festa della Liberazione,25 
Aprile e particolarità connesse”, trattandosi evidentemente di una proposta assurda, al di fuori delle programmazioni in atto da parte sovietica e slava.
Sulla base di indizi emersi nel dopoguerra, e 
in relazione ad indagini svolte circa quindici anni fa dal giudice 
Mastelloni del Tribunale di Venezia, va ritenuto che il Governo di Roma 
fosse stato informato, tramite il SIM,(Servizio Militare Informazioni) 
che la Giunta nascondeva o nascondesse finalità filoslave e filo 
sovietiche, contrarie agli interessi dell’Italia ed in tal senso risulta invece certo che i Comandi alleati erano stati informati dai rispettivi servizi segreti.
La cosiddetta Giunta di Governo ebbe vita breve come una crisalide,  si e no di un paio di 
settimane. In un clima illusorio ed irreale da teatrino di paese, la 
stessa sfornò dei decreti taluni di alto contenuto, che esorbitavano 
palesemente dai limiti reali della propria effettiva funzione che 
comportava l’adozione di elementari norme gestionali per cui non c’era 
nulla di straordinario da decretare, mentre le forze tedesche stavano 
già per occupare il villaggio di Ampezzo,  sede della medesima.
In
 nome dalla Giunta mediante ricetrasmittente, furono inviati 
vari messaggi ufficiali: - al Governo del Sud di Ivanoe Bonomi 
successore di Badoglio, trasferitosi da Salerno a Roma a metà agosto 
1944, al Comando del maresciallo Alexander dell’8a armata ed al Comando 
interalleato con specifiche richieste che non furono accolte o di cui, 
quantomeno, non è stato rintracciata prova di  riscontro.
Sulla 
favola della Repubblica libera mi dà ragione l’ufficiale britannico 
Patrick Martin Smith con cui ebbi rapporti nel dopoguerra. Nelle 
sue memorie, scritte con talento, egli  precisa : “ Il 14 
ottobre tedeschi e cosacchi entravano ad Ampezzo, così segnando la fine 
della resistenza in Carnia. I membri della giunta riuscirono a 
rifugiarsi a Tramonti di Sopra, ma ormai non ci poteva essere alcuna 
pretesa di una “Repubblica”… Più a meridione le speranze alleate di 
prendere finalmente Bologna affondavano nella pioggia e nel 
fango…L’illusoria speranza di una Liberazione alleata nel 1944 era 
crudelmente svanita ”. 
9)- Negli ultimi mesi di guerra 
l’organizzazione partigiana comunista ancora operante  a nord-est, 
 Carnia compresa, seppur falcidiata dai rastrellamenti, manifestò  
l’intenzione di restare in armi anche a guerra cessata con la 
propensione di creare  sul territorio, mentre sull’intero nord Italia  
pendeva il rischio  di un’ occupazione 
sovietica, un’amministrazione slava. L’attuazione di tale obbiettivo 
dietro a cui si nascondevano vari interessi ed il cui territorio, in un 
assetto più ampio,  includeva l’attuale superficie del Friuli Venezia 
Giulia e quindi la Carnia, fu sventato dai britannicii quali  crearono e
 lanciarono sul territorio menzionato ed anche altrove, nel nord Italia,
 le cosiddette missioni “Rankin B“ composte da ufficiali di 
collegamento  istruiti ad assumere il controllo delle bande partigiane. 
In ogni caso a sventare il  disegno filoslavo giunsero in tempo ad 
occupare il territorio, assumendo la responsabilita dell’ ordine e quant’
 altro, le divisioni corazzate alleate.    
10)- Dati i 
consistenti contatti avuti da me con ex componenti dell’alto Comando 
tedesco delle SS. e Polizia dell’Adriatisches Küstenland di Trieste, 
ritengo possa rivestire un certo interesse l’allora giudizio dei 
medesimi riferito alla situazione partigiana in Carnia.  Secondo il 
giudizio tedesco  si trattava di una sacca montuosa di scarso o di 
nessun interesse strategico dove il movimento partigiano rimase 
piuttosto chiuso con azioni interne senza condizionare, mediante 
concreti atti di sabotaggio interruttivi dell’arteria stradale e 
soprattutto della linea ferroviaria di comunicazionecol  Reich della val
 Canale–Tarvisio.
Sempre secondo i tedeschi la lotta partigiana in
 Carnia non ebbe effetti incisivi sulle forze di occupazione ed al 
riguardo il territorio fu comunque inserito, da parte tedesca, 
nell’azione repressiva generale articolata in tutto il nord Italia, 
diretta congiuntamente dall’Oberstgruppenführer SS.Karl Wolff e 
Feldmaresciallo Albert Kösselring.
