venerdì 9 agosto 2013

COSACCHI. PICCOLI GRANDI RICORDI



 L'arcivescovo russo ortodosso ANTONY di Ginevra ad un commemorazione della Drava. Alla sua sinistra il maestro di cavalleria cosacca A. BOITSCHEWSKY.


COSACCHI. PICCOLI GRANDI RICORDI

Nel corso degli anni settanta, dopo  essere stato con me in corrispondenza, l’atamano generale Wiaceslaw Naumenko, ex ministro della guerra nominato nel 1919 dal parlamento del Kuban esponente di una delle più note famiglie della casta militare cosacca della favolosa terra del Kuban,  venne dall’America in Europa e mi volle al suo fianco per conoscere le fosse dei cosacchi lungo il corso della Drava, a sud di Lienz  per un lungo tratto nella valle, periti a centinaia per annegamento volontario presi dal panico al momento in cui i vincitori britannici diffusero negli accampamenti l’ordine della loro consegna ai sovietici. Disse che si affidava alla mia conoscenza.  Lo accompagnava il genero, ex colonnellodei cosacchi  Nikolai Nazarenko che aveva sposato Natalia  la figlia, una donna, come si suol dire, importante e molto piacente di cui conservo delle foto assieme ai cosacchi, gente del Kuban. Naumenko mi fece allora dono di documenti e di un suo libro con dedica che riportai nell’introduzione del mio volume “l’Armata cosacca in Italia 1944-45”, e che qui ripeto: “A buon ricordo al molto  riverito  Pier Arrigo Carnier, in segno della mia amicizia per il suo vero cameratismo verso il popolo cosacco e per la sua instancabile dedizione alla causa della tragedia cosacca. Generale W.G. Naumenko".
Ritorno su questi argomenti perchè la  gente sa poco e si fa bene  a ricordare fatti e particolari a me cari. Della tragedia della Drava io sapevo molto e lui, il generale Naumenko, sapeva che io sapevo. Ogni volta, superando con la mia autovettura, una Fort Taunus bianca di grossa cilindrata, il passo del Gailberg in Carinzia,  allorché, se in estate, mi si affacciava la valle  Drava sottostante col fiume serpeggiante sullo sfondo tra il verde scuro di boschi e quello chiaro di un giallo dorato dei prati e culture o comunque in ogni altra stagione, avvertivo un’inevitabile commozione talvolta fino a versare qualche lacrima perché sapevo tante cose (così era anche mia madre, figlia di padre ungherese, forte di carattere ed indomita nelle sventure, ma sensibilissima ai  ricordi che toccavano i sentimenti). Mi tornavano in mente gli abbracci di addio all’esterno dell’Hotel Restaurant “Zu Golden Fisch” o del “Bozner Hof” di Lienz, dopo la cerimonia commemorativa della tragedia della Drava e la colazione, nei caldi afosi pomeriggi austriaci o dopo altri incontri, non solo in Austria ma  in Baviera e nel nord est Germania, con tanta gente,  cosacchi uomini e donne, ex ufficiali e soldati, di cui taluni di anno in anno venivano  a mancare, ma l’incontro cerimoniale di Lienz era significativo soprattutto perchè rievocava quei tragici giorni della consegna.
Ricordo sempre quando il cosacco Wassily Lichatchow mi portò nel cimitero di Delsach, a sud di Lienz, sulla tomba di Piotr Golowinskij, ufficiale suicidatosi nei campi della Drava per non subire la consegna ai sovietici. Si impiccò ad un albero. Lichatchow, si inginocchiò sulla tomba dove giacevano fiori disseccati e mi disse. Tu scriverai la verità della Drava. Giuralo. Ed io pure mi inginocchiai sulla tomba  e in nome di Cristo, morto sulla croce, giurai che avrei scritto la verità della Drava ma in realtà l’avevo già scritta,  riscritta e pubblicata editorialmente e giornalisticamente, ma avrei continuato a farlo. I resti di Golowinskij furono poi traslati, anni dopo, nel cimitero cosacco di “Peggetz” sulla sinistra della Drava. Con Lichatchow, in quello stesso giorno, mi recai nella piana degli ex accampamenti  tra Lienz ed Oberdrauburg. Mi condusse verso una piccola macchia di bosco e mi disse che lì  stavano sepolti altri cosacchi, ufficiali  che si erano pure suicidati  per non subire la consegna. “Ormai non vi è possibilità di localizzazione  delle tombe, ma stanno qui sotto”, mi disse insistentemente, “ e qui c’è chi porta dei fiori”. Era un bosco di ontani e il vento, che  sempre soffia dolcemente lungo la valle, ne agitava le fronde. Aggiunse poi : “ Delle tombe ignote di cosacchi, sfuggiti alla consegna nel giugno 1945, stanno sulle montagne qui intorno, morti per denutrizione e malattie”. Questo  lo sapevo. Ci intendevamo in tedesco.
Conobbi tanta gente cosacca superstite, molte anche le donne, veramente tipiche  provate da un’odissea. Talune erano state ingaggiate nel lavoro coatto o in servizi ausiliari nelle unità tedesche. Mi raccontavano  che  dovevano soddisfare i piaceri sessuali di capi, ufficiali e graduati che le  volevano  a letto completamente nude, spesso ubriachi…e quelle donne, verso gli stessi, mantenevano odio e disprezzo. Molte passarono poi nell’armata cosacca o nei battaglioni autonomi cosacchi russi,ucraini, tartari  etc. e le cose cambiarono.
 Ai  cosacchi, uomini e donne, fossero alti ufficiali od umili soldati, piaceva parlare con me.Taluni mi chiamavano “ il cosacco italiano” definizione che mi venne  affibbiata congiuntamente dal cosacco von Pinoci ed dall’ataman Alexej Boitschewsky entrambi della corrente monarchica. Boitschewsky in qualità di Rittmeister a D. (ex maestro di cavalleria),  aveva militato del 15° Corpo di cavalleria cosacca nei Balcani. C’era però una donna del favoloso coro ucraino, che onorava con canti gregoriani  la funzione religiosa, nella ricorrenza della commemorazione della tragedia della Drava nel cimitero di “Peggetz” che, sapendo del mio interesse alle vicende cosacche e dell’Est, più di una volta conversando mi disse, “ Sie aben slavische gesicht…”, il che significava che io, secondo lei, rivelavo nel volto caratteristiche slave ?
Si tratta di  frammenti di  ricordi di gente cosacca ormai passata a miglior vita. I cosacchi  amavano la preghiera collettiva essendo, secondo loro, una forza che determina qualcosa. Io non ci credevo, ma poi ci credetti in funzione di vari fatti eccezionali, a prima vista incredibili, che mi furono raccontati. Mi colpiva molto, direi mi incantava spiritualmente la loro grande fede religiosa in Dio. Quando pregavano li sentivo chiusi in un  loro antico mondo di fede, non erano superficiali.-
Nel 1984, credo di non sbagliarmi come anno di riferimento, alla consueta commemorazione di “Peggetz” sulla Drava, giunse come sempre il dott. W. Grigorievic Glaskow, presidente della Suprema associazione dei cosacchi d’America e responsabile al vertice dell’Internazionale anticomunista con sede negli USA, prezioso confidente o collaboratore della CIA nelle questioni sovietiche, balcaniche e in genere dell’Est, già ex alto ufficiale cosacco e membro del Consiglio dell’amministrazione centrale cosacca presieduta da Krassnoff con cui ebbe comunque dei contrasti e, in precedenza, ufficiale zarista e poi , dopo la caduta dei Romanow,  ufficiale nell’armata cecoslovacca. Glaskow era persona squisita e per lunghi  anni fummo in rapporti. Facendo i suoi giri di propaganda, presso le associazioni cosacche di esuli sparse nel mondo, mi inviava delle cartoline di saluti. Appena mi vide, dopo esserci  salutati, tirò fuori dalla borsa un opuscolo stampato in Italia sulla vicenda cosacca che io comunque conoscevo, e   mostrandomelo, mi chiese se avessi preso posizione sulla stampa “ poiché il contenuto e le illustrazioni molto sporche, sudice, spregiative mettevano in falsa luce i nostri Fuhrer cosacchi che, nel gennaio 1947 erano stati esecutati a Mosca mediante impiccagione”. Risposi che, in realtà, non l’avevo fatto in quanto l’autore era un italiano comunista dal quale altro non c’era da aspettarsi ma che  comunque  sarei  opportunamente intervenuto sulla stampa. In realtà nell’opuscolo ero citato anch’io come fonte, con un certo riguardo, ma il contenuto e le illustrazioni erano decisamente lesive dell’onorabilità cosacca. Mentre parlavamo si fecero attorno diversi cosacchi assieme a un gruppo di giovani universitari francesi, discendenti da cosacchi riparati nel 1918 in Francia, dopo la controrivoluzione. Glaskow porse loro l’opuscolo ed essi sfogliandolo rapidamente, alla vista delle vignette, si sdegnarono e chi lo teneva in mano lo buttò a  terra e prese a calpestarlo, gli altri fecero altrettanto, poi uno di loro lo raccolse e lo lanciò nella Drava che scorre a poca distanza, allora in piena in quanto era piovuto per diversi giorni. Vidi l’opuscolo che, gettato  in aria  cadde nel fiume mentre  delle pagine biancheggianti, che si erano staccate, scesero più lentamente e furono travolte dalle onde grigio  verdastre. Glaskow era rimasto a guardare senza condannare il gesto.
 Molte altre cose ci sarebbero veramente da raccontare, ma per questa volta mi fermo qui.-

27 novembre 2012 .

PIER ARRIGO CARNIER

3 commenti:

  1. Ho riletto oggi, 3 marzo 2020, questa cara memoria scritta nel 2012 provando ancora una volta sentimenti umani delicati, al di sopra di ogni questione di parte, per la vicenda cosacca e taluni particolari che io ebbi il privilegio di conoscere. Provo sempre delle emozioni tra il felice e il nostalgico........3 marzo 2020 CARNIER PIER ARRIGO - Delegato ufficiale, per la storia, del 15 Corpo di cavalleria cosacca del generale Helmut von Pannwitz (1943-1945) che combattè nei Balcani.

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  3. Ho rilevato oggi 14 giugno 2020, uno spiccato interesse a questo mio post, in lettori italiani e degli USA, questi ultimi presumibilmente italo-americani cioè italiani emigrati. Ovviamente ciò è per me confortevole !!!! CARNIER PIER ARRIGO

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