L’ obbiettivo essenziale 
tedesco nell’attività di controguerriglia, prima e dopo i grandi  
rastrellamenti di fine estate,  riguardo la Carnia, era quello di 
troncare lo sviluppo di possibili temuti collegamenti della Garibaldi 
col IX°  Corpus sloveno, il che fu risolto nel senso desiderato ed a tal
 finei tedeschi trovarono terreno favorevole, mediante lo 
Sturmbannfuehrer Freiherrvon Alvensleben,  Platzkommandantur di Udine ( 
comandante la piazza), nell’organizzazione Osoppo… Non vi fu quindi 
affatto quella linea unitaria partigiana Garibaldi-Osoppo sbandierata  
nel dopoguerra in convegni e pubblicazioni. Come scrissi a pagina nr. 
181 de "Lo Sterminio Mancato" in base a dichiarazione scritta del mio 
amico Ernst Lerch, ex capo di Stato maggiore dell'Alto comando SS. e 
Polizia di Trieste, lo Sturmbannfuehrer SS. von Alvensleben , con 
l'Osoppo, " aveva annodato le fila"...
Tornando alle vicende 
resistenziali, sempre riferite alla Carnia, va rilevato che sulla stessa
 quale parte del territorio dell’Adriatisches   Küstenland, per ragioni 
strategiche vigeva come per l’Alpenvorland (province di Bolzano e 
Trento)  la sovranità tedesca decretata da Hitler il 13.09.1943. Di 
fatto nel capoluogo  di Tolmezzo, centro essenziale, funzionavano 
regolarmente le istituzioni ed i servizi statali passati per competenza 
alla  Repubblica Sociale Italiana con affiancamento, nei punti chiave, 
di un funzionario tedesco e  la presenza di relativi contingenti 
militari, ovviamente della Repubblica Sociale e di forze militari e di 
polizia tedesche che mantenevano, queste ultime, i collegamenti lungo le
 vie di comunicazione che attraversavano la Carnia, col Cadore e col 
Reich. Il territorio era quindi sotto controllo  e,  a punizione 
dell’iniziativa partigiana comunista che aveva espresso chiari intenti 
di un collegamento  con leforze slave di Tito mediante un ponte 
attraverso la valle del Gail e  laval Canale,( prova scritta in mio 
possesso),  a metà luglio 1944 dal 18 al 22, allorché i partigiani lungo 
la linea di confine orientale, dando il via ad iniziative di disturbo ed
 invadenza nella citata valle austriaca del Gail (in effetti allora 
tedesca), i tedeschi  misero in atto  un’azione repressiva sulle malghe 
carniche prospicienti alla zona accennata, con estensione della stessa 
all'alta valle del But.
L’azione comportò 49 vittime civili, 
lasciò una ferita profonda,  suscitò tensioni e dette luogo ad uno stato
 di preoccupazione nell'intera Carnia. Di tale azione repressiva non vi è
 alcun cenno nel video ”Carnia 1944. Un’estate di libertà”,
 evidentemente  perchè la dura strage punitiva, nel cuore dell’estate, 
non poteva coesistere con la  regia di comodo costruita e manipolata ad 
arte del filmato  e dalla quale emerge  la falsa attribuzione “....Un’estate di libertà”,  
 prescindendo dal fatto che, addirittura, la grave omissione possa 
attribuirsi ad insipienza, e cioè ad ignoranza intesa come non 
conoscenza delle reali vicende resistenziali.
In ogni caso, 
proseguendo nella verifica ed analisi fattuale, c'è da chiedersi  che 
senso avevano alcune aree o vallate dove i partigiani potevano anche 
scorazzare?  Dove stava il riscontro del termine libero che prevede 
il  dominio totale del territorio e la capacità di gestirlo con 
mezzi, garantendo alla popolazione alimenti e servizi, mentre proprio in
 quel periodo, fine settembre-ottobre 1944, i carnici delle zone 
interne, ridotti alla fame in seguito al blocco dei rifornimenti 
alimentari da parte tedesca a punizione dell’attività partigiana sebbene
 la popolazione non avesse alcun reale coinvolgimento, si riversarono a 
piedi a migliaia, attraverso il passo di monte Rest, sulla pianura 
veneta e friulana alla ricerca di granaglie  e viveri per la 
sopravvivenza ?
11)- Al passo di monte Rest il già menzionato  
insegnante, rivolgendosi al gruppo di studenti al suo seguito, con la 
presenza di altri, dette la seguente spiegazione sul come, nella 
Repubblica della Carnia, venne risolto il problema alimentare. Asserì 
che, per iniziativa  del clero ed autorità civili, previe intese 
raggiunte con autorità friulane, venne organizzato uno scambio di merci 
che consisteva nella  cessione di legna da ardere da parte dei carnici 
contro cereali, operazione su cui  i partigiani erano nettamente 
contrari. Quindi i gestori di questa operazione, lo dice lo stesso 
insegnante, non erano i partigiani. Si trattò di uno scambio, a me ben 
noto, il cui  apporto fu insignificante  rispetto alle effettive 
esigenze della popolazione  ed al riguardo vi fu comunque l’assoluta 
contrarietà dei partigiani (comunisti) i quali, del grosso problema 
alimentare si disinteressarono totalmente ritenendo che la popolazione 
della Carnia,  avendo i tedeschi, come già precisato,  bloccato ogni 
rifornimento alimentare,  giunta alla disperazione a un certo punto si
 sarebbe sollevata contro gli stessi facendo il  gioco partigiano.
Sempre
 secondo l’insegnante furono poi  i partigiani, mediante intese 
convenute nella  pianura,  ad aprire ai carnici la possibilità di 
attingere rifornimenti alimentari transitando attraverso il passo di 
monte Rest, e furono in prevalenza le donne carniche a raggiungere a 
piedi la pianura pordenonese e friulana concretizzando  la soluzione del
 problema alimentare, le cui merci furono trasportate  a spalla o con 
mezzi da traino.
Le cose stanno diversamente. Fu la popolazione 
della Carnia,  provata dalle carenze alimentari, ad intraprendere di 
propria iniziativa   e non  per iniziativa partigiana, andata e ritorno a
 piedi, tale calvario: donne, ragazzi e uomini si misero in marcia. Fra 
quei carnici c’erano i miei genitori che raggiunsero a piedi, attraverso
 il passo  monte  Rest, San Donà di Piave nel Veneto. Ricordo che 
rientrarono sfiniti ripercorrendo la strada che, da lato sud, porta al 
superamento del passo di  monte Rest. Era ottobre, la temperatura era 
scesa improvvisamente e sul  passo nevicava, nelle vallate  carniche 
stavano avanzando le  forze collaborazioniste cosacche e caucasiche 
comandate ad assumere la  funzione di presidio.
Considerato lo 
sforzo delle comitive e di singoli nel rientro con pesanti zaini, 
contenenti granaglie ed altro oppure pesanti sacchi caricati su carretti
 trainati a mano,  l'organizzazione partigiana rifugiatasi in parte 
consistente nella zona pedemontana sotto l’incalzare dei 
rastrellamenti,  non potè restare inerte.  Mise quindi a disposizione, 
nella fase di rientro dall'esodo, degli automezzi  e dei carri 
ippotrainati per il trasporto, nel tratto più impegnativo in salita  da 
Meduno al passo monte Rest. Fu  inoltre reso funzionante, a Tramonti di 
Sotto, un centro assistenza per la somministrazione di viveri di ristoro
 e una minestra calda che fu gestito da Menegon Orino, valligiano 
del luogo. Tale intervento partigiano e cioè la messa a disposizione di 
automezzi ed altro non fu gratuito: una percentuale  di granaglie o 
farina venne infatti trattenuta sui quantitativi trasportati di una 
certa consistenza, merce che fu immagazzinata con altre risorse quale 
riserva invernale per l’attività partigiana. Nella fase conclusiva 
autunnale dei rastrellamenti  tale riserva cadde però  letteralmente in 
mano ai tedeschi e, dagli stessi,  non fu  utilizzate ma venne 
distrutta. Anche l’intero parco automezzi creato dai partigiani, 
costituito da varie autovetture e autocorriere, frutto di sequestri 
forzati ad aziende e privati, nonchè degli automezzi  tedeschi bottino 
di azioni di guerriglia, cadde ugualmente in mano ai tedeschi.
 12)-
 Nel corso del filmato è stata esibita l’immagine fotografica di una 
ragazza o giovane impiccata dai tedeschi: ma questo non avvenne 
assolutamente in Carnia ed  è quindi un falso inserito di proposito 
nello sceneggiato finalizzato spregiudicatamente a colpevolizzare 
l’operato tedesco secondo lo specioso consolidato concetto colpevolista 
applicato con metodo sistematico, in base alla linea di comodo di una 
politica criptocomunista.
13)- Ho inoltre notato che, a proposito 
dei cosacchi,  da uno degli intervenuti è stata esibita nel filmato una 
foto dove si notano dei cosacchi con cammelli. Si tratta di elementi 
 del 4° Terek Stavropol Regiment  nella valle di Verzegnis, documento 
 del mio archivio  pubblicato nel mio volume “L’Armata Cosacca In Italia
 1944-1945” protetto da Copyright su cui ho la titolarità assoluta anche
 nella  veste di delegato ufficiale  della  “ World Federation of 
Cossack National Liberation Movement” per  cui per la sua esibizione  
era necessario, per legge, il mio assenso, il che non si è verificato ed
 è stata comunque tralasciata anche la citazione della fonte. Trattasi di
 immagine su cui sono stati esercitati altri abusi ( risulta inserita 
nella pubblicazione Stanitsa Terskaja e in altra pubblicata dal comune 
di Verzegnis). Di conseguenza mi riservo di agire in sede giudiziale in 
difesa della mia posizione di storico con le carte in regola.
Porcia (PN) 27 LUGLIO 2013
PIER ARRIGO CARNIER
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